Книга - Un Abbraccio Per Gli Eredi

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Un Abbraccio Per Gli Eredi
Morgan Rice


Un Trono per due Sorelle #8
L’immaginazione di Morgan Rice non ha limiti. In un’altra serie che promette di intrattenerci come le precedenti, UN TRONO PER DUE SORELLE ci presenta il racconto di due sorelle (Sofia e Kate), orfane, che lottano per sopravvivere nel mondo crudele ed esigente dell’orfanotrofio. Un successo immediato. Non vedo l’ora di mettere le mani sul secondo e terzo libro! Books and Movie Reviews (Roberto Mattos) La nuova serie epic fantasy #1 Bestseller scritta da Morgan Rice! In UN ABBRACCIO PER GLI EREDI (Un trono per due sorelle – Libro otto), Sofia, Kate e Lucas incontrano finalmente i loro genitori. Chi sono? Perché sono rimasti in esilio?E quale messaggio segreto potrebbero avere in serbo per loro riguardo alle loro identità?Nel frattempo il Maestro dei Corvi saccheggia Ashton, Casapietra si trova in pericolo e Sebastian deve trovare un modo per portare Viola in salvo. Sofia, Kate e Lucas torneranno in tempo per salvarli?E ad ogni modo, ce la faranno a tornare?UN ABBRACCIO PER GLI EREDI (Un trono per due sorelle – Libro otto) è l’ottavo #8 libro una stupefacente nuova serie fantasy, dilagante di amore, cuori spezzati, tragedia, azione, magia, stregoneria, destino e suspense da far battere il cuore. Un libro di cui è impossibile non girare le pagine, è pieno di personaggi che vi faranno innamorare, e di un mondo che non dimenticherete mai. Il nono #9 libro della serie è di prossima uscita. potente inizio per una serie produrrà una combinazione di esuberanti protagonisti e circostanze impegnative per coinvolgere pienamente non solo i giovani, ma anche gli adulti amanti del genere fantasy e che cercano storie epiche alimentate da potenti legami o inimicizie. Midwest Book Review (Diane Donovan)







UN ABBRACCIO PER GLI EREDI



(UN TRONO PER DUE SORELLE – LIBRO 8)



MORGAN RICE



EDIZIONE ITALIANA

A CURA DI

ANNALISA LOVAT


Morgan Rice



Morgan Rice è l’autrice numero uno e campionessa d’incassi della serie epic fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE che comprende diciassette libri; della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO che comprende dodici libri; della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende tre libri; della serie epic fantasy RE E STREGONI che comprende sei libri; della nuova serie epic fantasy DI CORONE E DI GLORIA che comprende 8 libri; e della nuova serie epic fantasy UN TRONO PER DUE SORELLE, che comprende otto libri (ed è in prosecuzione); della nuova serie di fantascienza LE CRONACHE DELL’INVASIONE che comprende quattro libri e della nuova serie fantasy OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI, che comprende tre libri (ed è in prosecuzione). I libri di Morgan sono disponibili in formato audio o cartaceo e ci sono traduzioni in 25 lingue.



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Cosa dicono di Morgan Rice



“Se pensavate che non ci fosse più alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice è arrivata a ciò che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti.”

--Books and Movie Reviews

Roberto Mattos



“Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verrà apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini... Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora.”

--The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi)



“Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ciò che promette di essere una serie epica per ragazzi.”

--Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)



“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terrà incollati al libro per ore e sarà in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni età. Non può mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”

--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos



“In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno è quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrativo della Rice è solido e le premesse sono intriganti.”

--Publishers Weekly


Libri di Morgan Rice



OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI

LA FABBRICA DELLA MAGIA (Libro #1)

LA SFERA DI KANDRA (Libro #2)

GLI OSSIDIANI (Libro #3)



LE CRONACHE DELL’INVASIONE

MESSAGGI DALLO SPAZIO (Libro #1)

L’ARRIVO (Libro #2)

L’ASCESA (Libro #3)

IL RITORNO (Libro #4)



COME FUNZIONA L’ACCIAIO

SOLO CHI LO MERITA (Libro #1)



UN TRONO PER DUE SORELLE

UN TRONO PER DUE SORELLE (Libro #1)

UNA CORTE DI LADRI (Libro #2)

UNA CANZONE PER GLI ORFANI (Libro #3)

UN LAMENTO FUNEBRE PER PRINCIPI (Libro #4)

UN GIOIELLO PER I REGNANTI (LIBRO #5)

UN BACIO PER LE REGINE (LIBRO #6)

UNA CORONA PER GLI ASSASSINI (Libro #7)

UN ABBRACCIO PER GLI EREDI (Libro #8)



DI CORONE E DI GLORIA

SCHIAVA, GUERRIERA, REGINA (Libro #1)

FURFANTE, PRIGIONIERA, PRINCIPESSA (Libro #2)

CAVALIERE, EREDE, PRINCIPE (Libro #3)

RIBELLE, PEDINA, RE (Libro #4)

SOLDATO, FRATELLO, STREGONE (Libro #5)

EROINA, TRADITRICE, FIGLIA (Libro #6)

SOVRANA, RIVALE, ESILIATA (Libro #7)

VINCITORE, VINTO, FIGLIO (Libro #8)



RE E STREGONI

L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1)

L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2)

IL PESO DELL’ONORE (Libro #3)

LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4)

IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5)

LA NOTTE DEI PRODI (Libro #6)

L’ANELLO DELLO STREGONE

UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)

LA MARCIA DEI RE (Libro #2)

DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)

GRIDO D’ONORE (Libro #4)

VOTO DI GLORIA (Libro #5)

UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)

RITO DI SPADE (Libro #7)

CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)

UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)

UN MARE DI SCUDI (Libro #10)

REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)

LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)

LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)

GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)

SOGNO DA MORTALI (Libro #15)

GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)

IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)



LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA

ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1)

ARENA DUE (Libro #2)

ARENA TRE (Libro #3)



VAMPIRO, CADUTO

PRIMA DELL’ALBA (Libro #1)



APPUNTI DI UN VAMPIRO

TRAMUTATA (Libro #1)

AMATA (Libro #2)

TRADITA (Libro #3)

DESTINATA (Libro #4)

DESIDERATA (Libro #5)

PROMESSA (Libro #6)

SPOSA (Libro #7)

TROVATA (Libro #8)

RISORTA (Libro #9)

BRAMATA (Libro #10)

PRESCELTA (Libro #11)

OSSESSIONATA (Libro #12)


Sapevate che ho scritto tantissime serie? Se non le avete lette tutte, cliccate sull’immagine qua sotto e scaricate il primo libro di una di esse!






(http://www.morganricebooks.com/book/return/)


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Copyright © 2018 by Morgan Rice. All rights reserved. Except as permitted under the U.S. Copyright Act of 1976, no part of this publication may be reproduced, distributed or transmitted in any form or by any means, or stored in a database or retrieval system, without the prior permission of the author. This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return it and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author. This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental.


INDICE



CAPITOLO UNO (#u226ba32e-31b6-5264-99a7-732d677b6ebb)

CAPITOLO DUE (#u7dac34b4-332e-5380-b6f8-73806ab8d694)

CAPITOLO TRE (#u336a1d04-abb9-5323-84d1-34306ec9173d)

CAPITOLO QUATTRO (#u0bf0ce4c-5b5a-52bf-84bc-d8664a5d91a6)

CAPITOLO CINQUE (#uf44a5441-bdb4-57cc-88a6-5a4df753c619)

CAPITOLO SEI (#u2e348ab9-4e8c-543a-8978-b31d273a0719)

CAPITOLO SETTE (#u5c50d29f-01ff-5de2-b983-82541f273e4f)

CAPITOLO OTTO (#u055cdbab-6038-5b49-b6d0-9908360b3d61)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTINOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTA (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTADUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTATRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTAQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTACINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTASEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTASETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTANOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTA (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTADUE (#litres_trial_promo)




CAPITOLO UNO


Il Maestro dei Corvi si guardò attorno contemplando Ashton e sorrise vedendo come stesse iniziando a essere all’altezza del suo nome. Nubi di fumo si stavano levando dai punti che i suoi uomini stavano spazzando via con il fuoco, dalle forge che stavano producendo anche ora nuove armi, dai falò che alimentavano i numeri dei suoi soldati: marchi a fuoco per i prigionieri o ferri ardenti per coloro che tentavano di opporsi a loro.

“Venite a me,” disse tendendo un braccio. “Fatemi vedere.”

I corvi scesero dal cielo, atterrando sul lembo teso del suo grande mantello, i loro artigli che si piantavano nella carne sottostante e le loro voci gracchianti che riempivano l’aria tutt’attorno. Man mano che si posavano, portavano la vista e i rumori e gli odori di una città in rovina, e ogni immagine non faceva che alimentare il sorriso del Maestro dei Corvi, trasformandolo in qualcosa di simile a un appuntito becco aperto.

Il primo corvo gli mostrò le rovine della periferia della città, dove bambini affamati scappavano da altri bambini affamati, coltelli e mazze nelle mani sudicie. Gli edifici erano macerie, pezzi di legno e cumuli di pietra ammucchiati qua e là, con i corvi che vi razzolavano attorno alla ricerca di corpi. Il Maestro dei Corvi sentiva i momenti in cui ne trovavano e si cibavano, percependo scosse di vita perduta scorrergli dentro.

Altro potere gli arrivava dai patiboli e dalle ruote di tortura, dai pali per le esecuzioni e dalle gabbie. Un intero battaglione dei suoi soldati ci lavorava, costringendo i criminali ad entrarvi, e praticamente tutti ad Ashton erano criminali sotto le leggi del Nuovo Esercito. Si sentivano gli spari dei moschetti mentre i soldati giustiziavano i condannati, con conseguente e costante riversarsi di corvi sui corpi caduti.

Altri provenivano dai posti dove la gente che era rimasta in città lavorava duramente, costretti a trasportare e forgiare, scavare e costruire. Non c’era tempo per pause, e ben poco per dormire. Quelli che cadevano venivano picchiati fino a che non si rialzavano, e coloro che non lo facevano diventavano cibo per le sue bestiole.

“Ancora,” disse, perché la fame era sempre lì. I corvi chiedevano di più, e lui doveva nutrirli. Le sue parole riecheggiavano per la città, attraverso le gole di migliaia di uccelli. “Dacci ancora da mangiare.”

Non ne aveva bisogno solo per la fame. La sua mente si estraniò alla ricerca di ogni singolo corvo, allargandosi oltre la città, permettendosi di vedere il resto del Paese. Vide campi e città, l’avanzata dei suoi eserciti e i punti dove la gente del regno cercava di riorganizzarsi.

“Meglio che vi annienti ora o più tardi?” si chiese. Ora avrebbe estinto facilmente qualsiasi ribellione. Più tardi però, se avessero tirato su più seguaci… l’ondata di morte sarebbe stata ancora maggiore. Il potere sarebbe stato ancora di più.

Un altro corvo gli mostrò il motivo per cui aveva bisogno del potere. Casapietra era al suo posto, sana e salva all’interno delle grandi mura che la circondavano, le alte pietre poste a intervalli che servivano da ancoraggi per lo scudo che poteva essere invocato da coloro che risiedevano all’interno. Il Maestro dei Corvi vide più gente di quanta ce ne sarebbe potuta generalmente stare, almeno la metà, o forse più, di coloro che erano fuggiti da Ashton, e il re, Sebastian, e…

Anche da lassù il chiaro bagliore della bambina era impossibile da ignorare. La figlia di Sofia Danse brillava di quel genere di potere capace di eclissare il sole, e che di certo avrebbe saziato per sempre i corvi. Con quel genere di potere un uomo poteva ritrovarsi immortale anche senza il bisogno di uccidere ancora, senza l’ulteriore dispiegarsi di ali nere.

Avrebbe potuto avere abbastanza potere da permettergli di prendere ogni cosa.

Ritornò nel proprio corpo e si rivolse agli assistenti che aspettavano poco più in là. Diversi dei suoi capitani erano tra loro, apparentemente nervosi, come tutti i suoi seguaci imparavano ad essere, con il passare del tempo.

“Che progressi ci sono stati?” chiese, sentendo la propria voce roca e gracchiante. Era sempre peggio dopo essere stato a lungo nelle menti dei suoi uccelli. Indicò uno dei capitani a caso, immaginando che altrimenti avrebbero passato il tempo a discutere su chi dovesse rispondere per primo, o per ultimo.

“I miei uomini continuano a dare la caccia ai chi è rimasto indietro,” disse l’uomo. “La gente continua a vivere negli spazi più angusti della città e nei bassifondi, come dei topi, ma…”

“Avanti,” disse il Maestro dei Corvi interrompendolo.

“Il nostro controllo sulla campagna circostante è quasi al completo,” disse un altro capitano. “Le nuove leggi sono state implementate, e abbiamo iniziato a…”

“Avanti,” disse il Maestro dei Corvi.

“C’è un nobile che si è dichiarato re, e…”

“Pensate che non lo sappia?” chiese, l’irritazione crescente dentro di lui. “Ci occuperemo di tutto questo, ma non è rilevante.”

“Ci perdoni, mio signore,” disse uno dei suoi servitori, “ma cos’è che volete sentirci dire?”

“Voglio sentire dei progressi nell’attacco a Casapietra. Voglio sentire che avete trovato una soluzione per abbattere quel dannato scudo.”

“Abbiamo inviato degli ingegneri per tentare di minare le mura,” disse il servitore.

Il Maestro dei Corvi guardò l’uomo. “E?”

“E sono rimasti uccisi, attaccati dagli abitanti. C’era la nebbia, e…”

“E quando si è sollevata, erano morti. Sì, sì,” disse il Maestro dei Corvi con crescente irritazione. “Cos’altro”

“I cannoni non funzionano contro lo scudo,” disse uno dei suoi capitani. “Neppure qualsiasi altro genere di attacco fisico.”

“Non raccontatemi di ciò che non funziona,” disse il Maestro dei Corvi. “So che il mio esercito non è in grado di fare irruzione.”

“Stiamo cercando qualcuno che possa avere una soluzione,” disse un servitore. “Ma sono riluttanti a farsi avanti, anche con le promesse di ricchezze.”

Certo che erano riluttanti. Chiunque avesse quel genere di conoscenza, aveva di certo anche una scintilla di talento magico, e qualcuno del genere non avrebbe di certo desiderato aiutare il Nuovo Esercito ora. Avrebbero avuto troppa paura di ciò che sarebbe successo loro dopo.

“Scartabellate ogni registro,” disse il Maestro dei Corvi. “Voglio che scoviate opere di magia. Voglio che ogni uomo capace di leggere, ogni servitore, ogni capitano che non stia attivamente combattendo, vada nelle biblioteche della città. Offrite una ricompensa. Qualsiasi uomo o donna porti informazioni relative allo scudo che circonda Casapietra sarà risparmiato, riceverà oro e un posto nel mio esercito, anche se possiede la magia, anche se sono sacerdoti della Dea Mascherata, o nobili, o qualsiasi altra cosa. Trovatemi una soluzione e perdonerò ogni cosa. Devo avere quella bambina!”

Tornò nel palazzo di Ashton, che era diventato contorto e diverso come il resto della città. Non si curava dei buchi che erano stati creati nelle mura nel corso della battaglia, o degli uffici e alloggi militari che erano stati collocati al posto di quelle che prima erano stanze dei nobili. Da una delle stanze provenivano delle grida mentre i suoi addetti agli interrogatori lavoravano su una servitrice per scoprire cosa sapesse della città. Il Maestro dei Corvi scrollò le spalle e andò avanti.

Fece una breve pausa passando davanti a uno specchio dorato, momentaneamente incuriosito dalla sua immagine lì riflessa. La struttura alta avvolta nel mantello scuro e ricoperta di corvi era la stessa di sempre, ma ciò che colse la sua attenzione fu il segno rosso che appariva evidente contro il pallore della sua pelle.

Avvicinandosi di più allo specchio gli era ancora possibile distinguere l’impronta della mano di un infante, rossa anche adesso come nei secondi subito successivi al momento in cui la principessa Viola lo aveva toccato. La scottatura ora non gli faceva male, a meno che non la toccasse, ma era pur sempre un promemoria del potere che lei aveva di ferirlo, e questo non si poteva ignorare.

“Mio signore, mio signore!” gridò un servitore correndo verso di lui. Per un momento considerò l’idea di uccidere quell’uomo per l’interruzione, ma un misero briciolo di potere in più non avrebbe riparato a ciò che era sfuggito dalla sua presa.

“Cosa c’è?” chiese il Maestro dei Corvi.

“Mio signore, c’è un uomo che vuole vedervi. Dice che è urgente.”

Ancora una volta il Maestro dei Corvi resistette all’urgenza di colpire il servitore.

“Io… penso che le potrebbe interessare incontrarlo, mio signore,” aggiunse l’uomo.

Il Maestro dei Corvi lanciò all’uomo un’occhiata priva di vita. “Molto bene. Portami da lui. E se non lo troverò molto interessante, ti ritroverai in una gabbia per corvi.”

Vide l’uomo deglutire. “Sì, mio signore.”

Il servitore fece strada fino alla sala da ballo del palazzo, che era diventata una sala del trono per la sua occupazione. Gli specchi erano ora per lo più distrutti, e riflettevano frammenti scomposti della gente lì presente. Molti stavano indietro, affiancati da guardie del Nuovo Esercito. Uno di loro però si fece avanti, la testa rasata, abiti scuri addosso, la mente chiusa con il genere di scudo che faceva capire la presenza di poteri.

“Hai corso un grosso rischio venendo qui,” disse il Maestro dei Corvi. “Farai bene a parlare velocemente, chiunque tu sia.”

“Chiunque io sia?” chiese l’uomo. “Guardami bene.”

Il Maestro dei Corvi osservò meglio e si rese subito conto di chi aveva di fronte. Aveva già visto quella faccia, anche se al tempo aveva dei capelli in testa, e generalmente solo per brevi frangenti prima che i suoi corvi venissero uccisi.

“Endi Skyddar,” disse. “Hai corso un rischio ancora più grande di quanto pensassi. Parla in fretta. Perché dovrei lasciarti vivere?”

“Ho sentito dire che hai un problema,” disse Endi. “Ti sei imbattuto in un problema con la magia che non riesci a risolvere. Anche io ho i miei problemi: io e i miei uomini non abbiamo un posto dove andare. Magari potremmo aiutarci a vicenda.”

“E come possiamo aiutarci a vicenda?” chiese il Maestro dei Corvi. “Non sei tuo fratello Oli, che conosce la storia e cose del genere. E sei uno Skyddar, uno dei miei nemici.”

“Ero uno Skyddar,” disse Endi. “Ora non ho un nome. E per quanto ne so, i segreti e le cose nascoste erano il mio pane. Può essere che abbia sentito di un uomo a cui è stato richiesto di dare consigli in materia di magia. Può darsi che quando le mie cugine si sono presentate per avere il potere, io abbia tentato dei metodi per rispondere a modo.”

“Quindi cosa mi stai chiedendo?” domandò il Maestro dei Corvi.

“Tu concedi a me e ai miei uomini un posto onorabile nel tuo regno, e il tuo esercito,” disse Endi. “In cambio io ti fornirò un rituale che indebolirà le mura di Casapietra, e qualsiasi altra magia loro ti mettano davanti.”

Questo avrebbe concesso al Maestro dei Corvi l’accesso alla città. Gli avrebbe dato la figlia di Sofia. Con tutto quel potere nelle sue mani, si sarebbe potuto permettere di essere generoso.

“Molto bene,” disse. “È un patto. Se mi deludi, però, ucciderò te e tutti i tuoi uomini.”




CAPITOLO DUE


Sofia fissava la città oltre la porta, oltre i normali spazi del mondo. Sienne le stava appoggiato alla gamba, mentre Lucas e Kate erano rispettivamente ai suoi fianchi. Sofia non sapeva cosa pensare della città che aveva davanti, anche se l’aveva vista prima nelle sue visioni. La città era radiosa, del colore dell’arcobaleno in certe parti e dorata in altre. La gente, alta ed elegante, camminava per le strade, con abiti radianti e d’oro.

Era tutto bellissimo, ma non era niente di ciò che Sofia era venuta qui a cercare. Niente di tutto questo era il motivo per cui aveva lasciato sua figlia, suo marito e il suo regno per attraversare mare e deserto, oltre la città di Morgassa e fino alle terre desolate. Lo aveva fatto per trovare i suoi genitori.

E loro erano lì.

Si trovavano in una strada, in uno spazio sgombero in mezzo al resto della gente e guardavano l’ingresso che Sofia e gli altri avevano appena attraversato. Erano più vecchi di quanto apparissero nei suoi ricordi, ma era passato tanto tempo da allora: come poteva essere diversamente? La cosa più importante era che ancora assomigliavano a loro. Suo padre si appoggiava a un bastone ora, ma era ancora alto e dall’aspetto forte. Sua madre aveva gli stessi capelli rossi, sebbene vi si vedessero delle sfumature grigie, e sembrava sempre la più bella donna del mondo per Sofia.

Corse verso di loro senza neanche pensarci, e non fu sorpresa di vedere che anche Kate e Lucas correvano con lei. Gettò le braccia attorno a sua madre e a suo padre, e gli altri si unirono all’abbraccio, fino a sentirsi raccolti in una grande massa in mezzo alla strada.

“Vi abbiamo trovati,” disse Sofia, stentando quasi a crederlo. “Vi abbiamo trovati sul serio.”

“Sì, tesoro,” disse sua madre tenendola stretta a sé. “E avete dovuto passarne così tante per farlo.”

“Lo sapete?” disse Sofia facendo un passo indietro.

“Non sei l’unica della famiglia a vedere le cose,” disse sua madre con un sorriso. “È il motivo per cui abbiamo lasciato il mondo.”

Sofia poteva sentire come Kate si sentisse preoccupata al riguardo.

“Avete visto tutto questo e non siete venuti?” chiese Kate.

“Kate…” iniziò Sofia, ma suo padre rispose prima che potesse dire altro.

“Ci saremmo stati se avessimo potuto, Kate,” le disse. “Avete sofferto, tutti voi, e avremmo interrotto ogni momento di quella sofferenza se ci fosse stato possibile. Vi avremmo portati con noi… vi avremmo dato una vita perfetta se avessimo potuto.”

“Perché non potevate?” chiese Sofia. Pensò all’orfanotrofio e a tutte le cose che erano successe dopo l’attacco alla loro casa. “Perché non l’avete fatto?”

“Vi dobbiamo una spiegazione,” disse loro madre, “e ci sono cose che dobbiamo raccontarvi, ma non qui in strada. Venite con noi, tutti.”

Lei e suo padre fecero strada lungo la via, le folle che si aprivano come in segno di rispetto, o forse nel modo in cui qualcuno potrebbe tirarsi indietro davanti a qualche ammalato. Sofia e gli altri li seguirono fino a una grande casa con intagli all’esterno che sembravano incresparsi alla luce del sole. Non c’erano porte, come se la gente lì non temesse l’arrivo di possibili ladri: c’era una semplice tenda a tenere fuori il vento.

All’interno i loro genitori li condussero a una stanza con il pavimento che sembrava una grande versione in metallo della mappa sul disco che Sofia e gli altri avevano seguito per arrivare fino a lì. Un largo e basso tavolo si trovava al centro della stanza, con sedie disposte attorno. C’era anche un divano, sul quale si accomodarono sua madre e suo padre, una sedia pieghevole che Kate prese senza tanti complimenti e uno sgabello intagliato dall’aspetto strano davanti al quale Lucas sorrise un momento prima di sedervisi a gambe incrociate. Poi c’era una bella poltroncina dall’aspetto comodo con un tappeto davanti, dove Sofia si sedette, con Sienne accoccolato davanti ai piedi.

Subito una donna con gli stessi abiti radianti uscì da una porta laterale portando cibo e acqua. Di nuovo Sofia ebbe la sensazione che il cibo fosse stato preparato in modo specifico per ciascuno di loro. Lucas ricevette una specie di piatto di pesce, Kate un abbondante stufato e lei una pietanza delicata che le ricordava le cose che era solita mangiare al palazzo di Ashton.

“È come se ci conosceste meglio di quanto ci conosciamo noi stessi,” disse Sofia. La colse un pensiero orribile. “È tutto reale, vero? Non è un sogno causato dalla febbre, mentre stiamo morendo nel deserto? Non è un altro tipo di prova?”

“Niente di tutto questo,” la rassicurò sua madre. “Non vi avremmo neanche sottoposti al primo test, se non che la porta lo richiede. Viviamo qui, ma non abbiamo alcun controllo su questo posto.”

“Siamo dovuti passare anche noi attraverso quella dannata porta allo stesso modo,” disse suo padre. “Per me il guardiano aveva la stessa voce del mio vecchio tutore, Valensis.”

“Ci ha fatto scegliere chi sarebbe dovuto morire,” disse Kate.

Loro padre annuì. “La città perduta non ammette coloro che non mettono l’amore al primo posto.”

“Almeno non attraverso quella porta,” disse sua madre. “E notate che vostro padre non ha fatto cenno a quanto siamo rimasti all’interno di quelle maledette prigioni prima di riuscire a scegliere. Ma non è questo che volete sentirci raccontare. Dovremmo dirvi perché non siamo venuti a prendervi.”

“Non potevamo,” disse loro padre.

“Perché la vedova vi avrebbe uccisi se vi avesse trovati?” chiese Lucas.

“Sì,” rispose sua madre, “ma non nel modo che pensi. Quella notte… ha fatto uccidere così tanta gente, ma con noi ha fatto qualcosa di peggio. Ha cercato di spezzare la connessione che ci rende quello che siamo. Ha cercato di avvelenare le nostre connessioni alla terra. Ha cercato di distruggere ciò che ci rende quello che siamo.”

“L’ho sentito,” ammise Sofia. “È come se… potessi toccare tutto nella terra, e addirittura ricavarne potere se ne ho bisogno.”

Kate allora si intromise. “Siobhan mi ha fatto insegnare da un vecchio stregone che tutta la magia consiste in spostamenti di potere. Mi ha insegnato a guarire dando potere alla gente, e a uccidere rubandolo. Anche io ho sentito quella connessione. È come un’enorme bilancia.”

“È lo stesso e non è lo stesso,” disse loro padre. “Alcuni di coloro che hanno la magia lo capiscono, e altri la usano per prolungare le loro vite. Una vecchia creatura come Siobhan aveva il potere per questo. Una cosa come il Maestro dei Corvi ha il potere per questo. Hanno i loro collegamenti: Siobhan alla fontana, il Maestro ai suoi corvi. Per noi è diverso: noi siamo collegati alla nostra terra e al nostro popolo. Equilibriamo questo potere e lo tocchiamo, ma dobbiamo fare attenzione a non prenderne troppo, a non danneggiarlo.”

Sofia l’aveva percepito quando si era connessa con la terra: aveva sentito la fragilità di quei collegamenti, e quanto facile sarebbe stato danneggiarli.

“Non capisco,” disse Lucas. “Come ha fatto la vedova ad avvelenare quel legame pur non avendo la magia? E perché non ha avuto effetto su di noi?”

“L’ha fatto fare a qualcun altro,” disse loro padre. “Ci è voluto un sacco di tempo e di sforzo per scovarlo e fargli eliminare ciò che aveva fatto. Per quanto riguarda il motivo per cui non ha effetto su di voi, immagino che fosse mirato solo a noi. Sono riconoscente a tutti i vecchi dei per il fatto che questa cosa non vi abbia toccato.”

“Questo ancora non spiega perché non siate venuti a cercarci,” insistette Kate.

“Oh, Kate, bambina mia,” disse loro madre alzandosi e avvicinandosi a lei in modo da poterla abbracciare. “Non potevamo portarvi con noi, e poi vi abbiamo perduti per così tanto tempo. Non sapevamo neanche noi dove foste nascosti, non dopo che voi e la balia siete arrivati dagli amici che avrebbero dovuto farvi sparire dalla circolazione.”

“Poi non abbiamo avuto la possibilità di tornare a cercare,” disse suo padre. “Più a lungo stavamo lontani dalla nostra terra, e più lentamente il veleno avanzava. Questo ci ha concesso il tempo per cercare un antidoto, ma questo ha anche significato che non potevamo venire da voi.”

“E c’era dell’altro. Tu hai visto il futuro, Sofia. E anche tu, Lucas.” Lo disse come fosse una constatazione, non una domanda. “Avete visto le cose che succederanno, che potrebbero succedere, che può darsi che succedano.”

“Siobhan parlava di possibilità,” disse Kate.

Sofia vide loro madre annuire.

“Possibilità, influenzate dal minimo tocco,” disse loro madre. “Quando Alfred e io abbiamo discusso del tornare da voi, io ho visto… ho visto il mondo in rovina, una terra dopo l’altra in fiamme, ho visto che morivamo prima di trovarvi. Quando abbiamo deciso di restare e aspettare, abbiamo visto il potenziale di un ritorno a bellezza e pace. Ho visto te, Sofia, e ho visto dopo di te…”

Sofia deglutì al pensiero di sua figlia, Viola, e delle visioni che aveva avuto su di lei. Aveva visto la possibilità di un’età di pace ineguagliabile, e anche la possibilità di qualcosa di decisamente più oscuro. Aveva cambiato il nome che avrebbe potuto dare a sua figlia solo per evitare la seconda. Poteva biasimare i suoi genitori per quello che avevano fatto loro stessi sulla base della bilancia del fato?

“Quindi ci avete lasciati?” chiese Kate, ovviamente non molto propensa a perdonarlo.

“Avrei voluto essere stata con te,” disse sua madre. “Avrei voluto poterti insegnare della magia invece che lo facesse… lei. Avevamo così poco tempo, e non osavamo lasciare la città…”

“Altrimenti la vedova vi avrebbe trovati?” chiese Kate.

Non è codardia voler evitare un combattimento, disse Sofia a Kate con il pensiero.

A me sembra così, ribatté Kate.

“Non è stato un atto di codardia, Kate,” le disse sua madre, e Sofia sorrise al pensiero che ovviamente sua madre dovesse avere i loro talenti. “Era l’unico modo in cui avremmo potuto vedervi tutti. Il disco… l’attesa… pensi che lo volessi, piuttosto che allungare la mia mente a voi e portarvi qui?”

“E allora perché non siete venuti quando Sofia ha inviato i nostri messaggeri a cercarvi?” chiese Kate. “Lucas è venuto.”

“Non potevamo,” disse loro padre. “Non potevamo andarcene da questa città.”

“Perché no?” chiese Sofia.

“Il veleno,” rispose lui. “Stare in un posto come questo, isolati dal mondo, era l’unico modo per rallentare gli effetti quanto bastava per vedervi. Era l’unico modo per arrivare a raccontarvi tutto quello che dovevate sapere.”

Sofia deglutì al solo pensiero, all’idea dei suoi genitori costretti a scappare non solo dal regno, ma dal mondo stesso per poter sopravvivere. Ma una delle parole pronunciate da suo padre le rimase in testa.

“Aspetta, hai detto che il veleno è stato rallentato restando qui. Non fermato?”

“No, mia cara,” disse loro madre. “Il veleno è ancora in noi, e sta ancora agendo per ucciderci. Anche solo il breve momento di collegamento con il mondo tramite la momentanea apertura della porta l’ha accelerato. Vorrei… vorrei così tante cose, ma non c’è tempo per nessuna di esse. Vostro padre e io… stiamo morendo.”




CAPITOLO TRE


Sebastian cercava di celare la sua frustrazione mentre parlava con Asha e Vincente. Ovviamente non era facile nascondere qualcosa a quei due, dato che sapevano leggere le menti.

“I rifugiati non possono starsene nelle tende per sempre,” disse.

“Non è per sempre,” disse Vincente. “Solo fino a che l’esercito che ci minaccia non avrà sloggiato.”

“E se non è di loro gradimento,” disse Asha, “possono sempre andare in prima persona ad affrontarli. Non sono loro a tenere uno scudo attorno a Casapietra. Non sono loro che danno la caccia ai nostri aggressori. Dovrebbero essere riconoscenti.”

Riconoscenti di essere incastrati nelle tende. Riconoscenti di aver perso le proprie case e i propri cari. Riconoscenti di essersi trovati costretti a chiedere aiuto.

“Non è questo che intendo,” disse Asha, e ancora una volta era ovvio che si era immersa a fondo nei suoi pensieri.

Sebastian guardò verso il punto in cui Emeline e Cora stavano sedute, con sua figlia Viola rannicchiata tra le braccia di quest’ultima. Cora sembrava felice con lei lì, e Sebastian le era riconoscente per questo, perché aveva visto quanto fosse rimasta ferita dalla morte di Aidan.

“Emeline, puoi aiutarmi?” le chiese. “Asha sta spiando nei miei pensieri.”

Emeline si avvicinò lanciando un’occhiata poco amichevole alla donna che stava a capo di Casapietra. Sebastian sentì qualcosa che gli si avvolgeva attorno alla mente come un mantello, e immaginò che servisse a bloccare le intrusioni da parte di Asha.

“Potrei benissimo passarci attraverso,” disse Asha.

Emeline sorrise a denti stretti. “E invece no, e se tu usassi le dovute maniere, non ce ne sarebbe stato bisogno.”

“Perché la gente dovrebbe voler nascondere i propri pensieri se non sta pensando a niente di sbagliato?” ribatté Asha, ma non sembrava particolarmente convinta.

“Stiamo cercando ogni spazio possibile per la gente,” disse Vincente. “Sei il nostro re, Sebastian.”

Asha lo guardò con evidente sorpresa, e Sebastian ebbe la sensazione che fosse in atto una conversazione silenziosa tra i due. Emeline gliene fornì il contenuto.

“Asha sostiene che Sofia potrebbe anche essere la loro regina, ma tu sei il figlio della vedova, e lei non può seguirti. Dice che entrambi sanno che Viola è la loro vera regina.”

Emeline fece un sorrisino e Asha la fulminò con lo sguardo.

“Non sono imbarazzata,” disse Asha. “La principessa Viola è una di noi. Appartiene a questo posto, e sarà una grande regina.”

“Un giorno,” confermò Sebastian. Però non gli piaceva il modo in cui Asha lo aveva detto. Lo faceva suonare come se lui e Sofia non contassero, come se la loro esistenza fosse veicolata solo a portare Viola nel mondo.

“Sebastian è il nostro re,” disse Vincente a voce alta. “Sofia è la nostra regina, e Casapietra supporta la corona. Creeranno un mondo dove potremo vivere, Asha.”

“Non hanno neanche un mondo dove poter vivere loro,” disse Asha indicando le tende. “Li abbiamo salvati e loro si lamentano. ‘Abbiamo solo delle tende’. ‘Perché non c’è altro cibo?’ ‘E se stessero leggendo i miei pensieri?’ Ci esauriamo per proteggerli, e loro si meravigliano quando ci ribelliamo.”

“Ci vorrà tempo, Asha,” disse Emeline. “Ci vorrà solo…”

Sebastian la vide rimanere immobile sul posto, gli occhi fissi su qualcosa dietro di lui. Sapeva cosa significava: stava vedendo qualcosa ben oltre i confini della città nascosta.

“Cosa c’è?” disse quando vide Emeline sbattere le palpebre ritornando in sé. “Cos’hai visto, Emeline?”

“Qui non siamo al sicuro,” disse Emeline. “Ho visto… ho visto gli scudi che cadevano. Ho visto il Nuovo Esercito che li spazzava via.”

“Impossibile,” disse Vincente. “Gli scudi sono indistruttibili. Abbiamo respinto il nemico con facilità l’ultima volta.”

“L’ho visto,” insistette Emeline. Quando spostò lo sguardo su Sebastian, lui poté vedere quanto fosse seria al riguardo. “Dobbiamo portare Viola fuori di qui.”

Sebastian sbatté le palpebre, ma non poteva che essere d’accordo con lei. Se il Maestro dei Corvi stava per entrare a Casapietra, allora dovevano portare via Viola. Dovevano andarsene tutti.

“Ma non potete prendere Viola,” disse Asha. “È una di noi!”

Sebastian si voltò verso di lei, sorpreso da quell’improvviso tono protettivo. “Viola è mia figlia,” disse. “E non la metterò in pericolo.”

Vide Asha scuotere la testa. “Non è in pericolo. Vincente ha ragione. Nessuno potrebbe entrare a Casapietra.”

“L’ho visto succedere!” ribatté Emeline.

“Dove potremmo portarla?” chiese Sebastian. Se fossero riusciti ad arrivare fino alla costa, allora forse avrebbero raggiunto Ishjemme, ma questo avrebbe voluto dire abbandonare il regno che avevano appena ottenuto. Lo avrebbero perso prima che Sofia potesse anche solo tornare.

“Non c’è praticamente nessun posto forte come questo,” disse Vincente. “L’unico luogo che potrebbe essere più potente sarebbe stato Monthys nei giorni in cui le sue difese erano realmente attive, ma Monthys è caduta.”

“Il che significa che il nemico adesso non è lì,” sottolineò Emeline.

“Lo stesso non sarebbe forte,” ripeté Vincente. “Nei giorni prima delle guerre civili, aveva strati di magia e pietra, ma ora…”

Sebastian aveva sentito da Sofia come era adesso, danneggiata, praticamente in rovina. Ulf e Frig erano andati lì per tentare di ricostruirla, ma ora erano morti, uccisi dal Maestro dei Corvi. Probabilmente il Nuovo Esercito era già passato oltre, ma pensarlo come un posto sicuro era comunque una follia.

“Monthys attirerà la gente,” disse Emeline. “E poi ci saranno ancora le strutture portanti delle difese magiche. Possono essere riattivate.”

“Abbiamo difese magiche anche qui,” insistette Asha. “Viola è il motivo per cui vi abbiamo permesso di venire qui.”

“Non il solo motivo,” disse Vincente.

Asha lo guardò di sbieco, e Sebastian ebbe la sensazione che stessero discutendo. Ma era più interessato a ciò che Asha aveva detto.

“Avete accolto i rifugiati solo per mia figlia? Per un lampo di visione che hai avuto?”

Asha era in atteggiamento di sfida. “Non che ho avuto solo io. Chiunque possa cogliere lampi del futuro ha visto l’arrivo della regina. Non puoi negarlo.”

“Sarà mia figlia a scegliere il suo futuro,” disse Sebastian. “Farò tutto quello che serve per tenerla al sicuro, e per consentirle tali scelte. Combatterò per questo, se proprio devo. Non dimenticartelo, Asha.”

“Non siamo nemici,” disse Vincente. “Siamo…”

Sebastian non poté capire esattamente cosa fossero, perché in quel momento risuonarono delle campane, il segnale che stava accadendo qualcosa oltre le mura della città.

“Dobbiamo andare,” disse Emeline. “Sta arrivando.”

“Siamo al sicuro qui,” insistette Asha. “È solo un qualche piano per portare via la principessa Viola dalla sua gente.”

Sebastian la ignorò e corse verso le mura di Casapietra. Lo scudo che gli abitanti avevano eretto era attivo, sostenuto dagli sforzi delle persone che si trovavano all’interno del cerchio di pietra.

Davanti alla città si trovava un battaglione del Nuovo Esercito, i cannoni puntati, la cavalleria dispiegata come un rete. Sebastian era più interessato alle figure che si fecero avanti. Riconobbe subito il Maestro dei Corvi. L’uomo con la testa rasata che gli stava accanto fu più difficile da identificare, ma se ne stava quasi come fosse un pari del Maestro dei Corvi.

“Quello è Endi,” disse Emeline, “il cugino di Sofia.”

“Quello che ci ha traditi trascinando via mezza flotta dell’invasione?” chiese Sebastian. Aveva sentito le storie, anche se non lo aveva mai incontrato di persona.

“Proprio lui,” confermò Emeline.

“E cosa ci fa con il Maestro dei Corvi?” chiese Sebastian.

“Niente di buono,” rispose Emeline. “Sebastian, dobbiamo uscire da qui.”

Accanto a loro i guerrieri di Casapietra e quelli tra i rifugiati che potevano combattere iniziarono a prendere posizione. Lo fecero con un sorprendente senso di sicurezza, ma poi, pensò Sebastian, si trovavano dietro allo scudo. Fintanto che quello teneva, non c’era nulla da temere. Erano al sicuro.

Allora perché Emeline aveva avuto una visione di distruzione?

Sebastian rimase lì, cercando di mostrare sicurezza anche mentre la sentiva sfumare via. In assenza di Sofia, c’era lui a capo di quel regno, e aveva il dovere di fornire la forza da cui potessero trarre tutti gli altri. Se avesse dimostrato paura, allora si sarebbe scatenato il panico.

Lentamente Endi iniziò a camminare attorno al perimetro di Casapietra, fermandosi a intervalli di pochi passi per fare qualcosa con degli ingredienti che venivano portati da un paio di servitori. Usava un bastone dorato per fare dei segni, leggendo da un libro man mano che si spostava.

“Qualcuno può sparargli con un moschetto?” chiese Sebastian.

“A questa distanza?” chiese Vincente. Iniziò a caricare il suo. “Improbabile, ma possiamo provarci.”

Gli altri guerrieri di Casapietra iniziarono a preparare le loro armi. Sembrarono metterci un penoso lunghissimo tempo per prepararsi.

“Fuoco!” gridò Vincente, e una raffica di colpi sfrecciò attraversando la brughiera, ma nessuno di essi andò a colpire Endi. “È troppo lontano. Forse un cannone potrebbe riuscirci.”

Sebastian vedeva chiaramente che non ce l’avrebbe fatta. Endi si stava muovendo troppo rapidamente perché un cannone potesse restare puntato correttamente contro di lui, e l’idea di colpire un uomo con un’arma da artiglieria era comunque ridicola. Non potevano neanche tentare un assalto là fuori per fermarlo, perché avrebbe significato abbassare lo scudo.

Tutto ciò che potevano fare era aspettare.

Sebastian guardava il cugino di Sofia mentre completava il suo percorso attorno a Casapietra. Aveva quasi finito un giro intero. In qualche modo Sebastian aveva la sensazione che dovessero fermarlo prima che completasse tutto il giro. La forza non avrebbe funzionato, ma magari l’ingegno sì.

“Endi,” gridò. “Endi, sono Sebastian, il marito di Sofia.

Vide Endi fermarsi e voltarsi a guardarlo.

“So chi sei,” gridò Endi in risposta.

“Sarebbe più facile parlarti se fossi più vicino.”

“Sarebbe più facile anche spararmi,” precisò Endi. “E hai già dimostrato di essere intenzionato a farlo.”

“Cosa stai facendo, Endi?” chiese Sebastian. “Sei il cugino di mia moglie. Mia figlia è sangue del tuo sangue. Non dovresti dare una mano ai nostri nemici.”

Endi lo guardò a lungo. “Se i parenti fossero l’unica cosa che conta, saresti morto insieme ai tuoi, e i miei non mi avrebbero cacciato.”

“Ma stai aiutando il Maestro dei Corvi!” gridò Sebastian. “Sai quanto sia malvagio. Ha attaccato Ishjemme, e la tua famiglia, e i tuoi amici!”

“Almeno lui ha un posto per me!” gridò Endi, e riabbassò il bastone dorato facendo un’ultima serie di segni. Sembrava mormorare delle parole tra sé e sé, e rapido quasi come un serpente si girò, pugnalando prima un servitore e poi l’altro, versando il loro sangue a terra.

Delle strisce di potere scorsero negli spazi che aveva percorso, colorate di un rosso sangue intenso. Sembrava che l’aria soprastante fosse carica di energia vorticante, e per un momento Sebastian pensò di sentire grida di morte oltre i limiti del loro insediamento. Risentì quelle grida riecheggiare dietro di sé, e si voltò vedendo la gente che barcollava nel cerchio di pietra nel cuore di Casapietra, stringendosi la testa come colpiti da estremo dolore. Uno cadde in avanti e non si rialzò.

Sebastian fece giusto in tempo a rigirarsi per vedere lo scudo che lampeggiava e poi si estingueva, brillando nell’aria per un secondo prima di cadere del tutto. Corni e trombe risuonarono nella brughiera, riecheggiando mentre annunciavano i loro comandi. Il tuonare degli zoccoli dei cavalli lanciati al cavallo si unì al frastuono generale.

Sebastian vide che il Nuovo Esercito iniziava ad avanzare, e ora non c’era nulla che loro potessero fare per fermarli.




CAPITOLO QUATTRO


“State morendo?” chiese Sofia, incapace di credere alle proprie orecchie. Lo shock le fece gelare il sangue, la portò a desiderare di fare qualcosa, qualsiasi cosa piuttosto che crederci. Anche quando Sienne le si strusciò contro, il gatto della foresta non fu in grado di riportarla alla realtà.

“Non può essere che stiate morendo,” disse Kate. “Non dopo tutto quello che abbiamo passato. Non era così che dovevano andare le cose.”

Sofia poteva sentire il dolore, e vedere le lacrime che scorrevano negli occhi di sua sorella. Era uno shock già di per sé anche quella scena, perché Kate non piangeva mai. Si arrabbiava, piuttosto, per non doverlo fare.

“Non piangete, tesori miei,” disse loro madre, allargando le braccia. Sofia si alzò dalla sua poltrona per andare da lei, e Kate fece lo stesso. “Questo era previsto da lungo tempo.”

“Ma vi abbiamo appena trovati,” insistette Sofia, come se questo facesse la differenza. Sapeva ormai che il mondo non funzionava così, ma avrebbe dovuto. Avrebbe dovuto davvero.

“Però ci avete trovati,” disse suo padre. “Abbiamo la possibilità di essere ancora una famiglia, anche se per pochissimo tempo.”

Sofia lo vide sussultare, portandosi la mano al petto. Fino a prima di quel gesto, non si era resa conto di quanto breve potesse essere quel tempo.

“Non si può fare niente?” chiese Lucas. Sofia riconosceva in lui il tentativo di nascondere quello che provava. Non gli piaceva: voleva che lì ci fosse suo fratello, non solo un suo guscio.

“Deve esserci qualcosa,” confermò Kate. “Se avessi ancora i miei poteri, potrei guarirvi. Se non li avessi persi…”

“Allora saresti ancora alla mercé di una delle più antiche streghe della nostra terra,” disse sua madre. “Non è colpa tua, Kate.”

“No, è colpa della vedova,” rispose lei seccamente. “Sua e dei suoi seguaci. Lei è morta, ma loro sono ancora vivi. Lì troverò tutti, fino all’ultimo.”

“Kate,” disse Sofia con gentilezza. “Non è il momento di arrabbiarsi.”

“Perché non sei più arrabbiata anche tu?” ribatté Kate. “Che senso ha avere tutti questi poteri se non ci possono dare i nostri genitori? Perché dobbiamo sempre sacrificare così tanto?”

Sofia poteva vedere che Kate non stava alludendo solo ai loro genitori, ma a tutte le altre cose che erano successe nelle loro vite, a tutto il dolore, a tutte le sofferenze.

“Dobbiamo, perché è quello che a volte ci richiede il destino,” disse loro madre. “So che avete visto barlumi di ciò che accadrà, Sofia e Lucas. Ho avuto tutta una vita per vederlo. Davanti a noi c’è un tempo di grandioso potere. Ho visto la guerra, e il modo in cui essa volge per determinare il fato del mondo.”

“Sconfiggiamo la vedova,” disse Sofia.

“E ora il Nuovo Esercito si trova sulle tue coste,” disse sua madre. “Il Maestro dei Corvi le attraversa, uccidendo nella sua avanzata.” Si voltò verso Kate. “Mi spiace, cara, ma Will è morto.”

Sofia sentì l’ondata di dolore e sofferenza che emanava da sua sorella come la bomba lanciata da un artigliere. Si avvicinò per sostenere Kate, ma sua sorella la spinse via, non permettendole neanche di toccarla.

“No, non può essere vero, non è giusto,” disse. “Will… non può…”

“L’ho visto,” disse sua madre. “Ho sognato Ashton che cadeva, e ho visto il momento in cui ha dato la sua vita in modo che gli altri potessero fuggire. Ha salvato la vita di Sebastian, permettendogli di andarsene con Viola. Ha fatto saltare per aria il cannone che stava difendendo, e il Maestro dei Corvi è sopravvissuto a malapena.”

Sofia si aspettava ora che sua sorella crollasse. Neanche Kate poteva restare forte così a lungo. Cercò anche di allungarsi verso di lei, mente a mente, ma si trovò davanti un muro di pura rabbia, così incandescente da scottarle i pensieri nell’avvicinarsi. Kate rimase ferma lì per quella che parve un’eternità, prima di parlare di nuovo.

“Come faccio a ucciderlo?”

Quelle parole avevano una sorta di durezza che veniva dalla rabbia che le emanava.

“È una via oscura, Kate,” disse sua madre.

“È quello che sarebbe dovuto succedere fin dall’inizio,” rispose Kate.

Sofia vide i suoi genitori che si guardavano tra loro.

“Ci sono delle cose che voi tre dovete fare per prepararvi alla battaglia che ci sarà,” disse loro padre.

“Non me ne frega niente,” rispose Kate. “L’unica cosa che mi interessa è assicurarmi che la cosa responsabile della morte di Will muoia!”

“Avresti bisogno del tuo potere per farlo,” disse loro madre. “Le vie per arrivarci sono ancora lì, ma sono danneggiate.”

Sofia mise una mano sulla spalla di Kate, e questa volta lei glielo concesse.

“Troveremo un modo per ucciderlo,” le disse. “Anche senza i tuoi poteri, sei sempre mia sorella, sei…”

“Se avessi tutto il mio potere, Will non sarebbe morto,” disse Kate. Sofia la vide rivolgere lo sguardo a loro madre. “Come faccio a riaverli?”

“C’è un posto,” disse sua madre. Abbassò la testa. “E combacia con tutto il resto che ho visto. Se vuoi davvero farlo…”

Sofia capì che ora non c’era proprio scelta.

“Sì,” disse. “Lo faremo. Aiuteremo Kate a riprendere i suoi poteri. Sconfiggeremo il Maestro dei Corvi.”

Vide suo padre scuotere la testa. “Questa è una cosa che non potete fare insieme. C’è troppo da fare e troppo poco tempo per farlo. Il mondo dipende dai compiti che ciascuno di voi ora ha.”

“Quali compiti?” chiese Sofia.

Vide sua madre fare una smorfia prima di continuare, appoggiandosi brevemente allo schienale del divano e chiudendo gli occhi. “Il veleno sta diventando più forte. Mi ero… dimenticata quanto facesse male.”

“Dobbiamo farlo,” disse loro padre. Si spostò accanto a lei e le prese la mano. Subito una visione apparve nella mente di Sofia.

Vide Monthys, quel posto ancestrale che si dispiegava nella campagna sotto alle Terre della Montagna. La vide in un modo che non aveva mai visto prima, strati luccicanti di forza avvolti attorno alla città con intrecci tanto intricati quanto potenti. Sembravano formare una rete progettata per proteggere ciò che si trovava all’interno, sprigionandosi verso l’esterno per collegarsi con la terra. Ma c’erano dei pezzi mancanti in quella rete. Si notavano dei punti vuoti, e senza quelle parti Monthys era praticamente in rovina. C’erano simboli che fluttuavano sopra a cinque punti, e mentre Sofia li guardava, ne capì il significato.

Pietra, Ghiaccio, Fuoco, Ombra, Spirito, le sussurrò la voce di sua madre. Alcuni dei più vecchi tra coloro che hanno la magia credevano che queste fossero le cose di cui era fatto il mondo, e hanno dato a ciascuno di essi un posto sulla terra.

“Casapietra e Ishjemme?” ipotizzò Sofia a voce alta.

E altri, disse la voce di suo padre, unendosi a quella di sua madre. Ciascuno contiene un cuore, una fonte di potere. Morgassa era il sito del fuoco, prima che i suoi governatori decidessero che il cuore era troppo di valore per andarsene nel deserto. Tu recupererai quello, Sofia, e lo porterai per ricostruire.

La Collina di Ysbryd è un posto strano, inviò sua madre. Le cose sono reali e no lì. Lucas dovrà andare a recuperare quel cuore. Ci riuscirà solo con dell’aiuto, ma deve fidarsi ad andare da solo.

Il posto che chiamano Si è ancora più pericoloso, inviò loro padre. Sono preoccupato per vostra sorella. Troverà quello che vuole, ma poi?

La visione si interruppe, almeno così Sofia pensò. Era difficile a dirsi, perché la magia sembrava ancora aleggiare nella stanza. Vide i contorni del mondo sotto di loro accendersi nello stesso modo in cui aveva fatto il disco portata da Lucas. Brillavano di potere e cinque punti di luce emergevano dal pavimento, spiccando tra tutto il resto.

Sofia si alzò in piedi e li fissò. Ne distinse uno che ardeva di luce dal suo regno. Un altro poco distante, nel punto in cui sapeva esserci Ishjemme. Un terzo si trovava vicino al centro della mappa e altri due erano all’esterno: uno su un’isola circondata da barriere coralline, un altro a identificare una città in mezzo alle colline, al centro di un’ampia piana. Non sembrava esserci niente nel raggio di centinaia di miglia, eccetto un fiume che vi passava attraverso.

“Sono così distanti,” disse Sofia.

Lucas annuì. “È per questo che non possiamo andarci insieme. Io andrò al luogo dello spirito e cercherò il cuore. Non fallirò.”

“E io andrò qui,” disse Kate inginocchiandosi per puntare un dito su Si. “Se è quello che serve per uccidere il Maestro dei Corvi, lo prenderò e riporterò indietro anche questo cuore.”

“E io resto con il compito di convincere il re Akar di Morgassa,” disse Sofia. In qualche modo non sembrava un compito difficile, almeno fino a quando non pensò a come avesse tentato di tenerli lontani da questo posto dimenticato. Anche la carovana che aveva inviato a guidarli li avrebbe portati altrove. Messa così, poteva apparire ancora più difficile di quanto Sofia pensasse.

“Lo farò,” disse Lucas. “Ce la faremo.”

“Ucciderò chiunque tenti di fermarmi,” disse Kate con sguardo duro.

“Kate…” iniziò Sofia, ma sua sorella scosse la testa con decisione.

“No. Ho bisogno di questo. Ho bisogno di essere arrabbiata, perché se smetto di essere arrabbiata, non mi resta nulla. Lo farò. Farò qualsiasi cosa sia necessaria. E poi non sembra che ci sia niente di bello nel vivere in un ‘posto di ombre’, no?”

“Immagino di no,” disse Sofia. Guardò i loro genitori, sperando di avere qualche consiglio, o magari dell’aiuto nel convincere Kate che c’erano modi migliori per fare tutto questo che attraverso la violenza.

I loro genitori sedevano sul divano che condividevano, perfettamente immobili, gli occhi chiusi mentre la magia fluttuava attorno a loro. Sofia si sentì mozzare il fiato in gola e si avvicinò, mettendo le mani sulle spalle di sua madre e scuotendola.

“Mamma, puoi sentirmi? Mamma? Papà?”

Erano entrambi fin troppo immobili. Anche i loro petti non si alzavano e abbassavano nel tipico movimento della respirazione. La pelle di sua madre era fredda al tatto, il calore che se ne stava man mano andando insieme alla magia. Quanto sforzo avevano messo in questo ultimo incantesimo? O meglio, quanto veleno era stato in grado di usarne come collegamento a loro? Avevano mostrato a loro tre dove andare, ma nel farlo… nel farlo si erano resi vulnerabili a tutto ciò che avevano chiuso fuori così a lungo.

I loro genitori erano morti.




CAPITOLO CINQUE


Il Nuovo Esercito avanzò e Sebastian sapeva che non c’era modo di respingerlo senza la protezione dello scudo di Casapietra. Non erano riusciti a farlo ad Ashton, o in nessuna delle altre cittadine del regno, quindi come avrebbero potuto riuscirci qui, in un insediamento di poche migliaia di persone?

“Perché dobbiamo,” disse Asha, sguainando la sua spada e una pistola. “Dobbiamo resistere, o Viola non potrà mai diventare quello che abbiamo visto di lei.”

Sebastian ignorò il fatto che per l’ennesima volta la donna sembrava aver letto nel suo pensiero. Era già abbastanza che fosse propensa ad aiutare, e che fosse presente mentre la prima ondata di soldati entrava.

Moschetti e pistole risuonarono per quel primo attacco, rallentando mentre gli uomini cadevano falciati dalla pioggia di proiettili e frecce. Ma non fu sufficiente: non poteva mai essere sufficiente quando non c’era il tempo per ricaricare. Alcuni guerrieri dell’insediamento riuscirono a sparare una seconda raffica con delle armi di scorta o perché erano in qualche modo riusciti a ricaricare, ma il nemico continuava ad avanzare anche mentre i loro commilitoni cadevano, assaltando le mura che circondavano il villaggio.

Sebastian, spada in pugno, avanzò per affrontare il nemico che voleva sua figlia, conficcando la lama nella gola del primo uomo che gli si avvicinò, poi tirando un fendente di traverso a un secondo.

Abbatteva uomini e quelli continuavano a venire, anche mentre Sebastian tentava di pensare a dei modi per salvare la gente che gli stava attorno. Vide i guerrieri di Casapietra fianco a fianco con quelli tra i rifugiati che sapevano come combattere. Colpivano senza alcuna sorta di piano generale, se non con l’idea di tenerli indietro. Non c’era tempo per nessuna sottigliezza o strategia: solo la necessità di stare lì e combattere.

Sentì una mano sul braccio e si voltò, ma vide solo Emeline, lì accanto a lui nel mezzo della battaglia

“Dobbiamo arrivare a Viola!” gridò oltre il frastuono delle lame e il vibrare della magia che veniva usata nel combattimento. Attorno a Sebastian i guerrieri di Casapietra usavano poteri che li rendevano decine di volte più pericolosi di un singolo soldato: alcuni di loro si muovevano più veloci di qualsiasi persona normale, alcuni gettavano oggetti con forza incredibile, mentre uno evocava le fiamme sugli abiti dei suoi avversari.

Anche con tutte quelle abilità magiche, anche potendo coordinare alla velocità del pensiero ogni singolo nemico che gli si gettava contro, non c’era molto che potessero fare contro l’enorme numero di soldati che li stavano attaccando. Sebastian vide cadere un guerriero, trascinato a terra dalla ressa di uomini che aveva attorno, incapace di spostarsi e schivare i colpi. Cercò di andare in suo soccorso, ma la mano di Emeline era di nuovo sul suo braccio.

“Non c’è nulla che tu possa fare qui, Sebastian,” disse. “La difesa non ha bisogno di te, ma tua figlia sì.”

Sebastian deglutì. Non c’era altra scelta, non con sua figlia in pericolo. Doveva portarla in salvo.

“Dov’è?” le chiese.

“Cora sarà andata verso casa nostra,” rispose Emeline. “Sbrighiamoci, prima che tutto il posto venga invaso!”

Corsero verso la piccola abitazione, passando oltre la violenza in corso. Sebastian vide un paio di soldati che tenevano fermo uno dei rifugiati e ne uccise uno con la sua spada, ma non si fermò. Ora non c’era tempo per fare altro che correre. Se non fossero arrivati presto da Viola, sarebbe stato troppo tardi.

Vide un quartetto di soldati attorno alla porta aperta della casa e lanciò un grido d’attacco mentre si lanciava avanti. Uno degli uomini si girò verso di lui mentre Sebastian gli tagliava la gola con la spada che aveva in mano. Un altro rimase impietrito sul posto con la spada sollevata, e Sebastian gli conficcò la propria lama nel petto, liberandola subito per lanciarsi sul terzo. Lo gettò a terra, prendendo un pugnale dal fodero, ideale per un attacco così ravvicinato, pugnalandolo quindi mentre teneva il polso dell’uomo bloccato a terra con l’altra mano. Quando il soldato si afflosciò, Sebastian sollevò la testa e vide il quarto uomo che incombeva su di lui con la spada alzata.

Asha andò a colpirlo di lato, la spada che gli scivolava dentro con movimento quasi troppo rapido da vedere.

“Pare che avessi ragione,” disse. “Dobbiamo portare la principessa Viola fuori di qui.”

Sebastian la fissò. Non era certo che Asha fosse la persona che avrebbe scelto da tenere al proprio fianco in un momento come questo.

“Allora sei un idiota,” disse lei, in risposta ai suoi pensieri. “Combatto bene come chiunque altro qui, e la proteggerò con la mia vita. La sua sopravvivenza è tutto ciò che conta adesso.”

Sebastian sospettava che dicesse sul serio al riguardo, e in ogni caso non c’era tempo per mettersi a discutere. Sulle mura poteva vedere Vincente che tentava di imbastire una difesa, ma gli uomini e le donne stavano perdendo terreno un passo dopo l’altro.

Fecero irruzione nella casetta e trovarono un altro soldato morto sul pavimento, Cora in piedi vicino a lui con Viola accoccolata in una fascia che aveva addosso e una spada in mano.

“Ben fatto,” le disse Asha, per la prima volta impressionata dalle sue azioni.

“Dobbiamo uscire di qui,” disse Cora, praticamente incurante dell’uomo morto ai suoi piedi. Viola era sorprendentemente tranquilla mentre succhiava uno strofinaccio imbevuto nel latte.

“Ma come?” si chiese Sebastian a voce alta mentre guardava fuori dalla finestra della casupola, cercando di trovare un modo per sgattaiolare attraverso il combattimento. Se fossero riusciti ad arrivare ai cavalli, sarebbero potuti scappare attraverso la brughiera, ma c’erano soldati dappertutto e Sebastian poteva vedere i corvi che iniziavano a raccogliersi sopra di loro, di certo alla ricerca di qualsiasi segno della presenza di Viola.

Peggio ancora, Sebastian vide il momento in cui il Maestro dei Corvi salì sulle mura. I guerrieri di Casapietra corsero verso di lui, e lui li uccise tutti, ruotando e girando, mandandogli i suoi corvi in faccia, colpendo con la sua spada da duello. C’erano uomini tutt’attorno a lui, e sembrava sempre sapere da che parte voltarsi. E poi, con la quantità di morte che si respirava nell’aria, la sua forza era terrificante. Un uomo gli si parò davanti e fu tagliato letteralmente a metà da un colpo fortissimo. Un altro si trovò calciato via, le costole frantumate.

Allora arrivò Vincente, e il Maestro dei Corvi si abbassò in tempo per permettere ai soldati dietro di lui di percepire la chiamata ruggente del suo archibugio. La lunga lama da macellaio di Vincente non era agile come lo stocco del Maestro dei Corvi, ma continuò comunque a muoversi tenendolo a bada. Sembrava che Asha volesse correre ad aiutarlo, ma Sebastian la vide poi puntare gli occhi sul cerchio di pietra poco più in là.

“Se riusciamo ad arrivare lì, posso creare un’uscita per noi.”

“Asha,” disse Emeline. “Non funzionerà. L’incantesimo di Endi…”

“Non intendo stare nel cerchio,” disse lei. Ci serve la pietra cuore che si trova nel mezzo. Aiutatemi a farlo! Non permetterò che Vincente muoia invano.”

Corse fuori dalla casupola, scattando verso il cerchio e uccidendo i nemici che incontrava. Emeline corse insieme a lei e Sebastian imprecò silenziosamente.

“Andiamo,” disse a Cora. “Se Asha ha un modo per uscire, dobbiamo prenderlo.”

Corsero fuori dietro ad Asha ed Emeline, diretti al cerchio. Non appena emersero dalla casa, i corvi iniziarono a gracchiare, e Sebastian poté solo girarsi un momento per vedere il Maestro dei Corvi con gli occhi puntati su di loro. Quel secondo di attenzione costò al generale del Nuovo Esercito un taglio inferto dalla lama di Vincente, ma la ferita si rimarginò praticamente subito, grazie al potere che gli scorreva dentro. I due continuarono a lottare, ma quanto sarebbe potuto durare ancora quel combattimento, con i soldati che si chiudevano attorno a loro da ogni lato?

La risposta arrivò dopo pochi secondi. Il Maestro dei Corvi lasciò un varco e Vincente colpì ancora, ma la sua lama pesante rimase conficcata nella carne dell’uomo, e il Maestro dei Corvi sorrise crudelmente prima di colpire più e più volte, trafiggendolo con la sua spada e con un pugnale lungo.

“Corri verso il cerchio!” gridò Sebastian a Cora, e fortunatamente, sorprendentemente, lei obbedì mentre lui si voltava aspettando che il Maestro dei Corvi venisse a lui. L’uomo balzò avanti, il mantello che sventolava al vento come delle ali, le lame aperte in fuori come mani artigliate. Sebastian sapeva di non poter sopravvivere che qualche secondo contro una cosa del genere, ma anche pochi secondi sarebbero pur stati qualcosa per consentire a sua figlia di scappare.

Il Signore dei Corvi si avvicinò a lui, Sebastian sollevò la spada… e poi calò la nebbia.

Discese sul villaggio come una spessa onda che Sebastian conosceva fin troppo bene. Lì non si poteva distinguere una direzione dall’altra, non si poteva indovinare da che parte sarebbe andato un avversario. Fece un passo di lato, evitando il primo colpo del Maestro dei Corvi, e poi entrambi furono perduti, svaniti nella nebbia.

Sebastian brancolò alla cieca, non sicuro se stesse cercando il suo nemico, o sua figlia, o qualcos’altro. Gli parve di vedere delle ombre nella nebbia, ma nessuna venne verso di lui. Nessuno riuscì ad arrivare a prenderlo.

Una mano gli si chiuse sul braccio e Sebastian si voltò, pronto a uccidere.

“Sono io,” disse Emeline. “Sono io, Sebastian. Da questa parte!”

Fece strada in mezzo alla nebbia fino a un punto dove Cora e Asha stavano tenendo due cavalli. Cora teneva Viola in braccio, mentre Asha aveva qualcosa stretto in pugno, qualcosa che brillava. Aprì un momento la mano e mostrò una pietra perfettamente sferica, decorata con diversi sigilli, tutti che luccicavano sulla superficie.

“Non può farlo,” disse Emeline, meraviglia e paura che trasparivano dalla sua voce. “Non può sostenere l’intera barriera di nebbia mentre il Maestro di Corvi ci spinge contro, senza neanche il cerchio.”

“Guardate… me…” riuscì a dire Asha a denti stretti. “Le pietre sono solo fatte per contenere e concentrare… è… facile!”

A Sebastian non sembrava così facile. Se non altro, pareva che lo sforzo la stesse lentamente consumando, divorandola dall’interno.

“Io cavalcherò con Cora e ci terrò al riparo da possibili incursioni nei nostri pensieri,” disse Emeline. “Sebastian, tu dovrai andare con Asha.”

“Veloci,” disse Asha, gli occhi chiusi nella concentrazione. “Non c’è tempo… da perdere.”

Sebastian annuì e balzò in sella. Fuori dalla nebbia, poteva ancora udire le grida e i rumori della violenza, ma sembravano in qualche modo distanti, soffusi e irreali.

“Ci faremo strada là in mezzo,” disse Emeline, a capo del gruppo. “Passate esattamente dove dico io, e non vi fermate!”

Sebastian non aveva certo bisogno di quella raccomandazione. Nella nebbia, non aveva alcuna speranza di trovare la strada giusta senza imbattersi in nemici, mentre Emeline poteva essere capace di trovare un passaggio tra i soldati e restare al riparo dagli artigli del Maestro dei Corvi.

Insieme, muovendosi più silenziosamente possibile con i loro cavalli, partirono nella nebbia.




CAPITOLO SEI


Sebastian conduceva il suo cavallo attraverso la nebbia, dietro a Emeline, Cora e Viola, e ogni passo fatto dall’animale riecheggiava nel silenzio che avevano attorno. Prima c’era stato l’improvviso e violento terrore della battaglia, ma ora sentiva un diverso genere di timore contorcerglisi dentro: la paura di non sapere.

Non sapeva dove fossero i nemici. Non sapeva quanti li stessero seguendo in questo preciso istante. Emeline stava facendo strada, usando i suoi poteri per cogliere i pensieri degli uomini del Nuovo Esercito, ma Sebastian non aveva modo di sapere se qualcuno potesse scivolare dietro di loro, cercando di attaccarli dal nulla.

“Fidati di lei,” mormorò Asha da dietro di lui sul cavallo. “Emeline ci porterà fuori.”

Sebastian poté sentire lo sforzo nella sua voce. Un’occhiata alle sue spalle gli rivelò le gocce di sudore che le imperlavano la fronte, la mano stretta sulla pietra cuore presa da Casapietra.

“Stai bene?” le chiese Sebastian. Non era certo di cosa sarebbe successo se Asha avesse perso la concentrazione e la nebbia attorno a loro si fosse sollevata. In quel momento non gli interessava neanche che gli avesse nuovamente letto il pensiero. “Per tenerla al sicuro, resisto.”

Per tenerla al sicuro, Viola, sua figlia. Ora era tranquilla con Cora, farfugliava un poco, ma no piangeva né reagiva alla violenza che la circondava. Sebastian avrebbe fatto ogni cosa per metterla in salvo, ma doveva ammettere che trovava sorprendente che una come Asha fosse intenzionata a fare lo stesso.

“Con tutto ciò che è destinata ad essere?” chiese Asha. “Farò tutto quello che posso per proteggerla. Morirei per vederla in salvo.”

Sebastian odiava il pensiero che tutti credessero che sua figlia avesse un qualche destino per cui non avesse scelta. Ma in quel momento, il pensiero che Asha rinunciasse a così tanto pur di tenere Viola al sicuro, era difficile da mettere in discussione.

Continuarono ad avanzare, la nebbia che oscurava tutto attorno a loro. Sebastian riusciva solo a distinguere Cora ed Emeline davanti al suo cavallo, ma gli altri a Casapietra erano poco più che ombre nella nebbia, i rumori della battaglia attutiti, le grida e lo sferragliare del metallo ridotti a qualcosa di lontano e irreale.

Poi divenne tutto fin troppo reale quando due uomini si imbatterono in loro. Erano entrambi soldati del Nuovo Esercito, con le loro uniformi color ocra macchiate del sangue della gente che avevano già ucciso. Fissarono lui e gli altri per capire cosa avessero davanti.

Sebastian allungò il braccio senza pensare, facendo roteare la spada per colpire il primo. Asha ed Emeline dovevano concentrarsi, mentre Cora teneva Viola in braccio. Restava solo lui. Cercò di arrivare al più vicino dei due uomini, colpendolo prima che quello potesse sollevare la spada. Sentì l’acciaio che penetrava nella carne del soldato, passando attraverso le clavicole e facendolo gridare mentre l’aria gli usciva dai polmoni. Il sangue spruzzò e l’uomo cadde a terra, quasi strappandogli la spada di mano.

Il secondo uomo riuscì a sollevare un moschetto mentre Sebastian liberava la sua lama, puntandoglielo contro. Sebastian si lanciò giù dal cavallo e sentì lo sparo riecheggiare nella nebbia con un boato che parve riempire lo spazio.

Sentì l’impatto con il terreno e per un momento perse la presa sulla sua spada. Rotolò e il soldato lo attaccò cercando di colpirlo con la punta della baionetta. Sebastian diede un calcio e colpì l’uomo al ginocchio, poi cadde insieme a lui, dando pugni e gomitate fino a che riuscì a liberarsi. Fece per prendere la spada a terra, ma l’uomo gli diede un calcio e lo fermò di colpo.

“Il Maestro dei Corvi mi darà una ricompensa quando vi porterò tutti da lui,” disse il soldato. Sollevò il moschetto puntando la baionetta contro Sebastian. “E la cosa migliore è che non gli interessa che siate vivi o morti.”

Sebastian fece un altro salto verso la spada e sentì la mano stringersi saldamente sull’elsa. La sollevò alla cieca e la sentì penetrare nella carne. Il soldato rimase fermo, guardando la lama che gli sbucava dal busto, poi cadde indietro. Sebastian si mise in piedi a fatica.

“Veloce!” gli ordinò Emeline. “Si stanno avvicinando. Devono aver sentito il combattimento.”

Sebastian si trascinò fino al cavallo e montò in sella.

“Dovremo muoverci in fretta,” disse Emeline. “State vicini.”

Sebastian la vide spronare il cavallo al galoppo, e ora dovette cavalcare con decisione per tenere il passo tra svolte e curve. Emeline aveva il vantaggio di sapere dove si trovassero le menti del Nuovo Esercito. Lui poteva solo seguirla usando le abilità di cavaliere che gli erano state impartite in quanto principe fin da quando era stato abbastanza grande da poter montare un cavallo.

Le mura di pietra di Casapietra erano poco avanti, e Sebastian vide il cavallo di Emeline e Cora saltarle, gli zoccoli che ne sfioravano la sommità.

“Tieniti stretta!” gridò Sebastian ad Asha prima di spronare il loro cavallo sul salto. L’animale saltò e Sebastian lo sentì far cadere delle pietre dalla sommità del muro, poi dovette mantenere il controllo mentre atterrava dall’altra parte e arrancava per passare al di là del fossato che c’era oltre. In qualche modo mantenne l’equilibrio, poi furono nella brughiera, fuori dall’insediamento.

“Rallentiamo ora,” gridò Emeline da poco avanti. Gli ci vollero un altro paio di secondi per poterla vedere. “Cora, tieni Viola in silenzio.”

Passarono dalla corsa a un’avanzata lenta e guardinga, e la parte peggiore era che Sebastian non ne capiva il motivo. Sapeva che dovevano esserci dei soldati a sorvegliare il passaggio là fuori, forse addirittura impegnati a cercarli già adesso, ma non sapeva dove fossero. Tutto quello che poteva fare era tenere la spada pronta e sperare che nessuna delle ombre di cui vedeva degli accenni nella nebbia fossero nemici rivolti a loro.

Per quanto avevano proseguito a questo modo? Ore forse? Era impossibile a dirsi, quando la nebbia schermava addirittura il passaggio del sole dal cielo, e la tensione che Sebastian provava si dipanava in qualcosa che pareva durare da un’eternità. Portarono i loro cavalli attraverso quello che doveva essere il cuore delle linee del Nuovo Esercito, fuori nella brughiera, avanzando un passo alla volta.

“Ci sta lottando contro,” disse Asha dietro a Sebastian. “I suoi uccelli stanno cercando… di fare spazio… nella nebbia.”

Sembrava quasi essere impegnata a tenere una porta chiusa contro un esercito che spingeva.

“Devi resistere,” disse Sebastian. “C’è niente che posso fare per aiutarti?”

Asha rise. “Niente… che tu possa fare. Ma resisterò… per lei.”

Non disse nient’altro mentre Sebastian continuava a far avanzare il cavallo, si limitò a tenersi stretta alla sua vita con una mano, mentre la pietra cuore brillava intensamente nell’altra. Quando sentì la presa che iniziava a indebolirsi, Sebastian le afferrò il braccio, tenendolo saldamente mentre i loro cavalli avanzavano senza sosta nella brughiera.

Dopo un’altra ora, mentre si stavano facendo strada in mezzo a una sezione del terreno ricoperta di torba, troppo soffice da sostenere il loro peso, Asha cadde di sella.

Sebastian si fermò e scese accanto a lei, mentre Emeline e Cora smontavano poco avanti e accorrevano in loro aiuto portando Viola. Sebastian si inginocchiò accanto ad Asha, offrendole un sorso d’acqua dalla borraccia. La donna rispose a malapena.

“Non… ancora… arrivati,” mormorò.

“Hai fatto più del necessario,” disse Sebastian. “Siamo salvi grazie a te.”

“Viola… è…”

Si interruppe, e Sebastian vide il momento in cui la pietra cuore di Casapietra divenne opaca. Sentì la pulsazione sul collo di Asha: era assente, mentre attorno a loro la nebbia iniziava a diradarsi mentre il potere che Asha aveva emanato scompariva.

“È morta,” disse Sebastian, tutto sommato incapace di provare dolore per una persona che aveva in sé così tanta rabbia e odio come Asha, ma comunque in grado di sentire un senso di riconoscenza e rispetto per quello che aveva fatto.

“Non può essere,” disse Emeline. “Asha non avrebbe mai messo così tanto di sé nella pietra, al punto da uccidersi. Non avrebbe rinunciato a tutto per noi. Per nessuno.”

Sebastian guardò sua figlia e capì che non era vero. Asha aveva dato tutto per assicurarsi che Viola fosse al sicuro. Si era consumata trasformandosi in un guscio vuoto per mantenere la magia necessaria per proteggere sua figlia, e tutto per quello che le era apparso in una visione. Sebastian non sapeva se fosse qualcosa di ammirevole o di terrificante, in quel momento.

“Odiava tutti quelli come noi,” disse Cora, “ma ha dato la sua vita per noi.”

“Spero solo che basti,” disse Sebastian mentre la nebbia continuava a sollevarsi. Erano tanto distanti da Casapietra adesso da non poter vedere alcun segno degli uomini del Maestro dei Corvi, ma sapeva quanto poco potesse significare quando ogni uccello all’orizzonte poteva fargli rapporto.

“Posso accertarmene,” disse Emeline facendo per prendere la pietra. “Se Asha può farlo, allora io…”

Sebastian vide la mano di Cora stringersi sul suo polso. “Non osare. Non se questo potrebbe ucciderti.”

Sebastian non poteva che essere d’accordo. “Se avessi saputo che Asha avrebbe veramente continuato fino a morire, l’avrei fermata anche io. Data la situazione, è troppo pericoloso.”

Non si arrischiò a raccogliere la pietra a mani nude. Prese invece una sacca dalla cintura e ve la infilò dentro, nascondendola al mondo. Era troppo potente per lasciarla al Maestro dei Corvi.

“La seppelliamo?” chiese Cora con voce leggermente spezzata, stringendo Viola a sé come a volerla proteggere dalla vista del corpo.

“Non c’è tempo,” disse Sebastian, odiando il fatto di doverlo dire. Non voleva lasciare Asha ai corvi. Guardò verso la sezione ricoperta dalla torba. “Emeline, dammi una mano.”

Sentì Emeline sospirare. “Non sembra una fine di tutto rispetto.”

“Sempre meglio che lasciare che il Maestro dei Corvi banchetti con i suoi poteri,” disse Sebastian. “E penso che in questo momento lei avrebbe voluto che scegliessimo il modo più rapido. Scappare è il modo migliore per onorarla.”

Emeline annuì. “Mi sa di sì.”

Insieme sollevarono il corpo di Asha, adagiandolo sulla torba soffice, guardando mentre il suo corpo appesantito dalla morte sprofondava. Sebastian aspettò che scomparisse dalla vista, pensando a tutte le volte in cui aveva dato un aiuto per salvare Ashton e a quanto le dovesse per aver salvato ora sua figlia.

“Dobbiamo andare,” disse Emeline alla fine. “Almeno sono capace di tenerci nascosti dalla magia, ma questo non potrà fare niente contro corvi o soldati. Dobbiamo sbrigarci.”

Sebastian annuì. “A Monthys.”

Sebastian non era sicuro di cosa avrebbero trovato quando fossero arrivati lì. Sperava solo che ci fosse qualcosa, qualsiasi cosa che permettesse loro di sopravvivere al Maestro dei Corvi.




CAPITOLO SETTE


Sofia non sapeva cosa fare, cosa dire. Per tutto quel tempo aveva cercato i suoi genitori, e in un brevissimo spazio li aveva tanto trovati quanto perduti per sempre. Poteva vedere Kate e Lucas impietriti come lei dallo shock delle loro morti, immobili, senza dare alcun segno di avere più idee di lei sul da farsi.

Il dolore sopraggiunse lentamente, come se avesse voluto metterci tanto per permetterle di iniziare a credere che tutto questo stava realmente accadendo.

“Non posso…” disse Kate accanto a lei. “Non so cosa fare.”

“Lo so,” disse Sofia, e le si strinse vicino.

Lucas si unì a loro e per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Sofia vide delle lacrime scorrergli lungo le guance.

“Se non fossi mai andato a cercarli, niente di tutto questo sarebbe successo,” disse. “Il veleno non avrebbe avuto la meglio.”

“Ma noi non li avremmo mai incontrati, e non avremmo mai incontrato neanche te,” disse Sofia. Non poteva immaginarlo. Un mondo in cui non incontrare mai suo fratello le sembrava del tutto inconcepibile.

Lo stesso poteva sentire quello che suo fratello e sua sorella stavano provando. Nel dolore, qualsiasi protezione avrebbero potuto erigere attorno a loro in condizioni normali, era ora impossibile da sostenere, e tutta la pena li avvolgeva indistintamente, in un groviglio capace di contenere la rabbia di Kate, il senso di mistero di Lucas e tutti i personali desideri di Sofia di conoscere i suoi genitori prima di questo momento. E soprattutto c’era il profondo pozzo di tristezza che sembrava riempire il mondo mentre se ne stavano lì.

Erano ancora tutti e tre lì in piedi quando delle figure vestite di sete dal colore cangiante entrarono nella casa dei loro genitori e si portarono dove i due ancora sedevano vicini l’uno all’altro.

“Chi siete?” chiese Sofia. Kate fu più diretta, portandosi tra loro e i genitori.

“Non abbiamo cattive intenzioni,” disse loro una donna. Era più bassa di Sofia, con i capelli scuri e la pelle ramata. “Sono Aia. Lady Cristina e Lord Alfred avevano previsto questo momento, e avevano predisposto il da farsi. Se avete bisogno di più tempo qui, aspetteremo, ma ci è stato detto di dire…” La donna fece una pausa, poi proseguì. “Mi è stato detto di dirvi che vi volevano un bene dell’anima, ma che i vostri compiti non possono aspettare, neanche per il dolore. Loro credono… credevano in voi e…” Si fermò mentre Kate tirava fuori la spada dal suo fodero.

“Kate,” disse Sofia con gentilezza. “Anche io sto soffrendo, ma lei sta solo cercando di dire quello che i nostri genitori non sono riusciti a spiegarci.”

“Non voglio sentirlo,” rispose seccamente Kate. In quel momento Sofia percepì quanto stesse soffrendo, ma vide Kate che si tirava indietro, si raddrizzava e si preparava. “Va bene. Facciamo questa cosa. Prima cominciamo, prima potrò uccidere il dannato responsabile di tutto questo.”

Si arrabbia in modo da non dover provare sentimenti, disse Lucas a Sofia con il pensiero.

Sofia avrebbe voluto che fosse così semplice. Sospettava che Kate si arrabbiasse perché nella Casa degli Indesiderati tutti i sentimenti erano stati convogliati in debolezza da poter sfruttare. La rabbia riempiva gli spazi dove non ci potevano essere altre cose.

“Sono stati approntati dei preparativi per voi,” disse Aia. “Se siete davvero pronti ad andare…”

“Sì,” disse Kate con tono che non lasciava spazio ad alcuna contestazione.

Una parte di Sofia avrebbe desiderato rimanere e partecipare a qualsiasi forma di funerale o ricordo sarebbe stato organizzato, ma sapeva che Kate non si sarebbe trattenuta. E poi il messaggio dei loro genitori aveva fatto capire forte e chiaro che non c’era tempo. Qualsiasi cosa stesse accadendo nel mondo, sembrava che dovessero agire subito, indipendentemente da quello che provavano.

Il funerale per i vostri genitori sarà una celebrazione di grande onore, disse Aia a Sofia con il pensiero, prendendola un poco alla sprovvista.

“Tu hai la magia?” chiese Sofia.

“Certo,” rispose la donna. “Questa è la Città Dimenticata. Vi prego, seguitemi tutti al cancello.”

Si girò e Sofia le andò dietro, Sienne al suo fianco. Sofia accarezzò la pelliccia del gatto della foresta, cercando di trattenere i singhiozzi che minacciavano di sopraffarla ancora in quel momento. Doveva restare forte per sua sorella, per suo fratello, per il mondo.

Ricorda solo che ci siamo anche per te, le inviò Lucas con il pensiero.

“Non per molto,” disse Sofia, e questo le faceva male quanto la perdita dei suoi genitori. Si erano finalmente riuniti per il viaggio fino alla Città Dimenticata, e ora avrebbero dovuto dividersi per trovare le tre pietre cuore.

Sofia seguì Aia fuori e attraverso la città, fino al punto in cui si trovava il cancello. C’era un sacco di gente in mezzo alla strada ora, e sembravano tutti avviliti, come se avessero sentito la notizia della morte dei loro genitori. Stavano con le teste basse per la processione, e Sofia si costrinse ad avanzare nonostante tutto.

“Almeno abbiamo il viaggio fino a Morgassa insieme,” disse Lucas.

Aia scosse la testa. “Il cancello ci porterà dove dobbiamo andare. Non c’è bisogno di tardare le cose.”

La mano che Lucas le posò sulla spalla fu l’unica cosa a trattenerla dallo scoppiare a piangere in quel momento. Le ci volle un momento per capire ciò che Aia aveva appena detto.

“Noi?” chiese.

Aia annuì, e una serie di figure venne fuori dalla folla. Erano undici, uomini e donne, tutti con indosso armature che sembravano stranamente fuori moda e che brillavano dorate al sole. Con l’armatura che li copriva da testa a piedi, portavano uno strano assortimento di armi, come se ciascuno di loro avesse scelto quella con cui era più abile. C’erano lance e spade curve, lame dritte, coltelli da lancio e bastoni di metallo, ma curiosamente nessun moschetto o arco.

Uno si fece avanti con i pezzi di un’altra armatura dorata, e Aia procedette a sistemarne ciascuno al suo posto, fino a che anche lei fu completamente protetta come tutti gli altri, una lancia a doppia punta ora in mano.

“I vostri genitori ci hanno detto ciò che sta accadendo al mondo,” disse Aia. “Ci sono quelli che sostengono che la cosa non ci tocca, ma alcuni eventi sono ben più grandi della leggera increspatura che giunge qui.”

Lo disse tanto a voce alta che Sofia sospettò che le sue parole fossero anche per il resto della folla che ancora stava a guardare.

Aia fece un inchino. “Noi dodici siamo alcuni dei più forti della Città Dimenticata. Siamo guerrieri, e abbiamo tutta la magia del posto. Siamo al tuo servizio, Sofia. Faremo quanto necessario per proteggerti.”

Sofia non era sicura di cosa fare. Stavano succedendo troppe cose, e troppo rapidamente.

Aia allungò un braccio e le posò una mano sulla spalla. “Non serve che ci dici nulla. Saluta i tuoi fratelli. Io intanto preparerò il cancello.”

Sofia si voltò verso Lucas e Kate.

“Io… non mi ero aspettata tutto questo,” disse. “Non voglio perdere nessuno di voi due, non ora.”

“È quello che succede,” disse Kate. “Il mondo non fa che strapparci l’uno dall’altro continuamente.”

“Ma ci ritroveremo ancora,” promise Lucas. “Vi ho trovate tutte e due una volta. Posso rifarlo. Andrò in questo posto dello spirito, e Kate, tu recupererai la tua forza nel luogo delle ombre. Lo faremo.”

Abbracciò Sofia, poi Kate, tenendole entrambe strette per lunghi secondi.

“Il cancello è pronto per te,” disse Aia, e Lucas vi entrò. Sofia poteva sentire il suo nervosismo, e il suo dolore, e il suo bisogno di fare tutto quello che gli veniva richiesto. Poi passò attraverso il cancello e sparì.

“Sarà pronto per te tra un momento,” disse a Kate, che non le rispose.

“Kate,” disse Sofia stringendo le braccia della sorella. “Stai bene?”

“No, non sto bene,” disse Kate. “I miei genitori sono morti, e Will è morto, e ora devo andare a compiere una stupida impresa per fermare la grande malvagità che sta per uccidere il mondo intero, e voglio solo che tutto questo finisca!”

“Non sei costretta a farlo,” disse Sofia. “Potresti restare qui, o venire con me, o…”

“No,” disse Kate scuotendo la testa. “Devo farlo. Voglio essere utile, e ci sono persone che intendo uccidere per ciò che hanno fatto!”

Guardò verso Aia e aspettò che lei facesse un cenno con la testa per poi saltare velocemente attraverso il cancello.

Era rimasta solo Sofia.

“Il cancello ci porterà a Morgassa,” disse Aia. “Quando sei pronta, andremo, e cercheremo la pietra cuore del fuoco che è stata portata via dalla nostra città.”

Pronta. Quando sarebbe stata pronta per lasciarsi alle spalle il luogo dove i suoi genitori erano morti? Quando sarebbe stata pronta per fare tutto questo? Da quando tutto aveva avuto inizio, le era sembrato di aver fatto una fatica pazzesca per restare al passo. L’unico modo per tornare dalla sua bambina, però, era di portare a compimento questa impresa. Doveva trovare la pietra a Morgassa per rendere le cose sicure per sua figlia.

Abbassò lo sguardo su Sienne. “Sei pronto?” chiese al gatto della foresta, che si strusciò contro la sua gamba senza rispondere. “Mi sa che sono pronta.”

Si portò davanti al cancello. Dall’altra parte poteva vedere quello che riconobbe come il mercato di Morgassa. Poté addirittura distinguere il volto familiare del gran mercante N’Ka in un angolo, intento a parlare a un gruppo di mercanti minori e facchini.

“Ti seguiremo non appena sarai entrata,” promise Aia.

Sofia si trattenne un altro momento, poi attraversò il cancello, passando alla luce del sole di Morgassa. Decine di occhi si voltarono a guardarla. Sienne le camminava accanto, attirando ancora più sguardi. E fu ancora più facile scorgere il momento in cui dodici guerrieri con armature dorate facevano il loro ingresso dietro di lei: tutti restarono a bocca aperta, e Sofia poté percepire la meraviglia che tracimava dalle loro menti.

Si voltò e vide il cancello che scompariva, l’arcata che luccicava un’ultima volta prima di svanire come un miraggio. Sofia se l’era in parte aspettato. Non importava. Ciò che contava era ritornare da sua figlia.

Ma prima doveva trovare la pietra cuore.

Sofia attraversò il mercato, seguendo il familiare insieme di pensieri, fino a trovare nuovamente il grande mercante N’Ka. Stava mettendo di fretta delle monete in una borsa, e si guardava attorno come se stesse tentando di calcolare il tempo che gli serviva per svignarsela da lì il più velocemente possibile.

“Gran mercante N’Ka,” disse Sofia. “È bello rivedervi.”

“Ed è bello rivedere voi, regina Sofia,” disse l’uomo con un sorriso che non si sforzò neanche di far apparire reale.

“Ed è particolarmente bello, dato che ho bisogno del vostro aiuto,” continuò Sofia. “Portatemi dal re Akar. Adesso.”




CAPITOLO OTTO


Sofia sospettava che, anche se le frettolose parole del mercante N’Ka alle guardie del palazzo potevano aver avuto un ruolo nel farle spostare dalla loro posizione di sbarramento, sicuramente l’effetto maggiore era stato sortito dalle figure rivestite d’oro che la seguivano. A ogni passo che faceva, i servitori fissavano lei e gli altri come a chiedersi cosa stesse accadendo, e i sussurri seguivano ogni loro passo.

“Hanno sentito le leggende dei guerrieri della Città Dimenticata,” mormorò Aia. “Pensano che il nostro arrivo significhi libertà per loro, e la caduta del re Akar.”

“Non sono qui per iniziare una lotta,” disse Sofia. Le sue dita accarezzarono il pelo di Sienne. “Ci difenderemo se saremo attaccati, ma non c’è spazio per altro.”

“Alcuni di loro pensano che sia stato predetto,” disse Aia.

Sofia scosse la testa. “Quello che decidiamo conta ancora. Andiamo, o perderemo di vista N’Ka.”

Continuarono a marciare attraverso il palazzo fino a che raggiunsero la sala del trono che Sofia riconobbe dalla sua ultima visita. La scena che vide lì la scioccò facendola restare immobile.

C’erano dei corpi in cima a delle lance, alcuni impalati così di recente che li si poteva ancora vedere muovere, praticamente gente che moriva davanti ai suoi occhi. Non erano più in grado di chiamare aiuto, ma Sofia poteva ancora udire le loro implorazioni nella propria mente, pensieri che lentamente svanivano, come anche le loro vite. La cosa peggiore era che Sofia riconosceva quella gente. Aveva visto i loro volti e sentito le loro menti prima d’ora, nel viaggio verso la Città Dimenticata. Però questo non aveva senso. Erano passate solo poche ore.

Il tempo scorre diversamente dalle due parti del cancello, le disse Aia con il pensiero. È passato più tempo di quanto pensi.

Lo stesso, dovevano essere tornati subito indietro non appena si erano accorti che lei e i suoi fratelli erano spariti, e la loro ricompensa per quella notizia era stata… questo. Così tanti erano stati uccisi lì, e Sofia poté vedere Lani, l’interprete, trattenuta da due guardie, in attesa del palo successivo. Sembrava essere uno degli ultimi sopravvissuti.

Re Akar sedeva nel mezzo e sembrava quasi felice di tutta quella crudeltà. Sofia si sentì stringere il cuore per come l’aveva valutato erroneamente.

“Mi hai ingannato,” disse avanzando verso di lui.

Non appena i suoi dodici guerrieri entrarono nella stanza del trono, soldati armati di lance e moschetti apparvero da ogni lato. Dovevano essere una trentina, un numero sufficiente per avere la meglio sulla sua dozzina di guerrieri.

Il re Akar parlò, e Aia tradusse accanto a Sofia.

“Ho agito per proteggere il mio regno,” disse. “Sono il re qui, e hai pensato di poter attraversare le mie terre prendendo quello che volevi?”

“Perché hai ucciso tutte queste persone?” chiese Sofia indicando la galleria di cadaveri disposta attorno alla stanza del trono. “Erano tuoi sudditi.”

“Come dici, erano miei, e mi hanno tradito,” disse re Akar, sempre tradotto da Aia. “Dovevano evitare che te ne andassi a zonzo, mostrarti in modo sicuro le rovine della Città Dimenticata e assicurarsi che non rubassi nulla.”

“Non avevi neanche intenzione di mostrarci la vera Città Dimenticata, no?” chiese Sofia.

“Non sono sicura che sappia dove si trova,” disse Aia accanto a lei. “Non è stato questo re a prenderci la pietra cuore. Forse uno dei suoi antenati. Ti avrebbe mostrato il punto dove si trovava una città commerciale, davanti ai nostri vecchi cancelli, immagino, fingendo che fosse quella vera.”

“Cosa sai tu della Città Dimenticata del nostro regno?” chiese il re Akar.

Sofia rispose. “Aia e gli altri vengono da lì, dal posto dove effettivamente si nascondevano i miei genitori. Tu hai cercato di fermarmi a ogni svolta, re Akar. Hai cercato di ingannarmi, depistarmi, spiarmi. Avevo intenzione di chiudere un occhio quando pensavo che ti interessasse sinceramente il tuo regno, ma questo?”

Riportò la sua attenzione sul massacro. Non poteva immaginare come un governatore potesse fare una cosa del genere al suo popolo, e il fatto che lui l’avesse fatto qui nella sua sala lo faceva apparire come se quella cosa gli piacesse. Sofia si era davvero sbagliata così tanto?

Re Akar disse una cosa che fece esitare Aia. “Sono io il re qui, nessuno sta sopra di me. Nessuno decide vita e morte qui, se non io, eletto dagli dei! Chi sei tu per giudicarmi?”

Sofia esitò, cercando di trovare una via diplomatica. Quella era una terra diversa, con modi e abitudini diverse.

“Sono ancora la regina del mio regno,” disse. “Vorrei che ci fosse una salda amicizia tra le nostre due terre. Abbiamo così tanto da offrirci reciprocamente.”

“Forse,” disse re Akar.

Non era molto, ma pur sempre un punto d’inizio.

“E io vorrei che questo si fermasse qui, come segno di amicizia,” aggiunse Sofia, aspettando che Aia traducesse. “La tua gente non ti ha tradito: siamo stati io e i miei fratelli a scappare. Siamo difficili da tenere sotto controllo.”

“Ho sentito storie di alcune delle cose che avete fatto strada facendo,” disse re Akar. “Sembravano delle fantasie. Affermi di aver trovato la Città Dimenticata?”

“La vera Città Dimenticata,” disse Sofia, memore di ciò che aveva detto Aia.

“E hai trovato i tuoi genitori?” chiese, sempre attraverso Aia.

Questo portò un’ondata di nuovo dolore. Era tutto ancora troppo recente, le ferite delle loro morti ancora troppo vicine. Sofia avrebbe voluto poter restare di più, averli visti sepolti con onore.

Li onori con la tua presenza qui, le disse Aia con il pensiero.

“I miei genitori sono morti mentre ero nella città,” disse Sofia.

“Mi spiace sentire tale notizia,” disse re Akar. Sofia dubitava che fosse sincero.

“Ma non prima di dare un compito a me e ai miei fratelli,” disse Sofia. “Hanno detto che è in arrivo un grande male, e che per proteggerci contro di esso dobbiamo mettere insieme le pietre delle cinque case degli elementi. La Città Dimenticata una volta possedeva la pietra cuore del fuoco, ma ora mi è stato detto che essa si trova nelle tue mani.”

Re Akar parve per un momento scioccato, poi allungò la mano verso la propria corona, e fra tutti i diamanti raccolse una pietra simile a un rubino. Sembrava decorata con scene del deserto, disegni così intricati che Sofia sospettava di poter passare ore a guardarli senza comunque riuscire a vederli tutti.

L’uomo e Aia ebbero un breve scambio che Sofia non poté capire. Re Akar rise e si alzò in piedi, torreggiante sopra a Sofia.

“E come posso sapere che questi dodici sono ciò che affermano di essere?” tradusse Aia quando l’uomo parlò. “Penso che non ci vorrebbe poi molto a dipingere d’oro un po’ di armature. E per questo motivo dovrei cedere il tesoro più grande del mio regno?”

Re Akar fece silenzio per diversi secondi. Nel frattempo Sofia dispiegò i propri poteri verso la sua mente. Ciò che vide le fece serrare i pugni. Questo era un uomo che provava rabbia per il passato, e l’orgoglio di tenere libero il suo regno, un regno che era stato attaccato da quello della vedova o altri del genere. Allo stesso tempo, non si poteva negare che fosse un uomo crudele, che governava il suo popolo con il pugno di ferro. Stava immaginando come sarebbe stato prendere Sofia come prigioniera e farle guardare le morti degli altri.

“Per il bene dell’amicizia tra i nostri regni,” disse Sofia, “non ti sto chiedendo di darmi un rubino: ti sto chiedendo di prendere parte nel prevenire ciò che sta arrivando. Vieni con noi a farlo. Metti la pietra dove dovrebbe essere. Porta il tuo esercito e aiutaci a combattere.”

Il re esitò un momento, e poi parlò nella lingua del regno della vedova, senza bisogno di alcuna traduzione.

“Mi hai chiesto oggi due cose per il bene dell’amicizia,” disse. “Te ne garantisco una. In cambio dei diritti di commercio nel tuo regno, viaggerò con te, e userò la mia pietra come deve essere usata. La mia gente vedrà l’eroe che sono.”

Il breve momento di gioia di Sofia venne interrotto dal ricordo dell’altra cosa che gli aveva domandato.

“Ti ho chiesto di fermare le uccisioni, di risparmiare Lani,” disse.

“È così che si chiama?” chiese re Akar. Scrollò le spalle. “Mi ha tradito. Tu resterai qui e la vedrai giustiziare, e poi saremo alleati, va bene?”

Sofia vide i suoi occhi che la scrutavano. Guardando nella sua mente, poté vedere che stava aspettando un suo assenso, o che si dimostrasse tanto tenera di cuore da rinunciare alla pietra per il bene di una servitrice. O ancora meglio che gli desse una scusa per catturare lei e il suo seguito, sicuro delle sue trenta guardie forti e ben allenate…

Se non si fosse trovava in un momento di lutto, Sofia avrebbe potuto pensare a qualche modo sottile per svincolarsi da quella situazione, avrebbe potuto trovare un modo per persuaderlo con le parole o con la magia. Avrebbe forse potuto respingere il proprio disgusto per le cose che lui programmava di fare se lei e il suo seguito avessero opposto resistenza. Avrebbe potuto ignorare il fatto che lui si stesse godendo di questa intera situazione.

“Ti darò una possibilità,” disse allungando una mano. “Dammi la pietra. Libera Lani. Fallo, adesso, e potrai vivere.”





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L’immaginazione di Morgan Rice non ha limiti. In un’altra serie che promette di intrattenerci come le precedenti, UN TRONO PER DUE SORELLE ci presenta il racconto di due sorelle (Sofia e Kate), orfane, che lottano per sopravvivere nel mondo crudele ed esigente dell’orfanotrofio. Un successo immediato. Non vedo l’ora di mettere le mani sul secondo e terzo libro! Books and Movie Reviews (Roberto Mattos) La nuova serie epic fantasy #1 Bestseller scritta da Morgan Rice! In UN ABBRACCIO PER GLI EREDI (Un trono per due sorelle – Libro otto), Sofia, Kate e Lucas incontrano finalmente i loro genitori. Chi sono? Perché sono rimasti in esilio?E quale messaggio segreto potrebbero avere in serbo per loro riguardo alle loro identità?Nel frattempo il Maestro dei Corvi saccheggia Ashton, Casapietra si trova in pericolo e Sebastian deve trovare un modo per portare Viola in salvo. Sofia, Kate e Lucas torneranno in tempo per salvarli?E ad ogni modo, ce la faranno a tornare?UN ABBRACCIO PER GLI EREDI (Un trono per due sorelle – Libro otto) è l’ottavo #8 libro una stupefacente nuova serie fantasy, dilagante di amore, cuori spezzati, tragedia, azione, magia, stregoneria, destino e suspense da far battere il cuore. Un libro di cui è impossibile non girare le pagine, è pieno di personaggi che vi faranno innamorare, e di un mondo che non dimenticherete mai. Il nono #9 libro della serie è di prossima uscita. [UN TRONO PER DUE SORELLE è un] potente inizio per una serie [che] produrrà una combinazione di esuberanti protagonisti e circostanze impegnative per coinvolgere pienamente non solo i giovani, ma anche gli adulti amanti del genere fantasy e che cercano storie epiche alimentate da potenti legami o inimicizie. Midwest Book Review (Diane Donovan)

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