Книга - Prima Che Prenda

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Prima Che Prenda
Blake Pierce


Un Mistero di Mackenzie White #4
Da Blake Pierce, autore di successo del libro IL KILLER DELLA ROSA (un best-seller con più di 800 recensioni da cinque stelle), è in arrivo il volume #4 della serie di gialli mozzafiato di Mackenzie White. In PRIMA CHE PRENDA (Un Mistero di Mackenzie White – Libro 4), un nuovo, inquietante caso viene affidato a Mackenzie White, agente dell’FBI fresca di accademia. Delle donne stanno scomparendo dalle campagne dell’Iowa, ad un ritmo sempre più preoccupante. Dietro le sparizioni sembra esserci uno schema, facendo pensare che si tratti dell’opera di un serial killer. Date le sue origini, Mackenzie è la scelta perfetta per il caso. Mackenzie però è restia a tornare nel Midwest. Quelle campagne le ricordano troppo la sua infanzia, i fantasmi del suo passato. Nel frattempo, sta anche dando la caccia all’assassino del padre e l’oscurità è in agguato dietro ogni angolo nella sua ricerca. Immersa in un mondo fatto di fattorie, silos, mattatoi e lunghi tratti di strade deserte, Mackenzie sente di stare sprofondando sempre di più nella propria psiche e negli incubi che ha sempre avuto il terrore di affrontare. In un mortale gioco di gatto col topo, riesce finalmente a capire la mente malata del killer, scoprendo che il luogo della propria infanzia ha in serbo atrocità ben più oscure e perverse di quello che immaginava. Thriller-noir psicologico dalla suspense mozzafiato, PRIMA CHE PRENDA è il libro #4 in una nuova, avvincente serie – con un nuovo, irresistibile personaggio – che vi terrà incollati alle pagine fino a tarda notte. Il libro#5 della serie I Misteri di Mackenzie White sarà presto disponibile. Di Blake Pierce è anche disponibile il best-seller IL KILLER DELLA ROSA (Un Mistero di Riley Paige – Libro #1), con più di 800 recensioni da cinque stelle, da scaricare gratuitamente!







P R I M A C H E P R E N D A



(UN MISTERO DI MACKENZIE WHITE —LIBRO 4)



B L A K E P I E R C E



TRADUZIONE DI

VALENTINA SALA


Blake Pierce



Blake Pierce è l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAGE, che si compone (al momento) di sette libri. Blake Pierce è anche autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, composta (al momento) da cinque libri; della serie dei misteri di AVERY BLACK, composta (al momento) da quattro libri; della nuova serie dei misteri di KERI LOCKE.

Avido lettore e appassionato da sempre di gialli e thriller, Blake riceve con piacere i vostri commenti, perciò non esitate a visitare la sua pagina www.blakepierceauthor.com (http://www.blakepierceauthor.com) per saperne di più e restare in contatto con l’autore.



Copyright © 2016 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. Ad eccezione di quanto consentito dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né archiviata in un database o un sistema di recupero senza aver prima ottenuto il consenso dell’autore. La licenza di questo e-book è concessa solo ad uso personale. Questo e-book non può essere rivenduto o ceduto a terzi. Se si desidera condividere il libro con altre persone, si prega di acquistare una copia per ciascun destinatario. Se state leggendo questo libro senza averlo acquistato, oppure senza che qualcuno lo abbia acquistato per voi, siete pregati di restituire questa copia e acquistarne una. Vi ringraziamo per il rispetto nei confronti del lavoro dell’autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono frutto dell’immaginazione dell’autore, oppure sono utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza a persone reali, in vita o decedute, è puramente casuale. Copyright immagine di copertina Bullstar, concessa su licenza di Shutterstock.com.


LIBRI DI BLAKE PIERCE



I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)



I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Book #5)

PRIMA CHE SENTA (Book #6)



I MISTERI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER CORRERE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)



I MISTERI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)


INDICE



PROLOGO (#u259bf704-12f1-53af-abc2-cf0d5b4779fa)

CAPITOLO UNO (#ud33c47f2-0fd9-5c8c-afda-28411160dc62)

CAPITOLO DUE (#udb602965-dc9f-581d-8bdb-eab07162f005)

CAPITOLO TRE (#u97e826a5-316b-5829-8cc1-ca04058682fb)

CAPITOLO QUATTRO (#u662c066a-0c47-506d-8147-dc5fadaa54de)

CAPITOLO CINQUE (#ub553eb7d-efc2-5e64-ad04-66fbf73bc40d)

CAPITOLO SEI (#u868a7b7f-ab90-5623-95f5-f13c6f00a5fe)

CAPITOLO SETTE (#ueb160721-ede3-542d-a777-c900348479c2)

CAPITOLO OTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRÈ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTINOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTA (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTADUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTATRÈ (#litres_trial_promo)




PROLOGO


Quella era l’ultima volta che presentava un suo libro in un paesino che nessuno aveva mai sentito nominare. Doveva parlare con il suo agente pubblicitario e informarlo che la presenza di una libreria non bastava a fare di una cittadina una grande metropoli. Certo, sarebbe sembrata una snob a fare un’osservazione del genere, ma non le importava.

Erano le 22:35 e Delores Manning guidava lungo una strada a due corsie in un posto sperduto dell’Iowa. Era perfettamente consapevole di aver sbagliato strada una quindicina di chilometri prima, dato che subito dopo il navigatore era morto. Nessun segnale. Ovviamente. Era proprio la ciliegina sulla torta di quell’orribile weekend.

Delores era su quel tratto di strada da almeno dieci minuti. Non aveva visto segnali di stop, né case. Niente. Soltanto alberi e un cielo notturno sorprendentemente bello. Stava seriamente considerando di fermarsi in mezzo alla strada e fare un’inversione a U. Più ci pensava, più le sembrava una bella idea.

Stava per schiacciare il pedale del freno quando il suono di uno scoppio riempì l’auto. Delores gridò per lo spavento, ma la sua voce fu subito sovrastata da un altro forte rumore e la macchina sembrò inclinarsi per poi sbandare a sinistra.

Con una sterzata riuscì a raddrizzarla, ma si accorse che non avrebbe potuto proseguire, l’attrito con l’asfalto era troppo. Si arrese e riuscì ad accostare, parcheggiando il veicolo per metà fuori dalla carreggiata. Accese le quattro frecce e sospirò.

“Merda” disse.

Mi sa che è scoppiata una gomma, pensò. E se è così... accidenti, non ricordo neanche se ne ho una di scorta nel bagagliaio. Ecco cosa succede quando mi ostino ad andare ovunque con questa trappola mortale di macchina. Ragazza, stai per diventare un’autrice di successo. Che ne diresti di cominciare a sborsare un po’ di soldi per aerei e macchine a noleggio?

Fece scattare la serratura del bagagliaio, aprì la portiera e uscì nella notte. L’aria era pungente, con l’inverno che incombeva sul Midwest incalzando l’autunno. Si strinse nel cappotto e tirò fuori il cellulare. Non si stupì affatto di vedere che non c’era segnale; era così da almeno venti minuti, da quando il navigatore aveva smesso di funzionare.

Ispezionò gli pneumatici e vide che sia la ruota anteriore che quella posteriore dal lato del guidatore erano a terra. Notò un luccichio sulla ruota anteriore e si inginocchiò per guardare meglio.

Vetri, pensò. Sul serio? Quindi sono stati i vetri a farmi scoppiare le gomme?

Osservò la ruota posteriore e vide molti altri spuntoni uscire dalla gomma. Guardò indietro lungo la strada ma non vide niente. Questo però significava ben poco, dato che la luna era quasi del tutto nascosta dietro gli alberi e c’era un buio pesto.

Andò al bagagliaio, sapendo già che qualunque cosa avesse trovato, sarebbe stata inutile. Anche se ci fosse stata una ruota di scorta, a lei ne servivano due.

Furiosa e un po’ spaventata, richiuse con forza il bagagliaio, senza nemmeno prendersi il disturbo di controllare. Prese il cellulare e, sentendosi un’idiota, si arrampicò sul retro della macchina. Tenne il telefonino in alto, sperando di vedere anche soltanto una tacca di segnale.

Niente.

Non farti prendere dal panico, pensò. È vero, sei in mezzo al nulla, ma prima o poi passerà qualcuno. Tutte le strade portano da qualche parte, no?

Non riuscendo a capacitarsi di come fosse andato quel fine-settimana, tornò in auto, dove il riscaldamento faceva ancora il suo lavoro. Inclinò lo specchietto retrovisore in modo da vedere eventuali auto in avvicinamento, poi rivolse lo sguardo in avanti per tenere d’occhio anche chi arrivava da davanti.

Mentre rimuginava sul fallimento della sua presentazione, sulla pubblicità sbagliata e sui due pneumatici a terra, vide dei fanali davanti a lei. Erano passati solo sette minuti, perciò poteva ritenersi fortunata.

Aprì la portiera per far accendere la luce all’interno dell’abitacolo e rendersi ancora più visibile. Uscì e rimase vicina alla macchina, facendo dei cenni al furgone in arrivo. Appena notò che stava rallentando, si sentì sollevata. Il furgone deviò nell’altra corsia e parcheggiò davanti alla macchina di Delores. L’autista azionò le quattro frecce e scese dal veicolo.

“Salve” disse l’uomo, che pareva sui quarant’anni.

“Salve” disse Delores, studiandolo. Era troppo incavolata per la sua situazione per diffidare di un estraneo che si fermava di notte per aiutarla.

“Problemi con la macchina?” le chiese.

“Può dirlo forte” disse Delores indicando gli pneumatici. “Due gomme a terra contemporaneamente. Riesce a crederci?”

“Oh, è terribile” commentò l’uomo. “Ha chiamato il soccorso stradale o un’officina?”

“Non c’è segnale” rispose. Stava per aggiungere Non vivo da queste parti, ma decise di non dirlo.

“Allora può usare il mio cellulare” disse. “Di solito ha sempre almeno due tacche.”

Si avvicinò, mettendo la mano in tasca per prendere il telefono.

Invece non fu un cellulare quello che tirò fuori. Delores era molto confusa da quello che vedeva. Non aveva senso. Non capiva cosa fosse e...

All’improvviso le arrivò in faccia, velocissimo. Un istante prima di essere colpita, riconobbe dalla forma e dalla lucentezza cosa ricopriva le dita dell’uomo.

Un tirapugni.

Quando la colpì alla fronte, sentì un forte rumore, provò un’ondata di dolore e le ginocchia le cedettero, facendola rovinare a terra, sull’asfalto. L’ultima cosa che vide fu l’uomo che si chinava verso di lei con fare quasi amorevole, i fanali del furgone puntati su di lei. Poi il mondo si fece completamente nero.




CAPITOLO UNO


Mackenzie White era in piedi sotto il suo ombrello nero e guardava la bara venire adagiata nella terra mentre la pioggia si trasformava in acquazzone. Il pianto dei presenti era quasi inghiottito dal rumore delle gocce di pioggia che cadevano sul terreno e sulle lapidi.

Osservò con una fitta di tristezza mentre il suo partner trascorreva gli ultimi istanti nel mondo dei viventi.

La bara fu calata nella fossa sotto lo sguardo delle persone più care a Bryers, rimaste lì mentre il resto del corteo si era disperso dopo le parole finali del parroco.

Mackenzie si teneva in disparte, due file indietro rispetto a loro. Le venne da pensare che, nonostante lei e Bryers avessero messo le loro vite l’una nelle mani dell’altro in più di un’occasione, non lo conosceva poi così bene. A prova di ciò, nessuno tra coloro che si erano trattenuti le era familiare. A passare gli ultimi istanti con lui c’erano un uomo sulla trentina e due donne, stretti sotto un telone nero.

Quando Mackenzie si voltò per andarsene, notò una signora che se ne stava una fila più indietro, sotto un ombrello. Era vestita tutta di nero e, lì in piedi sotto la pioggia, era piuttosto bella. I capelli, completamente bianchi, erano raccolti in uno chignon, eppure appariva giovane. Mackenzie le rivolse un cenno del capo passandole davanti.

“Conosceva Jimmy?” le chiese la donna improvvisamente.

Jimmy?

Le ci volle un momento per realizzare che si riferiva a Bryers. Mackenzie aveva sentito il suo nome soltanto in un paio di occasioni. Per lei era sempre stato semplicemente Bryers.

Forse non eravamo poi così vicini come credevo.

“Sì, lo conoscevo” disse Mackenzie. “Lavoravamo insieme. E lei, invece?”

“Sono la ex moglie” rispose. Con un sospiro tremante, aggiunse: “Era un uomo così buono.”

La ex moglie? Dio mio, sul serio non lo conoscevo. Poi però riaffiorò nella sua mente il ricordo di una conversazione avuta con lui durante uno dei loro interminabili spostamenti in auto, nella quale aveva accennato al fatto di essere stato sposato.

“Sì, è vero” concordò Mackenzie.

Voleva raccontare alla donna di tutte le volte in cui Bryers le aveva fatto da guida sul lavoro e di come le avesse addirittura salvato la vita. Però immaginò che ci fosse un motivo se la donna si era tenuta in disparte invece di unirsi alle tre persone che se ne stavano vicine sotto il telone.

“Lo conosceva bene?” chiese la ex.

Così credevo, pensò con rammarico Mackenzie, girandosi verso la tomba. Invece a voce alta disse solo: “Non molto.”

Rivolse alla donna un sorriso triste e si diresse verso la propria auto. Pensò a Bryers... al suo sorriso asciutto, al fatto che raramente ridesse, ma quando lo faceva la sua risata era come un’esplosione. Poi pensò a come sarebbe stato il suo lavoro da quel momento in poi. Certo, era da egoisti, ma non poteva evitare di domandarsi come sarebbe cambiata la sua situazione lavorativa adesso che il suo partner, l’uomo che l’aveva accolta sotto la sua ala protettiva, era morto. Le avrebbero assegnato un nuovo partner? La sua posizione sarebbe cambiata, sarebbe stata relegata dietro una scrivania senza nessuno scopo preciso?

Oddio, smettila di pensare a te stessa, si ammonì.

La pioggia continuava a tamburellare sul suo ombrello. Era così assordante che Mackenzie quasi non sentì il telefonino squillarle nella tasca del cappotto.

Lo prese mentre apriva la portiera della macchina e chiudeva l’ombrello, quindi entrò al riparo dalla pioggia.

“Pronto? Qui White.”

“White, sono McGrath. È al funerale?”

“Me ne sto andando proprio ora” disse.

“Mi dispiace davvero molto per Bryers. Era un brav’uomo. E anche un ottimo agente.”

“Già, è vero” disse Mackenzie.

Quando però tornò a guardare verso cimitero, sentì di non averlo mai conosciuto realmente.

“Mi dispiace, ma devo chiederle di tornare qui. Passerebbe nel mio ufficio?”

Mackenzie si sentì mancare un battito.

“Che succede?” gli chiese.

McGrath rimase qualche istante in silenzio, come se stesse riflettendo se rivelarglielo o no. Infine disse:

“Un nuovo caso.”



***



Quando arrivò fuori dall’ufficio di McGrath, Mackenzie vide Lee Harrison seduto nella sala d’attesa. Era lui l’agente che le era stato assegnato come partner temporaneo quando Bryers aveva smesso di lavorare a causa della sua malattia. Avevano avuto modo di conoscersi nelle ultime settimane, ma non avevano ancora lavorato insieme. Non sembrava male come agente, anche se forse era un po’ troppo prudente per Mackenzie.

“Ha chiamato anche te?” gli chiese Mackenzie.

“Già” disse lui. “A quanto pare stiamo per ottenere il nostro primo caso. Ho pensato di aspettarti prima di bussare.”

Mackenzie non era sicura se quel gesto fosse stato dettato dal rispetto nei suoi confronti o dal timore di McGrath. Ad ogni modo, pensò che fosse stata una saggia decisione.

Bussò alla porta e dall’altra parte giunse un rapido “Avanti.” Fece un cenno ad Harrison ed entrarono insieme. McGrath sedeva dietro la scrivania e digitava qualcosa sul suo portatile. Alla sua sinistra c’erano due fascicoli che sembravano lì per loro.

“Sedetevi, agenti” disse.

Mackenzie e Harrison presero posto nelle due sedie davanti alla scrivania di McGrath. Mackenzie notò che Harrison sedeva impettito e con gli occhi spalancati... non proprio spaventato, ma di sicuro nervoso ed eccitato.

“Abbiamo un caso dalle campagne dell’Iowa” esordì. “Dato che è la sua terra d’origine, agente White, ho pensato che fosse perfetto per lei.”

Lei si schiarì la gola, in imbarazzo.

“Sono cresciuta in Nebraska, signore” lo corresse.

“Stessa cosa, no?” minimizzò lui.

Lei scosse la testa; chi non era del Midwest non avrebbe mai capito le differenze tra i vari Stati medio-occidentali.

Iowa, pensò. Non era il Nebraska, ma ci si avvicinava molto e la sola idea di doversi recare da quelle parti la metteva a disagio. Sapeva di non avere niente da temere; dopotutto, era riuscita ad arrivare a Quantico e diventare qualcuno. Aveva realizzato il suo sogno di entrare nell’FBI. Allora perché l’idea di tornare là per un caso la innervosiva così tanto?

Perché tutto ciò che non va nella tua vita è lì, pensò. La tua infanzia, i tuoi colleghi, il mistero sulla morte di tuo padre...

“C’è stata una serie di sparizioni, tutte di donne” proseguì McGrath. “E finora sembra che siano state tutte rapite direttamente da queste autostrade solitarie. L’ultima è stata ieri sera. La macchina è stata trovata a lato della strada con due pneumatici a terra. Sull’asfalto è stata trovata una quantità spropositata di vetri, il che ha indotto la polizia del posto a ipotizzare che si sia trattato di un’azione deliberata.”

Fece scivolare uno dei fascicoli verso Mackenzie, che lo prese e diede un’occhiata. C’erano molte fotografie dell’auto, soprattutto delle ruote. Vide anche che il tratto di strada era effettivamente isolato, circondato su entrambi i lati da alti alberi. In una delle foto si vedeva anche cosa c’era all’interno della vettura della vittima: un cappotto, una piccola cassetta degli attrezzi e uno scatolone di libri.

“Come mai tanti libri?” chiese Mackenzie.

“L’ultima vittima era una scrittrice. Delores Manning. A quanto dice Google, aveva appena pubblicato il suo secondo libro. Uno di quei volgari romanzetti rosa. Non è esattamente un’autrice di successo, quindi non dovremmo essere ostacolati dai media... per ora. La strada è stata chiusa e il dipartimento dei trasporti ha istituito delle deviazioni. Perciò, White, voglio che salga su un aereo e vada là il prima possibile. Anche se si tratta di una zona di provincia, lo Stato naturalmente non ha piacere che la strada rimanga chiusa troppo a lungo.”

A quel punto, McGrath rivolse la propria attenzione su Harrison.

“Agente Harrison, vorrei che fosse chiara una cosa. L’agente White ha dei legami con il Midwest, quindi era naturale che venisse coinvolta nel caso. E anche se lei è il suo partner, vorrei che rimanesse qui stavolta. Voglio che rimanga al quartier generale per lavorare dietro le quinte. Se l’agente White ha bisogno di qualche ricerca, voglio che se ne occupi lei. Non solo, Delores Manning ha anche un manager e un agente pubblicitario, quindi se non facciamo in fretta a risolvere il caso, i media ci balzeranno su. Voglio che lei si occupi di quello. Faccia in modo che vada tutto liscio qui se le cose si mettono male. Senza offesa, ma preferisco un agente con più esperienza per questo caso.”

Harrison annuì, ma era impossibile non notare la delusione nel suo sguardo. “Nessuna offesa, signore. Sono contento di aiutare come posso.”

Oh no, pensò Mackenzie. Non un leccapiedi.

“Quindi andrò da sola?” chiese Mackenzie.

McGrath sorrise scuotendo il capo. Era un movimento quasi scherzoso e dimostrava che aveva fatto molta strada con lui rispetto ai loro primi incontri.

“Non esiste che la mandi là da sola” disse. “Sarà l’agente Ellington ad affiancarla in questo caso.”

“Oh” fece lei, stupita.

Non era sicura di cosa pensare. Tra lei ed Ellington c’era una strana sorta di alchimia, fin da quando l’aveva conosciuto quando era una detective in Nebraska. Le era piaciuto lavorare con lui in quel breve periodo, ma adesso che le cose erano cambiate... be’, sarebbe stato un caso interessante, come minimo. Ma non c’era nulla di cui preoccuparsi. Era sicura di poter tenere separati i suoi sentimenti dal suo lavoro.

“Posso chiederle perché?” chiese Mackenzie.

“Come lei sa, ha già lavorato con gli agenti del posto. Inoltre, si è distinto in modo particolare in casi di persone scomparse. Perché me lo chiede?”

“Era solo per chiedere, signore” disse, ricordando senza fatica la prima volta che lei ed Ellington si erano conosciuti, quando lui era venuto a dare una mano nelle indagini sul Killer dello Spaventapasseri e lei lavorava ancora per la polizia locale. “Lui le ha... insomma, le ha chiesto di lavorare con me?”

“No” disse McGrath. “Però si dà il caso che voi due siate perfetti per questo caso: lui per le sue conoscenze, lei per il suo passato.”

McGrath si alzò dalla sedia, ponendo fine alla conversazione. “Entro pochi minuti riceverà per e-mail i dettagli sul suo volo” disse McGrath. “Se non sbaglio dovrebbe partire alle undici e cinquantacinque.”

“Ma è soltanto tra un’ora e mezza” fece lei.

“Allora le suggerisco di sbrigarsi.”

Mackenzie uscì rapidamente dall’ufficio, voltandosi soltanto una volta e vedendo l’agente Harrison ancora a sedere come un cucciolo smarrito che non sapeva dove andare o cosa fare. Però non aveva tempo di pensare ai suoi sentimenti feriti. Doveva pensare a come fare le valigie ed essere in aeroporto in meno di un’ora e mezza.

Oltretutto, doveva capire perché l’idea di lavorare ad un caso con Ellington la terrorizzasse.




CAPITOLO DUE


Mackenzie arrivò all’aeroporto di corsa, con a malapena il tempo di raggiungere il suo gate. Si affrettò sul velivolo cinque minuti dopo l’apertura del cancello d’imbarco e camminò lentamente lungo il corridoio, leggermente senza fiato e frustrata. Si domandò brevemente se Ellington ce l’avesse fatta per tempo, anche se in realtà, era già contenta di non aver perso il volo. Ellington era un adulto, si sarebbe preso cura di sé.

La sua domanda trovò risposta quando individuò il proprio posto. Ellington era già sull’aereo, seduto comodamente nel sedile di fianco al suo. Le sorrise dal posto accanto al finestrino, salutandola con una mano. Lei scosse il capo e fece un gran sospiro.

“Brutta giornata?” le chiese.

“Be’, è cominciata con un funerale ed è proseguita con un incontro con McGrath” disse Mackenzie. “Poi mi sono dovuta precipitare a casa per fare la valigia e arrivare a Dulles appena in tempo per il volo. E non è neanche mezzogiorno.”

“Allora le cose possono soltanto migliorare” scherzò Ellington.

Infilando il suo bagaglio a mano nel portabagagli sopra i sedili, Mackenzie disse: “Vedremo. Senti un po’, ma l’FBI non ha aerei privati?”

“Sì, ma solo per casi in casi di estrema urgenza. E per i super agenti. Questo caso non è urgente e noi sicuramente non siamo dei super agenti.”

Quando fu finalmente nel suo posto, si prese un momento per rilassarsi. Sbirciò Ellington e vide che stava sfogliando un fascicolo che era identico a quello che aveva visto nell’ufficio di McGrath.

“Che ne pensi di questo caso?” le chiese Ellington.

“Direi che è troppo presto per fare ipotesi” rispose lei.

Lui alzò gli occhi al cielo e per scherzo si accigliò. “Devi pur avere una prima impressione. Qual è?”

Anche se non voleva rivelare quello che pensava per non essere smentita in seguito, apprezzò lo sforzo di buttarsi subito sul caso. Questo dimostrava che lui era effettivamente come lo dipingeva McGrath, un agente che lavorava sodo; e anche lei aveva sperato che fosse davvero così.

“Credo che il fatto che si parli di sparizioni e non omicidi ci dia qualche speranza” disse. “Però, se consideriamo il fatto che le vittime sono state tutte rapite da stradine di provincia, mi viene da dire che questo tizio è uno del posto che conosce bene la zona. Potrebbe rapire le donne per poi ucciderle e nascondere i corpi da qualche parte nelle foreste o in altri nascondigli di cui solo lui è a conoscenza.”

“Hai già letto questo per bene?” chiese lui, indicando il fascicolo.

“No, non ne ho avuto il tempo.”

“Prego, fa’ pure” disse Ellington passandoglielo.

Mackenzie lesse le poche informazioni mentre le assistenti di volo impartivano le istruzioni sulla sicurezza. Quando l’aereo decollò diretto a Des Moines, stava ancora studiando. Non c’erano molte informazioni nel fascicolo, ma erano abbastanza da permettere a Mackenzie di pianificare il loro approccio una volta giunti là.

Delores Manning era la terza donna data per dispersa negli ultimi nove giorni. La prima donna era una del posto, ed era stata la figlia a denunciarne la scomparsa. Naomi Nyles, quarantasette anni, anche lei rapita dal ciglio della strada. La seconda era una donna di Des Moines di nome Crystal Hall. Aveva dei precedenti, per lo più riguardanti il suo passato promiscuo in gioventù, ma niente di serio. Quando era stata rapita, era di ritorno da un allevamento di bovini della zona. Nel primo caso non c’erano prove di reato, solo la macchina abbandonata a lato della strada. Il secondo veicolo abbandonato era un piccolo pick-up con una gomma a terra. Quando l’avevano trovato, sembrava che qualcuno stesse cambiando la ruota: il cric ancora sotto l’asse e la gomma sgonfia appoggiata sul fianco del mezzo.

Tutte e tre le sparizioni sembravano essere accadute di notte, tra le 22 e le 3. A nove giorni dal primo rapimento, non c’era uno straccio di prova, zero indizi.

Come era solita fare, Mackenzie rilesse le informazioni più volte, memorizzandole. Non era difficile in quel caso, dato che non c’era molto da ricordare. Continuava a tornare alle foto delle campagne – le stradine di provincia che si snodavano attraverso le foreste come un serpente gigantesco.

Tentò anche di entrare nella mente di un killer che usava quelle strade e la notte come copertura. Doveva essere paziente. E dato che c’era buio, doveva essere abituato a stare da solo. L’oscurità non lo turbava. Forse addirittura preferiva lavorare al buio, non soltanto per la protezione che questo offriva, ma anche per il senso di solitudine e isolamento. Quel tizio era probabilmente una specie di solitario. Prelevava le vittime dalla strada, a quanto pareva in situazioni di difficoltà. Macchina guasta, gomme a terra. Questo significava che probabilmente non lo faceva per il gusto di uccidere. Voleva semplicemente le donne. Ma perché?

E la vittima più recente, Delores Manning? Forse un tempo viveva in quella zona. In caso contrario, doveva avere coraggio da vendere a percorrere quelle stradine sperdute di notte... Per quanto siano una bella scorciatoia, è abbastanza avventato.

Sperò che fosse così, che la donna fosse coraggiosa. Perché il coraggio, anche se improvvisato, spesso poteva aiutare le persone in situazioni di tensione. Non era solo un motivo di vanto, ma anche una caratteristica psicologica che aiutava le persone ad affrontare le cose. Cercò di immaginarsi Delores Manning, un’emergente scrittrice, percorrere quelle strade di notte. Coraggiosa o no, non era una bella scena.

Quando Mackenzie ebbe finito, restituì il fascicolo a Ellington, poi guardò fuori dal finestrino, dove bianchi ciuffi di nuvole vagavano alla deriva. Chiuse gli occhi solo per un momento e tornò là con la mente, non in Iowa, ma nel confinante Nebraska. Un luogo dove ricco di aperte campagne e boschi imponenti, non traffico congestionato e grattacieli. Non ne sentiva esattamente la mancanza, ma trovava il pensiero di ritornarci, anche se per lavoro, eccitante in un modo che non comprendeva appieno.

“White?”

Aprì gli occhi sentendo il suo nome. Si voltò verso Ellington, un po’ imbarazzata di essere stata sorpresa a vagare con la mente. “Eh?”

“Per un attimo sembravi persa. Stai bene?”

“Sì, sì” gli disse.

E la cosa strana era stava davvero bene. Le prime sei ore di quella giornata erano state fisicamente ed emotivamente estenuanti, ma adesso che era seduta, sospesa nell’aria con un improbabile partner temporaneo, si sentiva davvero bene.

“Posso chiederti una cosa?” disse Mackenzie.

“Spara.”

“Hai chiesto tu di lavorare con me a questo caso?”

Ellington non rispose subito. Mackenzie poteva quasi vedere gli ingranaggi in azione nel suo cervello, e si chiese perché mai avrebbe dovuto mentirle.

“Be’, ho sentito del caso e, come sai, ho delle conoscenze nella sede di Omaha. E dato che sono gli uffici più vicini all’Iowa, mi sono buttato. Quando mi hanno chiesto se per me fosse un problema lavorare con te, ho detto di no.”

Lei annuì, sentendosi quasi in colpa per essersi chiesta se avesse avuto altre ragioni per desiderare quell’incarico. Pur nutrendo dei sentimenti per lui (anche se non le era ancora chiaro se fosse solo attrazione fisica o qualcosa di più), Ellington non le aveva mai dato ragione di credere che li ricambiasse. Era fin troppo facile ricordare quando ci aveva provato con lui la prima volta che si erano conosciuti in Nebraska, per poi essere respinta.

Spero soltanto che se ne sia dimenticato, pensò. Adesso sono una persona diversa, lui è troppo impegnato per preoccuparsi di me e per di più lavoriamo insieme. Acqua passata.

“E tu che mi dici?” gli chiese. “Quali sono le tue prime impressioni?”

“Io credo che non abbia intenzione di uccidere quelle donne” disse Ellington. “Non ha lasciato indizi né provocazioni. Come te, credo che il colpevole sia qualcuno del posto. Forse le sta collezionando... per così dire. Anche se preferisco non sbilanciarmi sul perché. Ma se ho ragione c’è motivo di preoccuparsi.”

Mackenzie concordava in pieno con lui. Se là fuori c’era qualcuno che rapiva le donne, alla fine il posto in cui nasconderle sarebbe finito. Oppure avrebbe perso interesse... il che significava che avrebbe dovuto fermarsi, prima o poi. E anche se teoricamente era una cosa positiva, significava anche che la pista si sarebbe raffreddata senza fornire altre scene dove trovare eventuali indizi.

“Credo che tu abbia ragione a dire che le sta collezionando” disse. “Le avvicina quando sono vulnerabili – quando hanno problemi con l’auto o le gomme a terra. Vuol dire che si presenta a loro subdolamente, non direttamente. Probabilmente è timido.”

Lui sogghignò e disse. “Ah, questa è una buona osservazione.”

Il suo sorriso si allargò e lei dovette distogliere lo sguardo, sapendo la loro abitudine di fissarsi un po’ troppo a lungo. Così volse lo sguardo verso il cielo azzurro e le nuvole, mentre il Midwest si avvicinava rapidamente sotto di loro.



***



Con ben pochi bagagli al seguito, Mackenzie ed Ellington attraversarono l’aeroporto senza problemi di sorta. Durante la fase finale del volo, Ellington aveva informato Mackenzie che era già stato organizzato tutto (probabilmente mentre lei era impegnata a precipitarsi prima al suo appartamento, poi in aeroporto). Lei ed Ellington avrebbero incontrato due agenti del posto, con i quali avrebbero collaborato per chiudere il caso il prima possibile. Non dovendo fermarsi al nastro trasportatore per i bagagli, potevano incontrarli subito.

Si incontrarono in uno degli innumerevoli Starbucks dell’aeroporto. Mackenzie lasciò che fosse Ellington a fare strada, poiché era chiaro che McGrath vedesse lui come agente a capo del caso. Altrimenti perché lo avrebbe informato del luogo d’incontro con gli altri agenti? E perché Ellington era stato avvisato con largo anticipo, senza doversi scapicollare per non perdere il volo come invece era successo a lei?

Era difficile non notare i due agenti. Mackenzie sospirò mentalmente vedendo che erano entrambi uomini. Uno dei due però sembrava nuovo. Non poteva avere più di ventiquattro anni. Il partner invece sembrava più vecchio e temprato, probabilmente sulla cinquantina.

Ellington si diresse subito verso di loro, seguito da Mackenzie. Nessuno dei due agenti si alzò in piedi, ma quello più vecchio tese la mano a Ellington quando furono al tavolo.

“Agenti Heideman e Thorsson, presumo?” chiese Ellington.

“Lo ammetto” disse l’uomo più vecchio. “Io sono Thorsson, e questo è il mio partner, Heideman.”

“Piacere” disse Ellington. “Io sono l’agente speciale Ellington e questa è la mia partner, l’agente White.”

Tutti si strinsero la mano in un gesto che era divenuto quasi seccante per Mackenzie da quando era entrata nell’FBI. Era quasi una formalità, una cosa imbarazzante che andava fatta prima di potersi dedicare a questioni più urgenti. Notò che la stretta di Heideman era debole, la mano sudaticcia. Non pareva nervoso, ma forse era un po’ timido, oppure un introverso.

“Quanto siamo lontani dalle scene del crimine?” chiese Ellington.

“La più vicina si trova a un’ora di strada da qui” rispose Thorsson. “Le altre distano tutte dieci o quindici minuti tra loro.”

“Ci sono novità da stamattina?” chiese Mackenzie.

“Zero” fu la risposta di Thorsson. “È uno dei motivi per cui abbiamo richiesto il vostro aiuto. Il colpevole ha sequestrato tre donne finora, ma non siamo riusciti a ricavare uno straccio di prova. Le cose si sono fatte così serie che lo Stato sta pensando di installare delle videocamere lungo l’autostrada. Il problema è che non è fattibile sorvegliare più di centoventi chilometri di strada.”

“Cioè, tecnicamente sarebbe possibile” aggiunse Heideman. “Ma servirebbero tantissime telecamere e un bel po’ di soldi. Ecco perché la vedono solo come ultima spiaggia.”

“Possiamo recarci sulla prima scena adesso?” chiese Ellington.

“Certamente” disse Thorsson. “Prima volete prenotare un albergo?”

“No” disse Mackenzie. “Mettiamoci al lavoro per ora. Se davvero c’è così tanta strada da controllare come dite, non possiamo sprecare tempo.”

Mentre Thorsson e Heideman si alzavano, Ellington le rivolse uno strano sguardo. Non capiva se fosse colpito dal fatto che lei volesse raggiungere subito la prima scena del crimine o se trovasse divertente che non gli lasciasse il controllo completo. Quello che sperava non avesse intuito era che il pensiero di andare in albergo con Ellington le faceva provare troppe emozioni tutte insieme.

Uno dietro l’altro, uscirono dallo Starbucks. Mackenzie rimase colpita quando Ellington la aspettò per non farle chiudere la fila.

“Sapete” disse Thorsson guardandoli da dietro la spalla, “sono contento che vogliate andare là subito. Nell’aria c’è tensione per questa storia. Si capisce parlando con le forze dell’ordine locali, e sta iniziando a contagiare anche noi.”

“Come un cattivo presentimento?” suggerì Mackenzie.

Thorsson e Heideman si scambiarono uno sguardo inquieto, poi Thorsson abbassò leggermente le spalle e rispose: “Sì, come se non concluderemo niente. Non ho mai visto niente di simile. Non c’è una singola prova. Questo tizio è praticamente un fantasma.”

“Allora speriamo di esservi d’aiuto” disse Ellington.

“Lo spero” disse Thorsson. “Perché al momento quasi tutti quelli che lavorano al caso hanno la sensazione che non troveremo mai il colpevole.”




CAPITOLO TRE


Mackenzie si stupì quando vide che l’auto di servizio affidata a Thorsson e Heideman era una Suburban. Dopo il suo rottame di macchina e le auto a noleggio che aveva utilizzato negli ultimi mesi, le sembrava di viaggiare nel lusso, seduta sul sedile posteriore con Ellington. Tuttavia, quando un’ora e dieci minuti più tardi giunsero sulla prima scena, era quasi contenta di scendere. Non era abituata a lussi del genere e si sentiva un po’ a disagio.

Thorsson parcheggiò sul margine della Route 14, una strada secondaria a due corsie che si snodava tra le foreste dell’Iowa rurale. Gli alberi fiancheggiavano la carreggiata su entrambi i lati. Mentre percorrevano quella strada, Mackenzie aveva visto alcuni sentieri sterrati che sembravano dimenticati da tempo; l’accesso era bloccato da una catena sottile legata a due pali ai margini della strada. A parte quello, non c’era niente se non alberi.

Thorsson e Heideman li accompagnarono superando alcuni poliziotti del posto, che li salutarono frettolosamente quando passarono. Più avanti, davanti alle due auto della polizia parcheggiate, c’era una Subaru rossa. Tutte e due le gomme dal lato del guidatore erano completamente a terra.

“Come sono le forze dell’ordine di qui?” chiese Mackenzie.

“Esigue” disse Thorsson. “Il paese più vicino si chiama Bent Creek. La popolazione è di circa novecento abitanti. La polizia è composta da uno sceriffo – che è qui insieme agli altri due poliziotti – due vice e sette poliziotti. Si erano fatti avanti anche alcuni agenti di Des Moines, ma si sono ritirati quando siamo arrivati noi. Adesso è un problema dell’FBI.”

“In altre parole, sono contenti che siamo qui?” chiese Ellington.

“Oh, assolutamente” disse Thorsson.

Si avvicinarono all’auto e ci girarono intorno. Mackenzie si voltò verso i poliziotti. Solo uno di loro pareva interessato a quello che facevano gli agenti dell’FBI. A lei stava bene così. Ne aveva avuto abbastanza dei poliziotti di provincia che li intralciavano, rendendo le cose ancora più complicate di quanto già non fossero. Sarebbe stato bello affrontare un caso senza doversi preoccupare di ferire l’ego dei poliziotti locali.

“Le impronte digitali sono già state prelevate?” chiese Mackenzie.

“Sì, stamattina” disse Heideman. “Fate pure.”

Mackenzie aprì la portiera del passeggero. Una rapida occhiata le rivelò che, anche se le impronte erano state prelevate, nessun oggetto era stato raccolto ed etichettato come prova. Sul sedile del passeggero c’era ancora un cellulare e sul cruscotto un pacchetto di chewing gum era posato su fogli di carta ripiegati.

“Questa è l’auto della scrittrice, giusto?” chiese Mackenzie.

“Esatto” confermò Thorsson. “Delores Manning.”

Mackenzie continuò ad esaminare l’auto. Trovò gli occhiali da sole di Delores, una rubrica quasi vuota, alcune copie del libro La casa di latta abbandonate sul sedile posteriore e degli spiccioli sparsi qua e là. Nel bagagliaio c’era solo uno scatolone, che conteneva diciotto copie di un libro scritto da Delores Manning, intitolato Un amore ostacolato.

“Anche qui sono state cercate le impronte?” chiese Mackenzie.

“Non credo” disse Heideman. “È solo uno scatolone di libri, no?”

“Sì, ma ne mancano alcune copie.”

“Era appena stata alla presentazione del libro” disse Thorsson. “È molto probabile che le abbia vendute o regalate.”

Non valeva la pena discutere di quello, perciò lasciò perdere. Prese due dei libri e li sfogliò. Su entrambi c’era la firma dell’autrice sul frontespizio.

Rimise i libri nello scatolone e iniziò a studiare la strada. Camminò lungo il margine in cerca di rientranze dove potesse essere stato incastrato qualcosa per bucare gli pneumatici. Guardò Ellington e vide con piacere che era già all’opera. Da dove si trovava, riusciva a vedere i frammenti di vetro ancora conficcati nella gomma.

Più avanti, lungo la strada, c’erano altri vetri. I raggi del sole che riuscivano a filtrare attraverso gli alberi si riflettevano su di essi in un modo che era stranamente bello. Mackenzie si avvicinò, accovacciandosi per guardare meglio.

Era lampante che i vetri fossero stati messi lì intenzionalmente. Si concentravano vicino alla linea di mezzeria. I frammenti erano sparsi qua e là come sabbia, ma in quel punto erano ravvicinati, per assicurarsi che una macchina ci passasse proprio sopra. Sull’asfalto rimanevano alcuni frammenti più grossi; a quanto pareva, l’auto li aveva schivati, dato che non erano stati sbriciolati. Mackenzie ne prese uno in mano per esaminarlo.

A prima vista il vetro era scuro, ma quando lo osservò meglio, Mackenzie notò che era stato dipinto di nero. Per smorzare il riflesso dei fari, pensò. Qualcuno che guidava di notte avrebbe visto i vetri illuminati dai fanali... ma non se questi erano dipinti di nero.

Selezionò alcuni campioni e provò a grattarli con le unghie. Il vetro sottostante era di due colori diversi; per lo più trasparente, ma alcuni avevano una leggera sfumatura verde. Era troppo spesso perché si trattasse del vetro di una bottiglia. Sembrava piuttosto opera di un vasaio. In alcuni punti era spesso quasi quattro centimetri.

“Qualcun altro ha notato che il vetro è stato colorato con della vernice spray?” chiese.

Fermi sul ciglio della strada, i poliziotti si scambiarono sguardi confusi. Persino Thorsson e Heideman sembravano perplessi.

“Direi che la risposta è no” disse Thorsson.

“È stato raccolto qualche campione per le analisi?” proseguì Mackenzie.

“Raccolto, sì” disse Thorsson. “Ma non ancora analizzato. C’è già una squadra che se ne sta occupando. Dovremmo avere i risultati entro un paio d’ore. Immagino che ci confermeranno che è stato colorato.”

“E questo vetro non si trovava in nessuno degli altri luoghi, giusto?”

“Esattamente.”

Mackenzie si rialzò, continuando a fissare i vetri mentre cercava di stilare mentalmente un profilo della persona a cui dovevano dare la caccia.

Niente vetri sulle scene degli altri rapimenti, rifletté. Questo significa che l’attacco a questa donna era mirato. Perché? Forse negli altri due casi si è trattato solo di una coincidenza. Forse il sospettato si trovava nel posto giusto al momento giusto. E in quel caso, si trattava definitivamente di uno del posto – un criminale di provincia, non di città. Però era furbo e calcolatore. Non era uno che improvvisava.

Ellington la raggiunse per osservare lui stesso i vetri. Senza sollevare lo sguardo, le chiese: “Hai delle teorie?”

“Qualcuna.”

“Ad esempio?”

“È un uomo di provincia. Probabilmente uno del posto, come avevamo pensato. Credo anche che questo rapimento sia stato premeditato. Le ruote forate... l’ha fatto di proposito. Sulle altre scene non c’erano vetri in strada, li ha messi solo in questo caso. Questo mi porta a pensare che gli altri due sequestri siano stati casuali. Ha solo avuto fortuna. Stavolta invece... ci ha messo del suo.”

“Pensi che sarebbe utile parlare con la famiglia?” le chiese Ellington.

Mackenzie non capiva se la stesse mettendo alla prova, un po’ come aveva fatto Bryers, oppure se il suo fosse puro interesse per il suo metodo di approccio.

“Potrebbe essere la via più rapida per ottenere risposte” rispose. “Anche se non ci porta a niente, sarà un compito portato a termine.”

“Sembri un robot se parli così” commentò Ellington con un sorriso.

Ignorandolo, Mackenzie tornò alla macchina da dove Thorsson e Heideman li osservavano.

“Sappiamo dove vive Delores Manning?” chiese.

“Dunque, lei vive a Buffalo, nello Stato di New York” disse Thorsson. “Ma ha dei famigliari vicino a Sigourney.”

“Si trova qui in Iowa, giusto?”

“Proprio così” confermò Thorsson. “La madre vive a dieci minuti dal paese. Il padre è morto. La famiglia non è ancora stata informata della sua scomparsa. Per quanto ne sappiamo, è sparita da poco meno di ventisei ore. Anche se non possiamo saperlo con certezza, dobbiamo considerare anche l’ipotesi che abbia fatto una visita ai famigliari, dato che si trovava nelle vicinanze per la presentazione del suo libro a Cedar Rapids.”

“Credo che bisognerebbe informarli” disse Mackenzie.

“Sono d’accordo” fece Ellington, raggiungendoli.

“Be’, fate pure” ridacchiò Thorsson. “Sigourney è a circa un’ora e un quarto da qui. Vorremmo tanto venire con voi” aggiunse sarcastico, “ma questo non rientra nei nostri ordini.”

In quel momento, uno dei poliziotti si avvicinò. Il distintivo indicava che era lo sceriffo.

“Avete bisogno di noi qui?” chiese.

“No” disse Ellington. “Anche se forse potrebbe dirci il nome di un albergo decente da queste parti.”

“Ce n’è solo uno, a Bent Creek” disse lo sceriffo, “quindi è l’unico che posso suggerirvi.”

“Perfetto, allora seguiremo il suo consiglio. Se potesse anche raccomandarci un autonoleggio a Bent Creek...”

“Me ne occupo io” disse lo sceriffo, senza aggiungere altro.

Sentendosi un po’ disorientata, Mackenzie tornò alla Suburban e si accomodò sul sedile posteriore. Mentre gli altri tre agenti prendevano posto, Mackenzie iniziò a pensare alle stradine sterrate lungo la Route 14. Chi era il proprietario? Dove portavano quei sentieri?

Mentre si dirigevano a Bent Creek, quelle strade di campagna facevano sorgere in Mackenzie sempre più interrogativi... alcuni più urgenti di altri. Li tenne a mente mentre ripensava ai frammenti di vetro sulla strada. Cercò di immaginare qualcuno che li pitturava con l’intenzione di fermare una macchina.

Non era semplicemente un’azione deliberata. Richiedeva un’accurata premeditazione e una conoscenza del traffico notturno lungo la Route 14.

Il nostro uomo è pericolosamente furbo, pensò. È anche un pianificatore e sembra prendere di mira solo le donne.

Mentre stilava il profilo di quell’uomo, iniziò a provare una sensazione di urgenza... doveva agire in fretta. Quasi lo percepiva, nascosto lì vicino, tra quelle strade di campagna circondate da alberi, a rompere vetro e spruzzarlo di vernice nera.

Progettando di rapire la prossima vittima.




CAPITOLO QUATTRO


Delores Manning stava pensando alla madre quando aprì gli occhi. Sua madre viveva in uno schifoso parco per roulotte appena fuori Sigourney. La donna era molto orgogliosa e testarda. Delores aveva programmato di farle visita dopo la presentazione del libro a Cedar Rapids. Dato che aveva appena firmato un contratto per la stesura di tre libri con il suo attuale editore, Delores aveva preparato un assegno da 7.000 $, nella speranza che la madre lo accettasse e lo usasse saggiamente. Forse era snob da parte sua, ma Delores si vergognava che la madre vivesse di sussidi e che facesse la spesa con i buoni pasto. Le cose erano state così fin dalla morte del padre e...

Quei pensieri annebbiati svanirono quando i suoi occhi si abituarono al buio. Era seduta con la schiena premuta contro qualcosa di molto duro e quasi freddo al tocco. Lentamente cercò di mettersi in piedi, ma sbatté la testa contro una superficie identica a quella che sentiva contro la schiena.

Confusa, alzò un braccio e scoprì di non riuscire a distenderlo di molto. Mentre il panico la assaliva, si accorse che l’oscurità era tagliata da sottili lame di luce. Proprio davanti a lei c’erano tre rettangoli di luce. Capì subito la sua situazione.

Si trovava in una sorta di container... era piuttosto certa che fosse di ferro o un altro metallo. Non era più alto di un metro e venti e non le permetteva di stare dritta in piedi. Anche la larghezza e la profondità non superavano il metro e venti, facendone una specie di quadrato. Iniziò a sentire il fiato corto, assalita dalla claustrofobia.

Si schiacciò contro la parete frontale e inalò aria fresca attraverso le aperture rettangolari. Le fenditure erano alte quindici centimetri e larghe otto. Quando ispirò, sentì odore di terra e di qualcosa di dolce ma al tempo stesso sgradevole.

Da un punto lontano, così debole che sembrava provenire da un altro mondo, le sembrò di udire un suono. Era un macchinario? Oppure un animale? Sì, doveva essere un animale... anche se non aveva idea di quale. Maiali, forse?

Con il respiro tornato più regolare, arretrò di un passo, rimanendo accucciata, e sbirciò attraverso le aperture.

Dall’altra parte vide quello che sembrava l’interno di un fienile, o comunque una costruzione in legno. Circa sei metri più avanti, si vedeva una porta imbarcata da cui filtrava una luce torbida. Anche se non riusciva a distinguere granché, suppose di trovarsi in guai molto seri.

A supportare la sua intuizione, notò che la porta del fienile era sprangata. Si lasciò sfuggire un gemito e spinse la parete davanti del container, che non cedette di un millimetro; non emise nemmeno uno scricchiolio.

Si sentì nuovamente assalire dal panico, ma sapeva di dover ragionare e restare lucida. Tastò con le mani la porta del container. Sperava di trovare dei cardini, così avrebbe avuto qualcosa su cui lavorare. Non era molto forte, ma se ci fosse stata anche solo una vite incrinata o allentata...

Invece non c’era niente. Provò sulla parete alle sue spalle, non trovando nulla nemmeno lì.

In un gesto di assoluta impotenza, sferrò un calcio alla porta con tutta la forza che aveva. Quando nemmeno quello servì, arretrò per prendere la rincorsa e tentare di aprirla con una spallata. L’unico risultato fu che rimbalzò ricadendo all’indietro. Sbatté la testa e atterrò pesantemente sul sedere.

Sentiva un grido risalirle la gola, ma non sapeva se fosse la cosa migliore da fare. Si ricordava perfettamente dell’uomo del furgone e di come l’avesse assalita. Voleva davvero farlo tornare da lei?

No, non voleva. Pensa, si disse. Sfrutta la tua mente creativa per trovare il modo di andartene da qui.

Ma non riusciva a pensare a niente. Anche se era riuscita a soffocare il grido che minacciava di uscirle di bocca, non riuscì a trattenere le lacrime. Diede un calcio alla parete anteriore del container e si accasciò nell’angolo più nascosto. Pianse più piano che poté, cullandosi avanti e indietro, osservando le lame di luce polverosa che filtravano dalle fessure.

Per adesso, era tutto ciò a cui riusciva a pensare.




CAPITOLO CINQUE


Mackenzie non gradiva le decine di cliché stereotipati che le proponeva la sua mente quando lei ed Ellington si avvicinarono all’ingresso del Campo per Roulotte di Sigourney Oaks. Le case mobili erano tutte impolverate e sembravano reggersi in piedi per miracolo. Quasi tutte le auto parcheggiate erano uguali. Superarono un cortile rinsecchito dove due uomini sedevano a torso nudo su sedie da giardino. Una borsa frigo piena di birre stava in mezzo a loro, oltre a molte lattine vuote e accartocciate... ed erano solo le 16:35.

La casa di Tammy Manning, la madre di Delores Manning, si trovava proprio al centro del parco. Ellington parcheggiò l’auto che avevano noleggiato dietro un vecchio pick-up Chevy malridotto. L’auto noleggiata sembrava migliore di quelle parcheggiate lì, anche se non di molto. La scelta all’autonoleggio Smith Brothers Auto era limitata e alla fine avevano optato per una Ford Fusion del 2008, che avrebbe davvero avuto bisogno di una bella riverniciata e di gomme nuove.

Mentre salivano i traballanti scalini che portavano all’ingresso, Mackenzie studiò rapidamente il posto. Dei bambini giocavano con delle macchinine sulla strada polverosa. Una ragazzina alla soglia dell’adolescenza camminava alla cieca, gli occhi incollati al cellulare e la maglietta sgualcita abbastanza corta da lasciarle scoperto l’ombelico. Un anziano, un paio di case più avanti, era sdraiato a terra, alle prese con un tosaerba, con una chiave inglese in una mano e i pantaloni macchiati d’olio.

Ellington bussò alla porta, che si aprì quasi immediatamente. La donna sulla soglia era di una bellezza semplice. Sembrava avere sui cinquant’anni e le ciocche di capelli grigi spiccavano su quelli neri più come un abbellimento che come un segno dell’età. Aveva l’aria stanca, ma dall’odore del suo alito quando chiese “Chi siete?”, Mackenzie intuì che doveva aver bevuto.

Fu Ellington a rispondere, anche se non si mise davanti a Mackenzie. “Io sono l’Agente Ellington e questa è l’Agente White. Siamo dell’FBI” disse.

“L’FBI?” chiese. “E che diamine volete?”

“È lei Tammy Manning?” chiese.

“Sì” disse la donna.

“Possiamo entrare?” chiese Ellington.

Tammy li guardò non con sospetto, ma piuttosto con incredulità. Annuì facendosi da parte, lasciandoli entrare. Appena misero piede dentro casa, furono avvolti da un denso odore di fumo di sigaretta. L’aria ne era satura. Su un posacenere sul tavolino bruciava una sigaretta solitaria, circondata da mozziconi.

Dietro il tavolino era seduta un’altra donna, che pareva leggermente a disagio. Mackenzie pensò che in realtà sembrasse addirittura schifata di stare lì a sedere.

“Se ha degli ospiti” disse Mackenzie, “forse è meglio se parliamo fuori.”

“Non è un’ospite” replicò Tammy. “È mia figlia Rita.”

“Salve” fece Rita, alzandosi per stringere loro la mano.

Adesso era evidente che fosse la sorella minore di Delores Manning. Doveva avere tre o quattro anni in meno e somigliava molto alla foto di Delores che Mackenzie aveva visto sul retro di Un amore ostacolato.

“Ah, ecco” disse Ellington. “Be’, forse è una buona cosa che ci sia anche lei, Rita.”

“Come mai?” chiese Tammy, sedendosi di fianco alla figlia. Prese la sigaretta dal posacenere e fece un lungo tiro.

“L’auto di Delores Manning è stata trovata abbandonata con due pneumatici a terra sulla Route 14 la scorsa notte. Da allora, nessuno l’ha più vista né sentita. Né il suo agente, né gli amici, nessuno. Speravamo che lei sapesse dov’è.”

Prima ancora che Ellington avesse terminato la frase, Mackenzie aveva già intuito la risposta dall’espressione scioccata sul volto di Rita Manning.

“Mio Dio” esclamò Rita. “Siete sicuri che sia la sua macchina?”

“Ne siamo certi” disse Ellington. “C’era anche uno scatolone con i suoi libri nel bagagliaio. Era appena stata ad una presentazione a Cedar Rapids.”

“Esatto” confermò Rita. “Probabilmente... stava venendo qui. O almeno quello era il piano. Quando a mezzanotte non era ancora arrivata, ho pensato che avesse deciso di fermarsi in un albergo.”

“Vi eravate organizzate perché dormisse qui?” chiese Mackenzie. Guardò Tammy mentre lo chiedeva, anche se quest’ultima pareva più interessata alla sua sigaretta.

“Più o meno” disse Tammy. “La scorsa settimana mi aveva chiamato dicendomi che sarebbe andata a Cedar Rapids e che voleva passare a trovarci, così le ho detto che per me andava bene. L’ho detto a Rita, che ieri dopo pranzo è arrivata qui. Doveva essere una specie di sorpresa.”

“Sono venuta in macchina fin qui dall’università, la Texas A&M” disse Rita.

“Quando è stata l’ultima volta che ha parlato con Delores?” chiese Ellington a Rita.

“Più o meno tre settimane fa. Cerchiamo di tenerci in contatto regolarmente.”

“Qual era il suo stato d’animo l’ultima volta che vi siete sentite?” chiese Mackenzie.

“Ah, era al settimo cielo. Aveva appena firmato un contratto con il suo editore per altri tre libri. Abbiamo parlato di andarci a fare un drink in città la prossima volta che veniva in Texas.”

“Quindi sei una studentessa?” chiese Ellington.

“Sì, sono all’ultimo anno.”

“Signora Manning” disse Mackenzie per essere sicura che la madre capisse che si stava rivolgendo a lei e non alla figlia, “se posso permettermi, non mi sembra molto sconvolta.”

La donna scrollò le spalle, sbuffò del fumo, quindi soffocò il mozzicone nel posacenere già traboccante. “Quindi voi dell’FBI sapete meglio di me come dovrei sentirmi?”

“Non era quello che intendevo, signora” disse Mackenzie.

“Sentite... Stiamo parlando di Delores. Lei è una con la testa sulle spalle. Sono sicura che ha chiamato il soccorso stradale o che so io, quando è rimasta con le gomme a terra. Adesso probabilmente sarà già a metà strada per New York. Per fare soldi e viaggiare. Se avesse avuto problemi, avrebbe chiamato.”

“Quindi non si sarebbe sentita in imbarazzo a chiederle aiuto?”

Tammy ci pensò su un minuto. “Probabilmente no. Mi avrebbe chiesto aiuto e avrebbe fatto il diavolo a quattro se le avessi fatto anche solo una domanda. Lei è fatta così.”

Il risentimento nella sua voce era quasi denso come il fumo nell’aria del prefabbricato.

“Allora non ha idea di dove possa essere?” chiese Ellington.

“No. Dovunque sia, non si è scomodata a farmelo sapere. Ma non mi stupisco. Lei non mi dice mai niente.”

“Capisco” disse Ellington. Si guardò intorno corrugando la fronte. Mackenzie sapeva che stava pensando la sua stessa cosa: un’ora e dieci di viaggio per niente.

Mackenzie guardò Rita, che sembrava seccata dalla mancanza di collaborazione della madre. “Del caso se ne stanno occupando la polizia di Bent Creek e agenti federali di due uffici diversi. Da quello che possiamo capire, Delores è scomparsa da circa ventinove ore. Ci metteremo in contatto con voi non appena scopriremo qualcosa.”

Rita annuì e mormorò: “Grazie.”

Sia Mackenzie che Ellington attesero un istante per vedere se Tammy volesse aggiungere altro. Quando la donna si limitò ad accendersi un’altra sigaretta e prendere il telecomando del televisore dal tavolino, Mackenzie andò verso la porta.

Una volta fuori, inspirò a fondo l’aria fresca, poi andò dritta alla macchina. Quando anche Ellington uscì dalla casa, lei stava già aprendo la portiera dal lato del passeggero.

“Tutto ok?” le chiese avvicinandosi all’auto.

“Sì” disse. “Solo che non sopporto le persone che se ne fregano completamente del sangue del loro sangue.”

Stava per salire in macchina quando la porta della casa di Tammy Manning si aprì. Entrambi guardarono Rita scendere i gradini con una corsetta. Li raggiunse ed emise un sospiro tremante.

“Oddio, mi dispiace per prima” disse. Mackenzie notò che anche Rita sembrava respirare molto meglio, adesso che era fuori. “Le cose tra la mamma e Delores non vanno molto bene, da quando papà è morto. Quando poi Delores è diventata una scrittrice benestante, la mamma si è quasi sentita offesa.”

“Non c’è bisogno che ci racconti dei vostri problemi personali” disse Ellington. “Ognuno di noi ha i suoi.”

“Ditemi la verità... Delores... credete che la troveranno? Credete che possa essere da qualche parte, morta?”

“È decisamente troppo presto per dirlo” disse Mackenzie.

“È stato... insomma, qualcosa faceva pensare ad un’azione premeditata?”

Mackenzie ripensò ai vetri colorati di nero. Era sicura di avere ancora delle scaglie di vernice sotto le unghie. Ma le indagini erano troppo indietro per rivelare quel dettaglio ai famigliari – almeno fino a quando non avessero scoperto altro.

“Anche questo non possiamo dirlo con certezza” disse.

Rita annuì. “Grazie per averci avvertite. Quando scoprite qualcosa, chiamate direttamente me. Per ora lasciate perdere mia madre. Non so quale sia il suo problema. Lei è solo... non lo so. Una donna che sta invecchiando che ha lasciato che la vita la prendesse a calci senza prendersi la briga di rialzarsi.”

Diede loro il suo numero, poi tornò lentamente a salire i gradini. Li salutò con un cenno mentre Ellington usciva dal parcheggio e si allontanava dalla casa.

“Allora, che ne pensi?” chiese Ellington. “È stato un viaggio a vuoto?”

“No. Penso che adesso conosciamo abbastanza Delores da sapere che avrebbe chiamato, se i suoi programmi fossero cambiati e se fosse stata in grado di chiamare.”

“Come fai ad esserne certa?”

“Non ho detto che ne sono certa. Però, da quello che ho capito da Tammy e Rita, Delores stava cercando di riavvicinarsi alla sua famiglia. Rita ha detto che il suo rapporto con la madre era teso. Non credo che Delores si sarebbe scomodata per chiedere se poteva passare a trovarla se non c’era speranza di riconciliazione. E se è quello il caso, sicuramente avrebbe chiamato se i suoi programmi fossero cambiati.”

“Forse ha avuto un ripensamento.”

“Ne dubito. Quando madri e figlie si allontanano... è dura. Delores non avrebbe fatto un passo avanti per poi fare marcia indietro.”

“Un’analisi da strizzacervelli” disse Ellington. “Sono colpito.”

Mackenzie non fece caso al complimento. Stava pensando a sua madre, una donna con cui non parlava da molto tempo. Era così facile rovinare una relazione che in teoria doveva essere fondamentale nella vita di ogni donna. Lei sapeva tutto delle madri che deludevano i figli, quindi poteva relazionarsi a Delores.

Si chiese se Delores Manning pensasse a sua madre in quei momenti disperati. Ammesso, certo, che Delores Manning fosse ancora viva.




CAPITOLO SEI


Mackenzie sapeva che l’ufficio dell’FBI più vicino a Bent Creek si trovava ad Omaha, nel Nebraska. Il pensiero di tornare in Nebraska in veste ufficiale la intimidiva, ma allo stesso tempo le sembrava perfetto. Eppure fu più che sollevata quando Heideman chiamò per informarli che la base attuale per le operazioni del caso era la stazione di polizia di Bent Creek.

Lei ed Ellington arrivarono lì quella sera, poco dopo le sei. Entrando, Mackenzie fu assalita di nuovo dalla sensazione di essere una delle poche donne a lavorare nelle forze dell’ordine. Erano gli sguardi al limite del misogino che alcuni degli uomini in uniforme le stavano rivolgendo. A quanto sembrava, il cambio di divisa e di titolo non era servito a niente. Gli uomini l’avrebbero continuata a considerare di seconda classe.

L’unica differenza adesso era che non gliene fregava niente se questo offendesse qualcuno. Era lì per conto dell’FBI, per aiutare l’esiguo corpo di polizia locale a capire chi stesse sequestrando delle donne sulle loro strade secondarie. Non aveva intenzione di farsi trattare come quando lavorava nel Midwest come detective per la polizia statale del Nebraska.

Scoprì in breve che le sue supposizioni erano in parte errate: forse il cambio di titolo e posizione avevano sortito un qualche effetto. Infatti, quando furono accompagnati nella sala conferenze principale, vide che era stato ordinato del cibo cinese per loro. Era sistemato su un bancone in fondo alla stanza, insieme ad alcune bevande in bottiglie da due litri e spuntini vari.

Thorsson e Heideman si stavano già gustando la cena omaggio, riempiendosi i piatti di noodles e pollo all’arancia. Ellington si rivolse a Mackenzie stringendosi nelle spalle, come a dire che ci vuoi fare? poi andò anche lui al tavolo. Mackenzie lo imitò, mentre altre persone entravano e uscivano dalla sala. Quando prese posto al tavolo da riunione con una porzione di pollo al sesamo e rangoon di granchio, uno dei poliziotti che aveva visto sulla Route 14 si avvicinò porgendole la mano. Guardò il distintivo e vide che si trattava dello sceriffo.

“Agente White, dico bene?” chiese.

“Proprio così.”

“Piacere. Sono lo sceriffo Bateman. Ho sentito che lei e il suo partner siete andati a Sigourney per parlare con la madre dell’ultima vittima. Avete scoperto qualcosa?”

“No, solo una potenziale fonte di informazioni da eliminare dalla lista. Adesso però abbiamo la conferma che non abbiamo a che fare con una figlia che ha semplicemente deciso di non informare la madre dei suoi cambiamenti di programma.”

Chiaramente deluso, Bateman annuì e tornò dall’altra parte della stanza, dove due poliziotti stavano conversando.

Quando Ellington si sedette accanto a Mackenzie, entrambi guardarono verso la parte anteriore della sala. Un uomo che si era in precedenza presentato come il vicesceriffo Wickline stava sistemando fotografie e fotocopie su una lavagna con l’aiuto di calamite. Una poliziotta – l’unica altra donna nella stanza – stava scrivendo una serie di note lungo l’altro lato della lavagna.

“Sembra che siano perfettamente organizzati, qui” commentò Ellington.

Lei aveva pensato la stessa cosa. Era arrivata aspettandosi di trovare una specie di circo, come accadeva nella stazione di polizia del Nebraska, invece rimase colpita dal livello di organizzazione della polizia di Bent Creek.

Parecchi minuti più tardi, lo sceriffo Bateman si consultò con i poliziotti alla lavagna e ne accompagnò due fuori. La poliziotta rimase e prese posto al tavolo. Bateman chiuse la porta e si mise davanti a tutti. Guardò i quattro agenti dell’FBI e i tre poliziotti rimasti nella sala.

“Abbiamo ordinato la cena perché non abbiamo idea di quanto ci metteremo” disse. “Non siamo abituati alla presenza dei federali, qui a Bent Creek, quindi tutto questo è una novità per me. Agenti, vi prego di farmi sapere se posso fare qualcosa per facilitare le cose. Per ora lascio a voi la parola.”

Detto ciò si sedette, lasciando Ellington e Thorsson a scambiarsi uno sguardo confuso. Thorsson sorrise indicando la parte anteriore della sala, lasciando il comando agli agenti di Washington.

Ellington diede una leggera gomitata a Mackenzie sotto il tavolo, poi disse: “Sì, dunque, ora l’agente White spiegherà tutte le informazioni in nostro possesso, oltre alle teorie che abbiamo sviluppato.”

Lei sapeva che stava cercando di prenderla in giro, gettandola nella fossa dei leoni a quel modo, ma non le importava. Anzi, una parte di lei desiderava stare lì davanti a tutti. Era come una fantasia di rivalsa che si realizzava, poter tornare in quella zona del Paese e dirigere una conferenza come non aveva mai potuto fare in Nebraska. Qualunque fosse il motivo, andò davanti al tavolo e diede una rapida occhiata alla lavagna dove erano state allestite le varie informazioni.

“Il lavoro che hanno fatto i vostri agenti” disse indicando la lavagna “spiega già molto chiaramente i fatti. La prima vittima è una residente di Bent Creek. Naomi Nyles, quarantasette anni. A denunciarne la scomparsa è stata la figlia e l’ultima volta che è stata vista è stato due settimane fa. La sua auto è stata trovata sul ciglio della strada, all’apparenza perfettamente funzionante. A quanto ho capito, i vostri agenti sono riusciti a metterla in moto senza problemi e a portarla qui.”

“Esatto, se ne sono occupati i nostri uomini” disse il vicesceriffo Wickline. “La vettura si trova tuttora nel deposito.”

“La seconda persona scomparsa è Crystal Hall, ventisei anni. Lavora presso il Wrangler Beef a Des Moines e hanno confermato che era stata mandata in un allevamento di bovini appena fuori Bent Creek. Il proprietario dell’azienda conferma che Crystal si è presentata all’incontro programmato, per poi andarsene poco dopo le cinque del pomeriggio. Lo storico della sua carta di credito mostra che ha cenato al Bent Creek Subway alle cinque e cinquantadue.” Indicò l’informazione trascritta da uno dei poliziotti.

“Il che ci porta a domandarci” disse Bateman “quando sia stata rapita. La sua auto è stata scoperta soltanto all’una e mezza di notte. Il fatto che nessuno l’abbia notata prima, anche se si tratta della Route 14, significa che ci sono buone possibilità che fosse da qualche altra parte in città prima di tornare a casa. Dubito seriamente che qualcuno sia stato così avventato da rapirla tra le sei e mezza e le sette e mezza. E se è stato così avventato...”

Lasciò la frase in sospeso, come se non gli piacesse dove portava quel ragionamento. Così Mackenzie si prese la libertà di finire per lui.

“Allora vuol dire che si tratta di qualcuno che conosce bene la zona” disse. “In particolare, il flusso di traffico sulla Route 14. Tuttavia, il profilo del nostro uomo non è compatibile con un’azione tanto rischiosa. Lui si muove al buio, per sorprendere le sue vittime. Le sue azioni non sono plateali.”

Bateman annuì, con gli occhi sgranati e un sorriso sulle labbra. Aveva già visto quella espressione. Era l’espressione di un uomo che non solo era colpito dal suo modo di ragionare, ma che lo apprezzava anche. Vide la stessa espressione sul volto della poliziotta e di un uomo in sovrappeso all’altro capo del tavolo, che stava ancora gustando la cena gratuita. Il vicesceriffo Wickline annuiva, prendendo appunti su un bloc-notes.

“Sceriffo” disse Ellington “abbiamo una stima del traffico medio su quella strada in quella fascia oraria?”

“Un monitoraggio del traffico del 2012 stima che tra le sei del pomeriggio e mezzanotte ci sono in media ottanta veicoli che passano sulla Route 14. Non è una strada molto trafficata. Però tenete presente che solo la scrittrice e Crystal Hall sono state rapite sulla 14. La prima donna scomparsa, Naomi Nyles, è stata sequestrata sulla County Road 664.”

“E lì com’è il traffico a quell’ora?” chiese Mackenzie.

“Quasi inesistente” disse Bateman. “Credo che il numero di veicoli si aggiri sui venti o trenta. Vicesceriffo Wickline, risulta anche a lei?”

“Mi sembra che sia così” rispose Wickline.

“Passiamo alla scrittrice” proseguì Mackenzie. “Delores Manning, trentadue anni. Vive a Buffalo ma ha dei famigliari a Sigourney. Gli pneumatici della sua auto sono stati forati da frammenti di vetro sparsi sulla strada. I vetri erano molto spessi e pitturati di nero, per evitare di riflettere la luce dei fari. L’agente della donna ha denunciato la sua scomparsa circa mezz’ora dopo che la sua auto è stata scoperta da un camionista alle due di notte. L’agente Ellington ed io abbiamo parlato con la madre e la sorella oggi, ma non ci hanno saputo fornire alcuna pista concreta. A dire la verità, sembra non esserci nessuna pista concreta, per nessuno dei casi di scomparsa. Sfortunatamente, è tutto quello che abbiamo.”

“Grazie, agente White” disse Bateman. “Quindi, ora che si fa?”

Mackenzie fece un sorrisetto e indicò il cibo cinese sul tavolo in fondo alla sala. “Be’, vi siete organizzati bene. Credo che il punto migliore da cui partire sia ripercorrere tutti i casi di scomparsa non risolti degli ultimi dieci anni nel raggio di centocinquanta chilometri.”

Nessuno obiettò, ma gli sguardi sui volti di Bateman, Wickline e degli altri poliziotti erano piuttosto eloquenti. La poliziotta si strinse nelle spalle con aria sconfitta e alzò una mano. “Posso recuperare io tutte le informazioni” disse.

“Perfetto, Roberts” commentò Bateman. “Ce la fa in un’ora? Si faccia dare una mano.”

La donna si alzò e uscì dalla sala conferenze. Mackenzie notò che Bateman la osservò più a lungo degli altri.

“Agente White” disse Bateman. “Si è fatta un’idea di che tipo di persona sia quella che dovremmo cercare? In una cittadina piccola come Bent Creek, prima potremo escludere delle persone, prima riusciremo a indirizzarvi verso quella che cercate,”

“Senza indizi di alcun genere potrebbe essere difficile” disse Mackenzie. “Però ci sono un paio di supposizioni che possiamo fare. Agente Ellington, vuoi proseguire tu?”

Lui le sorrise mentre addentava un involtino primavera. “Ti prego, continua tu. Stai andando benissimo.”

Era uno strano scambio di battute e lei sperò che gli altri non se ne accorgessero. Mackenzie aveva cercato di mostrargli rispetto, di fargli vedere che non era lei che voleva condurre lo spettacolo. Lui però aveva fatto finta di niente. Per il momento, sembrava apprezzare che avesse lei il controllo.

“Prima di tutto” disse, facendo del proprio meglio per non perdere il filo “l’indiziato è quasi sicuramente uno del posto. La sua abilità nello studiare i flussi di traffico su queste strade secondarie dimostra una pazienza rigorosa, che lo rende più facile da inquadrare. Se il nostro uomo si è dato tanto a fare per rapire queste donne, come dimostrano le dinamiche delle sue azioni, allora possiamo concludere che non rapisce le donne per ucciderle. Come ho detto prima, sembra un tipo subdolo. Tutto quello che sappiamo di lui – che le aggredisce quando sono vulnerabili, al buio e, a quanto sembra, seguendo un piano – indica un uomo con tendenze non violente. Dopotutto, che senso ha progettare tanto meticolosamente un rapimento per poi uccidere la vittima poco dopo? Questo ci dice che sta collezionando queste donne, passatemi il termine.”

“D’accordo” disse Roberts, la poliziotta. “Ma a che scopo le sta collezionando?”

“È sbagliato supporre che sia per sesso?” chiese il vicesceriffo Wickline.

“Niente affatto” disse Mackenzie. “In effetti, se il nostro uomo è effettivamente timido, è una motivazione plausibile. Gli uomini che vanno a caccia di donne in quel modo sono in genere troppo timidi, o comunque socialmente oppressi, per avere storie d’amore normali. In genere vale lo stesso discorso per gli stupratori che fanno di tutto per non ferire le vittime.”

Ottenne altre occhiate di apprezzamento dai presenti. Anche se, dato l’argomento trattato, non riuscì a felicitarsene.

“Però non possiamo saperlo con certezza, dico bene?” chiese Bateman.

“No, non possiamo” confermò Mackenzie. “Ed è per questo che dobbiamo agire in fretta. Non si tratta semplicemente di un assassino che dobbiamo fermare prima che uccida ancora. Questo tizio è uno psicopatico, ed è pericoloso. Più tempo ci metteremo a scovarlo, più tempo avrà per fare alle donne quello che vuole.”




CAPITOLO SETTE


Sazi di cibo cinese e informazioni sulle tre donne rapite, Ellington e Mackenzie lasciarono la polizia di Bent Creek alle 21:15. L’unico motel in città – un Motel 6 che, a giudicare dall’aspetto, non aveva più subito ritocchi di alcun tipo dagli anni ’80 – era a cinque minuti di distanza. Non si stupirono affatto di trovare due camere libere, che prenotarono per la notte.

Quando uscirono dalla reception, Mackenzie si guardò intorno nel parcheggio. Bent Creek era davvero una città minuscola. Al punto che i negozianti collaboravano per sfruttare al meglio lo spazio. Lo si capiva dalla presenza di un piccolo bar dall’altra parte del parcheggio del Motel 6. Aveva senso, pensò Mackenzie. Chiunque dovesse pernottare in un motel a Bent Creek avrebbe probabilmente gradito anche farsi un drink.

Come lei, per esempio.

Ellington le diede una pacca sulla schiena e si avviò in quella direzione. “Offro io” disse.

Iniziava a piacerle l’ironia semplice e pungente che erano riusciti a creare. Entrambi erano consapevoli dell’imbarazzo che c’era tra loro, ma lo avevano sepolto. Per aggirare il problema, avevano fondato la loro timida amicizia sul lavoro – un lavoro che li costringeva a usare la logica e affrontare tutto con la massima serietà. Finora aveva funzionato alla grande.

Mackenzie lo raggiunse e insieme attraversarono il parcheggio. Quando entrarono nel bar – che portava il nome ben poco originale di Bent Creek Bar – il buio della notte fu rimpiazzato da una penombra pregna di fumo e umidità, che trovavi solo in locali e taverne di piccole città. Da un jukebox impolverato nell’angolo suonava una vecchia canzone di Travis Tritt. Mackenzie ed Ellington si sedettero al bancone ed entrambi ordinarono una birra. Poi, come ispirato da quel locale, Ellington iniziò subito a parlare di lavoro.

“Secondo me vale la pena controllare quelle stradine secondarie lungo la Route 14” disse.

“Sono d’accordo” rispose Mackenzie. “È strano che non fossero menzionate in nessuno dei documenti che la polizia aveva affisso alla lavagna.”

“Forse è perché conoscono la geografia del posto meglio di noi” suggerì Ellington. “Per quel che ne sappiamo, potrebbe trattarsi di stradine sterrate che non portano a niente. Perché non l’hai fatto presente alla conferenza?”

“Stavo per farlo” disse. “Ma avevano preparato tutto con tanto scrupolo... Non volevo pestare i piedi a nessuno. Tutta questa storia della polizia che si fa in quattro per noi è nuova per me. Glielo chiederò domani. Del resto, se fosse stata una cosa di importanza cruciale, avrebbero già provveduto a controllare, o almeno ce ne avrebbero parlato.”

Ellington annuì e buttò giù un sorso di birra. “Accidenti, quasi dimenticavo” disse. “Mi è dispiaciuto un casino quando ho saputo di Bryers. Ho lavorato con lui solo un paio di volte, mai gomito a gomito, ma sembrava un uomo davvero gentile. Ed era anche un ottimo agente, a quanto ho sentito.”

“Già, era straordinario” disse Mackenzie.

“Non so se ti può interessare” proseguì Ellington, “ma si erano scatenate un po’ di polemiche quando è stato deciso di metterlo in coppia con te. Vedi, Bryers era un agente molto richiesto. Uno dei migliori. Invece quando gliene abbiamo parlato, lui era completamente d’accordo. Io credo che nel profondo avesse sempre desiderato fare da mentore a qualcuno. E direi che gli sia andata bene, avendo avuto te come prima allieva.”

“Grazie” disse Mackenzie. “Anche se sento di non aver ancora dimostrato di essere all’altezza del compito.”

“Perché no?”

“Ecco... non lo so. Forse prima devo riuscire a chiudere un caso senza far incazzare McGrath.”

“Si comporta così solo perché si aspetta molto da te. Sei arrivata tra noi come un candelotto di dinamite con la miccia già accesa.”

“È per questo che mi ha messo in coppia con te per questo caso?”

“No, secondo me voleva solo sfruttare le conoscenze che ho all’ufficio di Omaha. E, detto tra noi, vuole che stavolta tu chiuda il caso come si deve. Vuole che batti un fuoricampo. Con me in squadra, non potrai fare l’eroina in solitario, stavolta.”

Avrebbe voluto controbattere l’ultima parte, ma sapeva che aveva ragione, così si limitò a sorseggiare la sua birra. Dal jukebox giungeva la voce di Bryan Adams e Mackenzie si ritrovò ad ordinare un’altra birra.

“Dimmi una cosa” disse Mackenzie. “Se non fossi in squadra con te, come affronteresti il caso? Cosa faresti?”

“Le stesse cose che hai fatto tu. Lavorare a stretto contatto con la polizia, cercando di farmi degli amici. Prendere appunti. Elaborare teorie.”

“E ne hai?” gli chiese.

“Le stesse che hai esposto prima, durante la conferenza. Secondo me siamo sulla pista giusta... dobbiamo pensare a questo tizio come a una specie di collezionista. Un tipo schivo e solitario. Sento di poter affermare con certezza che non rapisce le donne per ucciderle. Proprio come hai detto tu.”

“Quello che mi turba” disse Mackenzie “è pensare a tutti gli altri motivi che potrebbero spingerlo a rapire quelle donne.”

“Hai notato che lo sceriffo Bateman ha fatto restare quella donna poliziotto nella sala per tutto il tempo?” le chiese Ellington.

“Sì. Si chiama Roberts. Credo che l’abbia fatto per mantenere la conversazione incentrata sui fatti ed evitare che si cominciasse a fare congetture sui motivi per cui l’indiziato tiene prigioniere le donne. Parlare di stupro e abusi sessuali diventa più facile se non sono presenti donne.”

“E tu sei turbata da questo argomento?” le chiese Ellington.

“Un tempo sì. È triste, ma ormai mi sento quasi anestetizzata. Non mi turba più.” Non era vero al cento per cento, ma non voleva farlo sapere a Ellington. La verità era che spesso erano proprio cose come quelle che la spingevano a dare il meglio di sé.

“È uno schifo, non trovi?” fece Ellington. “Quando parte della tua umanità diventa insensibile a cose del genere.”

“Sì, proprio così” disse Mackenzie, poi si nascose dietro il boccale di birra per un momento, stupita che Ellington avesse fatto un’ammissione del genere. Certo, era solo un commento, ma dimostrava un certo grado di vulnerabilità da parte sua.

Mackenzie finì la birra e posò il bicchiere sul bancone. Quando il barista si avvicinò per riempirlo, lei gli fece cenno di no. “Basta così” disse. Quindi, voltandosi verso Ellington, disse: “Hai detto che offrivi tu, no?”

“Certo. Dammi un attimo e poi ti accompagno alla tua camera.”

La scossa di eccitazione che provò a quel commento fu imbarazzante. Per fermare i propri pensieri prima che si avventurassero su sentieri pericolosi, scosse la testa dicendo “Non è necessario. So badare a me stessa.”

“Lo so bene” ribatté Ellington, posando sul bancone il suo boccale vuoto. “Un’altra per me” ordinò al barista.

Uscendo dal locale, Mackenzie lo salutò con la mano. Mentre attraversava il parcheggio, una piccola parte di lei non poté fare a meno di domandarsi come sarebbe stato tornare al motel con Ellington al suo fianco, un’incognita che li attendeva una volta chiusa la porta e tirate le tende.



***

Quell’ondata di desiderio si affievolì in meno di venti minuti. Come al solito, Mackenzie ricorse al lavoro per distrarsi da certe tentazioni. Aprì il computer portatile e controllò subito la posta elettronica. Trovò molte email inviatele dalla polizia di Bent Creek – adesso la stavano davvero viziando.

Le avevano fornito cartine della zona, i verbali dei quattro casi di persone scomparse degli ultimi dieci anni, gli studi sul traffico condotti dallo Stato dell’Iowa nel 2012, e addirittura una lista di tutti gli arresti effettuati negli ultimi cinque anni che riguardavano persone con precedenti per aggressione. Mackenzie lesse tutto attentamente, dedicando un po’ più di tempo ai casi di scomparsa.

In due casi si riteneva che si trattasse di ragazzi scappati di casa e Mackenzie si trovò d’accordo, dopo aver letto i verbali. Erano entrambi classici esempi di adolescenti arrabbiati e stanchi della vita di paese, che se n’erano andati di casa prima che i genitori avessero gradito. Una era una ragazzina di quattordici anni, che aveva poi contattato la famiglia due anni fa per informarli di vivere piuttosto agiatamente a Los Angeles.

Gli altri due casi erano più difficili da capire, invece. Uno vedeva coinvolto un bambino di dieci anni che era stato rapito dal parco-giochi della chiesa. Soltanto tre ore dopo la sua scomparsa ci si mobilitò per cercarlo. Chiacchiere di paese ipotizzavano che fosse stata la nonna a portarlo via, a causa della situazione nella famiglia. I problemi di famiglia, più l’età del bambino e il fatto che fosse un maschio fecero dubitare a Mackenzie che esistesse un legame con le donne rapite.

Il quarto caso era più promettente, ma sembrava vago. Il primo segnale d’allarme era che si trattava di un incidente stradale. Nel 2009, Sam e Vicki McCauley erano usciti di strada durante una bufera di neve. Quando la polizia e l’ambulanza erano giunti sul luogo dell’incidente, Sam era in fin di vita e morì durante il tragitto in ospedale. Aveva implorato per sapere come stesse la moglie. Da quello che avevano potuto capire, Vicki McCauley era stata sbalzata fuori dal veicolo, ma il suo corpo non fu mai trovato.

Mackenzie rilesse il verbale due volte, senza trovare specificato cosa avesse causato la fuoriuscita del veicolo. Si ripeteva più volte che la strada era ghiacciata, e anche se era una spiegazione più che plausibile, Mackenzie pensò che sarebbe stato meglio approfondire la cosa. Dopo aver riletto un’ultima volta il racconto dell’incidente, passò al caso di Delores Manning. L’unico legame che pareva esserci tra i due casi era che entrambi avevano avuto problemi con la macchina.

Tentando un approccio diverso, cercò di trovare collegamenti fra le donne rapite e quei vecchi casi. Era quasi impossibile, però. Due casi erano stati archiviati come allontanamenti volontari da casa, e anche se in entrambi i casi si trattava di ragazze, c’erano troppe questioni in sospeso. Oltretutto, le donne appena scomparse erano state prelevate dalle loro auto. Forse perché rimanere bloccati per strada era qualcosa che accadeva piuttosto spesso. Era ben diverso da un’adolescente che scappava di casa. Le cose non combaciavano per niente.

Questo tizio non vuole adolescenti scappati di casa per ottenere più attenzioni dai genitori. A lui interessano delle donne che, chi per un motivo chi per un altro, sono in macchina di notte. Forse si rende conto della fiducia che un estraneo all’apparenza gentile instilla nelle persone, soprattutto nelle donne.

D’altra parte, però, era anche vero che in genere le donne sono più diffidenti nei confronti di un uomo che le avvicina per strada. Soprattutto se la macchina è in panne ed è notte.

Allora forse lo conoscono...

Ma anche quell’ipotesi sembrava strampalata. Da quello che avevano sentito da Tammy e Rita Manning, era alquanto improbabile che Delores conoscesse qualcuno a Bent Creek.

Tornò sul caso dei McCauley, principalmente perché era l’unico con la minima somiglianza. Aprì l’ultima email che aveva ricevuto dalla polizia di Bent Creek e rispose:

Vi ringrazio molto per la collaborazione. Mi domandavo se poteste mandarmi qualche altra informazione il prima possibile. Mi servirebbe una lista dei parenti dei McCauley che vivono nel raggio di ottanta chilometri, e un recapito telefonico. Se possibile, vorrei anche il numero dell’agente di Delores Manning.

Si sentiva quasi pigra a chiedere le informazioni a quel modo. Ma se la polizia di Bent Creek si offriva di aiutarli così facilmente, voleva sfruttare quell’opportunità al massimo.

Quando ebbe inviato l’e-mail, Mackenzie aprì un altro dossier... un dossier da cui era riuscita a distaccarsi per quasi tre settimane. Lo aprì e recuperò una fotografia in particolare.

Era un biglietto da visita con il nome di suo padre scritto a mano sul retro. L’altra metà della foto mostrava il nome di un negozio: Antiquariato Barker: Articoli da Collezione Rari Nuovi o Vecchi.

Non diceva altro. Sapeva già che quel negozio non esisteva – o quantomeno, né lei né l’FBI erano riusciti a scovarlo – il che rendeva tutto più frustrante. Guardando il biglietto, avvertì una stretta al cuore. In quel momento era a due ore e mezza di distanza da dove era morto suo padre e al massimo a tre ore di distanza da dove era stato trovato il biglietto da visita nella fotografia, quasi vent’anni dopo la morte di suo padre.





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Da Blake Pierce, autore di successo del libro IL KILLER DELLA ROSA (un best-seller con più di 800 recensioni da cinque stelle), è in arrivo il volume #4 della serie di gialli mozzafiato di Mackenzie White. In PRIMA CHE PRENDA (Un Mistero di Mackenzie White – Libro 4), un nuovo, inquietante caso viene affidato a Mackenzie White, agente dell’FBI fresca di accademia. Delle donne stanno scomparendo dalle campagne dell’Iowa, ad un ritmo sempre più preoccupante. Dietro le sparizioni sembra esserci uno schema, facendo pensare che si tratti dell’opera di un serial killer. Date le sue origini, Mackenzie è la scelta perfetta per il caso. Mackenzie però è restia a tornare nel Midwest. Quelle campagne le ricordano troppo la sua infanzia, i fantasmi del suo passato. Nel frattempo, sta anche dando la caccia all’assassino del padre e l’oscurità è in agguato dietro ogni angolo nella sua ricerca. Immersa in un mondo fatto di fattorie, silos, mattatoi e lunghi tratti di strade deserte, Mackenzie sente di stare sprofondando sempre di più nella propria psiche e negli incubi che ha sempre avuto il terrore di affrontare. In un mortale gioco di gatto col topo, riesce finalmente a capire la mente malata del killer, scoprendo che il luogo della propria infanzia ha in serbo atrocità ben più oscure e perverse di quello che immaginava. Thriller-noir psicologico dalla suspense mozzafiato, PRIMA CHE PRENDA è il libro #4 in una nuova, avvincente serie – con un nuovo, irresistibile personaggio – che vi terrà incollati alle pagine fino a tarda notte. Il libro#5 della serie I Misteri di Mackenzie White sarà presto disponibile. Di Blake Pierce è anche disponibile il best-seller IL KILLER DELLA ROSA (Un Mistero di Riley Paige – Libro #1), con più di 800 recensioni da cinque stelle, da scaricare gratuitamente!

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