Книга - Posseduta Dagli Alfa

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Posseduta Dagli Alfa
Jayce Carter


Ci vuole più di un alfa per mettere in ginocchio un’omega. Claire ha giurato di rinunciare a tutti gli alfa, ma quando le indagini sull’omicidio della sua amica la pongono nel mirino di non uno ma tre di loro, la sua determinazione è messa alla prova. Pur desiderando il loro tocco, si rifiuta di innamorarsi. Possono avere il suo corpo, ma proteggerà il suo cuore a ogni costo. Bryce, Joshua e Kaidan non desiderano un’omega tutta per loro, ma non possono resistere alla misteriosa donna che si è introdotta nel loro ufficio. Sono attratti dal suo profumo, le sue curve e il suo sapore, ma bramano più del suo corpo. Saranno necessari gli sforzi di tutti e tre per batterla al suo stesso gioco e convincerla a dare loro una possibilità. Mentre esplorano la loro complicata relazione, la ricerca di Claire dell’alfa assassino li mette tutti in pericolo. Riusciranno a collaborare per affrontare insieme la minaccia o i loro segreti e le loro paure distruggeranno tutto ciò che hanno trovato?

Ci vuole più di un alfa per mettere in ginocchio un’omega.



Claire ha giurato di rinunciare a tutti gli alfa, ma quando le indagini sull’omicidio della sua amica la pongono nel mirino di non uno ma tre di loro, la sua determinazione è messa alla prova. Pur desiderando il loro tocco, si rifiuta di innamorarsi. Possono avere il suo corpo, ma proteggerà il suo cuore a ogni costo.



Bryce, Joshua e Kaidan non desiderano un’omega tutta per loro, ma non possono resistere alla misteriosa donna che si è introdotta nel loro ufficio. Sono attratti dal suo profumo, le sue curve e il suo sapore, ma bramano più del suo corpo. Saranno necessari gli sforzi di tutti e tre per batterla al suo stesso gioco e convincerla a dare loro una possibilità.



Mentre esplorano la loro complicata relazione, la ricerca di Claire dell’alfa assassino li mette tutti in pericolo. Riusciranno a collaborare per affrontare insieme la minaccia o i loro segreti e le loro paure distruggeranno tutto ciò che hanno costruito?









Table of Contents


Books by Jayce Carter (#u757a8e06-9f02-584b-9200-2bd96eb9b390)

Title Page (#u30ec9001-fa68-51ad-af17-f22f3a2c2b45)

Legal Page (#u0a539e36-9298-5bf2-a235-6883113644f6)

Book Description (#ua871682e-9fd1-5995-bb70-032dfecaaebb)

Dedica (#u686ea3af-82a1-51ec-9a6c-f633ba02867a)

Capitolo uno (#uce206a7a-76fa-55a2-ae74-f3405f1d4579)

Capitolo due (#uafbb2b54-cff0-5d6d-b2d2-2ae718a04467)

Capitolo tre (#ub59dd55a-bfd2-578f-ab26-d450b571fb6c)

Capitolo quattro (#uea88198a-24b7-500f-9ff9-fc8395dd3e53)

Capitolo cinque (#u2c0adc06-5f50-5729-aa3b-b73a6e8122c2)

Capitolo sei (#u0e48966a-d657-56d6-94ae-9620bb249de9)

Capitolo sette (#u8f8f69eb-acd7-5f42-8f02-38921c358b57)

Capitolo otto (#u5092bbab-3d23-5c68-a13c-87eae931f227)

Capitolo nove (#ubdecc419-4a23-5217-9108-45401e38a41c)

Capitolo dieci (#u8972a23f-9d19-5ad8-802c-5c52310ab6ea)

Capitolo undici (#u29586252-42ae-59a0-a1ae-8a88b59a2b3a)

Capitolo dodici (#ua35b854f-0809-579a-8a27-156b49cd46f1)

Capitolo tredici (#u26b4a40d-8437-5c27-ac98-84486ffc7ab3)

Capitolo quattordici (#uffbcbd4a-a000-57bb-aebb-482dfbe8c2ce)

Capitolo quindici (#uc799e837-1db4-5e94-8b6b-c09a5cd68389)

Capitolo sedici (#u5616e21f-ee62-54ec-9025-61d1cfb1e611)

Capitolo diciassette (#u82e4b012-f323-5d7b-8da6-96611dc8d117)

Capitolo diciotto (#u00c1a05a-9a86-511a-aec0-22f9994de6c2)

Capitolo diciannove (#uc75d7665-3691-5b27-b395-0958f0ccebab)

Capitolo venti (#ue1821888-f95e-5de6-b126-0250886d82eb)

Capitolo ventuno (#ub67dcd89-8f83-5b2f-9a25-7bd3193263f8)

Capitolo ventidue (#u64f2b2c8-9c96-5e85-9f69-11ebf224a88e)

Capitolo ventitré (#u9b34dd38-0201-55de-bb11-dba13fad4565)

More exciting books! (#u69d8f191-c1fb-5ece-85ca-b57df930f6af)

L’autrice (#u14b3a748-8b70-5475-ba1b-452bafcfade1)


Totally Bound Publishing books by Jayce Carter



The Omega’s Alphas

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Caught by Her Alphas (http://www.totallybound.com/caught-by-her-alphas)

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Ready or Not

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Sun, Sea and Sinful Delights (http://www.totallybound.com/sun-sea-and-sinful-delights)


Gli Alfa dell’Omega

POSSEDUTA DAGLI ALFA

JAYCE CARTER


Posseduta dagli Alfa

ISBN # 978-1-80250-038-7

©Copyright Jayce Carter 2019

Titolo originale: Owned by the Alphas

Cover Art di Erin Dameron-Hill ©Copyright Agosto 2019

Interior text design di Claire Siemaszkiewicz

Traduzione di Rebecca Adami 2021

Totally Bound Publishing



Questa è un’opera di finzione. Tutti i personaggi, i luoghi e gli eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non devono essere confusi con fatti. Ogni riferimento a persone, vive o morte, eventi o luoghi è puramente casuale.



Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcuna forma materiale, né stampando, né fotocopiando, né scannerizzando, né in altro modo, senza il permesso scritto dell’editore.



Pubblicato per la prima volta nel 2021 da Totally Bound Publishing, Regno Unito.



Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, scannerizzata o distribuita in alcuna forma, a stampa o elettronica, senza permesso. Si prega di non prendere parte e non incoraggiare la pirateria di materiale protetto da copyright in violazione dei diritti degli autori. Acquista solo copie autorizzate.


Libro uno della

serie Gli Alfa dell’Omega

Ci vuole più di un alfa per mettere in ginocchio un’omega.



Claire ha giurato di rinunciare a tutti gli alfa, ma quando le indagini sull’omicidio della sua amica la pongono nel mirino di non uno ma tre di loro, la sua determinazione è messa alla prova. Pur desiderando il loro tocco, si rifiuta di innamorarsi. Possono avere il suo corpo, ma proteggerà il suo cuore a ogni costo.



Bryce, Joshua e Kaidan non desiderano un’omega tutta per loro, ma non possono resistere alla misteriosa donna che si è introdotta nel loro ufficio. Sono attratti dal suo profumo, le sue curve e il suo sapore, ma bramano più del suo corpo. Saranno necessari gli sforzi di tutti e tre per batterla al suo stesso gioco e convincerla a dare loro una possibilità.



Mentre esplorano la loro complicata relazione, la ricerca di Claire dell’alfa assassino li mette tutti in pericolo. Riusciranno a collaborare per affrontare insieme la minaccia o i loro segreti e le loro paure distruggeranno tutto ciò che hanno trovato?


Dedica

A mio marito, che sceglie di credere che le cose strane nella mia cronologia siano “ricerche”.


Capitolo uno

Claire non si era mai introdotta di nascosto da nessuna parte e iniziare con l’ufficio di tre alfa doveva essere una delle sue idee peggiori.

Aveva fiutato parecchi alfa nel corso degli anni e ciò aveva sempre risvegliato in lei impulsi contrastanti di eccitazione e paura. Tuttavia, tale era il destino degli omega. Bramare ciò che li avrebbe distrutti, desiderare la loro più grande minaccia. Ogni alfa che aveva incontrato le aveva fatto venire voglia di cadere in ginocchio e, allo stesso tempo, di fuggire. Manteneva le distanze, usava oli di lavanda per smorzare il loro profumo – qualsiasi cosa pur di attenuare la propria reazione – ma esso penetrava comunque dentro di lei.

Se si fosse trovata in qualsiasi altro luogo, a fare qualsiasi altra cosa, sarebbe fuggita il più velocemente possibile. Anche un solo alfa avrebbe potuto rovinare tutto e l’odore di un paio le offuscava la mente.

Tuttavia, non aveva scelta. Non poteva fuggire.

Ciò di cui aveva bisogno doveva essere sottochiave da qualche parte in quell’ufficio, non c’era altra scelta. Nonostante ci avesse ragionato su centinaia di volte, era giunta sempre alla stessa conclusione – l’informazione doveva essere lì.

Claire aprì un altro cassetto della scrivania, scavando tra i documenti in cerca di annotazioni, un calendario, qualsiasi cosa. I file sul computer avrebbero potuto dirle ciò di cui aveva bisogno, ma sarebbero stati protetti da una password. Non poteva accedervi, visto che certi giorni persino accendere un computer si rivelava una sfida per lei.

Non aveva bisogno di molto, solo di un nome – un indizio su chi stesse cercando.

Un altro cassetto controllato e ancora niente.

Il dolore assillante allo stomaco la costrinse a chiudere gli occhi e forzare il respiro fra i denti serrati. La sua pelle si riscaldò e il sudore tra le scapole le fece appiccicare la maglietta alla schiena.

Che cosa le stava succedendo? Le ricordava l’inizio del calore, ma ne avrebbe riconosciuto i segnali molto tempo prima. Non andava semplicemente in calore da un momento all’altro. Si sarebbe sentita inquieta, non affamata, avrebbe sentito il bisogno di crearsi un nido. Con settimane di anticipo, avrebbe avuto dei sintomi a dirle che si stava avvicinando, dandole il tempo di incrementare i farmaci ed evitarlo. Non aveva raggiunto i trent’anni come omega senza riconoscere i segnali di un calore imminente.

La sensazione era iniziata dopo che aveva annusato uno straccio mentre perquisiva la casa di Jackie, sentendovi sopra l’odore di qualcosa che non riusciva a identificare. Feromoni potenti, ma non alfa, non esattamente. Il suo cervello era riuscito a dirle solo che c’era qualcosa di sbagliato.

Non che importasse in quel momento. Qualsiasi cosa le stesse causando il dolore allo stomaco, qualsiasi cosa le stesse facendo sudare la fronte, doveva ignorarla. Doveva concentrarsi, finire la sua ricerca e andarsene.

L’intera stanza puzzava di alfa. Tre di loro passavano del tempo in quello spazio e Claire poteva identificare l’odore di ognuno. Voleva chiudere gli occhi, inspirare profondamente, far entrare il profumo nei polmoni e lasciare che si diffondesse in lei. Dannazione, voleva buttarsi sul divano e immergere il naso nei cuscini. Nel momento in cui l’idea le saltò alla mente, si rimproverò. Se fossero tornati e avessero trovato qualcuno nel loro spazio, qualcuno che rovistava fra le loro cose – beh, Claire non aveva alcun desiderio di vedere che cosa avrebbero fatto.

Gli alfa non erano noti per il loro fantastico temperamento o la loro inclinazione al perdono. Tendevano a essere territoriali, irascibili e possessivi. L’ultima cosa di cui Claire aveva bisogno era essere catturata, rischiando dei test che avrebbero potuto rivelare cosa fosse.

La vita come omega non era mai facile, ma essere etichettata? Dover fuggire di nuovo? Cercare di farsi una nuova vita, una nuova identità, sempre che nessuno l’avesse venduta prima? No, non avrebbe rischiato di perdere tutto quello che aveva costruito.

Tirò fuori i suoi attrezzi dalla tasca dei pantaloni cargo, afferrando il grimaldello con cui si era allenata per mesi. Si era data a quell’hobby per tenere le mani occupate quando veniva assalita dall’ansia, ma sembrava che avrebbe dovuto mettere in pratica le proprie abilità. Armeggiò con gli attrezzi finché l’armadietto si aprì.

Claire sfogliò i documenti in cerca della data di cui aveva bisogno, ma nulla era organizzato per data, solo per nome. In ogni caso, le scartoffie contenevano il libro paga dei receptionist e le ricevute di spese aziendali, ma niente sui clienti.

Claire chiuse l’armadietto con uno spintone, facendo stridere il metallo, e sbuffò. Dove diavolo poteva cercare ancora? Dove altro avrebbe potuto trovare qualcosa sui clienti e gli orari di installazione?

Lo schiarimento di una gola alle sue spalle la fece sobbalzare. L’avevano beccata? Poteva trarsi d’impaccio? Quando si voltò, si ritrovò faccia a faccia con il suo peggior incubo. Tre uomini enormi stavano in piedi fra lei e l’unica uscita.

No, non semplici uomini. Non appena gli odori la colpirono, il suo stomaco si contrasse e la sua testa prese a girare, si rese conto di tre cose.

Uno, i tre uomini erano alfa.

Due, erano gli alfa che passavano sempre il tempo in quella stanza.

E tre – la parte peggiore – Claire era certamente in calore.

Si piegò in due, i crampi allo stomaco. Afferrò il lato della scrivania per restare in piedi, il respiro le entrava e usciva a fatica dal petto, mentre il suo corpo impazziva.

Era in calore. Il suo corpo si stava ribellando contro gli anni di inibitori, usati per mantenere i suoi cicli naturali sottochiave, il dolore tanto forte da metterla quasi in ginocchio. Gli importava solo degli alfa nella stanza, gli alfa che avrebbero potuto saziare il bisogno che le strisciava dentro.

«Chi sei tu?» La domanda proveniva da uno degli uomini, ma era tanto lontana. O almeno, così le parve, come se avesse parlato attraverso l’acqua a chilometri di distanza.

Quando una mano si posò sul suo braccio, Claire si rese conto che doveva aver parlato da più vicino.

Non riusciva a ricordare nessuna delle scuse che si era inventata. Tutto al di là del bisogno graffiante dentro di lei svanì, finché non poté far altro che voltarsi e premere la faccia contro il collo caldo di uno degli alfa, per riempirsi i polmoni del suo profumo.

«Cazzo. È in calore.»

Delle mani le afferrarono le braccia, allontanandola dal tepore e dal profumo. Lottò, un ringhio sulle labbra, finché non si rese conto che anche i due che l’avevano spostata erano alfa. Ognuno di loro avrebbe potuto soddisfarla, avrebbe potuto scacciar via il dolore che si era diffuso in tutto il suo corpo, che le aveva contagiato la mente, riducendola a puro istinto.

L’alfa contro cui aveva premuto il proprio corpo le afferrò le guance, costringendola a guardarlo negli occhi. Poi, emise un forte ringhio che attirò la sua attenzione, sorpresa da una punta di paura ed eccitazione. «Hai delle medicine per fermare tutto questo?»

Claire scosse la testa. Come la maggior parte delle omega, aveva lasciato le medicine a casa, dove non gliele avrebbero potute trovare addosso. Non aveva mai pensato di poter essere colta dal calore fuori casa. Prendeva le pillole per tempo, senza errori, senza mai dimenticare una dose. Il prezzo per la dimenticanza era troppo alto.

Perché sta accadendo?

L’alfa strinse le labbra e la sua mano si fermò sul basso ventre di Claire. Quel semplice tocco le fece contrarre la fica intorno al nulla e sollevare i fianchi.

Un ringhio simile provenne dagli altri uomini, interrotto altrettanto velocemente.

L’alfa si voltò per parlare con uno degli altri due, ma le parole non interessavano a Claire. Non avevano importanza.

«È troppo tardi.»

«Non puoi semplicemente usare il nodo con un’omega che fa irruzione qui.»

«Che altro dovremmo fare? Questo tipo di reazione? Il modo in cui odora di lavanda? Lo sta rimandando da troppo tempo.»

«Potremmo chiamare la polizia. Hanno degli alfa nello staff per occuparsi di queste cose.»

«Così noi non sapremo mai perché si trova qui e lei finirà nel sistema? Andiamo, Bryce, sai cosa succede a quelle omega.»

Stavano discutendo, ma l’alfa di fronte a lei le consentì di strisciare il naso contro la sua gola, di annegare nel suo profumo, quindi Claire smise di lottare. Il suo odore, la stretta delle mani dell’altro e la mano sul suo basso ventre erano sufficienti per il momento.

Troppo presto, l’alfa si allontanò per guardarla negli occhi. «Cosa vuoi, omega? Posso chiamare la polizia e con loro ci sarà un alfa che ti potrà aiutare.»

Polizia. Arrestata. Registrata. Quelle parole penetrarono nel suo stordimento e le fecero scuotere la testa. Non poteva permettere che accadesse, non poteva lasciarglielo fare.

«Piano, omega» disse l’alfa alla sua sinistra, facendo delle leggere fusa dopo le sue parole.

In qualsiasi altro momento, Claire sarebbe stata pronta a ringhiare all’idea di un alfa che la calmava con le sue fusa, ma in quell’istante, la aiutò. Alleviò la paura e la tensione.

L’alfa che aveva di fronte scambiò uno sguardo con gli altri due, prima di annuire. «Okay. Non chiameremo, non ancora, ma la situazione resta la stessa. Sei in calore e, a giudicare dalle tue reazioni, lo stai rimandando da tempo. Noi possiamo aiutarti, omega.»

Noi?

Claire non aveva mai voluto neanche un singolo alfa, figurarsi tre. Se l’era cavata per un decennio senza il tocco di uno di loro, senza cedere a quella parte di lei che odiava. Come avrebbe potuto gettare tutto al vento? Come avrebbe potuto arrendersi a quello che aveva lottato tanto duramente per rifuggire?

«Che cosa vuoi?» sbottò l’uomo davanti a lei.

Claire trasalì e quello alla sua destra rispose aspramente: «Non sai proprio come rivolgerti alle donne, eh? Guarda, tesoro, proverai dolore, potrebbe anche essere pericoloso. Hai atteso troppo a lungo. Non sarà divertente, non senza un po’ d’aiuto.» La sua voce suonò dolce, affascinante.

Un’altra ondata la scosse con violenza e un esile gemito lasciò la sua gola.

L’ultimo uomo parlò, quello silenzioso che aveva fatto le fusa per lei. Fece scorrere un dito lungo il suo mento, un tocco leggero verso il quale Claire si inclinò. «Non ti faremo del male. Sarai al sicuro, te lo prometto.»

Claire fece un passo indietro, scuotendo la testa per schiarirsi le idee e gli uomini la lasciarono andare. Si ritrovò così di fronte a tutti e tre, ognuno più grande, più forte e più potente di lei.

Che cosa voleva?

Si inumidì le labbra con la lingua prima di annuire. «Voglio voi.»

La schiena di Claire colpì il muro, così velocemente da farla sussultare. L’uomo che aveva parlato per primo la coprì con il proprio corpo, prendendosi il suo primo bacio.

Le mani forti dell’alfa le scivolarono addosso, le prime carezze rapide, come se stesse memorizzando la sua forma. Con uno strattone le sfilò la maglietta dai jeans. Claire si lasciò sfuggire un grido quando sentì il calore della pelle dell’uomo contro la propria, ma lui inghiottì il suono.

L’alfa interruppe il bacio per strapparle via la maglietta, approfittando della pausa per parlare. «Il mio nome è Bryce. Dillo.»

Claire si rifiutò. Non voleva nessun legame fra di loro, non voleva dargli niente di più di ciò che la biologia esigeva da lei.

Il ringhio che seguì il suo rifiuto incrementò la sua eccitazione, il suono a malapena trattenuto e primitivo. «No? Dimmi il tuo nome, allora.»

Di nuovo, non lo avrebbe fatto. Il suo nome apparteneva solo a lei. Non lo doveva a nessun alfa. Non era il nome che aveva ringhiato prima, quando non aveva avuto voce in Capitolo, quando aveva accettato docilmente il suo posto. No, Claire era il nome che si era creata, la vita che aveva costruito per sé, e apparteneva solo a lei.

L’uomo le sbottonò i jeans con un rapido movimento e le abbassò la cerniera, prima di spingere la mano all’interno. Fece scivolare le dita contro la sua figa fradicia e gemette, scaldandole l’orecchio con il suo respiro.

Tirò fuori la mano e le fece scivolare i jeans e la biancheria intima sui fianchi. Usò il piede per farli cadere a terra, ma Claire, con le scarpe ancora addosso, non riuscì a liberare i piedi.

Un borbottio, poi un altro paio di mani si occupò delle scarpe. «Sei sempre stato impaziente», disse quello affascinante.

Bryce ruotò la testa per ringhiare contro l’uomo che lo stava aiutando a svestirla. «Sta’ zitto, Joshua.»

Una volta che i pantaloni e le scarpe furono spariti, Bryce la fece voltare e la spinse contro il muro. La vernice levigata le rinfrescò la guancia, dandole sollievo dal fuoco che le bruciava la pelle.

Bryce le afferrò la base del collo con una mano, mentre con l’altra le allontanava i fianchi dal muro. Le separò i piedi con un calcio, aprendole le gambe, e premette la punta arrotondata del suo uccello contro la sua figa.

Prima di entrare dentro di lei, si fermò, sporgendosi in avanti per graffiarle il lobo dell’orecchio con i denti. «Il mio nome. Dillo.»

Claire scosse la testa, azione che la portò a premere ancora di più la guancia contro il muro.

Il ringhio dell’alfa risuonò grave, minaccioso, e non fece che accrescere il bisogno dell’omega. «Sei fortunata che non riesco a resistere al tuo odore. Altrimenti? Mi farei supplicare prima di concederti alcunché.» Le morse la spalla e i suoi fianchi si mossero in avanti fino a riempirla.

Claire emise un gemito come non ne sentiva da tempo. Lungo, protratto e disperato. Le sue mani, premute contro il muro, si contrassero, mentre il cazzo dell’alfa la dilatava.

Il suo uccello la riempiva, obbligando il suo corpo ad aprirsi, ad arrendersi a lui. Ogni grosso centimetro che le spingeva dentro le provocava un altro fremito, mentre accarezzava parti di lei rimaste inviolate per anni. L’uomo stava risvegliando in lei qualcosa che credeva morto da tempo, una brama e un desiderio così potenti da spaventarla. Non si fermò, né rallentò la sua avanzata, e il corpo di Claire accolse avidamente tutto ciò che aveva da offrire.

Era passato un decennio dall’ultima volta che aveva fatto sesso, un decennio da quando si era concessa tutto questo. I ricordi della sua ultima volta l’avrebbero sopraffatta se non fosse stato per il calore, che le lasciava solo l’istinto e il bisogno, senza spazio per il passato.

Se Bryce non le avesse dato ciò di cui aveva bisogno, si sarebbe messa a graffiare il muro con le unghie e a esigerlo.

Ma l’alfa glielo stava dando. Le spinte dei fianchi di Bryce, il modo in cui il suo corpo si arrendeva a quello di lui, le fecero inarcare la schiena. L’uomo continuò a morderla finché il suo corpo non fu premuto saldamente contro quello di lei, finché non le ebbe infilato dentro ogni grosso centimetro, intrappolandola tra sé e il muro, entrambi inamovibili.

A quel punto, le liberò la spalla, poi fece correre il naso lungo la sua gola, fin dietro l’orecchio. Il petto dell’alfa non lasciava nemmeno un centimetro di spazio fra loro, mentre inspirava e si lasciava sfuggire un gemito inebriante. Non le diede il tempo di adattarsi. La mano che non la stava intrappolando contro il muro si spostò sul suo fianco e l’uomo iniziò a imporle un ritmo violento.

Il suo cazzo stuzzicava le pareti vaginali di Claire, strisciando contro ogni punto sensibile dentro di lei, ma le sue spinte potenti non facevano nulla per il suo clitoride. I suoi capezzoli si indurirono contro il reggiseno, l’unico indumento che aveva ancora indosso, ma non era sufficiente. Claire mosse la mano verso il basso, pronta a infilarla fra le cosce per accarezzarsi il clitoride e raggiungere l’orgasmo.

Bryce, tuttavia, gliela afferrò e la immobilizzò contro il muro. «Verrai solo intorno al mio nodo.» Il suo ordine stridente raggiunse una parte profonda dentro di lei.

In qualsiasi altro momento, quella dominanza l’avrebbe terrorizzata. Andava al di là del suo essere un alfa, era qualcosa di più profondo. I suoi ordini le bruciavano la pelle e avanzavano lentamente dentro il suo corpo, fino a farle desiderare tutto ciò che lui desiderava.

Al pensiero del suo nodo, di come si sarebbe sentita di lì a poco, Claire premette più duramente contro di lui. Voleva di più, voleva tutto. Desiderava sentire come il suo cazzo si sarebbe gonfiato alla base, bloccandoli insieme e allargandola in un modo che nessun giocattolo sarebbe stato in grado di replicare.

Il calore sarebbe durato ore e, con gli altri due alfa nelle vicinanze, non ci sarebbe stata alcuna mancanza di appagamento per lei. Si sarebbe preoccupata dei rischi in seguito.

Premette le mani contro il muro e spinse verso di lui, accogliendolo più in profondità.

L’alfa spostò la mano dal suo collo ai suoi capelli, afferrandoli con forza. La strattonò verso di sé per rubarle un tiepido bacio mentre la scopava. La forza del suo corpo in bella mostra mentre la dominava.

Un ringhio più forte, più possessivo gli attraversò le labbra, inghiottito da Claire, prima che la base della sua lunghezza si gonfiasse dentro di lei. La nuova pressione la costrinse a gridare. Il nodo, grande quasi quanto un pugno, sfregava contro nervi nascosti dentro di lei che non potevano essere soddisfatti in altro modo. Invece di allontanarsi, l’uomo strusciò contro di lei, mentre il suo nodo cresceva e si allargava, costringendo il corpo di Claire a adattarsi alla nuova larghezza. Finalmente, il nodo si agganciò dietro il suo osso iliaco e la sensazione di essere intrappolata, il bisogno istintivo che solo il nodo riusciva a soddisfare, le fece gettare indietro la testa. Fu attraversata da una scossa di puro piacere, che le rubò ogni pensiero dalla mente e il respiro dai polmoni mentre veniva.

Non aveva alcuna possibilità di combatterlo e, dannazione, non voleva farlo. La biologia era una troia e l’aveva spinta oltre il limite. La sua figa si contrasse, pulsando intorno a lui, spremendo il suo nodo. Il cazzo dell’alfa ebbe uno sussulto, il suo bacino strusciò contro di lei, dato che non poteva ritrarsi o muoversi, a parte piccoli spostamenti.

L’alfa venne, riempiendola con ciò di cui aveva così disperatamente bisogno. Il suo sperma, come un unguento, alleviò il dolore nel corpo di Claire, la tensione. Come un segnale alla natura che aveva ceduto, che si era arresa, non solo a lui, ma al suo stesso violento istinto. Non che sarebbe durato, non dopo che il calore fosse finito.

Con ogni spruzzo di sperma che si faceva strada a forza nella sua figa, la voglia di combattere di Claire si attenuava. L’alfa la prese fra le braccia, stringendola a sé, sostenendo il suo peso. «Brava omega», sussurrò, e cazzo se l’elogio non la colpì dritta nel suo centro, facendola serrare nuovamente intorno a lui.


Capitolo due

Bryce arretrò, bloccato dentro di lei, prima di collassare sul divano. Ogni strattone del suo solido nodo contro il corpo affaticato dell’omega la faceva piagnucolare sommessamente, mentre la sensazione di essere in trappola si insinuava dentro di lei.

Almeno, così fu, finché un altro paio di mani forti le accarezzarono i fianchi, per poi scivolare sulla sua schiena per slacciarle il reggiseno. Degli occhi verdi e un sorriso fin troppo affascinante apparvero davanti a lei, mentre l’altro alfa le toglieva il reggiseno. «Ehilà, bellezza.»

Claire si accigliò, ma non disse niente. L’uomo si sporse verso di lei e catturò le sue labbra in un bacio.

Non la baciò allo stesso modo di Bryce, come per esercitare il proprio possesso. No, la sedusse, la stuzzicò e giocherellò con il suo labbro inferiore, finché non socchiuse le labbra e lo fece entrare. Prese i suoi seni nei palmi delle mani e strofinò i pollici sui suoi capezzoli. Il tocco scatenò un’altra scossa, facendola contrarre nuovamente intorno al nodo di Bryce.

Bryce gemette, le mani sui fianchi di Claire. «Maledizione, Joshua, aspetta il tuo turno.»

«Non sono mai stato bravo ad aspettare.» L’alfa, Joshua, a quanto pareva, fece praticamente le fusa, interrompendo il bacio. Si chinò e catturò un suo capezzolo tra le labbra, facendovi girare attorno la sua lingua calda.

I fianchi di Claire presero a dimenarsi, il bisogno che si era appena attenuato crebbe di nuovo. Com’era possibile che provasse di nuovo quel bisogno? Come faceva l’alfa a far sì che lo desiderasse così velocemente?

L’altra mano dell’uomo proseguì con il suo capezzolo, prima strofinandolo con il pollice, poi chiudendo le dita intorno alla punta eretta con una presa decisa.

Claire si inarcò verso il suo tocco, contro il suo palmo calloso e le sue labbra piene.

Il contatto delle dita dell’alfa contro il suo clitoride rigonfio la fece sussultare, nonostante il cazzo rigido di Bryce ancora dentro di lei. Le sembrava sbagliato che un alfa la toccasse mentre era ancora annodata a un altro e una parte di lei si aspettava una lite.

Invece, quando pulsò intorno a lui, Bryce gemette, mentre Joshua si fece indietro, un ampio sorriso sulle labbra.

«Oh, piccola omega, come ci divertiremo.» Le parole, per quanto dolci, le provocarono un brivido.

Sarebbe stato più difficile per lei controllarsi intorno a Joshua che intorno a Bryce.

I successivi dieci minuti trascorsero in un turbine, mentre Joshua tormentava il suo corpo bisognoso di attenzioni. Sfiorava la sua figa, spalancata e intrappolata sul grosso nodo di Bryce, e ogni volta che Claire iniziava a riprendersi dal piacere, sfregava di nuovo il pollice contro il suo clitoride indurito. Non importava quanto si dimenasse, quanto piagnucolasse per le sensazioni che le erano imposte, non poteva fare altro che sentire. Come il nodo di Bryce si rimpicciolì, la deliziosa tensione dentro di lei si attenuò. Joshua sfregò con forza il pollice contro il suo clitoride e la sua figa si serrò abbastanza da espellere con la forza il nodo.

Claire reagì alla perdita con un gemito di insoddisfazione, avendo le dita agili di Joshua e le sue labbra attente attizzato di nuovo il fuoco del suo desiderio.

L’alfa ridacchiò, sollevandola e ponendosela in grembo sullo stesso divano. Solo allora Claire si rese conto che si era spogliato. Alla vista del suo cazzo, già duro e impaziente, si allungò verso di lui. Voleva premere il naso contro il suo inguine e annegare nel suo profumo.

L’alfa le avvolse i polsi con le mani per impedirle di raggiungere il suo obiettivo. L’aveva fatta sedere sulle sue cosce, quindi la sua erezione riposava fra di loro, così vicina che quando Claire muoveva il bacino, la sua figa fradicia le strisciava contro. La stuzzicava, giocava con lei, le faceva venire voglia di ringhiare delle pretese.

L’uomo le immobilizzò i polsi dietro la schiena con una sola mano e infilò l’altra tra le sue cosce aperte per massaggiare il suo clitoride inturgidito.

La mente di Claire si svuotò. Il tocco delle dita dell’alfa, un tocco che indicava un’evidente esperienza, non fece che accrescere il suo desiderio. Lo voleva. Bryce aveva preso, preteso, e Claire aveva potuto fingere che non fosse una sua scelta. Lo aveva reso facile, ma Joshua non sembrava tipo da concederle altrettanto.

Anzi, la inchiodò con quei suoi occhi verdi, forti ed eccitati. «Hai bisogno di me, omega?»

Claire chiuse gli occhi per sfuggire al suo sguardo, alle sue domande, alla risposta che entrambi conoscevano.

L’alfa chiuse le dita intorno al suo clitoride in un pizzicotto deciso. «Non nasconderti, tesoro. Ciò di cui hai bisogno è proprio qui, ma non ti costringerò. Dovrai sollevarti e far scivolare il mio cazzo nella tua figa bagnata.»

Non lo avrebbe fatto. Dannazione, non lo avrebbe fatto. Non lo avrebbe—

«Non credi che lo farai?» Parlò come se le avesse estratto le parole dalla mente o, maledizione, forse lo aveva detto ad alta voce. Il sorrisetto di Joshua mostrava che cosa ne pensasse della sua determinazione. «Lo farai. Vedi, non mi importa se vieni. Ti farò venire ancora e ancora, ma sappiamo entrambi che non sarà abbastanza. No, non per un’omega. Ciò di cui hai bisogno è il mio nodo e io non te lo darò. Quello, dovrai prendertelo da sola, quando ti sarai stancata di cercare di lottare contro di me. E allora? Allora mi cavalcherai proprio qui, finché non userò il mio nodo e la tua bella fighetta mi spremerà fino all’ultima goccia, prendendosi esattamente ciò di cui ha bisogno.» Abbassò la testa per accarezzarle un capezzolo con la lingua, poi ci soffiò sopra dell’aria fresca. «E penso che sappiamo entrambi chi si arrenderà per primo, non credi?»

Le sue parole oscene fecero ciò che sosteneva avrebbero fatto. Claire lottò contro la sua presa mentre veniva, la povera parodia di un orgasmo. Il suo corpo si strinse sul nulla, disperato e vuoto, e il suo bisogno non fece che aumentare. Un grido spezzato lasciò le sue labbra quando l’alfa non rallentò, tormentando il suo clitoride con movimenti decisi.

Peggio ancora? L’uomo muoveva la mano e il suo grosso pene le sfiorava il corpo a mo’ di scherno. La possibilità di trovare soddisfazione, di nutrire la brama dentro di lei, era così vicina che avrebbe potuto afferrarla. Tuttavia, quello era il suo gioco, no? Dove Bryce aveva preso, Joshua voleva che fosse lei a prendere, che non avesse altra scelta.

Persino mentre Claire diceva a se stessa che non lo avrebbe fatto, le mani dell’alfa non si fermarono e un altro orgasmo si affacciò all’orizzonte.

«Omega testarda», fece le fusa l’uomo, anche se l’eccitazione colorava le sue parole.

Il bastardo si stava godendo i suoi sforzi.

L’orgasmo successivo crebbe, finché Claire non poté più ignorarlo, non poté più negarlo. Le si schiantò addosso, facendola inarcare ulteriormente, per cercare di sfuggire alle sue dita e di farsi riempire con qualcosa. Nemmeno lo spesso sperma che era ancora dentro di lei, che gocciolava sulle gambe di Joshua, poteva saziare la sua natura, il suo lato omega, il quale aveva bisogno, esigeva di più.

Joshua si sporse verso di lei, le labbra contro il suo orecchio, la voce dolce e seducente. «Andiamo, tesoro. So quanto lo desideri, quanto dolore devi provare. È proprio qui, prendilo.»

Claire chiuse gli occhi, prima di arrendersi. L’orgoglio non era nulla in confronto all’istinto. Si alzò in piedi con l’aiuto di Joshua, che aveva spostato la mano dal suo clitoride al suo fianco. L’alfa le liberò i polsi, consentendole di allungare la mano fra loro e afferrare la sua erezione.

Era il primo cazzo che toccava da—

Respinse il pensiero. Che cosa importava? Era successo tanto tempo prima, era una persona diversa, allora. Nel bel mezzo del suo calore, quella vecchia vita non aveva importanza.

Il suo pene caldo le sfiorò la figa e Claire se lo strofinò addosso una volta, prima di posizionarlo contro la sua apertura.

Fece un respiro profondo, arrendendosi al bisogno, e si abbassò, trafiggendosi con la sua lunghezza. L’uccello di Joshua la aprì, il bruciore meno intenso di quello provato con Bryce, ma era già stata spalancata da un alfa, no?

«Brava ragazza», le sussurrò, e la lode ebbe lo stesso effetto avuto in precedenza, calmando la sua tensione e costringendola ad abbandonarsi alle sensazioni.

Era proprio quello il punto del calore – allontanava le preoccupazioni. Anche quando si risvegliavano, quando le artigliavano le caviglie, minacciando di trascinarla giù, il calore non glielo permetteva. Si portava via i pensieri, le paure e la vergogna come nient’altro era in grado fare.

Dunque, quando fu giunta fino in fondo, quando le sue cosce si spalancarono e il suo corpo incontrò quello di lui, quando l’alfa fu del tutto dentro di lei, l’omega sospirò profondamente per il sollievo.

Joshua spostò una mano sulla sua nuca e la attirò a sé per un bacio. Con labbra talentuose la stuzzicò, accarezzò le sue, e quando Claire le socchiuse? La lingua dell’uomo ne approfittò. Sapeva di alfa, di tutto ciò che per cui si era svegliata fradicia per anni.

Claire si smarrì nel suo sapore inebriante, nella sua forza. Il resto della stanza scomparve, mentre si sollevava e si lasciava cadere di nuovo. Avvolse le mani intorno alle spalle dell’uomo, le unghie premute contro la sua pelle, mentre faceva ciò che le aveva detto di fare, mentre si prendeva ciò di cui aveva bisogno.

I fianchi dell’alfa si sollevavano in deboli spinte, come se non riuscisse a non scoparla, come se andasse contro la sua natura. Aggiungeva potenza extra alle spinte di Claire, lo faceva affondare più in profondità, fino a raggiungere parti nascoste più profondamente dentro di lei.

«Ti darò ogni goccia di sborra che possiedo, tesoro, e a quel punto userò il mio nodo, così resterà lì, dentro di te. Quando lo farò, voglio che tu dica il mio nome. Puoi dirlo a bassa voce – non è necessario che lo sentano gli altri – ma voglio che tu dica il mio nome, quando mi sentirai darti ciò di cui hai bisogno.»

Claire avrebbe voluto protestare, ma quando Joshua sollevò i fianchi per scoparla più a fondo, ogni obiezione svanì. Il suo cazzo si ingrossò e l’alfa bloccò il suo largo e duro nodo dentro di lei, così da premere con ogni movimento contro la sua figa esausta.

«Joshua», sussurrò, il nome come una supplica sulle sue labbra.

Il suono lo fece esplodere e, con un ringhio, fece esattamente quel che aveva detto. Contrasse le dita contro di lei e venne, riempiendola con il suo sperma caldo. Proprio come prima, ciò estrasse da lei un altro orgasmo e le rubò il fiato, lasciandola ansimante e scossa.

Quando fu in grado di muoversi di nuovo, appoggiò la fronte contro la spalla dell’alfa e si adagiò su di lui, arrendendosi alla sua forza.

Lasciò che gli occhi le si chiudessero, sopraffatta dallo sfinimento, sebbene sapesse che il calore non era ancora finito.

Claire si svegliò con qualcosa che premeva contro la sua bocca. Quando dell’acqua fresca le toccò le labbra, le aprì e bevve.

«Nessuno di voi due si prende abbastanza cura delle donne.» La voce era nuova, né Bryce né Joshua. Il terzo uomo? Quello che aveva fatto le fusa?

«Ti preoccupi troppo. Le omega sono più resistenti di quel che pensi.»

Quando l’alfa allontanò l’acqua, Claire aprì gli occhi e si ritrovò sul divano, distesa, il terzo uomo appollaiato al suo fianco.

«Non sei stata priva di sensi a lungo. Hai dormicchiato solo per una ventina di minuti.» Mise da parte il bicchiere, poi fece correre le dita fra i suoi capelli. «Come ti senti?»

Claire usò la lingua per inumidirsi il labbro inferiore, mentre decideva. «Okay», disse, la sua voce debole ed esitante. Si trovava in bilico, ancora abbastanza narcotizzata dal suo calore per non farsi prendere dal panico, ma lucida a sufficienza per sapere che avrebbe dovuto.

Le labbra dell’uomo si allargarono in un sorriso, più gentile di quelli visti fino a quel momento. «Bene.» L’alfa inspirò con il naso, lentamente e profondamente. Un attimo dopo, scosse la testa. «Non hai ancora finito, omega. Il tuo calore non se ne è ancora andato del tutto.» Posò una mano sul suo basso ventre, il palmo fresco contro la sua pelle bollente, e prese a massaggiarla.

L’azione la fece sussultare, il suo corpo dolorante e stanco ma insoddisfatto.

L’alfa si fermò, fece scivolare la mano sul suo fianco e fece le fusa. «Va tutto bene, amore. Calma. Pensavo fossi indolenzita, ormai. I miei amici non sono esattamente delicati.»

Man mano che si svegliava, man mano che il tocco delle dita dell’uomo e il suo profumo la circondavano, Claire sentiva il calore crescere di nuovo. Minacciava di trascinarla di nuovo sotto le sue onde.

Le labbra dell’uomo si inarcarono, il suo sorriso totalmente diverso da quello di Joshua. «Le tue pupille si stanno dilatando e il tuo respiro si sta velocizzando. Lo senti, vero?»

Claire si inarcò verso il suo tocco. Le sue cosce bagnate sfregavano l’una contro l’altra, mentre gli ormoni che guidavano il suo calore aumentavano, mentre la trascinavano sotto il peso della natura.

L’uomo si sporse verso di lei e premette la fronte contro la sua, l’azione sorprendentemente dolce vista la situazione, visto ciò che era accaduto. Era ricoperta di sudore e sperma, ma l’alfa strofinava il naso contro di lei come se fossero due amanti, come se gli importasse di lei, come se tutta quella situazione non fosse un disastro totale. La assaporò, facendo correre la lingua lungo la linea che separava le sue labbra, premute l’una contro l’altra. Prima che potesse aprirle, si allontanò.

«Non importa se è dolorante, Kaidan. Sai benissimo di cosa ha bisogno. Cercare di negarglielo solo perché è dolorante non farà che peggiorare le cose nel lungo periodo» disse Bryce, appoggiato al muro, gli occhi scuri abbastanza intensi da rendere Claire nervosa.

Kaidan, l’uomo insieme a lei, non rispose a Bryce. Anzi, guardò Claire come se non riuscisse a distogliere lo sguardo. «Non preoccuparti. Mi prenderò cura di te.» Scivolò giù dal divano, piazzando le mani sul suo interno coscia per spalancarle le gambe. Accarezzò la sua pelle con le dita, una carezza gentile che la fece rabbrividire. «Provi dolore ora, ma presto tutti quegli ormoni subiranno un’impennata e non sarai più indolenzita. Non sentirai che il piacere. Ti fidi di me?»

Si fidava? Claire scosse la testa. Non si fidava di nessuno, men che meno di alfa sconosciuti. Non ci si poteva fidare degli alfa, indipendentemente da quanto dolci fossero i loro sorrisi o le loro parole o quanto fossero utili i loro cazzi.

Kaidan si fermò, il sorriso scivolò via dalle sue labbra. Disegnò piccoli cerchi sulle sue ginocchia con i pollici. «Immagino ci fosse da aspettarselo, date le circostanze. Prova, solo per un momento, a fidarti di me.» Le sue mani erano abbastanza grandi da sopraffarla, mentre le trascinava dalle ginocchia alla congiuntura del suo corpo e viceversa. L’uomo scivolò verso il basso fino a posare le ginocchia sul pavimento, la parte superiore del suo corpo sorretta dal divano. La posizione fece sì che la sua faccia si trovasse al livello della sua figa. Il suo respiro la solleticò, dandole i brividi, mentre parlava. «Rilassati. Te lo sei meritato.»

Le cosce di Claire incorniciavano i lineamenti dell’alfa, gli occhi blu, i capelli chiari tagliati corti. Non possedeva i tratti infantili di Joshua, né quelli spigolosi di Bryce. Ciononostante, qualcosa sul suo viso, una certa onestà, le fece aprire le gambe.

Kaidan tornò a sorridere e premette un bacio sul suo interno coscia. «Ecco qua» disse, prima di abbassare le labbra sulle sue pieghe.

Il primo colpo della sua lingua le fece sollevare i fianchi dal divano. L’alfa infilò le mani sotto le sue cosce e le afferrò per tenerla ferma, prima di far scorrere la lingua lungo le sue pieghe, immergendovela dentro.

Doveva sentire il sapore dello sperma di Bryce e Joshua, ma a giudicare dal suo grugnito soddisfatto, non gli interessava. Usò la lingua per esplorare le sue pieghe, assaporando e stuzzicando ogni luogo che riusciva a trovare, fino a che raggiunse il suo clitoride. Vi fece correre la lingua intorno, poi usò una mano per scoprirlo. Non la gustò con scarso entusiasmo, non come aveva sentito dire, non come una spiacevole incombenza. No, la leccò con fervore, come se non ci fosse altro luogo in cui avrebbe preferito essere che a banchettare fra le sue gambe. Le sue labbra, la sua lingua, il delicato stuzzicare dei suoi denti, si mescolarono tutti insieme.

Claire chiuse gli occhi. Si focalizzò sulle carezze della sua lingua, i tiri delicati quando chiudeva le labbra intorno al suo clitoride e succhiava. I suoi fianchi si mossero, cercando di più e l’alfa, cogliendo la sua allusione, le diede ciò di cui aveva bisogno. Succhiò più forte, portandola sempre più in alto.

Claire aprì gli occhi e incontrò il suo sguardo, vide quegli occhi blu che la osservavano da in mezzo alle sue gambe e la vista le fece perdere il controllo. Venne, la stessa sensazione di vuoto dovuta al non averlo dentro, ma non era lo stesso gioco a cui stava giocando Joshua. Non si trattava solo di una tattica, di un modo per ottenere ciò che voleva, di un mezzo per raggiungere un fine.

La faceva sentire più al sicuro.

Kaidan premette di nuovo la lingua contro la sua apertura, scavando dentro di lei, mentre il suo corpo si contraeva, colpito da un’altra scossa. L’alfa si mosse verso l’alto, coprendola con il proprio corpo, poi si impossessò delle sue labbra in un bacio.

Fece passare la lingua fra le sue labbra e Claire sentì il proprio sapore. Non solo il suo, ma anche quello di Bryce e Joshua. L’omega che c’era in lei si godette golosamente lo sperma di non uno, ma due, alfa.

Gemette intorno alla sua lingua, succhiando per acchiappare ogni goccia che le stava offrendo. Tra l’orgasmo e il sapore di sperma, il suo corpo si riprese e cominciò a esigere di essere soddisfatto di nuovo.

Kaidan appoggiò il proprio peso su un ginocchio, si mise in posizione e affondò il suo cazzo duro dentro di lei con un movimento fluido. Scivolò dentro di lei con un colpo deciso e costante, riempiendola senza esitazione. Proprio come aveva promesso, non le fece alcun male. Non era indolenzita, non piagnucolava, non voleva tirarsi indietro.

L’alfa non interruppe il bacio mozzafiato neanche mentre le afferrava la coscia e se la metteva intorno al fianco. La scopò con colpi lenti e rilassati. Il che la aiutò ad alleviare la tensione nel suo stomaco, la aiutò a riprendersi dal calore, dal bisogno.

Non era più disperata come prima, non più così fuori di sé. Gli circondò le spalle con le braccia e gli massaggiò il collo, vicino all’attaccatura dei capelli. Il peso del suo corpo premeva contro di lei, una cosa che le era mancata, che l’aveva tenuta sveglia così tante notti nell’ultimo decennio.

Claire sollevò i fianchi per incontrare i suoi affondi, in quella che era forse la sua prima vera esperienza di sesso alla pari. Era un dare e un ricevere. Era dolce e, per un attimo, la fece sentire libera. Non in trappola, non preoccupata, semplicemente felice.

Il tempo continuò a scorrere, anche se non avrebbe saputo dire quanto, persa com’era nei movimenti del suo corpo, nel modo in cui la avvolgeva. Quando il rigonfiarsi rivelatore del suo cazzo premette contro di lei, dicendole che l’alfa non poteva più trattenersi, Claire stava per essere consumata dalla disperazione. Bramava il modo in cui il suo lungo membro si sarebbe mosso a scatti dentro di lei, il modo in cui il suo corpo massiccio l’avrebbe bloccata, mentre la saziava con il suo sperma.

Non era indolenzita, ma era stanca. Ridotta all’osso dal sesso, dal calore che troppo a lungo aveva negato, da tutto. Pur sapendo con certezza che ci sarebbero volute ancora delle ore, non riusciva a pensarci. Kaidan interruppe il bacio e affondò la faccia nel suo collo, il naso contro il suo battito. La bloccò con il suo nodo, più spesso di quello degli altri, una presenza immensa che la fece gridare in segno di resa. L’alfa infilò le dita fra i suoi capelli, una presa stretta ma rassicurante. «Chiudi gli occhi, amore. Risposati per un po’.»

Claire non ebbe la forza di lottare contro la stanchezza che la travolse. Chiuse gli occhi, cullata nel sonno dall’odore travolgente dei tre uomini che l’avevano montata, i tre di cui non sapeva nulla, i tre uomini dai quali sarebbe dovuta fuggire una volta sveglia.


Capitolo tre

Bryce accarezzò il fianco dell’omega con le dita mentre la guardava dormire. Era circondato dal suo profumo allettante, che aveva impregnato ogni fessura dell’ufficio.

Non sarebbe mai riuscito a lavorare di nuovo lì dentro senza diventare duro, senza pensare al suo corpo, il suo sapore, il morso delle sue unghie mentre esigeva di più. Ogni sguardo alla scrivania, al divano, al muro – ogni cosa gli avrebbe riportato alla mente quella notte. L’avrebbe rivista davanti a sé, piegata sulla scrivania, i seni premuti contro la superficie. Avrebbe ricordato il suo aspetto, le cosce formose spalancate mentre Joshua immergeva il suo cazzo dentro di lei, la schiena contro il muro, le gambe avvinghiate intorno ai suoi fianchi. Erano immagini di cui non sarebbe riuscito a liberarsi.

Joshua era svenuto sul divano, il suo russare esausto una testimonianza di quanto duramente ognuno di loro si fosse impegnato per soddisfare la povera omega.

Nonostante fossero in tre a occuparsi di lei, il calore di un’omega non era una cosa adatta ai deboli. Il corpo della donna le aveva urlato contro e lei aveva usato denti e unghie per soddisfarlo. Avevano fatto a turno, lasciandole il tempo di riprendersi prima che il suo corpo si scaldasse di nuovo, che le sue cosce si bagnassero e iniziassero a sfregare l’una contro l’altra, segnalando l’insorgere di una nuova ondata di desiderio. Ogni volta, uno di loro si era fatto avanti, pronto a offrirle ciò di cui aveva bisogno. Entro mattina, sarebbero stati tutti doloranti.

Sebbene avessero già avuto delle omega in passato, non lo avevano mai fatto con una in calore. I rischi erano troppo alti.

Chi era?

Perché si era introdotta nel loro ufficio?

Perché diavolo avevano reagito a quel modo?

Certo, l’istinto aveva fatto la sua parte. Qualsiasi alfa avrebbe fatto fatica a respingere un’omega in calore. Provavano dolore quando non trovavano soddisfazione, quando nessun alfa usava il suo nodo su di loro e alcune potevano persino farsi del male o morire se rimandavano troppo a lungo. Anche se fosse stato in grado di resistere a quell’esigente istinto, Bryce non riusciva a immaginare di lasciare un’omega a soffrire.

A giudicare dal rossore sul suo viso e dalle ore che c’erano volute perché il calore iniziasse a scemare, l’omega aveva atteso fottutamente troppo.

Il solo pensiero gli fece serrare la mano sul suo fianco. Perché avvelenarsi con gli inibitori per così tanto tempo? Perché negare un bisogno primario fino a rischiare di mettere a repentaglio la salute e la sicurezza?

A volte le omega avevano bisogno degli inibitori, come quando erano ricoverate in ospedale, dove il calore poteva rivelarsi più pericoloso delle medicine, soprattutto se circondate da alfa. La presenza dei feromoni degli alfa poteva innescare il calore e, più a lungo l’omega lo aveva negato, maggiori erano le probabilità che accadesse. Era una questione di costi e benefici.

Tuttavia, non sarebbe mai riuscito a comprendere quelle omega che li prendevano in continuazione, che ingoiavano pillole tutti i giorni per tenere a bada qualcosa che era scritto nel loro DNA. Certo, il calore era sgradevole, estenuante e fastidioso. Eppure, era parte della loro natura. A Bryce non piaceva che l’odore dell’eccitazione di una donna gli facesse comparire un’erezione, ma era nella sua natura. Non avrebbe ingoiato del veleno per fermarlo.

Con lei, tuttavia, andava al di là del non comprendere. Si era trasformato in rabbia, in frustrazione. E se fosse andata in calore vicino ad alfa meno onesti? Vicino ad alfa che avrebbero abusato di lei? Che le avrebbero fatto del male? Che avrebbero approfittato della situazione?

Quando in calore, un‘mega non aveva alcuna difesa, alcun potere, niente. Diventavano schiave dei loro bisogni e del loro istinto.

Bryce scosse la testa e, quando l’omega emise un gemito sofferente nel sonno, allentò la presa.

La spossatezza iniziò a farsi sentire, ricordandogli che Kaidan e Joshua stavano già dormendo e che anche lui avrebbe dovuto fare lo stesso. Aveva aspettato, si era trattenuto finché gli era stato possibile farlo, i muscoli indolenziti e le palpebre rese pesanti dalla fatica.

Alla fine, si arrese. Si sistemò sul pavimento, il cuscino sotto la testa dell’omega, il suo braccio intorno a lei. Fece un ultimo profondo respiro, lasciando che il profumo della donna lo marchiasse più a fondo di quanto si sarebbe immaginato.

Doveva fare il pieno di energia perché, una volta svegli, avrebbero avuto un’omega con cui fare i conti e sospettava che si sarebbe rivelata piuttosto difficile da gestire.



* * * *



Non era stata la luce a svegliare Claire. Non era stata neanche la posizione scomoda in cui aveva dormito, o le cosce appiccicaticce, o il profumo di alfa, o il dolore in ogni suo muscolo.

No, a svegliarla era stato l’alzarsi e l’abbassarsi della sua testa. Ritmico. Regolare. Ininterrotto.

Socchiuse gli occhi, le sopracciglia aggrottate. Dove si trovava?

I ricordi della notte le tornarono alla mente quando capì che cosa avesse causato il movimento. La sua guancia riposava sul petto nudo di Bryce.

Sollevò la testa, muovendosi lentamente, terrorizzata dall’idea di svegliarlo. L’alfa aveva i capelli scuri rizzati dove si faceva da cuscino con il braccio. La peluria del viso, corta e curata, che ombreggiava la sua mascella spiccava sulla sua pelle abbronzata e le sue labbra piene erano premute fra loro, un aspetto duro persino nel sonno.

Da lì, le cose non facevano che peggiorare. Claire era sdraiata per terra e dietro di lei era sdraiato Kaidan. Joshua dormiva sul divano, anche se il suo braccio pendeva di lato, le dita sulla sua caviglia, come se non potesse dormire senza un qualche tipo di contatto. I suoi capelli biondi, più lunghi di quelli degli altri, erano tirati indietro dal viso. La linea dura della sua mascella era in bella mostra sulla sua faccia ben rasata. Nel sonno, la sua bellezza da playboy era priva di quel lato minaccioso che aveva prima. Dormiva sulla schiena, l’allettante restringersi dei suoi fianchi, dove i suoi addominali conducevano alla sottile scia di peli chiari che scendeva fino all’inguine, in bella vista. Nel momento in cui il suo sguardo cadde sul suo cazzo, Claire lo distolse velocemente.

Persino dopo essere stata con Kaidan, non era finita. Il ricordo di ognuno di loro le tornò alla mente, di come fosse passata dall’uno all’altro, così velocemente verso la fine da fare a malapena una pausa. Il successivo l’aveva toccata e baciata, eccitandola di nuovo, prima che avesse finito con il precedente.

I capelli scuri e rasati di Kaidan le ricordarono di come avesse fatto scorrere le mani sulla sua testa mentre lo baciava. Le cosce di Claire erano arrossate dove la sua corta barba aveva sfregato contro la sua pelle. L’alfa non indossava nulla, il che significava che le linee marcate del suo corpo erano bene in vista. Le sue spalle larghe mostravano degli avvallamenti dove i suoi muscoli si avvolgevano intorno al suo corpo e Claire ripensò a come avesse usato quei muscoli per tenerla sollevata.

Quanti giri aveva fatto? I ricordi della notte erano confusi, così come il tocco delle loro mani, le chiare differenze fra ogni uomo. Non ne aveva idea.

Quello che sapeva era che doveva andarsene da lì prima che uno di loro si svegliasse.

Gli alfa tendevano a tenersi strette le omega quando le trovavano, quando usavano il loro nodo. Claire non poteva permettere che la trattenessero, non poteva essere registrata. Aveva cose da fare, persone di cui occuparsi.

Si alzò lentamente, stando attenta a posare la mano sul pavimento nello spazio fra i loro corpi e a non muoversi troppo velocemente per non svegliarli.

Gli uomini avevano passato la notte a soddisfarla e, a giudicare dalla profondità del loro sonno, ne stavano pagando le conseguenze. Lei, invece, era piena di energia, grazie al calore. Più che altro, voleva del cibo. Molto cibo ricco di proteine per recuperare le forze.

Ma avrebbe dovuto aspettare. Prima di tutto, doveva lasciare quell’ufficio e correre il più lontano possibile.

Si liberò dalla sua posizione in mezzo a Bryce e Kaidan, ignorando i loro corpi ancora nudi e tutte le cose che avevano fatto con essi la notte precedente. Non poteva rischiare che un’altra ondata di feromoni li svegliasse.

Si mosse silenziosamente per la stanza sulla punta dei piedi. Non riusciva a trovare le mutande, ma non perse tempo con l’intimo. Trovare i pantaloni e la maglietta e indossarli nel minor tempo possibile, prima che si svegliassero, era molto più importante. Non poteva camminare fino a casa nuda e con dello sperma secco sulle gambe e in molti altri punti del suo corpo.

Claire fu presa dal desiderio di sollevare un braccio e leccarne via una macchia, e quasi lo fece, prima di scrollarsi il pensiero di dosso. No. Quella follia doveva finire.

Si tirò su i jeans e li abbottonò, prima di afferrare la maglietta. Senza il reggiseno e le mutande, il tessuto strofinava contro la sua pelle, irritandola. Ignorò la sensazione di disagio, perché preferiva un’irritazione all’idea di svegliare i tre alfa.

Un brontolio proveniente dal pavimento le fece ruotare di scatto la testa in quella direzione. Le sopracciglia di Bryce si unirono, mentre la sua mano tastava in giro, come se il suo corpo avesse percepito l’assenza di Claire persino nel sonno.

Doveva andarsene, subito. Se non lo avesse fatto, si sarebbero svegliati. Avrebbero potuto chiamare la polizia, avrebbero potuto farle domande sul perché si trovasse lì, avrebbero potuto semplicemente trattenerla e non lasciarla andare mai più.

Quindi, Claire abbandonò le scarpe, le calze e tutto il resto. Avrebbe camminato a piedi nudi. Meglio qualche taglio sui piedi che restare.

Qualsiasi cosa pur di non affrontare i tre alfa.



* * * *



Bryce camminava avanti e indietro, la sua rabbia un’ondata di fuoco che avrebbe fatto indietreggiare la maggior parte delle persone.

Kaidan si limitò a sbadigliare, mentre lo osservava dal suo posto sul divano. Il temperamento instabile di Bryce era normale quanto respirare. Infatti, se Bryce era calmo, allora c’era da preoccuparsi.

«Come ha potuto andarsene?» disse Bryce, passando vicino a dove sedeva Kaidan.

Joshua, seduto al computer e preso a scovare informazioni, rispose: «Era titubante. Lo hai visto. Credevi davvero che sarebbe rimasta qui?» Il suo sguardò non si alzò mai dallo schermo.

I due si erano svegliati e dei ringhi erano usciti a forza dal loro petto, quando si erano allungati verso un’omega che se ne era andata da tempo, abbastanza perché il suo posto diventasse freddo. Il fatto che avessero dormito mentre se ne andava dimostrava quanto li avesse sfiniti, o quanto fosse brava a sgattaiolare via. A giudicare dal modo in cui aveva fatto scattare ogni misura di sicurezza introducendosi nel loro ufficio, sospettava fosse la prima.

Eppure, Kaidan non riusciva a scuotersi il suo profumo dalle narici. Non riusciva a dimenticare quanto dolcemente si fosse concessa a lui, il modo in cui le sue cosce si erano spalancate in segno di resa.

Non fiducia, non ancora, ma non poteva certo biasimarla. Essere montata da degli estranei duranti il calore non era il genere di cosa che un’omega avrebbe desiderato.

Sta mangiando? Si sta prendendo cura di sé?

Kaidan si massaggiò il naso, mentre le domande frullavano nel suo cervello.

Un’omega era quasi più vulnerabile finito il calore. Una volta appagata, si sentiva stanca, debole, bisognosa di un po’ di riposo e del nutrimento adeguato. Si sarebbe dovuta raggomitolare in un nido, con l’alfa che l’aveva soddisfatta a prendersi cura di lei, non andarsene in giro tutta sola.

«Trovato qualcosa?» Bryce si fermò di fianco al divano, il suo sguardo puntato sull’oggetto d’arredo, come se stesse rivivendo tutto ciò che vi era accaduto la notte precedente. Allungò la mano con il palmo aperto e poi la chiuse a pugno, come a volerla afferrare e avvicinare a sé.

Una strana reazione.

Bryce, fra loro, era quello che sentiva meno la mancanza delle donne. A Kaidan mancavano quando le condividevano, come erano soliti fare di tanto in tanto, ma sapeva che il suo amico non desiderava niente di duraturo. Eppure, la verità era ben visibile sul suo volto.

L’omega gli mancava.

Joshua non era da meno. Sebbene avesse ringhiato e imprecato meno, si era mosso con la determinazione di un uomo con una missione importante. Si era seduto alla scrivania, aveva acceso il computer e si era messo al lavoro nel momento stesso in cui si era reso conto che l’omega se ne era andata. Anche quando prendeva parte alla conversazione, anche quando rispondeva alle domande, la sua attenzione non si spostava mai dallo schermo.

«Forse dovremmo lasciarla andare.»

«Che cosa?» Entrambi gli uomini fecero la stessa domanda con lo stesso tono affilato.

Kaidan fece ruotare le spalle, indolenzite dai graffi profondi che l’omega gli aveva lasciato sulla schiena la notte precedente. «Siamo stati chiari nel dire che non volevamo niente di duraturo, giusto? Non ha trovato niente nei nostri sistemi, non ha trovato ciò che stava cercando, quindi perché rintracciarla?»

Gli occhi di Joshua si assottigliarono, ma non parlò.

Bryce si voltò e il suo labbro si sollevò come se non potesse farne a meno. «Si è introdotta nel nostro cazzo di ufficio, Kaidan. Vuoi davvero lasciar correre? E se stesse lavorando per qualcuno che ci vuole morti? Abbiamo già abbastanza nemici senza doverci preoccupare di una donna che esegue i loro ordini.»

«Se si fosse trattato di un nemico, sarebbe stata più preparata. Quella ragazza non aveva idea di quello che stava facendo. Darle della dilettante sarebbe farle un complimento. Se quello fosse il meglio che possono fare i nostri nemici, penso che ne sarei offeso.»

«Potrebbe trattarsi di un inganno, potrebbe essersi presa gioco di noi. O qualcuno la stava usando.»

«Mandando un’omega prossima al calore? Di nuovo, non avrebbe alcun senso e se anche fosse vero, lei sarebbe innocente. Smettila di piegare i fatti a tuo piacimento. Ammettilo, non ha niente a che vedere con il suo aver fatto irruzione qui.»

Bryce non rispose, non si calmò, non ammise nulla. No, non Bryce. Quell’uomo era ostinato come un mulo e due volte più ottuso. Tuttavia, quella riluttanza ad arrendersi lo rendeva un buon capo e un buon amico.

Joshua spezzò la situazione di stallo. «Potrebbe essere incinta.»

«Le probabilità—»

«Non importa. C’è una possibilità e, se lo è, potrebbe essere di uno qualunque fra noi. C’è una ragione se non abbiamo mai preso un’omega in calore prima d’ora e, ora che è successo, sei disposto a ignorare l’eventualità? Sei disposto a lasciare che se ne vada senza una parola, quando potrebbe avere il figlio di uno di noi in grembo?» La parola “figlio” uscì dalle labbra di Joshua pesante e impacciata. La perdita lascia delle brutte ferite.

Bryce emise un brusco respiro. «Vorresti dirmi che non vuoi trovarla? Pensavo che avresti colto al volo l’occasione.»

Kaidan si alzò dalla sedia. «Certo che sono interessato, ma l’ultima cosa che voglio è prendermi gioco di quella ragazza. Non ha bisogno di noi tre che facciamo irruzione nella sua vita, se poi voi due decidete di non volere qualcosa di più. Non è giusto nei suoi confronti.»

«E a te piace sempre essere giusto, vero?» scattò Bryce, cercando di aizzare Kaidan. Lottare era più facile che ammettere la verità.

Kaidan non gli diede nulla contro cui infuriarsi, lasciando invece che le sue parole ribollissero nella stanza.

Alla fine, le spalle di Bryce si abbassarono di un paio di centimetri. «Voglio trovarla, okay? Potrebbe essere nei guai, deve essere coinvolta in qualcosa di più grande di lei se è entrata qui. L’idea che possa essere in pericolo non mi piace.» Esitò, poi continuò, la sua voce bassa. «E l’idea di non vederla più è anche peggio, okay?»

Kaidan sorrise di fronte all’onestà petulante dell’altro uomo. «Non era così difficile, no? D’accordo, andiamo a cercarla.»

«Se riusciamo a capire chi è.»

Joshua si alzò in piedi, facendo scivolare il cellulare nella tasca. «So esattamente chi è, o chi finge di essere, perlomeno. Su, andiamo a trovare la nostra omega ribelle.»



* * * *



Tiffany, seduta su uno sgabello di fronte a Claire, sorrise, facendo oscillare le gambe. «Credo che mi piaccia.»

Claire stava lavorando sul registro che aveva di fronte, suddividendo gli ordini in sospeso in diversi gruppi, uno per quelli da richiamare, uno per quelli da mettere in attesa e uno per quelli da chiamare per dire loro che non sarebbe riuscita a recuperare l’articolo. «Stai attenta, Tiffany.»

La giovane ragazza era appoggiata con il gomito sul bancone, i suoi capelli raccolti in uno chignon spettinato. Non era poi così giovane, in realtà, a diciotto anni, ma le ricordava troppo se stessa a quell’età, la sua innocenza e la sua fede nella fondamentale bontà del mondo.

Claire aveva dovuto imparare la lezione da un alfa che aveva desiderato di possederla. Avrebbe fatto di tutto perché Tiffany non lo imparasse allo stesso modo.

Qualcuno si era fatto avanti per rimettere insieme i pezzi di Claire, per aiutarla a crescere e a ricostruire se stessa. Aveva avuto qualcuno che le aveva insegnato come nascondere ciò che era, come crearsi una vita e Claire si sforzava ogni giorno per fare altrettanto per altre omega.

«So di dover fare attenzione, ma non ci si può semplicemente nascondere.»

«Come farai a nascondergli i tuoi inibitori, se le cose dovessero diventare serie? Cosa farai se andrai in calore? E se dovessi andare parzialmente, se le medicine non dovessero funzionare? Non puoi nascondere una cosa del genere da qualcuno con cui sei molto intima.»

Tiffany fece scorrere le dita sui solchi del bancone della libreria di Claire. La sua voce suonò debole e insicura. «Hai mai pensato di trovare un alfa?»

Lo sguardo di Claire si alzò di scatto, le liste dimenticate. «Che cosa?»

Tiffany evitò di guardarla negli occhi. «Voglio dire, e se prima imparassi a conoscerlo, prima che scopra cosa sei? Potresti frequentarlo e, se ti piace, se ti fidi, potresti dirgli cosa sei. Non dovresti nasconderlo, a quel punto.»

Il cuore di Claire prese a battere contro le sue costole, mentre quella paura che non se ne andava mai via iniziava a crescere. Tiffany era giovane. Non aveva idea di quanto potessero essere pericolosi gli alfa, di cosa fossero in grado di fare. Fluttuava ancora fra i racconti romantici di alfa che reclamavano le loro omega e si prendevano cura di loro.

Non era che una fantasia, una fantasia molto pericolosa.

«Ti prego, dimmi che non ti stai vedendo con un alfa.» Quando la ragazza non rispose, Claire le afferrò la mano, desiderosa di essere ascoltata. «Stai giocando a un gioco pericoloso, Tiff. Fidati di me, so cosa può fare un alfa.»

Tiffany allontanò la mano, sul suo viso l’espressione da so-tutto-io tipica della gioventù. «Non lo conosci, come puoi dire una cosa del genere? Non tutti gli alfa sono uguali.»

«Lo sono, invece. Nel profondo, lo sono. E quando lo capisci, quando te lo rivelano, è troppo tardi ormai per fuggire.» Claire fece un respiro profondo e cercò di governare la propria rabbia, le proprie paure. Tiffany non le avrebbe mai prestato ascolto se non si fosse calmata e, se avesse insistito troppo, la ragazza sarebbe potuta fuggire dall’alfa e lontano da lei. «Promettimi solo di fare attenzione. Pensaci, okay?»

L’espressione dura sul viso di Tiffany si allentò. Annuì e i suoi lineamenti giovanili fecero stringere il cuore a Claire.

Quante omega aveva visto prendere quelle decisioni sbagliate? Quante si erano rifiutate di prestare ascolto ai consigli di Claire ed erano rimaste uccise o peggio? I corpi che aveva identificato, le tombe che aveva visitato, i visi contusi che non aveva più rivisto – la perseguitavano tutti. Non poteva vedere Tiffany tra loro, un’altra omega perduta per colpa dell’ego di un alfa.

Il campanello situato sulla porta ruppe il silenzio e Claire offrì un sorriso a Tiffany, per farle sapere che non era arrabbiata. Claire era sempre stata attenta a rassicurare tutte le omega che aveva aiutato, di cui si era presa cura, a cui aveva insegnato, che avevano un posto in cui stare. Non importava cosa avessero fatto, quanto si fossero allontanante dai consigli di Claire, avevano sempre una casa insieme a lei. Per un gruppo emarginato, perseguitato e abusato così spesso, un luogo sicuro era molto importante.

Claire si voltò verso il nuovo cliente, solo per trovarsi davanti i tre alfa di due giorni prima.

L’avevano trovata.


Capitolo quattro

Dietro di lei, Tiffany si immobilizzò, la sua tensione palpabile. In quanto omega, erano in grado di riconoscere gli alfa dal loro odore, l’abilità una forma di difesa. Sapevano cos’erano gli uomini, anche se gli uomini non sapevano cos’erano loro.

Beh, sapevano cos’era Claire.

Quella consapevolezza la fece muovere. Tiffany era più importante di qualsiasi altra cosa. Claire prese un libro a caso dallo scaffale e lo rifilò alla ragazza. Le posò una mano sulla schiena e la spinse verso la porta. «Ecco il tuo ordine. Ti chiamerò quando arriveranno gli altri articoli.»

Tiffany si mosse lentamente, gli occhi puntati sul pavimento, le spalle incurvate. Quando Kaidan e Joshua si fecero da parte, quasi senza degnarla di un’occhiata, la ragazza scivolò fra di loro e si affrettò verso l’uscita.

Non appena Tiffany se ne fu andata, non appena fu al sicuro, Claire fece un respiro profondo. Era rimasta sola con i tre uomini, ma fintanto che Tiffany fosse stata in salvo, sarebbe andato tutto bene.

A volte la vita di un omega consisteva solo nel sopravvivere il più a lungo possibile. Tiravano avanti, cercavano di insegnare alle più giovani le tecniche di sopravvivenza e speravano che la generazione successiva riuscisse a sopravvivere più a lungo.

«Come avete fatto a trovarmi?» La debolezza nella sua voce le dava sui nervi. Avrebbe voluto suonare sicura e forte, non come un docile topolino.

«Non è stato difficile. Di certo sapevi che ti stavi introducendo nell’ufficio di esperti della sicurezza, no?» Bryce si addentrò nel negozio e il suo sguardo la abbandonò per osservare gli scaffali, gli espositori. «Libri? Non me lo sarei mai aspettato.»

Ovviamente no. Gli alfa credevano che le omega fossero stupide e Claire era stata nuda e fuori di sé durante tutto il tempo che avevano trascorso insieme. Ciò le ricordò che anche lei non sapeva nulla di loro. Nulla di quegli uomini che stavano in piedi nel suo negozio, con tutto il potere nelle loro mani.

«Che cosa volete?»

Joshua si avvicinò a Claire, oltrepassando Bryce, quel suo sorriso affascinante sulle labbra. «Credevi che ti avremmo lasciata andare così facilmente?»

Claire fece un passo indietro, ponendo il bancone fra loro. L’odore di alfa colpì il suo naso e le fece venire voglia di fuggire.

Joshua sollevò le mani e si fermò. «Piano, Claire. Non siamo qui per farti del male.»

No, vogliono solo possedermi, controllarmi.

«Non ti fidi di noi? Dopo che ti abbiamo fatto passare una così bella serata?» Il suo tono scherzoso non la fece rilassare. Stava tentando di costruire un ponte con il suo umorismo, una connessione fra loro, ma Claire aveva imparato la lezione.

Aveva sofferto per mano di un alfa che l’aveva attirata con sorrisi e parole dolci. Si rifiutava di commettere due volte lo stesso errore.

Kaidan spinse Joshua da parte, un sacchetto in mano. «Non puoi affascinare ogni donna» sussurrò, prima di tirare fuori dal sacchetto un contenitore bianco da asporto e posarlo sul tavolo. «Devi essere affamata.»

Quando aprì il coperchio e il cibo apparve davanti ai suoi occhi, a Claire venne l’acquolina in bocca. Strisce di carne riposavano su riso e fagioli, tutte le proteine di cui aveva bisogno, che non si era concessa. Dopo la notte passata insieme a loro aveva dormito tutto il giorno e poi, la mattina dopo, aveva riaperto regolarmente il negozio. Aveva avuto a malapena il tempo di pensare, figuriamoci di mangiare.

In ogni caso, non voleva niente da quegli uomini. Gli alfa non concedevano niente senza aspettarsi qualcosa in cambio e Claire non poteva permettersi di pagare.

«Nei hai bisogno.» Kaidan lo spinse verso di lei sul bancone, una forchetta al suo fianco. «Stai strizzando gli occhi, le tapparelle sono abbassate. Il sole ti dà fastidio agli occhi, vero? Mal di testa? Hai bisogno di proteine dopo un calore per riprenderti. Mangia.»

«Non dirmi cosa devo fare», sbottò Claire, una reazione automatica a un alfa che cercava di darle ordini.

Aveva lavorato troppo duramente per lasciare che accadesse.

Eppure, nonostante tutto, quando le parole lasciarono la sua bocca, Claire trasalì e sollevò un braccio come se si aspettasse di essere colpita per la sua impertinenza.

Un momento più tardi, non sentendo che silenzio e assenza di dolore, abbassò il braccio e si ritrovò davanti i tre uomini immobili, tutti intenti a fissarla con lo stesso sguardo negli occhi.

Compassione.

Odiava la compassione.

Invece di riconoscere la tensione nata dalla sua reazione, Claire afferrò l’angolo del cibo con un dito e lo tirò verso il bordo del bancone, il più lontano possibile da loro senza andarsene.

Si sedette sulla sedia, sollevò la forchetta e a quel punto si immobilizzò.

«Non ci abbiamo messo della droga», disse Kaidan.

«Perché dovrei credervi?»

Fu Bryce a rispondere alla domanda, il tono brusco e impaziente. «Perché non ne abbiamo alcun motivo. Potremmo portarti via da qui sulle nostre spalle e nessuno direbbe nulla. Potremmo denunciare la tua effrazione o segnalarti come omega non registrata. Perché dovremmo prenderci la briga di drogarti?»

Lo sguardo di Claire cadde sul cibo di fronte alla verità delle sue parole. Non aveva alcun potere. Non aveva nulla. Avrebbero potuto fare qualsiasi cosa e lei non aveva nulla con cui ricattarli, niente da barattare. Era di nuovo in trappola. Un decennio a fuggire e una sola notte era bastata a intrappolarla.

Claire diede il primo morso al cibo, riluttante all’idea di mostrare loro la sua reazione.

«Perché sei fuggita, tesoro?» Joshua prese lo sgabello su cui era seduta Tiffany e si accomodò di fronte a lei, tanto vicino che le loro ginocchia riuscivano a toccarsi sotto il tavolo.

«Perché non avrei dovuto farlo?» Claire parlò tra un morso e l’altro, incurante delle buone maniere dopo che il primo pezzo di cibo era entrato in contatto con la sua lingua, dopo che il suo stomaco aveva preso a brontolare, ricordandole quanta fame avesse.

«Perché siamo stati attenti, ci siamo presi cura di te.»

«Non significa che io voglia restare con voi e diventare una proprietà.»

Di nuovo, nessuno di loro parlò, e il peso dei loro sguardi le rese difficile deglutire.

«La vera domanda è: perché ti sei introdotta nel nostro ufficio?» Bryce non si sedette, ma continuò a camminare avanti indietro, i suoi passi rumorosi nel piccolo negozio.

«Stavo cercando una cosa.»

«Che cosa?»

Le sue labbra si strinsero intorno a un boccone. Anche se non credeva che fossero direttamente coinvolti, gli alfa facevano fronte comune. Non poteva fidarsi di un alfa, non con qualcosa di così importante.

«Ti ho già detto tutte le cose che potremmo fare con te. Credi davvero che non rispondere alle mie domande sia una buona idea?»

Claire sollevò il viso per guardare in faccia Bryce, attingendo al proprio coraggio. «Consegnami all’ufficio del registro, allora. Consegnami alla polizia. Non ti dirò niente.»

Bryce fece un passo avanti, ma Kaidan sollevò una mano. «Non minacciarla. Abbiamo già deciso di non consegnarla, quindi tutto questo è inutile.»

«In qualunque cosa si sia cacciata, rischia di rimanere uccisa. Sapere di cosa si tratta è l’unico modo che abbiamo per proteggerla.»

«Non vi ho chiesto di proteggermi.»

Bryce la inchiodò con uno sguardo così duro da farla avvizzire. Beh, una parte di lei. Il resto? Quella parte vergognosa imbevuta d’istinto? Divenne bagnata sotto quello sguardo grave.

«No. Ci hai chiesto di scoparti e usare il nostro nodo. Ci hai implorati e poi sei fuggita la mattina dopo. Non atteggiarti come se fossi superiore di noi.» Fece un respiro profondo, poi inarcò un sopracciglio. «E a giudicare dal tuo odore, sei a un passo dal chiedercelo di nuovo.»

Claire scosse la testa, negandolo, sebbene entrambi sapessero che si trattava di una bugia. «Non vi ho invitati qui, non vi ho chiesto di venire. Non ho bisogno di voi, non ho bisogno di un alfa – figuriamoci tre.»

«Non eri dello stesso parere ieri notte.»

«Quella era biologia. Non appena il calore è svanito, ho capito di aver commesso uno sbaglio.»

«Sbaglio? È questo che credi?» Bryce avanzò fino a trovarsi di fronte a lei, dall’altra parte del bancone. «Non mi è sembrato uno sbaglio quando ero dentro di te.»

Le guance di Claire si tinsero di rosso all’esplicito promemoria, al modo in cui la riportò indietro e le ricordò quello che aveva provato in quei momenti. Un così strano senso di appartenenza.

Maledizione, svegliarsi in mezzo a loro avrebbe potuto essere perfetto, se non fosse stato per la sua paura.

Claire accantonò certi pensieri per rispondere, la sua voce il più ferma possibile. «Non avevo bisogno di voi, avevo bisogno del vostro nodo. Quindi, se è un ringraziamento che volete, grazie. Abbiamo finito ora?»

Bryce sollevò il labbro e il bagliore dei suoi denti la rese grata di essere seduta. La sua spalla doleva al ricordo di come l’avesse morsa. Eppure, dopo il debole ringhio, Bryce si voltò e tornò a sbirciare fra le sue cose.

Claire voltò la testa per guardare Kaidan, che se ne stava ancora nella stessa posizione di quando aveva posato il cibo sul bancone. «Cosa volete da me?»

«Non ne siamo ancora sicuri. Quando te ne sei andata, ci sembrava che per capirlo avremmo dovuto prima trovarti.»

«Sono certa che ci siano molte omega che sarebbero felici di soddisfare ogni vostra strana perversione, ma io non sono tra quelle. Non stavo scherzando, non voglio, né ho bisogno, di un alfa. Non valgo la frustrazione.»

Kaidan la osservò, gli occhi fissi come se stesse cercando di leggerle dentro. Quello scrutinio fece dimenare Claire sulla sedia.

Finalmente, l’alfa parlò. «Sì, molte omega sarebbero felici di appartenere a tre alfa di successo. Ciononostante, non importa con quante siamo stati a letto, nessuna ha mai risvegliato in noi dell’interesse. Non so cosa ci sia in te, ma ci hai reso curiosi.»

«Che fortuna», mormorò, cacciandosi in bocca un altro boccone.

«Non siamo così male, una volta che impari a conoscerci.» Joshua appoggiò i gomiti sul bancone e si sporse verso di lei.

«Pensavo che gli alfa fossero tutti territoriali?»

«La maggior parte. Alcuni, come noi, creano una sorta di unità. È successo per via del lavoro, ma ci siamo resi conto che preferiamo condividere le cose. Un’impresa, le stoviglie, deliziose omega.»

Claire abbassò lo sguardo, rifiutandosi di riconoscere la sua battuta o ammettere come la promessa in essa racchiusa le facesse fremere lo stomaco.

La sua risatina le mostrò che aveva fallito. «Beh, visto che non abbiamo avuto modo di presentarci l’altra volta, perché non ci proviamo ora? Io sono Joshua, lui è Kaidan e quello con il broncio dietro di me è Bryce. E tu sei?»

«Sai già chi sono.»

«Sì, ma comportarsi da stalker con la donna che ti interessa è considerato scortese, quindi speravo che ci avresti salvato, rispondendo.»

Claire tentò di ignorarlo, ma il silenzio le fece accapponare la pelle. Alla fine, l’omega sospirò e alzò lo sguardo. «Claire.»

«Claire? Che nome grazioso! Ora, Claire, come ti senti? No, non zittirti di nuovo, è una semplice domanda. Il calore è una cosa faticosa. Voglio solo sapere se ti senti meglio.»

Ogni volta che uno di loro menzionava il calore, Claire lottava per non pensarci, per non ricordare la sensazione dei loro corpi premuti contro il suo, per non ricordare come avesse smarrito se stessa.

Joshua inspirò, poi si lasciò sfuggire un ringhio predatorio. «Sai, potremmo chiudere a chiave la porta e farti piegare sul bancone. Non sarai in calore, ma dubito che ti importerà per molto.»

Claire riusciva a vederlo nella sua mente. Joshua l’avrebbe spinta in avanti, fino a intrappolare il suo stomaco e il suo petto contro il bancone. Le avrebbe abbassato con forza le mutande lo stretto necessario per immergersi dentro di lei, lasciandole i pantaloni intorno alle cosce per tenerla ferma. Nel frattempo, Bryce si sarebbe slacciato i suoi, liberando la sua erezione davanti a lei. Avrebbe trascinato il suo uccello contro le sue labbra piene, coprendola con il suo sperma. Avrebbe forzato il suo cazzo nella sua bocca così profondamente da farla soffocare intorno alla grossa testa. Kaidan? Le avrebbe accarezzato i capelli con le dita e le avrebbe detto che era una brava ragazza, mentre avvolgeva il suo membro con una mano e si masturbava.

La fantasia la colpì così duramente da farle strizzare le cosce e gemere.

Maledizione. Sono i feromoni degli alfa a farmi questo effetto. Deve essere così.

I tre avevano risvegliato una parte di lei che aveva a lungo ignorato. Nonostante fosse stata a contatto con degli alfa, non erano mai stati così tanti, né in uno spazio tanto piccolo e certamente non ci era andata a letto insieme.

«Dimmi di sì, tesoro. Dicci di sì e ci prenderemo cura di te.»

Le parole la aiutarono a liberarsi dalla fantasia. Claire si alzò così velocemente da far cadere la sedia, poi premette la schiena contro la libreria che aveva alle spalle. «Andatevene», sussurrò con la gola stretta.

I tre si scambiarono un’occhiata piena di qualcosa che non riuscì a comprendere, una lingua che non parlava.

Fu Kaidan a rispondere. «Non ti faremo del male. Non è per questo che siamo qui.»

«Andatevene e basta. Qualunque cosa vogliate, non posso darvela.»

Kaidan scosse la testa. «Non possiamo. Abbiamo usato tutti il nostro nodo su di te durante il calore, Claire. Potresti essere incinta del figlio di uno qualsiasi tra noi. Aggiungici i guai in cui ti trovi e siamo diventati un po’ protettivi. Finché non saremo certi che sei al sicuro, temo che dovrai sopportarci.»

«Non posso. Non posso avere tre alfa che mi seguono.»

«Sarà uno solo di noi per volta. Come una guardia del corpo personale gratis. Avrai soltanto un’ombra finché non saremo certi che sarai al sicuro, specialmente finché non sapremo se hai concepito o no.»

Claire scacciò via il pensiero del concepimento. Non poteva pensarci o le sarebbe venuto un attacco di panico. «Non farò sesso con voi.»

Un ringhio simile lasciò la gola di tutti e tre, come se li avesse sfidati e la cosa fosse di loro gradimento.

Bryce rispose, la voce bassa e ruvida e sicura. «Non ti costringeremo, omega. Tuttavia, sono fottutamente certo che sarai tu a pregarci prima che te ne renda conto.»

Claire si prese il labbro inferiore fra i denti, mentre cercava di convincere se stessa che si sbagliava, che poteva farcela, che i tre alfa non sarebbero riusciti a farla vacillare.

Peccato che sapesse già che era una bugia.



L’organizzazione della libreria indicava che Claire vi passava molto tempo. Il modo in cui ogni oggetto era impregnato del suo profumo non faceva che confermare l’ipotesi.

In ogni caso, Joshua rimase seduto al bancone mentre l’omega si muoveva, cercando di occupare il minor spazio possibile.

Il modo in cui era indietreggiata era impresso a fuoco nella sua memoria, le braccia sollevate come a volersi difendere da un attacco che era certa sarebbe arrivato. Li aveva immobilizzati tutti e tre, in una situazione di stallo tra ciò che volevano e quello che lei si aspettava.

Che vita aveva vissuto per essere così spaventata? Chi aveva prosciugato molta della sua fiducia e del suo senso di sicurezza?

Un’omega non avrebbe dovuto temere gli alfa, soprattutto non lui. Si sarebbe dovuta rilassare in sua presenza, avrebbe dovuto sentire di poter abbassare la guardia, di potersi raggomitolare contro di lui e chiudere gli occhi. Invece, solo il sospetto colorava i suoi occhi, li faceva assottigliare mentre lo guardava.

Non gli aveva mai dato la schiena. Persino quando aveva avuto bisogno di qualcosa negli scaffali più in alto, si era contorta per non perderlo di vista.

Nonostante tutto ciò, l’avrebbe presa per sfinimento.

«Mi piacciono le spiagge», disse Joshua, le parole casuali e offerte come se la sua voce da sola potesse costruire un ponte fra di loro. «Bryce è un tipo da montagna e foresta, ma io? Dammi una spiaggia e il mare che si estende davanti a me e sono felice. Le foreste richiedono troppo lavoro, bisogna accendere un fuoco e camminare. No.» Scosse la testa e picchiò le nocche contro il bancone. «Le spiagge sono la soluzione migliore per le vacanze.»

Claire non disse niente, dandogli lo stesso niente che aveva ricevuto per tutto il giorno. Qualche volta le sue guance si erano contratte in un quasi-sorriso che si rifiutava di lasciar comparire, ma Joshua l’aveva presa per una vittoria. Voleva dire che stava assottigliando il ghiaccio, che lo stava intaccando una battuta dopo l’altra.

Era per quello che avevano deciso di lasciare lui per primo a farle da guardia. Era sempre stato il migliore a conquistare le persone e volevano decisamente conquistare Claire. Bryce tendeva a gettare occhiatacce e minacciare e Kaidan, sebbene non spaventasse le donne, si lasciava mettere i piedi in testa da loro.

Joshua era quello con più chance e per una volta, gli importava che funzionasse. Di solito, flirtava con praticamente ogni femmina ci fosse nei paraggi. L’eccitazione lusingava il suo ego e se finiva con loro avvinghiati nel letto? Beh, a lui andava più che bene.

Joshua evitava le omega, non volendo rischiare nulla. Le poche che aveva preso insieme a Bryce e Kaidan erano rare eccezioni, uno scorcio in un futuro che tutti e tre avevano preso in considerazione ma che nessuno voleva, non ancora.

Eppure, questa volta gli importava. Questa volta, se non fosse riuscito a sedurla, gli sarebbe importato. Non era solo un tentativo di portarla a letto. Quello lo aveva già fatto.

Beh, lo avrebbe fatto volentieri di nuovo, e infatti non gli sarebbe dispiaciuto provarci subito. Avrebbe potuto toglierle quei pantaloni, posizionare il suo piede su una mensola per aprila per bene e—

Lo sguardo di Claire si spostò di scatto, atterrando su di lui, il suo volto attraversato dalla paura.

Giusto.

Non spaventarla.

Joshua scrollò le spalle, riluttante a mentire e dirle che non stava odorando esattamente quello che credeva. Ovviamente, la desiderava e il profumo proveniente dalla sua figa lo costrinse a inspirare profondamente e rilasciare il fiato, continuando poi a parlare come se quello scambio silenzioso non fosse successo. «Kaidan preferisce andare in vacanza nel deserto. Continua a blaterare a proposito del cielo, ma non so. Cactus e marrone ovunque e il caldo? Per farla breve? Lascia sempre pianificare a me le vacanze.»

Claire non si voltò, le sue spalle rigide per la tensione. Stava decidendo se le sarebbe saltato addosso? Se l’avrebbe attaccata?

Sembrava che non ci fosse nulla di più pericoloso per lei di un alfa eccitato.

L’omega iniziò a tremare, i piedi piantati per terra, un libro in mano. Sembrava un coniglio che tentava di decidere in che genere di guai si trovasse, troppo impietrito per muoversi, troppo spaventato per restare.

Joshua si appoggiò al bancone, mostrando teatralmente che non sarebbe andato da nessuna parte. «Va tutto bene», promise, la voce bassa, non volendo dar credito a nessuna delle sue paure. «Continua con quello che stavi facendo, tesoro.»

Claire raddrizzò la schiena, una scintilla di forza, prima di girarsi, spingendo il libro al suo posto sullo scaffale come se la sua mano non tremasse ancora.

Joshua sorrise di fronte allo spettacolo, al carattere che possedeva, anche se lei non ne era consapevole. Senza staccarsi dal bancone, l’alfa continuò il suo monologo. «Non hai nemmeno sentito di quella volta in cui Bryce ci ha portati su una zipline. Spoiler? Gli ho vomitato addosso e ora non saremo più costretti a tornarci.»



Erano passate ormai due ore quando Claire si ritrovò costretta a riconoscere la presenza di Joshua. Non che ignorarlo fosse stato facile.

Aveva parlato quasi senza sosta, commentando ogni cosa che vedeva, ogni suo ricordo o qualsiasi cosa gli saltasse alla mente. Le prime volte che aveva parlato, la sua voce l’aveva fatta sobbalzare. Claire non era abituata ad avere degli uomini intorno e certamente non degli alfa. Tuttavia, con il passare del tempo, visto che era rimasto seduto al bancone del suo negozio, aveva iniziato a rilassarsi.

Non l’aveva toccata, non l’aveva afferrata, non si era approfittato di lei.

Si era persino abituata al suo costante blaterare.

L’aveva fatta sorridere, sebbene avesse tentato di combatterlo. Joshua diceva qualcosa di strano, qualcosa di casuale e Claire doveva prepararsi a lottare contro il contrarsi della sua guancia.

Quel momento fra loro, quando il profumo della sua eccitazione aveva riempito lo spazio, l’aveva scossa. Non solo il profumo, però. A quello era abituata, dato che sembrava che una leggera brezza fosse sufficiente a eccitare un alfa. No, era stata la sua reazione. Era il modo in cui il suo odore le aveva fatto riscaldare il corpo, le aveva fatto desiderare di entrare nella sua testa e sapere a che cosa stesse pensando.

A qualche altra donna? A lei? Alla notte in cui aveva scopato fino al mattino? Claire aveva allontanato quelle idee, imbarazzata dalle sue rassicurazioni, vergognosa per il modo in cui l’avevano aiutata.

Joshua non si era dilungato sulla questione, ma era tornato alle sue battute, ai suoi ricordi, alla sua conversazione, come se non fosse mai successo.

Tuttavia, quando l’orologio segnò le otto quella sera, la sua capacità di starsene seduto sembrò svanire. «Okay, ci siamo.»

Claire si raddrizzò di scatto sul pavimento sul quale era seduta per mettere in ordine alfabetico uno scaffale. «Che cosa?»

«Siamo qui dalle dieci di questa mattina e nessuno dei due ha mangiato. È tempo di andare.»

«Non ho fame.»

«Beh, io sì e tu hai comunque bisogno di mangiare.»

Claire indicò il magazzino. «Ho della carne essiccata di là. È tutta tua.»

Joshua emise un ringhio basso e giocoso. «Nessuno può vivere con quella schifezza. No, vieni. Ti porterò a fare una cena come si deve.»

Claire balzò in piedi quando Joshua si alzò, incapace di sopportare l’idea di trovarsi sul pavimento con lui così vicino. Doveva essere nella condizione di poter correre, di fuggire.

La tensione gli contornava gli occhi, ma l’alfa non perse il suo sorriso. «Sarà anche al rovescio, ma dato che abbiamo già fatto sesso, uscire a cena non è prassi?»

«Non uscirò insieme a te.»

Joshua sbuffò. «Sai, la maggior parte delle ragazze sarebbero lusingate all’idea di essere portate a cena da me.»

«Portaci loro, allora.»

Joshua fece un passo verso di lei, avvicinandosi abbastanza perché il suo profumo le raggiungesse le narici. Non il profumo diluito in cui era stata immersa per tutto il giorno, quello che aveva impregnato i muri del suo negozio mentre lo evitava. Un profumo forte, dovuto alla loro vicinanza. No, questo era un profumo forte direttamente dalla fonte e la tentava ad avvicinarsi.

Joshua allungò una mano, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, la mossa tanto affascinante e falsa quanto lo era lui. «Mi piace quando fai la difficile, tesoro. Eppure, riesco a sentire il tuo stomaco. Hai bisogno di mangiare e di dormire e io sarei un pessimo alfa se non mi assicurassi che accada.»

Claire aprì la bocca per dirgli qualcosa di sgarbato. Voleva dirgli che si era arrangiata da sola per molto tempo e non aveva bisogno di un alfa dispotico che si prendesse cura di lei. Voleva dirgli che tutti gli alfa erano pessimi, quindi sarebbe stato in buona compagnia. Maledizione, voleva dirgli un centinaio di altre cose inframmezzate da insulti.

Invece, Joshua si sporse verso di lei e la zittì con un bacio, un bacio così veloce e buono da non darle la possibilità di prendere in considerazione le ragioni per cui non avrebbe dovuto desiderarlo.

Quando si allontanò e Claire rimase senza parole, il sorriso dell’alfa si allargò. «Volevo impedirti di dire qualcosa che avrebbe potuto ferire i miei sentimenti, perché te ne saresti pentita, una volta che avrò iniziato a piacerti. Ora, se riesci a prestare attenzione e la smetti di distrarmi con i baci, stavamo per andare a cena.»

Claire rimase immobile, mentre Joshua le infilava la giacca sulle spalle e camminava fuori dal negozio. Come fa a farmi questo effetto? Se lo stava ancora domandando venti minuti più tardi, seduta di fronte a lui in un ristorante.

«Perché i libri?»

Claire alzò lo sguardo dal piatto di cibo, cercando di ignorare le candele sul tavolo coperto da una tovaglia bianca, cercando di indossare la sua migliore maschera da “questo non è un appuntamento” a beneficio di chiunque li stesse guardando. «Che cosa?»

Joshua puntò la forchetta verso di lei. «Libri. Gestisci una libreria. Perché? Non conosco molte persone che si svegliano un giorno e dicono “cavolo, mi piacerebbe passare tutto il giorno con i libri”.»

Chi l’avrebbe mai detto che un alfa non fosse in grado di comprendere l’attrattiva di un libro? «Non capiresti.»

«No di certo se non me lo spieghi. Dai, provaci. Che tu ci creda o meno, c’è effettivamente un cervello sotto questo aspetto fantastico.»

Claire posò la forchetta, abbassando lo sguardo sul suo piatto per raccogliere i pensieri. «Mi piace la fantasia che vi è dentro. Quando ero una ragazzina, quando sapevo come sarebbe stato il mio futuro, mi piaceva leggere perché mi permetteva di essere chiunque, di fare qualsiasi cosa.» Fece un respiro profondo, mentre le parole sgorgavano da lei nel loro piccolo separé privato. «Quando ero piccola non aumentavo di peso e, mentre mi facevano degli esami, hanno scoperto che sono un’omega. Sono cresciuta sapendo che sarei stata data o venduta a qualcuno, che non avrei avuto alcun futuro tutto mio. Gli altri bambini crescevano pianificando un futuro. Volevano diventare soldati o dottori o insegnanti. Io, invece, non avevo quella scelta. Non avevo nulla da attendere con impazienza.»

«È così terribile essere una compagna?»

«Il fatto che tu me lo chieda mostra che non capisci. Tu puoi fare ciò che vuoi. Puoi decidere del tuo futuro. Io? Ho dovuto cambiare nome e lasciarmi tutto alle spalle per avere un qualche tipo di vita. Voglio dire, sono qui a cenare con te dopo aver detto di no. Chiaramente, quello che voglio non ha importanza.»

Joshua strinse le labbra e una linea comparve fra le sue sopracciglia. Non disse niente all’inizio, si limitò a sollevare il bicchiere e prendere un sorso, per riempire il silenzio. «Immagino di non averci mai pensato in questi termini.»

«Certo che no. Non ne hai mai avuto bisogno, perché avresti dovuto? Non è parte della tua vita.»

«Avrei dovuto lasciarti morire di fame?»

«Non sarei morta. Era solo un giorno.»

«Ma, come io non riesco a capire come ti senti tu, devi renderti conto che tu non capisci come si sente un alfa.»

«Quanto può essere difficile comprendere il vostro bisogno di controllare ogni cosa?»

L’alfa scosse la testa, spingendo il cestino di grissini verso di lei, lo stesso invito silenzioso a mangiare di più che le faceva da tutta la sera. «Tu lo vedi come controllo, ma per un alfa significa prendersi cura. Quando vedo un’omega, qualcosa di prezioso, si accende in me il bisogno di proteggerla. Quando sei in calore, il mio istinto mi dice di soddisfarti. Quando sei affamata, quando il tuo stomaco brontola e ti massaggi le tempie, il mio istinto esige che io ti sfami. Se non lo faccio, se lascio che tu ti senta a disagio o dolorante, sento come un grido nella mia testa. È un dolore fisico, un bisogno costante.»

Era così che si sentivano? Suonava così piacevole, come un mondo perfetto dove omega e alfa erano due facce della stessa medaglia, dove avevano bisogno gli uni degli altri e si fondevano alla perfezione.

Claire scosse la testa. «È una bella idea, ma ci sono moltissimi alfa che non si prendono cura delle omega.» Mentre parlava, fu attraversata dal ricordo di James, dell’alfa che l’aveva rivendicata a diciotto anni.

Claire ebbe un fremito e gli occhi di Joshua si assottigliarono, ma l’alfa fece quella cosa che aveva già fatto diverse volte e piazzò un sorriso piatto sulle proprie labbra, come per mascherare la sua prima reazione. «Vuoi dirmi chi è stato a insegnartelo?»

«È universalmente noto.»

«Uno non sussulta come hai fatto tu per qualcosa di universalmente noto. A uno non compare neanche quello sguardo tormentato negli occhi. No, tesoro, di qualunque cosa si tratti, è dannatamente personale.» Scrollò le spalle, mentre la tensione scivolava via da lui. «Tuttavia, dato che chiaramente non ne vuoi parlare, che ne diresti di cambiare argomento?» Picchiettò le dita sul tavolo e l’azione attirò lo sguardo di Claire su di esse, costringendola a nascondere il rossore, quando ricordò quanto fosse talentuoso con quelle dita.

Come faceva a riportarla indietro al tempo passato insieme con tanta facilità? Dopo anni passati a evitare e a non volere l’attenzione di alcun alfa, il solo picchiettio delle sue dita la stuzzicava e tentava.

«Stai ascoltando?»

Claire alzò lo sguardo di scatto, le guance calde. Non stava ascoltando, ovviamente, totalmente persa nei propri pensieri.

Il suo sorrisetto indicava che ne era consapevole. «Ci sono cose migliori di cui possiamo parlare.»

«Non ricordo di aver mai voluto parlare con te di nulla.»

L’alfa le si avvicinò per far sì che le sue parole non fossero udite e l’azione fece sembrare piccolo il tavolo, che non era in grado di procurarle alcuna delle difese che si era immaginata. «I tuoi occhi continuano a cadere sulle mie dita. Sono certo che ti ricordi la sensazione che hanno procurato su di te, tesoro. Io di certo mi ricordo i suoni che producevi mentre le usavo su di te.»

Claire deglutì, il suono rumoroso persino nel chiasso del ristorante. O forse sembrava rumoroso alle sue orecchie, sopra il martellare nel suo petto. Joshua le faceva notare ogni cosa, rendeva ogni battito del suo cuore e ogni respiro forte ed evidente, come se li stesse studiando tutti, dissezionandola pezzo dopo pezzo.

Ma, era proprio quello il suo gioco. Il modo in cui la guardava le permetteva di intravedere il predatore sotto la maschera gioviale che indossava.

«Vuoi il bis?»

Claire scosse la testa.

L’alfa inclinò la testa e allungò il braccio per far scivolare un dito sul dorso della sua mano, appoggiata sul tavolo. «Ti rendi conto che stai mentendo? Perché stai mentendo, in tutto e per tutto. Le tue pupille si sono dilatate, il tuo respiro ha accelerato e ti stai sporgendo verso di me. Posso persino sentire il tuo profumo. Normalmente non sarei in grado di sentire la tua eccitazione così chiaramente, ma dato che ne sono stato immerso durante il calore, ci sono entrato in sintonia. Mi vuoi, anche se non te ne rendi conto.»

Questa volta Claire mosse la testa di scatto, una singola negazione. «Quello che è successo prima—»

«Quando abbiamo scopato?»

Il calore si diffuse sulle sue guance, giù per la sua gola e sul suo petto. «Quella era biologia. Non potevo evitarlo. Non voglio più niente del genere.»

Joshua sbuffò piano. «Sì che lo vuoi. Non vorresti, ma ciò non cambia il fatto che lo vuoi. Hai avuto un assaggio di qualcosa che ti mancava e ora ti stai chiedendo che cos’altro potresti avere. Lascia che te lo mostri.»

«Mostrarmi cosa?» La voce di Claire suonò così roca che fece fatica a riconoscerla.

Non aveva mai parlato in quel modo, non ne aveva mai avuto il coraggio. Stuzzicare qualcuno, suggerire qualcosa per cui non aveva alcun interesse, era un gioco pericoloso e lei non aveva mai voluto farlo. Ma, non era quello il punto? Aveva forse ragione Joshua?

Sono davvero interessata?

L’alfa si avvicinò ancora di più, finché il suo respiro le scaldò le labbra, finché il tavolo smise di esistere fra loro. «Tutto, tesoro. Ti farò gemere e ansimare fino a che non ti sarai scordata tutte le ragioni per cui credevi di non desiderarlo. Hai una voce fatta per gemere, per ansimare, per tutti quei suoni che ti ho già sentita emettere. Voglio sentirli mentre sei lucida, o tanto lucida quanto puoi esserlo con la mia lingua infilata profondamente nella tua figa.»

Le parole volgari la scioccarono più di qualsiasi altra cosa, come cera calda sulla pelle, un dolore che non faceva che alimentare la sua passione. Joshua non incespicò, non mostrò alcun segnale di nervosismo, come se dirle che voleva – Claire non riusciva nemmeno a pensarlo – fosse la cosa più naturale del mondo.

Anche se non riusciva a pensare le parole, l’immagine non la abbandonava. Ricordava lampi di cose del genere dal suo calore, la pressione di una lingua contro di lei, il modo in cui delle mani forti l’avessero afferrata per i fianchi e costretta ad accogliere ogni colpo.

«Non lo so», sussurrò, la tensione nel petto.

«Beh, è meglio di un no. Dai, fidati di me, solo per pochi minuti. Qui nel retro. Conosco il proprietario e ti prometto che, se mi concederai cinque minuti, non te ne pentirai.» Joshua si alzò, poi le porse la mano.

Non la afferrò, non la strattonò verso ovunque volesse portarla. Se lo avesse fatto, Claire avrebbe opposto resistenza. Si sarebbe tirata indietro, sopraffatta dal nervosismo. Invece, l’alfa rimase in attesa. Immobile, lasciando a lei la scelta. Se avesse detto di no, si sarebbe seduto. Avrebbero finito di mangiare. E poi?

Furono proprio quell’attesa, quell’immobilità, quella domanda che le stava ponendo senza chiederlo a parole a convincerla.

Che cosa voleva?

Claire rispose riponendo la mano nella sua.


Capitolo cinque

Il battito di Claire palpitò sotto il tocco di Joshua, il suo polso sottile incapace di nascondere il modo in cui tremava.

Ma il suo profumo lo attirava più vicino. Voleva inspirarlo, immobilizzarla a terra e respirare il suo profumo fino a che non avesse impregnato il suo corpo.

Quando era stata l’ultima volta che aveva desiderato così ardentemente una donna? Certo, provava desiderio per tutte le donne, ma Claire?

Lei era diversa e Joshua non provava niente del genere da anni. Da anni non incontrava una donna in grado di attirare la sua attenzione per più di una volta.

L’alfa allontanò il pensiero mentre la trascinava nel piccolo retrobottega, un cenno alla guardia, che rispose con un sorrisetto. A volte conoscere persone si rivelava utile e Joshua aveva lavorato abbastanza per il proprietario che, occupare la stanza per tutto il tempo che desiderava, non avrebbe causato alcun problema.

E quando Joshua fece voltare Claire, quando la spinse contro la porta e trovò la sua gola con le labbra, quando la sua lingua assaporò il battito frenetico dell’omega, seppe che avrebbe desiderato decisamente molto tempo.

Fotterla insieme a Bryce e Kaidan non gli aveva dato fastidio. Condividevano molto, tutte le loro vite, in realtà. Avevano sempre immaginato che, se mai avessero deciso di sistemarsi, lo avrebbero fatto loro tre insieme a una sola donna. Funzionavano insieme, il loro era un legame più stretto di quello dato dal sangue, erano più che fratelli. Era un legame che dava loro forza.

Ciononostante, non poteva negare di apprezzare l’idea di averla tutta per sé.

L’omega fece un respiro tremolante e spinse contro le sue spalle, la tensione alle stelle.

Se mai avesse scoperto chi l’aveva ferita, avrebbe fatto a pezzi il bastardo. Non era tipo da tirarsi indietro di fronte agli aspetti più brutti della vita. Sapeva dannatamente bene cosa accadesse ad alcune omega, la vita che vivevano, ma erano cose astratte.

Aveva persino aiutato a salvare alcune delle omega più sfortunate, un’attività svolta sottobanco dalla loro impresa. Ricordava una ragazza, Fiona, un’adolescente, ma abbastanza grande da andare in calore. Non pesava nulla, il bastardo che l’aveva presa usava dei farmaci per mantenerla in uno stato di calore quasi costante.

Era stato Kaidan a occuparsi di lei, il migliore di loro con le donne, a portarla dal dottore e stringerle la mano mentre la esaminava. Viveva, supponeva, nascosta e silenziosa da quando l’avevano salvata. Ogni tanto, si recavano nella piccola baita in cui viveva fuori città per dare un’occhiata e aggiornare il sistema di sicurezza. Nei cinque anni da quando l’avevano salvata, non aveva proferito parola, nascondendosi nella sua stanza al loro arrivo.

La spinta delle mani di Claire sul suo petto lo fece arretrare abbastanza da darle spazio.

«Aspetta», sussurrò lei.

«Certo, aspetta. Sì.» Joshua si passò una mano tra i capelli, mentre si sforzava di mantenere il controllo. «Te l’ho detto, sei tu a decidere. Non ti costringerò a fare nulla.»

Le mani di Claire rimasero sul suo petto, le dita arricciate, le unghie smussate premute contro la sua pelle. I respiri dell’omega si scontravano contro il suo mento e la sua gola, affannosi e spezzati. «Non puoi starmi addosso.»

Ah, tutto qui?

Quando la sua mente non era annebbiata dal calore, non lo voleva così vicino? Non voleva che fosse così opprimente?

Poteva lavorarci. Avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse stata necessaria.

Joshua annuì, posando le mani sul muro mentre si abbassava sulle ginocchia. «Che ne dici di questo, tesoro? Va bene?»

Il modo in cui i suoi occhi si spalancarono, quel colore rosato che danzava sulle sue guance – il cazzo di Joshua sobbalzò entusiasta contro la cerniera dei suoi pantaloni.

La desiderava. La desiderava più di qualsiasi altra cosa. Voleva affondare la faccia contro di lei e non lasciarla andare mai più.

Invece, aspettò.

Claire fece scattare la lingua, rosa e abbastanza bagnata da catturare la luce, verso il labbro inferiore, prima di annuire.

Joshua non aveva bisogno di altri sì. Le slacciò il bottone dei pantaloni e fece scivolare il tessuto lungo le sue gambe toniche. Sollevò uno dei suoi piedi e le sfilò la scarpa, per poter liberare quella gamba. Può bastare. Non serviva che fosse nuda per quello che voleva fare e più tempo le avesse concesso per riflettere, più si sarebbe potuta tirare indietro.

Riportò le dita all’altezza della sua vita, sulle semplici mutandine nere che nascondevano quella parte di lei per cui avrebbe ucciso in quel momento.

Claire si irrigidì, perciò Joshua appiattì le mani contro di lei. Aspetta. Non avere fretta. Premette le labbra contro il suo fianco, seguì l’orlo di pizzo fino a raggiungere il punto più allettante. Lì, sfregò contro la sua pelle con i denti.

Per quanto si sforzasse di essere delicato, non riusciva a trattenere completamente il suo lato primordiale.

Continuò a tracciare la sua linea di baci sul basso ventre della donna e allo stesso tempo posò le mani sul suo interno coscia. Accarezzò con le dita la pelle calda e delicata. I muscoli di Claire si contrassero, ma come Joshua fece scivolare la mano più in alto, la donna spostò i piedi verso l’esterno.

Nervosismo e paura potevano trattenerla, ma lo desiderava.

Quando raggiunse la sua fica, nascosta dalla stoffa nera delle mutandine, la accarezzò con le dita. Al secondo passaggio, premette la stoffa in maniera più decisa contro di lei, fino a sentire la sua apertura calda e le sue pieghe. La vedeva nella sua mente con le gambe spalancate per lui come durante il calore, i suoi capezzoli inturgiditi e scuri per lui come un invito.

Avrebbe dato un’altra bella occhiata prima o poi, una volta guadagnata la sua fiducia.

Joshua mosse le dita fino a poter usare il pollice per massaggiare il suo clitoride, nascosto sotto il suo intimo. La stoffa nera aveva assorbito la sua umidità, una tentazione a cui non Joshua era mai stato in grado di resistere. Le sollevò la gamba, quella che aveva liberato dai pantaloni e dalle scarpe, e se la mise sulla spalla per spalancarla. Ciò la costrinse a trovare l’equilibrio su un’unica gamba, ma Joshua appoggiò una mano contro il muro e Claire avvolse le dita intorno al suo polso per mantenersi in equilibrio.

Dannazione, gli piaceva che si appoggiasse a lui.

Incapace di resistere un attimo di più, Joshua si concesse un piccolo assaggio. Fece scattare la lingua lungo il suo centro, sfregando la lingua irrigidita contro il suo clitoride. L’azione non fu certo sufficiente a soddisfare il suo desiderio, il desiderio di spalancarle le cosce e banchettare per ore, fino a renderla un caos di tremiti e singhiozzi.

L’alfa si concesse il piccolo assaggio per tirare avanti, prima di far scivolare il pollice sotto le sue mutandine fradice e accarezzare il suo clitoride, che si era ingrossato sotto il suo tocco. Joshua si sedette sui talloni per osservare il corpo di Claire. Sarebbe stato meglio se l’avesse spogliata, ma in ogni caso, lo lasciava senza fiato.

La sua maglietta, né aderente né scollata, lasciava tuttavia intravedere il profilo dei suoi seni, i capezzoli appuntiti che premevano contro il tessuto come un’offerta. Di nuovo, il suo cazzo pulsò, duro e disperato e pronto.

Era impossibile che potesse averla. Era troppo insicura, troppo nervosa. Ci sarebbe voluto del tempo, ma il suo corpo si rifiutava di ignorare i propri bisogni.

Posizionò la mano di Claire sulla propria spalla e si infilò una mano nei pantaloni. Avvolse il proprio membro con l’ampio palmo e iniziò a masturbarsi con movimenti efficienti. Non c’era alcun bisogno di stuzzicare o di prolungare alcunché. Non tentò di trattenersi o di farlo durare. Si trattava solo di concedere al suo corpo un premio di consolazione, dato che non sarebbe potuto entrare nell’omega il cui sapore si attardava sulla sua lingua.

La schiena di Claire si inarcò e i suoi fianchi si mossero in avanti. Joshua tormentò il fascio di nervi nascosto lì, senza lasciarle tregua, senza darle il tempo di prendere fiato. Il sudore le imperlava la fronte, tracciando una scia lungo la sua gola. Nella luce tenue della stanza, Joshua riusciva a vedere il suo sudore e i suoi occhi chiusi e persi nel piacere.

L’alfa concentrò la propria attenzione sul suo clitoride, sfregandolo più forte, mentre la mano sul suo cazzo accelerava con l’ansimare dell’omega.

La tensione nel corpo di Claire crebbe fino a che non gettò la testa all’indietro, colpendo il muro con un tonfo, abbastanza forte da far trasalire l’alfa. I suoi gemiti si interruppero, il suo respiro si bloccò, le sue unghie scavarono nelle spalle di Joshua, abbastanza forte da graffiargli la pelle.

L’alfa la raggiunse poco dopo, un’ultima spinta data dalla vista di lei sopraffatta dalla passione, dal piacere, dal rossore sulle sue guance e dall’alzarsi e abbassarsi del suo petto.

Venne nei pantaloni, cosa di cui non si preoccupò affatto. Si alzò e raccolse il suo sperma caldo e spesso con le dita, mentre liberava la mano. La baciò, azione da lei ignorata, mentre tentava di riprendere fiato, mentre il suo corpo iniziava a riprendersi.

Joshua appoggiò la fronte coperta di sudore contro quella di Claire, prima di infilare le dita ancora ricoperte di sborra attraverso le sue labbra – un istinto da alfa, per marcare la compagna con il proprio odore, con il proprio sapore.

Compagna? La parola sedeva sulla punta della sua lingua come una minaccia, ma non riusciva a ricacciare indietro quell’appellativo.

E, come previsto, Claire rispose divinamente. Chiuse le labbra intorno a quelle dita e vi fece girare intorno la lingua, ingoiando il dono offerto.

Mentre l’omega succhiava le sue dita, mentre il suo profumo lo circondava e con la mano libera le accarezzava i capelli scuri, Joshua emise delle tenere fusa.

Claire si sarebbe dovuta abituare a lui, perché non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare.



* * * *



Non poteva guardarlo. Anche se Joshua se ne stava in piedi nel negozio, impossibile da ignorare, Claire ci provò.

Guardarlo era troppo, avrebbe reso tutto troppo vicino, troppo reale. Non poteva fingere che non fosse accaduto nulla, non quando lo guardava. Quando lo faceva, tutto ciò a cui riusciva a pensare era la sensazione delle sue dita contro di lei, il modo in cui aveva leccato lo sperma dalle sue dita con grande entusiasmo, il modo in cui lo avrebbe implorato per averne di più se non l’avesse zittita con un bacio appassionato.

Come aveva potuto arrendersi a qualcosa di tanto stupido? Qualche momento di piacere non valeva il rischio.

Più dava, più avrebbero preso. Era ciò che facevano gli alfa. Prendevano e prendevano e non erano mai soddisfatti.

Maledetti, non capiscono che non mi è rimasto niente da dare?

Joshua l’aveva riportata al suo negozio, il viaggio in macchina silenzioso nonostante i suoi tentativi di coinvolgerla in una conversazione. Nemmeno il suo fascino poteva tentarla.

Claire non riusciva a liberarsi dall’inquietudine, il suo corpo si rifiutava di calmarsi. Dopo l’intenso orgasmo, il primo che avesse mai desiderato senza il calore, non riusciva a muovere i piedi. Tutto appariva troppo freddo, troppo chiuso, il mondo troppo grande e buio. Le era venuta la pelle d’oca e non era più riuscita a liberarsi da quella strana sensazione.

Claire passò accanto a Joshua mentre chiudeva il negozio e raccoglieva le sue cose. Mentre gli passava accanto, l’alfa le afferrò il braccio.

L’azione la fece immobilizzare, i nervi a fior di pelle. La pericolosità di quel tocco andava oltre la minaccia fisica. Dopo ciò che era successo fra loro, si era resa conto che avrebbe potuto fare di peggio che ferirla.

«Fai un respiro», disse.

«Riesco a respirare da sola.»

L’alfa le solleticò il braccio con il pollice, le labbra incurvate verso l’alto. «Sei nervosa. Pensavo di averti mostrato che non ti farò del male. Se avessi voluto fartene, non credi che lo avrei già fatto, ormai? Ne ho avute molte occasioni, dopotutto.»

«Cosa vuoi da me?» La domanda uscì debole dalle sue labbra.

Joshua sollevò la mano e la pose sulla sua nuca, un peso saldo ad ancorare i suoi pensieri erranti. «Perché hai così tanta paura, se non sai nemmeno cosa voglio?»

«Perché, qualunque cosa sia, non posso dartela.»

L’alfa inclinò la testa, il suo sorriso quasi divertito, prima di avvicinarsi per rubarle un rapido bacio. «Beh, tesoro, sono certo che ti piacerà ciò che voglio, quindi smetti di preoccuparti così tanto.»

Claire aprì la bocca per ribattere, ma il rumore di qualcuno che si schiariva la gola dietro di lei la fece voltare.

Improvvisamente, ogni senso di rilassamento svanì.

Alla porta c’era Bryce.





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Ci vuole più di un alfa per mettere in ginocchio un’omega. Claire ha giurato di rinunciare a tutti gli alfa, ma quando le indagini sull’omicidio della sua amica la pongono nel mirino di non uno ma tre di loro, la sua determinazione è messa alla prova. Pur desiderando il loro tocco, si rifiuta di innamorarsi. Possono avere il suo corpo, ma proteggerà il suo cuore a ogni costo. Bryce, Joshua e Kaidan non desiderano un’omega tutta per loro, ma non possono resistere alla misteriosa donna che si è introdotta nel loro ufficio. Sono attratti dal suo profumo, le sue curve e il suo sapore, ma bramano più del suo corpo. Saranno necessari gli sforzi di tutti e tre per batterla al suo stesso gioco e convincerla a dare loro una possibilità. Mentre esplorano la loro complicata relazione, la ricerca di Claire dell’alfa assassino li mette tutti in pericolo. Riusciranno a collaborare per affrontare insieme la minaccia o i loro segreti e le loro paure distruggeranno tutto ciò che hanno trovato?

Ci vuole più di un alfa per mettere in ginocchio un’omega.

Claire ha giurato di rinunciare a tutti gli alfa, ma quando le indagini sull’omicidio della sua amica la pongono nel mirino di non uno ma tre di loro, la sua determinazione è messa alla prova. Pur desiderando il loro tocco, si rifiuta di innamorarsi. Possono avere il suo corpo, ma proteggerà il suo cuore a ogni costo.

Bryce, Joshua e Kaidan non desiderano un’omega tutta per loro, ma non possono resistere alla misteriosa donna che si è introdotta nel loro ufficio. Sono attratti dal suo profumo, le sue curve e il suo sapore, ma bramano più del suo corpo. Saranno necessari gli sforzi di tutti e tre per batterla al suo stesso gioco e convincerla a dare loro una possibilità.

Mentre esplorano la loro complicata relazione, la ricerca di Claire dell’alfa assassino li mette tutti in pericolo. Riusciranno a collaborare per affrontare insieme la minaccia o i loro segreti e le loro paure distruggeranno tutto ciò che hanno costruito?

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