Книга - Insieme Per Trinity

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Insieme Per Trinity
Bella Settarra


Terzo Libro della serie I Cowboy di Cavern County

Due cowboy. Il doppio dell'amore… o il doppio del dolore?

Arrivata a Cavern County per stare con i suoi zii, Trinity Ellis rimane scioccata quando scopre che due affascinanti cowboy si stanno prendendo cura della coppia di anziani. Sapendo quanto sono ricchi i suoi parenti si insospettisce, anche infastidita dal fatto che i due cowboy si sono occupati delle cose che avrebbe dovuto fare lei.

Jarrod Parker e Cordell Bray sono felici di aiutare i loro vicini, che considerano una famiglia da quando hanno perso i loro genitori. Jarrod è rimasto orfano da poco, mentre i fratelli e la sorella di Cordell si sono rivoltati contro di lui e la madre dopo la morte del padre. Entrambi vengono subito catturati da quella ragazza dai capelli rosa, anche se suo zio Frank li ha avvertiti di andarci piano con lei. Infatti, sembra che Trinity non solo abbia appena perso la propria casa per colpa di una fuga di gas, ma che sua madre sia morta un paio di anni prima, un trauma da cui la ragazza non si è mai veramente ripresa.

Nonostante i suoi sforzi, Trinity si innamora dei due uomini, che la aiutano a scoprire i segreti che il suo ragazzo aveva tenuto nascosti a tutti. Lui è morto nell'esplosione, ma il loro amore era morto molto tempo prima, e Trinity adesso sta per scoprire perché.

I tre si aiutano a vicenda a guarire le proprie ferite mentre comprendono il vero significato della parola famiglia. Trinity impara a fidarsi di nuovo, rendendosi conto che li ama come non aveva mai amato il suo ragazzo.

Ma i due cowboy non sono come sembrano, e chi è la donna tra le loro braccia?



Translator: Sara Coccimiglio









Table of Contents


Books by Bella Settarra (#u305c66de-14dc-50a2-a1ab-9dd4fb59dff7)

Title Page (#ue5438b52-a181-5151-b867-a9fabed7ed3c)

Legal Page (#u2d0d25ba-b7fb-5a4c-9966-b75d1951ae1a)

Book Description (#u459d81fa-e2fe-5864-ba7d-517d2350c542)

Dedica (#ua95d9a34-7373-5d2c-90a4-a400acdd95f9)

Riconoscimenti (#uaaa9d3a5-31c2-577e-9d8b-efd6b30cd5c5)

Capitolo Uno (#ufcf69a9a-f6a8-50b8-908c-f1d2a9113c65)

Capitolo Due (#u585bc8f9-110b-5a25-acc8-5dfdb93aa4cb)

Capitolo Tre (#uf90c2edf-1c61-51d2-85e7-518e663441de)

Capitolo Quattro (#uf9b10903-bcaa-5c8f-a56f-c7b7682aa8ca)

Capitolo Cinque (#u1f759dbe-aa89-5f8d-b1fc-3e37064a4698)

Capitolo Sei (#uffca3a50-bfd7-58f6-9009-0a56fec6dd67)

Capitolo Sette (#uec14df1a-daee-5871-b6f2-ac61f6d8b457)

Capitolo Otto (#u2ff8e2be-975b-5779-93a3-db8a9915d77d)

Capitolo Nove (#u93fed381-14ef-52f9-8464-f37ffffbb911)

Capitolo Dieci (#ub027fb69-97fc-58f7-bc3c-077bc883ba1a)

Capitolo Undici (#ue24954f9-cfa5-5a35-87e2-05ef04363ea8)

Capitolo Dodici (#u2992d1b1-feb1-5c68-8957-96e649034dc2)

Capitolo Tredici (#ubaffb45b-f7b1-5b26-8bd0-bac89193db05)

Capitolo Quattordici (#u0d880f4f-6e13-5032-9ab4-9d72312ab5c3)

Capitolo Quindici (#ufe58e5e6-de29-5a54-b2d9-5fa4c8cbd871)

Capitolo Sedici (#ue1f436d6-e7ea-5c91-9ed5-cb725cfae908)

Capitolo Diciassette (#u496d2a30-1791-5ef8-a72b-55f150093bc4)

Capitolo Diciotto (#u988914aa-d22d-5ccc-89fd-0598bac84e55)

Capitolo Diciannove (#u3d9c4f91-4a3f-545a-9499-b77a6516edb2)

Capitolo Venti (#ua43dc579-f2b2-59a6-ae5d-20136eccb767)

Capitolo Ventuno (#ue67e55f6-6b4b-5af2-aa07-f90fb0198746)

Capitolo Ventidue (#ube67d039-d234-5cd6-a843-3efecb5da454)

Capitolo Ventitré (#uf7e70466-101f-58cf-b4ac-c7fc20fd0765)

Capitolo Ventiquattro (#uc1da9e50-52d0-5a9e-956c-d5ce67d76282)

Capitolo Venticinque (#u4a511704-3530-5fef-972e-577bc107b74f)

More exciting books! (#u7aa4eefe-35e8-5896-b869-b8636aead3d1)

L'Autrice (#u1aae63c6-a93b-5ab6-b641-98741187f29f)


Totally Bound Publishing books by Bella Settarra



The Cowboys of Cavern County

Carla’s Cowboys (http://www.totallybound.com/carlas-cowboys)

Maggie’s Man (http://www.totallybound.com/maggies-man)

Two for Trinity (http://www.totallybound.com/two-for-trinity)

Isla’s Irish Cowboy (http://www.totallybound.com/islas-irish-cowboy)

Savannah’s Saviors (http://www.totallybound.com/savannahs-saviors)


I Cowboy di Cavern County

INSIEME PER TRINITY

BELLA SETTARRA


Insieme per Trinity

ISBN # 978-1-80250-061-5

©Copyright Bella Settarra 2017

Cover Art by Posh Gosh ©Copyright June 2017

Traduzione di Sara Coccimiglio 2021

Interior text design by Claire Siemaszkiewicz

Totally Bound Publishing



Questa è un'opera di finzione. Tutti i personaggi, i luoghi e gli eventi sono frutto dell'immaginazione dell'autore e non devono essere confusi con i fatti. Qualsiasi somiglianza con persone, vive o morte, eventi o luoghi è puramente casuale.



Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in qualsiasi forma materiale, sia tramite stampa, fotocopia, scansione o altro senza il permesso scritto dell'editore, Totally Bound Publishing.



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L'autore e l'illustratore hanno fatto valere i loro rispettivi diritti ai sensi del Copyright Designs and Patents Acts 1988 (e successive modifiche) per essere identificati come autore di questo libro e illustratore del lavoro artistico.



Pubblicato nel 2021 da Totally Bound Publishing, Regno Unito.



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Terzo Libro della serie I Cowboy di Cavern County

Due cowboy. Il doppio dell'amore… o il doppio del dolore?



Arrivata a Cavern County per stare con i suoi zii, Trinity Ellis rimane scioccata quando scopre che due affascinanti cowboy si stanno prendendo cura della coppia di anziani. Sapendo quanto sono ricchi i suoi parenti si insospettisce, anche infastidita dal fatto che i due cowboy si sono occupati delle cose che avrebbe dovuto fare lei.



Jarrod Parker e Cordell Bray sono felici di aiutare i loro vicini, che considerano una famiglia da quando hanno perso i loro genitori. Jarrod è rimasto orfano da poco, mentre i fratelli e la sorella di Cordell si sono rivoltati contro di lui e la madre dopo la morte del padre. Entrambi vengono subito catturati da quella ragazza con i capelli rosa, anche se suo zio Frank li ha avvertiti di andarci piano con lei. Infatti, sembra che Trinity non solo abbia appena perso la propria casa per colpa di una fuga di gas, ma che sua madre sia morta un paio di anni prima, un trauma da cui la ragazza non si è mai veramente ripresa.



Nonostante i suoi sforzi, Trinity si innamora dei due uomini, che la aiutano a scoprire i segreti che il suo ragazzo aveva tenuto nascosti a tutti. Lui è morto nell'esplosione, ma il loro amore era finito molto tempo prima, e Trinity adesso sta per scoprire perché.



I tre si aiutano a vicenda a guarire le proprie ferite mentre comprendono il vero significato della parola famiglia. Trinity impara a fidarsi di nuovo, rendendosi conto che li ama come non aveva mai amato il suo ragazzo.



Ma i due cowboy non sono affatto come sembrano, e chi è la donna tra le loro braccia?


Dedica

Questo libro è dedicato a tutti i lettori che mi hanno detto quanto adorano le storie con più protagonisti maschili. Buon divertimento ;)


Riconoscimenti

L'autore riconosce lo stato di marchio registrato e i proprietari dei seguenti marchi menzionati in questa opera di fantasia:



Converse: Converse, Inc.

Barbie: Mattel, Inc.

Google: Google, Inc.

Sherlock Holmes: Sir Arthur Conan Doyle

Coke: Coca-Cola Company

The Hallelujah Chorus: George Frideric Handel

Calvin Klein: Calvin Klein Trademark Trust

Cosmopolitan: Hearst Communications Inc.

Dr. Martens: Dr. Martens International GmbH Trading Company

Underwriter’s Laboratories: UL LLC

Marilyn Manson: Warner, Brian Hugh Individual


Capitolo Uno

“Ehi, Frank, non ci avevi detto che era così carina!” Jarrod fischiò mentre la minuta ragazza con i capelli rosa scendeva dal treno.

“Fai il bravo,” ribatté Frank a bassa voce mentre camminavano verso di lei. “Ricorda quello che ti ho detto.”

Cordell alzò gli occhi al cielo in direzione del suo amico, scuotendo la testa incredulo, ma non disse niente. Jarrod era sempre il solito… Guardò la ragazza ma anche lui dovette ammettere che era bellissima.

“Trinity, tesoro, come sei cresciuta.” Sylvia fu la prima ad avvicinarsi alla ragazza con i lineamenti affusolati, e l'abbraccio in cui strinse la nipote sembrò rischiare di spezzarla a metà.

“Zia Sylvia, è così bello rivederti.” Trinity sorrise, anche se i suoi occhi mantennero una vena di malinconia. “E zio Frank, sei stato gentile a venire a prendermi. Avrei potuto chiamare un taxi. Cos'hai fatto al braccio?” Si accigliò mentre studiava il suo braccio sinistro, avvolto da una fascia e premuto contro il petto.

Frank si fece avanti e la abbracciò. “Va tutto bene, dolcezza. Non preoccuparti. Sono solo caduto un po' goffamente, secondo il dottore. Uno dei cavalli è stato spaventato da un topo, o qualcosa del genere, e si è impennato all'improvviso. Non mi sono reso conto di quello che stava succedendo fino a quando non sono caduto a terra.” Ridacchiò. “Eppure, come dico sempre, dove non c'è senso, non c'è sentimento.” Inclinò la testa, lasciandola andare. “Loro sono Jarrod e Cordell.” Fece un cenno verso i due uomini, che si fecero avanti per raggiungerli.

Cordell osservò Jarrod sorridere ampiamente alla ragazza e si sentì stringere lo stomaco, non sapendo bene come avrebbe reagito alla loro presenza. Con sua sorpresa, lei gli tese la mano.

“Piacere di conoscervi, sono Trinity Ellis,” disse.

Jarrod sembrava un po' perplesso mentre le stringeva la mano, anche se stava ancora sorridendo. “Jarrod Parker. Piacere di conoscerti.”

Cordell la notò arrossire leggermente prima che si girasse verso di lui per salutarlo.

“Ciao Trinity, sono Cordell Bray.” Le strinse la piccola mano, sorpreso che una donna così minuta avesse una stretta così forte. Indossava uno smalto rosa acceso che si intonava ai capelli, e il suo palmo era caldo e morbido contro la sua pelle. Non riuscì a resistere alla tentazione di prolungare un po' la stretta, così disse: “Benvenuta a Cavern County.”

Trinity gli rivolse un piccolo sorriso prima di ritirare la mano. “Grazie.”

“Siamo venuti qui per aiutarti con i bagagli, e per portarti a casa, ovviamente,” le disse Jarrod, guardandosi intorno.

“Oh, è molto gentile da parte vostra, ma ho soltanto questo,” rispose, riferendosi al borsone giallo che teneva stretto come se temesse di vederlo sparire. “Tutto il resto è andato.” Le lacrime le riempirono i grandi occhi verdi mentre lo diceva, e il cuore di Cordell si serrò con forza.

“Andiamo a casa e rilassiamoci, allora,” disse Sylvia in fretta, passando un braccio intorno alle spalle di Trinity e guidandola verso la macchina. “Scommetto che sei affamata, vero?”

Cordell rimase un po' indietro mentre Frank seguiva le due donne.

“Sembra che non mangi da un mese intero,” sussurrò Jarrod, avvicinandosi all'amico.

“Ssh.” Cordell roteò di nuovo gli occhi. Jarrod era un uomo gentile e alla mano, ma il tatto non era mai stato il suo punto forte.

“Sto solo dicendo,” disse Jarrod, alzando le mani in segno di resa, “che ho come l'impressione che volerà via se si alzerà un po' di vento.”

“Smettila,” mormorò Cordell. “Sai dannatamente bene che ha passato le pene dell'inferno. L'ultima cosa di cui ha bisogno sono i tuoi commenti intelligenti. E non pensare che non mi sia accorto di come l'hai guardata. È off limits, ricordi?”

“È anche molto bella. Non puoi dire di no,” borbottò Jarrod in tono cantilenante. “Ho visto il modo in cui tu l'hai guardata a bocca aperta, amico. Non venirmi a dire che non ti piace.”

“Non è questo il punto. Dacci un taglio e basta, d'accordo?” borbottò Cordell a denti stretti mentre si avvicinavano a loro volta alla macchina.

Jarrod sorrise.

Cordell sospirò.

“Smettila di preoccuparti per ogni cosa,” gli sussurrò Jarrod all'orecchio prima di fare il giro dell'auto.

Cordell non poté fare a meno di sorridere mentre prendeva posto dietro il volante. Niente sembrava turbare Jarrod. Era una delle tante cose che apprezzava del suo migliore amico.

“La stanza degli ospiti è già pronta per te,” disse Sylvia a Trinity mentre si dirigevano verso Pelican's Heath.

“È molto gentile da parte vostra ospitarmi,” rispose Trinity a bassa voce. Era seduta tra i suoi zii, che la facevano apparire ancora più esile nonostante non fossero imponenti loro stessi.

Cordell la guardò attraverso lo specchietto retrovisore. Sembrava sconcertata e lui si rese conto che probabilmente era ancora sotto shock per quello che era successo. “Ti piace cavalcare, Trinity?” chiese, cercando di mantenere la conversazione su toni leggeri.

“Sì, lo facevo spesso,” rispose lei. “Ma non lo faccio da un po'. Credo di essere arrugginita.” La sua voce sembrava un po' più sollevata e Cordell la vide arrossire leggermente attraverso lo specchietto.

“Beh, avrai un sacco di opportunità per ricominciare a farlo, a Pelican's Heath,” le disse Jarrod. “Anche se ti consiglio di restare in sella. Il modo di cavalcare di tuo zio non è quello che io raccomanderei alle persone.”

“Chissà quante volte ancora dovrò ripetere che non è stata colpa mia,” sbuffò Frank scherzosamente.

“Cosa? Stai per caso dando la colpa a quel povero cavallo?”

Cordell si voltò in tempo per vedere la falsa espressione di shock sul viso di Jarrod mentre l'amico si metteva le mani sulle guance.

Trinity ridacchiò. Fu un suono lieve ma era senza ombra di dubbio divertita.

“Non è quello che ho detto, e lo sai,” protestò Frank con un ghigno. Era chiaramente abituato alle prese in giro di Jarrod.

“A me sembrava proprio di sì. Tu cosa ne pensi, Trinity?” le domandò Jarrod, coinvolgendola nella conversazione.

“Non voglio immischiarmi,” rispose lei. “Io non c'ero.”

“Nessuno di noi c'era,” le spiegò Cordell, continuando a guardarla dallo specchietto. “In effetti, abbiamo i nostri sospetti che non ci fosse neppure un cavallo. Pensiamo che tuo zio Frank abbia bevuto un po' troppo del suo vino ai fiori di sambuco e sia semplicemente inciampato nei propri piedi.”

Jarrod scoppiò a ridere e Cordell fu contento di vedere anche Trinity ridacchiare. Il suo viso sembrava un po' più rilassato, adesso, ed era ancora più bella di prima.

“Sono solo stupidaggini, e lo sai bene,” protestò Frank, scuotendo la testa. Era sulla settantina, andava in giro sempre ben vestito e aveva un'aria autoritaria. Per fortuna aveva anche uno spiccato senso dell'umorismo.

“Dai, Frank, lo sai che i ragazzi ti stanno prendendo in giro,” lo calmò Sylvia con un sorriso. Poi si rivolse a Trinity. “Fanno sempre così, tesoro. Ti ci abituerai presto.”

Trinity sorrise, e Cordell notò che lo stava guardando attraverso lo specchietto retrovisore, poi arrossì e si voltò velocemente, capendo che era stata beccata. Cordell sorrise. Trinity era difficile da capire, i capelli e le unghie rosa davano l'impressione di una ragazza che trasudava sicurezza, anche se in quel momento non ne dimostrava affatto. Sperava che passare un po' di tempo a Cavern County l'avrebbe aiutata a riprendersi dallo shock che aveva avuto e tornare alla normalità, qualunque essa fosse.

“Eccoci arrivati,” disse Frank, quando Cordell fermò l'auto davanti alla grande casa dei coniugi. “Andiamo dentro, signorina. Devi essere sfinita.”

“No, sto bene zio Frank, davvero. Ho dormito sul treno,” rispose Trinity.

Jarrod aveva già aperto la portiera dell'auto per aiutare Sylvia e Trinity a scendere, così Cordell si diresse verso la casa, dove Frank stava aprendo la porta.

“Non mi piace per niente,” sussurrò l'uomo più anziano. “So che ha appena perso la propria casa, ma deve esserci dell'altro. Era così vivace e frizzante. Diavolo, è stato difficile farla smettere di parlare, l'ultima volta che è stata qui. Scoprirò cosa le è successo anche a costo di morire nell'impresa.” Il suo viso si irrigidì mentre parlava.

Cordell si accigliò ma, notando che le due donne li avevano quasi raggiunti, non disse nulla.

“Preparo il caffè,” disse Frank mentre entravano. Era una bella casa, con i soffitti alti e le stanze molto spaziose.

“Lascia che ti mostri camera tua,” disse Sylvia a Trinity con un sorriso. La condusse su per le scale mentre i tre uomini si dirigevano in cucina.

“Dove la tenevi nascosta?” chiese Jarrod, sedendosi sul bancone. Mentre dondolava le gambe a penzoloni, si arrotolò le maniche della camicia bianca di cotone, mettendo in mostra le braccia muscolose.

“Ve l'ho già detto. Vive in Nebraska,” rispose Frank burbero. “Quando era piccola veniva qui per le vacanze, ma da quando ha iniziato a lavorare l'abbiamo vista a malapena.”

“Di certo è diventata una donna meravigliosa,” osservò Jarrod.

Cordell si aspettava che Frank lo rimproverasse, invece l'uomo si accigliò, pensieroso. “Hai ragione.”

“Ma ha un fidanzato, giusto? Ho notato che indossa un anello con un cuore.”

Cordell fissò intensamente Jarrod, ricordando quello che Frank aveva detto loro prima che Trinity arrivasse. “Ecco, lascia che ti aiuti.” Prese le tazze dalla credenza e indicò uno sgabello dove Frank si lasciò cadere con un sospiro.

“Quell'anello era di sua madre. Probabilmente è l'unica cosa che le resta di lei.” Strinse le labbra. “Aveva un fidanzato, però. Presumo che stiano ancora insieme.”

“Allora dove diavolo è?” sbottò Jarrod furioso. “Dovrebbe essere con lei in questo momento, non lasciarla sola ad affrontare tutto questo. Che razza di uomo è?”

Frank scosse la testa. “Non l'ho mai incontrato.”

“Forse è una parte del problema,” commentò Cordell. “Penso che dovremmo procedere con cautela per un po', almeno fino a quando non conosceremo meglio la situazione.” Lanciò a Jarrod uno sguardo che diceva: spero che tu abbia recepito il messaggio, prima di riprendere a preparare il caffè.

Poteva sentire Jarrod fissargli la nuca e sapeva che il suo amico aveva ricevuto il messaggio forte e chiaro, anche se Cordell sapeva che non sarebbe stato troppo felice di obbedire. Nonostante fosse uno dei più grandi donnaioli di Cavern County, Jarrod aveva un cuore d'oro. Cordell riusciva a vedere quanto gli piacesse Trinity – a chi non sarebbe piaciuta? – ma entrambi sapevano di dover procedere con calma per non turbarla. L'aspetto sbalorditivo di Jarrod non mancava mai di far cadere le donne ai suoi piedi, tuttavia, nel caso di Trinity, quella era l'ultima cosa che le serviva. La poveretta sembrava già abbastanza debole.

Aveva notato che Jarrod aveva ascoltato attentamente Frank quando gli aveva detto che avrebbe avuto bisogno di una mano, quel giorno, e aveva immaginato che l'uomo non si riferisse solo all'aiuto fisico. Il pover'uomo era impallidito quando aveva spiegato loro che sua nipote aveva da poco perso la propria casa per colpa di un tubo del gas esploso proprio fuori dal suo condominio. La sorella di Sylvia, la madre di Trinity, era morta qualche anno prima e il padre non si faceva vedere da un bel po'. Frank e Sylvia erano molto preoccupati per la nipote e avevano insistito affinché stesse da loro per un po' di tempo. Erano determinati a prendersi cura di lei, che lo volesse o no. Era abbastanza indipendente, a quanto pareva, quindi era stata un po' reticente ad accettare la loro proposta.

Era difficile immaginare Trinity come autosufficiente e capace di adattarsi a tutto. Il suo viso era sottile e pallido, e la sua figura minuta la faceva sembrare fragile e debole. Indossava un paio di jeans e una maglietta bianca, mentre ai piedi calzava delle Converse. Se non fosse stato per i capelli rosa, avrebbe tranquillamente potuto mimetizzarsi nella folla. Tuttavia, la sua passione per il rosa acceso gli fece pensare che in Trinity Ellis ci fosse più di quanto suggerisse il suo aspetto fisico.

Mentre la caffettiera gorgogliava, Cordell si voltò per guardare Frank, che sembrava perso nei propri pensieri, mentre stava seduto al bancone fissando il vuoto. “Quanto tempo resterà qui?” chiese.

Frank sussultò, come se fosse appena stato trascinato fuori da un luogo lontano mille miglia. “Fino a quando riusciamo a farla restare,” mormorò, a bassa voce.

Jarrod si accigliò. “Hai detto che lavora da casa. Ha qualcosa per cui dovrebbe tornare in Nebraska?”

“Non lo so. Suppongo dipenda da questo suo fidanzato,” replicò Frank. “Se è una cosa seria, potrebbe voler tornare da lui il prima possibile.” Strinse le labbra, pensieroso. “Dipende da come si sentirà stando lontana da lui.”

Cordell sentì un sussulto allo stomaco al pensiero che il suo ragazzo l'avesse abbandonata in un momento come quello. “Non può essere un granché se non sta con lei quando ha bisogno di lui,” mormorò.

“Non è forse vero?” intervenne Jarrod con un sogghigno.

“Andiamo, ragazzi. Non conosciamo l'intera storia. Non saltiamo subito alle conclusioni, va bene? Potrebbe avere una valida ragione per non essere qui con lei.” Frank sollevò una mano per calmarli mentre si alzava.

“Non riesco a pensare a niente che possa essere considerato una valida ragione per non stare con la tua fidanzata quando ha bisogno di te,” protestò Jarrod. “Qualsiasi ragazzo degno di questo nome farebbe i salti mortali pur di stare con Trinity in un momento come questo. Quella ragazza ha bisogno di conforto, di essere accudita. Chiunque sia questo fidanzato, vorrei prenderlo a pugni per averla lasciata da sola. Non merita una ragazza come Trinity. Non mi interessa quali scuse abbia, non sono valide. Che razza di uomo lascia sola la sua fidanzata subito dopo che la sua casa è andata a fuoco?”

Un rumore improvviso fuori dalla porta li fece voltare tutti.

“Uno che è morto,” replicò Trinity.


Capitolo Due

Trinity deglutì mentre l'atmosfera pesante minacciava di soffocarla. Tutti la stavano fissando e lei riusciva a sentire la loro vergogna e il loro orrore. Era tentata di correre fuori da quella casa e liberare le lacrime che le bruciavano la gola, singhiozzando e imprecando per quanto crudele era stato il destino con lei, ma non lo fece. Trinity era forte. Doveva esserlo. Inoltre, zia Sylvia era proprio dietro di lei.

“È già pronto quel caffè?” chiese, costringendo le gambe a muoversi mentre si dirigeva verso il bancone. Zia Sylvia le posò una mano sulla schiena. Trinity sapeva che l'anziana signora probabilmente stava cercando di aiutarla, ma il contatto fisico era l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.

Cordell la guardava a bocca aperta, il suo bel viso era teso e a disagio. I folti baffi che gli coprivano il labbro superiore si contrassero mentre chiudeva rapidamente la bocca e sembrava faticare a trovare le parole giuste da dire. “Sì, certo.” Si voltò verso la caffettiera e cominciò a versare il caffè. “Mi dispiace davvero per…”

“Va tutto bene,” lo interruppe lei, alzando una mano per impedirgli di scusarsi. Sapeva che sarebbe crollata se lui fosse stato gentile con lei. “Ci sono dei biscotti in quel barattolo?” Fece un cenno verso il contenitore sul bancone e Cordell lo afferrò rapidamente per passarglielo.

“Trinity, dolcezza, non lo sapevamo. Voglio dire, hai detto che il tuo appartamento è stato distrutto da quell'esplosione, ma non che…” Lo zio Frank sembrava devastato e Trinity non poté fare a meno di sentirsi dispiaciuta per lui.

“Va tutto bene, davvero,” disse con la massima disinvoltura che riuscì a tirare fuori, prendendo un biscotto con le gocce di cioccolato. “Era nell'appartamento quando è andato in fiamme.” Il nodo che le si era formato in gola minacciava di soffocarla, e sapeva che mangiare qualcosa in quel momento era una pessima idea. Tuttavia, non avrebbe pianto davanti a tutti. In nessun modo. Tirò su col naso, salendo sullo sgabello accanto a suo zio. Le sue gambe penzolavano, non raggiungendo del tutto la stecca orizzontale più in basso, figuriamoci il pavimento.

“Perché non ce lo hai detto?” Zia Sylvia circondò le spalle di Trinity con le braccia, soffocandola con il suo profumo alla lavanda.

Trinity sapeva che sua zia aveva buone intenzioni, ma la sua gentilezza rischiava di sciogliere la corazza che stava cercando con tanta veemenza di mantenere intatta.

“Va tutto bene,” ripeté, schiarendosi la gola mentre cercava gentilmente di spingere via le braccia di sua zia. “Non dovete preoccuparvi per me.”

Notò l'espressione ferita negli occhi di sua zia, e rapidamente distolse lo sguardo. Sfortunatamente, i suoi occhi caddero automaticamente sul bel ragazzo che stava preparando il caffè e che la stava guardando con un leggero cipiglio. Trinity non aveva davvero bisogno anche della disapprovazione di Cordell.

“Sono rimasti alcuni biscotti in quel barattolo?” Jarrod era seduto dall'altra parte del bancone e si chinò per raggiungere il contenitore che si trovava proprio di fronte a Trinity.

Grata per la distrazione, lei allungò rapidamente la mano per passargliela, proprio mentre lui faceva lo stesso. I loro corpi quasi si toccarono e Trinity fu improvvisamente circondata dall'odore fresco della sua acqua di colonia e dal calore del suo corpo. Chiudendo gli occhi per assaporare il momento, fu sorpresa di sentirsi improvvisamente in pace, nonostante la tensione e l'imbarazzo dell'intera situazione. Fece un respiro profondo, lasciando che il suo odore la riempisse e le raggiungesse l'anima.

Una risatina le fece aprire velocemente gli occhi e si ritrovò a fissare Jarrod. L'uomo aveva i capelli scuri e un sorriso che gli allargava le labbra, donandogli un aspetto rilassato e quasi fanciullesco. Le piccole rughe ai lati degli occhi marrone scuro indicavano che fosse abituato a ridere. Trinity arrossì e il suo stomaco si strinse dal desiderio di avvicinarsi ancora di più a quell'uomo che aveva appena conosciuto.

Fece per togliere la mano dalla sua, ma Jarrod glielo impedì. Anche se le piaceva molto la sensazione delle loro dita intrecciate, era un po' sorpresa dalla sua riluttanza a liberarla. Lo guardò e lo sorprese a farle l'occhiolino prima di lasciarla finalmente andare. Scosse la testa per l'imbarazzo. Era senza ombra di dubbio un seduttore. Doveva ammettere che era bellissimo, ma lei non stava cercando un altro ragazzo. Inoltre, Jarrod era gay, no? Lui e Cordell sembravano molto vicini e vivevano insieme. Deve essere questo il motivo, no?

“Allora, quali sono i tuoi programmi per domani?” chiese Cordell, facendola sobbalzare mentre improvvisamente si ricordava che lei e Jarrod non erano soli nella stanza.

“Beh…” Rimase senza parole, probabilmente per la prima volta nella vita.

“Pensavo che potremmo andare ad Almondine, a fare un po' di shopping,” replicò zia Sylvia prima di bere un sorso di caffè. Trinity aveva visto la donna osservare quanti pochi vestiti le fossero rimasti. Probabilmente era preoccupata per lei. Trinity esitò prima di rispondere. Era seduta dall'altro lato del bancone rispetto allo zio Frank e Cordell scivolò sullo sgabello lì accanto, sistemandosi proprio di fronte a lei.

“C'è qualcos'altro che ti piacerebbe fare, dolcezza?” chiese lo zio Frank.

Trinity scrollò le spalle. “È passato un po' di tempo dall'ultima volta che sono stata qui, zio. Non mi dispiacerebbe dare un'occhiata in giro. Vorrei vedere quanto è cambiato questo posto negli ultimi due anni.”

“Un bel po', direi,” disse zia Sylvia con un sorriso.

“Oh, Pelican's Heath non è cambiata così tanto,” replicò il marito, arricciando le labbra. “Forse ha uno o due negozi in più, ma nient'altro.”

“Abbiamo persino un salone di bellezza,” annunciò con orgoglio zia Sylvia.

Trinity si rianimò al pensiero. “Davvero?”

Jarrod ridacchiò. “Non eccitarti troppo,” le disse. “Quello che tua zia vuole dire è che la parrucchiera ha deciso di occuparsi anche delle unghie delle clienti.”

“È tutto quello che serve,” rispose Trinity con un debole sorriso. Si sentì scaldare dall'interno mentre fissava il bel cowboy.

Sentendosi un po' più rilassata, addentò il suo biscotto. Era delizioso. Zia Sylvia aveva ragione sul fatto che non mangiasse da un po'. Non aveva voglia di mangiare da settimane, da prima di quel terribile incidente, in effetti. Era sorprendente quanto fosse affamata adesso. Doveva essere merito dell'aria di campagna.

“La cena sarà pronta tra poco.” Zia Sylvia le aveva letto nel pensiero, oppure aveva notato come aveva divorato quel biscotto. In ogni caso, Trinity le era grata.

“C'è un gruppo che suona in città, sabato,” disse Cordell. “Ti piace la musica country, Trinity?”

Lei lo guardò, un po' sorpresa. “Sì,” rispose con cautela.

“Ehi, ottima idea. Puoi venire con noi. È solo un piccolo concerto al bar in fondo alla strada, ma è la prima volta per Pelican's Heath. Non ci sono mai stati eventi del genere, quindi tutti non fanno che parlarne.” Jarrod si animava sempre di più mentre parlava. “Cosa ne pensi, Trinity? Ti va di uscire con noi?”

“Capiamo se è troppo presto per te,” intervenne Cordell, mentre lui e lo zio Frank si scambiavano una rapida occhiata.

Trinity sospirò. Di solito il pensiero di una notte trascorsa a bere e ballare sulle note di una band che si esibiva dal vivo l'avrebbe resa felice, ma adesso non era davvero il momento.

“Posso pensarci?”

“Certo.” Jarrod annuì.

“Beh, ora faremmo meglio ad andare, comunque.” Cordell si alzò, fissando intensamente Jarrod.

“Sì. Vi lasceremo mangiare qualcosa,” concordò quest'ultimo, alzandosi per andarsene. “È stato un piacere conoscerti, Trinity. Spero di vederti, magari domani?” La scrutò interrogativamente mentre si avvicinava e le tendeva la mano.

La ragazza fece un respiro profondo, godendosi il suo profumo mentre stavano l'uno di fronte all'altra. “Probabilmente.” Annuì mentre si stringevano la mano, poi si voltò per prendere anche quella di Cordell. Cordell era decisamente un gran lavoratore, a giudicare dalla ruvidità del suo palmo. La sua colonia era anche più intensa di quella di Jarrod.

“Ci vediamo fuori, ragazzi.” Lo zio Frank si alzò.

Trinity vide zia Sylvia studiarla attentamente quando rimasero da sole in cucina. “Tutto bene, tesoro? Non ti hanno turbata, vero?”

Trinity si accigliò. “No, certo che no. Ma spero che non abbiano pensato che fossi scortese a non accettare il loro invito.”

Zia Sylvia ridacchiò. “Sono sicura che non lo pensano, tesoro. Sono due bravi ragazzi. Non lo fanno con cattiveria, ma temo che non siano le persone più discrete del mondo.” La donna era famosa per vedere sempre la parte migliore delle persone.

“Allora, come mai li conoscete?” Trinity si alzò e mise i piatti nella lavastoviglie, mentre zia Sylvia iniziava a preparare la cena.

“Lavorano al ranch dei Fielding,” replicò sua zia, chiudendo lo sportello del forno. “Ben Fielding dice che sono una vera manna dal cielo. Jarrod addestra i cavalli ed è bravissimo a farlo, a detta di tutti. Ben e Aiden sono fortunati ad averlo. Cordell ha assunto il ruolo di caposquadra quando Jeremy è partito per stare con la sua ragazza al nord. Se ne sono andati da un anno, ormai.”

Trinity si mordicchiò le labbra, pensierosa. “Allora, cosa ci facevano qui?”

Zia Sylvia le lanciò un'occhiata sorpresa. “Sono nostri amici. Ci danno una mano.”

Trinity studiò la grande cucina. Aveva sempre amato quella casa. I suoi zii erano piuttosto ricchi, dato che avevano svolto dei buoni lavori prima di andare in pensione.

La casa era lontana dalla strada principale: era situata alla fine di un lungo viale e aveva molti terreni tutt'intorno. Ricordò come zia Sylvia amasse il giardinaggio e passasse ore a curare i fiori mentre Trinity giocava sull'altalena che lo zio Frank aveva ricavato da una corda appesa a un ramo del grande albero in giardino. Spesso lo zio le aveva promesso di comprarle una nuova altalena, e anche una struttura per arrampicarsi su cui giocare quando andava a trovarli, ma Trinity aveva insistito sul fatto che preferiva arrampicarsi sugli alberi e giocare sulla sua altalena "speciale". Inoltre, non era stata in grado di sopportare il pensiero di ingombrare il giardino immacolato di zia Sylvia con pezzi di metallo che sarebbero sicuramente arrugginiti.

“Hai bisogno di aiuto?” chiese Trinity quando ebbe finito di pulire il bancone e sistemare gli sgabelli.

“No, tesoro. È tutto pronto per essere infornato. Perché non vai a riposarti un po'? Devi essere stanca.”

“Ho pensato di fare una passeggiata in giardino, se non hai bisogno di me.”

“Vuoi che mi unisca a te? Posso andare a mettermi delle scarpe più comode e…”

“No, riposati un po', zia Sylvia. Faccio solo due passi.”

Zia Sylvia sorrise e Trinity uscì dalla porta sul retro.

Sentì dei borbottii provenire dalla parte anteriore della casa e si rese conto che suo zio stava ancora chiacchierando con i due cowboy.

Mentre vagava per il giardino, si meravigliò di come tutto fosse stato tenuto in ordine. Zia Sylvia chiaramente non aveva perso il suo tocco. Il prato ben curato e le siepi ordinate la riportarono ai tempi in cui lei e sua madre andavano a visitare i suoi zii. Sua madre e zia Sylvia passavano le lunghe giornate di sole oziando sui lettini mentre lei correva con i suoi amici immaginari e costruiva nidi segreti tra i cespugli. D'istinto, giocherellò con il piccolo anello d'oro a forma di cuore che indossava sempre.

Con sua grande vergogna, si rese conto che non era più tornata lì da quando sua madre era morta. Zia Sylvia e zio Frank erano stati contattati dall'ospedale nello stesso momento in cui Trinity era stata chiamata per essere informata che sua madre era stata ricoverata. Si rimproverava ancora di essere stata all'università invece che a casa a prendersi cura di lei. Ma la mamma non era sembrata affatto malata. La malattia all'epoca era in remissione e tutti si aspettavano che stesse bene. Non avevano motivo di sospettare che il cancro al seno sarebbe improvvisamente tornato e avrebbe attaccato il suo corpo in modo così violento. Quando i medici si erano resi conto di cosa si trattava, quel male terribile era già divenuto incurabile. La mamma era morta tra le sue braccia con zia Sylvia e zio Frank seduti al capezzale.

Sarebbe sempre stata grata agli zii per il modo in cui si erano assunti la gestione degli affari di sua mamma. Non appena le era stato diagnosticato un cancro per la prima volta, la mamma aveva scritto il testamento e aveva messo da parte i soldi per il suo funerale, per ogni evenienza. Ne avevano persino riso quando si era ripresa, scherzando su come quei soldi "sarebbero comunque stati utili, un giorno".

Dopo il funerale, zia Sylvia aveva insistito per aiutare Trinity mentre la ragazza cercava di tornare in sé. Per fortuna era già abbastanza avanti negli studi, e prendersi una breve pausa per assimilare il lutto non aveva influito affatto sui suoi voti. La mamma era stata così orgogliosa del suo ingresso al college che Trinity riteneva obbligatorio finire gli esami e laurearsi. Glielo doveva. Il giorno della laurea, zio Frank e zia Sylvia erano stati lì per sostenerla, assicurandole che anche sua madre l'aveva osservata ed era orgogliosa di lei.

Mentre faceva scorrere la mano sui lillà profumati che sbocciavano sul vecchio albero, si ricordò di quanto piacesse quel posto a sua madre. Si vergognava di non essere tornata più spesso nei due anni successivi alla sua morte. I suoi zii non stavano diventando più giovani, e avrebbero potuto aver bisogno del suo aiuto, quell'aiuto che la famiglia dovrebbe sempre dare. Le bruciava il fatto che si affidassero ai loro vicini perché lei era a migliaia di chilometri di distanza, nel Nebraska.

Due splendidi volti le balenarono davanti agli occhi e Trinity imprecò contro se stessa per essere rimasta così colpita da loro. C'erano stati alcuni momenti, in cucina, in cui aveva davvero provato qualcosa nei confronti dei due cowboy. Attrazione? Affetto? Qualunque cosa fosse, doveva sparire. Kevin era stato seppellito solo un paio di settimane prima, e di sicuro adesso Trinity non cercava nessun tipo di relazione… e forse non l'avrebbe mai più cercata.


Capitolo Tre

Zia Sylvia chiamò un taxi per farsi portare con Trinity ad Almondine la mattina successiva.

“Tua zia non vedeva l'ora di passare un po' di tempo tra donne,” annunciò lo zio Frank mentre Trinity si sedeva per fare colazione. “Proprio non capisco perché a voi ragazze piaccia tanto lo shopping,” la prese in giro con un sorriso. “Hai dormito bene, dolcezza?”

“Sì, grazie, zio Frank.” Trinity sorrise. “Mi ero quasi dimenticata quanto fosse tranquillo e silenzioso questo posto. Potrei abituarmi.” Era rimasta sorpresa di quanto bene avesse dormito. Era la prima volta dall'incidente, avvenuto due mesi prima, che non passava la notte a rigirarsi tra le coperte. La stanzetta in cui aveva alloggiato al Fucsia Falls Hotel, nel Nebraska, era caldissima e il letto era il più scomodo sulla faccia della terra.

Lo zio Frank annuì. “Bene. Puoi rimanere tutto il tempo che vuoi.”

“Dovrò tornare in Nebraska, prima o poi,” rispose Trinity, dando un morso a un croissant. “Uhm, questi sono buonissimi.”

“Pensavo che lavorassi come freelance?” Zia Sylvia si accigliò. “Non puoi lavorare da qualsiasi luogo? Voglio dire, non so molto di queste cose, ma non fai tutto sul computer in questi giorni? Di sicuro, non devi essere per forza in Nebraska, no?”

“Penso che tua zia abbia intenzione di rapirti e tenerti qui per sempre,” disse lo zio con un sorriso complice. “Le piace avere un'altra donna in casa.”

“Sicuramente è un cambiamento rispetto a tutti i cowboy che si aggirano nei dintorni,” protestò zia Sylvia, scherzosamente. “Penso che un po' di compagnia femminile mi farà solo bene.” Strizzò l'occhio a Trinity, che ridacchiò.

“Non ti sei mai lamentata di quei cowboy,” la prese in giro lo zio Frank. “Sei praticamente una mamma per la maggior parte di quei ragazzi.”

Trinity si accigliò. “Di chi state parlando?”

“Beh, Aiden e Ben Fielding, tanto per cominciare.” Frank si rivolse alla nipote. “Forse ti ricordi di loro. Possiedono il ranch dall'altra parte della città.”

“Vagamente. Avevano anche una sorella, se ricordo bene. Josie, vero?” Trinity era contenta di ricordare con facilità tutte quelle cose nonostante non tornasse lì da un bel po' di tempo. Le sembrava in qualche modo più familiare.

"Sì, continuo a chiedere a Josie di portare qui il piccolo Curtis, ma è così impegnata che difficilmente riesco a vederli.” Zia Sylvia mise il broncio.

“Curtis?” Trinity si accigliò, cercando di associare un volto a quel nome.

Zia Sylvia sorrise. “Josie ha avuto un bambino. Dovrebbe avere quasi diciotto mesi. È bellissimo. E anche Aiden si è sposato. Sua moglie Maggie è meravigliosa. La adorerai.”

Frank annuì. “E, naturalmente, Cordell e Jarrod, che hai incontrato ieri sera. Potrebbero anche trasferirsi qui in pianta stabile, visto quanto tempo ci passano.” Finse di essere annoiato, ma zia Sylvia stava ridendo.

“Non mi dispiacerebbe affatto,” disse la donna. “Sono i benvenuti in qualsiasi momento. Gliel'ho detto. Valgono tanto oro quanto pesano.”

Trinity alzò lo sguardo sorpresa.

“Beh, devo ammettere che non so dove saremmo senza di loro,” concordò zio Frank, “specialmente quando quel dannato tubo dell'acqua si è rotto lo scorso inverno. Sono arrivati senza che chiedessi loro niente e se ne sono occupati da soli, nonostante lavorassero a tempo pieno al ranch. Hanno lavorato per un giorno intero, assicurandosi che avessimo un qualche tipo di riscaldamento e un posto asciutto dove dormire.”

“Solo perché ti sei rifiutato di trasferirti per un po',” gli ricordò zia Sylvia.

“Non volevo andarmene come se nulla fosse e lasciarli a sistemare il nostro macello,” rispose lo zio.

“Non gli sarebbe dispiaciuto.”

“Beh, ci siamo divertiti molto, no? Nonostante tutto il lavoro che dovevano fare, erano così allegri, sempre a fare battute e cose del genere. In loro compagnia sembrava di essere a una festa.” Ridacchiò, ricordando quel momento.

Zia Sylvia rise, scuotendo la testa. “Ammetto che è stato divertente.”

Trinity non disse nulla mentre gli zii continuavano a ricordare il giorno in cui i due cowboy li avevano aiutati a riparare la casa dopo che il tubo aveva allagato il piano terra.

“Quindi li conoscete bene?” chiese dopo un po'. Non sapeva perché, ma il pensiero che sua zia e suo zio andassero così d'accordo con i due uomini la irritava un po'. Sarei dovuta essere qui per aiutarli.

“Oh, sì, sono quasi parte della famiglia ormai. Non è vero, Frank?” Zia Sylvia sorrise.

Non era quello che Trinity voleva sentire.

“Si potrebbe dire così,” rispose lo zio Frank, accarezzando la mano di sua moglie.

Trinity perse improvvisamente l'appetito e si alzò. “Vado a prendere la borsa,” disse rivolta verso la zia. “Tra quanto arriverà il taxi?”

Zia Sylvia guardò l'orologio, sorpresa. “Dovrebbe arrivare da un momento all'altro,” rispose, alzandosi rapidamente.

“Mi occupo io di sparecchiare. Vai pure ad incipriare quel tuo bel nasino,” disse zio Frank, mentre Sylvia iniziava a impilare i piatti.

“Sei sicuro?”

“Ma certo. Vai pure. Non vorrai far aspettare il taxi.”

Trinity sorrise di fronte a quello scambio affettuoso. Erano ancora molto innamorati, si vedeva lontano un miglio, e lei desiderava avere una relazione come quella, un giorno. Non sarebbe successo presto, però, rifletté mentre saliva le scale. In passato aveva sognato un certo tipo di futuro con Kevin, ma quella barca era salpata molto prima che quel dannato tubo del gas esplodesse e reclamasse la sua vita.



* * * *



Almondine era più frenetica e molto più grande di quanto Trinity ricordasse. Zia Sylvia si divertì a mostrarle tutti i negozi nella via principale e insistette anche per regalarle dei vestiti nuovi. A Trinity non piaceva per niente l'idea che pagasse tutto sua zia.

“Ti ripagherò non appena l'assicurazione mi avrà rimborsata,” disse Trinity per l'ennesima volta, mentre sua zia aggiungeva altre due magliette alla pila di jeans che avevano già selezionato.

“Vedremo,” rispose la zia scuotendo la testa.

Trinity sapeva che la donna non voleva indietro i soldi che aveva speso quel giorno, ma lei aveva comunque intenzione di restituirle tutto. Aveva sempre pagato tutto da sola e non si sentiva per niente a proprio agio nel dipendere economicamente da loro. Tuttavia, in quel momento non aveva scelta. Fino a quando l'assicurazione non le avesse rimborsato i danni materiali e morali, avrebbe dovuto fare affidamento sui propri risparmi. La maggior parte di quei soldi erano quelli che sua madre le aveva lasciato prima di morire e che, fino a quel momento, Trinity aveva definito il suo "fondo di emergenza". Nonostante quella fosse senza ombra di dubbio una emergenza, era preoccupante vedere quanto in fretta la sua eredità stesse svanendo.

“Tuo zio ha detto che ci avrebbe incontrate più tardi al ristorante di Pelican's Heath,” annunciò zia Sylvia quando lasciarono la boutique e tornarono sulla strada affollata. “Ma possiamo prendere un caffè e mangiare un boccone prima di allora, cosa ne dici?”

Trinity sorrise. Immaginò che fosse un modo implicito per dirle che si stava stancando e che era pronta per fare una pausa. Zia Sylvia era invecchiata dall'ultima volta che l'aveva vista e i capelli di zio Frank erano diventati quasi del tutto bianchi.

“C'è qualcosa di cui hai bisogno?” chiese la ragazza, mentre si dirigevano verso un piccolo caffè. “Abbiamo comprato tutta questa roba per me, ma tu non hai preso quasi niente.”

Zia Sylvia rise. “Ho già tutto ciò di cui ho bisogno, tesoro,” rispose, mettendole un braccio intorno alle spalle.

Trinity sorrise, sapendo che non si stava riferendo ai vestiti o ai prodotti da bagno che avevano comprato poco prima. Zia Sylvia sembrava contenta della propria vita, e Trinity era felice per lei. Non aveva mantenuto i contatti con i suoi zii neanche la metà di quanto avrebbe dovuto, e in qualche modo aveva dimenticato quanto fossero innamorati.

Il sole era sparito dietro le nuvole, facendo diventare l'aria più fresca, e Trinity si sentì subito meglio quando entrarono in un piccolo caffè nascosto in una stradina laterale. Immaginò che non troppe persone fossero a conoscenza di quel posto, perché c'erano molti tavolini vuoti nonostante Almondine fosse caotica e piena di gente.

“Vieni qui spesso?” chiese alla zia, mentre sorseggiavano il loro caffè.

La donna sorrise. “Non molto. Non è divertente farlo da soli.”

Trinity sentì una fitta allo stomaco nel rendersi conto di quanto dovesse sentirsi sola sua zia. Era chiaro che non aveva molta compagnia femminile, ed era certo che le mancasse sua nipote. Trinity pensò a quanto le sarebbe piaciuto vivere nei dintorni e incontrare regolarmente sua zia. I suoi parenti avevano ragione: non stavano ringiovanendo e lei era l'unica famiglia che gli restava.

“Hai comprato solo jeans e magliette,” commentò zia Sylvia con un'espressione accigliata. “Che ne dici di un bel vestito per uscire la sera?”

Trinity rifiutò educatamente con un sorriso. “Non ho bisogno di nient'altro,” rispose. “Non mi servono vestiti per il lavoro perché faccio tutto da casa, e non esco per andare a divertirmi da un bel po'.”

La zia prese un respiro profondo. “Deve essere orribile perdere il proprio ragazzo in quel modo,” disse dolcemente.

Trinity sospirò. “È stato terribile, ad essere onesti,” ammise. “Kevin e io avevamo programmato di uscire quella sera, ma abbiamo litigato, come sempre.” Fece una smorfia, ricordando come erano andate le cose.

“Quindi non andavate molto d'accordo?”

“No. È stata colpa mia. L'ho accusato di cose orribili. Sono sorpresa che sia rimasto con me così a lungo, a dire il vero.”

Zia Sylvia bevve un sorso del suo caffè ma non disse nulla.

Era caldo e tranquillo nella caffetteria, con una radio che trasmetteva della dolce musica country da qualche parte in sottofondo. Trinity non poté impedirsi di ricordare quel periodo.

“Stavamo insieme da circa sei mesi circa quando ho iniziato a notare delle cose,” spiegò. “Cose che prima non sembravano avere importanza. Kev faceva il rappresentante per un'azienda farmaceutica, quindi era spesso fuori casa. Viaggiava molto per lavoro e spesso prenotava una stanza d'albergo nei fine settimana. All'inizio la cosa non mi dava fastidio, ma dopo un po' ho iniziato a notare che stava fuori casa davvero tanto. E, quando era con me, di solito lavorava al computer. Non lasciava molte cose a casa mia perché si portava sempre dietro una valigia. Mi aspettavo di dovergli lavare i vestiti ogni settimana, ma quando tornava diceva che li aveva già lavati negli hotel in cui era stato.”

“Doveva guadagnare un bel po', allora,” commentò zia Sylvia.

“Già,” disse Trinity, scuotendo la testa. “Quando ci siamo incontrati per la prima volta, sembrava avere una buona disponibilità economica e gli piaceva uscire di tanto in tanto. Siamo stati in posti davvero carini. Non so se lo faceva per impressionarmi. Ad ogni modo, non passò molto tempo prima che iniziasse a dire che doveva stringere un po' la cinghia, perché non guadagnava più come prima. Ho pensato che fosse strano, perché stava lavorando molto di più.”

Zia Sylvia si accigliò. “Gli hai chiesto spiegazioni?”

Lei annuì con una smorfia. “Un sacco di volte. Mi ha sempre risposto che non era niente di importante. Ma io volevo capire cosa stava accadendo. Volevo cercare di trovare una soluzione a qualsiasi problema stesse avendo. Sembrava che più lavorasse e meno soldi guadagnasse. Non ero preoccupata per i soldi, perché io avevo un ottimo stipendio e sapevo che in caso di bisogno c'erano sempre i soldi della mamma.” Si interruppe, notando l'espressione infelice sul viso di sua zia.

“Tua mamma non avrebbe voluto che li spendessi in quel modo, tesoro,” le ricordò.

Trinity sospirò. "Lo so. Volevo solo sistemare le cose in modo da poter passare più tempo con lui.”

“E ci sei riuscita?”

“No. Abbiamo finito per litigare ancora di più, e Kevin ha cominciato a passare ancora più tempo fuori casa. Penso che a volte stesse davvero cercando di evitarmi.”

“Non ne hai parlato con lui?” La preoccupazione di zia Sylvia era palese.

Trinity si morse il labbro. “Ogni volta che ci provavo mi diceva che lo stavo accusando di qualcosa, anche se non era vero… non in quel momento, comunque,” le spiegò. “Mi ha chiesto se pensavo che stesse vedendo qualcun altro, spendendo tutti i soldi per un'altra donna o qualcosa del genere. Gli ho detto che non mi era neppure venuto in mente, ma poi mi sono chiesta se non fosse effettivamente quella la verità.”

Zia Sylvia si accigliò. “Pensavi davvero che ti stesse tradendo?”

Trinity sbuffò. “Non lo so. All'inizio gli ho detto che era paranoico e che onestamente non mi era mai passato per la testa. Ma più tempo stava lontano e più mi insospettivo. Poi ho trovato un fazzoletto a fiori nella tasca dei suoi jeans mentre gli riordinavo i vestiti.” Rabbrividì, lanciando un'occhiata cauta a sua zia.

“Glielo hai detto?”

Lei annuì. “Era quel giorno. Il giorno in cui…” Si interruppe e prese aria. “Si è arrabbiato con me per aver toccato i suoi vestiti. Ha detto che stavo curiosando, ma non era così. Gli ho chiesto da dove provenisse il fazzoletto e mi ha detto che l'aveva raccolto dal pavimento dell'hotel. Aveva pensato che l'avesse perso una delle clienti più anziane dell'albergo e stava per consegnarlo alla reception, ma era stato distratto da una telefonata di lavoro e se ne era completamente dimenticato.”

“E non gli hai creduto?”

Trinity sentì un groppo in gola mentre ricordava la furiosa litigata di quella sera.

“Era pieno di un profumo costoso, non il genere di profumo che usa di solito una donna anziana.” Si zittì di colpo, fissando la zia. “Non che io pensi…”

“Va tutto bene, tesoro.” Zia Sylvia alzò una mano per assicurarle che non si era offesa.

“Si è davvero arrabbiato con me. Mi ha detto che aveva ragione quando diceva che non mi fidavo di lui.”

“E non ti fidavi di lui?”

“Non lo so,” ammise onestamente. “Volevo fidarmi, credo. Ma più ci pensavo, più le cose non tornavano. Era sempre stanco quando eravamo insieme. Non voleva più portarmi fuori. Non ho mai saputo in quali hotel alloggiava poiché diceva che spesso cambiava idea all'ultimo minuto e prenotava da un'altra parte, quindi era meglio contattarlo sul cellulare se era importante. Ho sempre obbedito. All'inizio gli piaceva sentirmi, anche se era in riunione. Poi ha iniziato a insistere di chiamarlo solo se era davvero importante. In caso contrario, mi avrebbe chiamato lui quando fosse stato libero. Aveva la segreteria attiva o il cellulare spento la maggior parte delle volte che gli ho telefonato.”

“Ti ha dato qualche tipo di spiegazione?” Zia Sylvia si accigliò.

Trinity scosse di nuovo la testa. "Non esattamente. Diceva solo di essere impegnato. Comunque, eravamo nel bel mezzo di quell'enorme litigio quando gli è squillato il cellulare. L'aveva lasciato sul tavolino e ci sono arrivata prima di lui. Era qualcuno chiamato Poppy. Gli ho chiesto chi fosse, ma lui mi ha preso il telefono di mano e l'ha spento rapidamente. A quel punto mi ha accusata di ogni genere di cosa, sostenendo che avevo curiosato tra i suoi vestiti, controllato il suo cellulare e fatto domande tutto il tempo. Ha detto che si sentiva sotto esame ogni volta che tornava a casa. Gli ho risposto che bastava che non fosse così dannatamente riservato. Lui a quel punto mi ha chiesto se pensavo che avesse una relazione. Non sapevo cosa dire. Gli ho detto che sembrava proprio di sì, visto quanto fosse irritato per l'intera faccenda.”

Le lacrime iniziarono a scenderle lungo le guance e Trinity le asciugò con rabbia. “Quella sera dovevamo andare a bere qualcosa con alcuni amici, ma lui ha detto che non ne aveva voglia. Mi stava ancora urlando contro quando è arrivato il taxi. Ero così arrabbiata che gli ho detto che avrei preferito andare da sola, cosa che ho fatto.” Tirò su col naso. “Era passata solo un'ora quando abbiamo sentito una enorme esplosione mentre bevevamo a pochi isolati di distanza. Dentro di me sapevo che era successo qualcosa di brutto a Kev. Lo sentivo.”

Zia Sylvia le mise una mano sul braccio. “Non è stata colpa tua, tesoro,” le assicurò.

“Ma avrebbe dovuto venire con me,” disse Trinity. “Se non avessimo avuto quella dannata discussione, saremmo stati entrambi fuori casa quando è successo.”

“Non puoi biasimarti per questo,” le disse zia Sylvia. “Era un uomo adulto e ha deciso da solo di non venire con te. Non è colpa tua.”

“Ma se non avessimo litigato…”

Zia Sylvia si alzò e prese posto accanto a lei, prendendola tra le braccia. Trinity iniziò a singhiozzare forte contro il suo petto, lasciando che tutto il senso di colpa e il dolore uscissero fuori dal suo corpo teso. Non sapeva per quanto tempo avesse pianto, ma era sollevata di averlo finalmente detto a qualcuno. Era la prima volta che rivelava cosa fosse successo davvero quel giorno, e sperava che fosse anche l'ultima.


Capitolo Quattro

“Pensavo di pranzare al ristorante di Almondine, cosa ne dici?” Jarrod entrò nelle stalle con un enorme sorriso stampato in faccia. Il sole rendeva incredibilmente lucidi i suoi capelli e i denti perfetti sembravano brillare sul viso abbronzato.

Cordell appese la sella che aveva tolto a uno dei cavalli e si voltò per fissare incredulo il suo amico. “Vuoi smettere di lavorare e fare tutta quella strada solo per mangiare?” domandò con un ghigno.

Jarrod sorrise. “Oppure possiamo andare alla tavola calda. È una bella giornata. Ho pensato che potessimo cambiare un po' aria. Non ho molto da fare per le prossime due ore e so che anche tu puoi permetterti una pausa. Che ne dici?”

“Dico che non stai prendendo in giro nessuno,” mormorò Cordell, dando una pacca affettuosa sul fianco del cavallo e uscendo dalla porta laterale. “Speri di vedere Trinity Ellis laggiù, ecco cosa.”

Jarrod ridacchiò. “Io? Come puoi pensare una cosa del genere?” Gli lanciò uno sguardo fintamente shoccato e scoppiò a ridere. “Okay, forse c'è una piccola possibilità che Sylvia decida di fare un salto nel suo bar preferito con la sua bellissima nipote. Credi che saremo così fortunati da incontrarle?”

Cordell alzò gli occhi al cielo, poi chiamò uno dei manovali.

“Sam, puoi dare una bella spazzolata a Caspar? E controlla che abbia abbastanza acqua. Ha fatto una bella corsa e fa caldo in montagna.” Indicò le colline dalle quali era appena tornato. Sam annuì e si mise subito al lavoro.

“Ora possiamo andare, Capitan Ovvio. Andiamo a vedere chi c'è ad Almondine, va bene?” Si diresse verso uno dei pick-up ed entrambi saltarono sui sedili.

“Non ti sei dimenticato che quella ragazza è off limits, vero?” Cordell gli lanciò un'occhiata mentre guidava.

“No, certo che no,” rispose Jarrod con fermezza. “Ma questo non significa che dobbiamo ignorarla del tutto.”

Cordell sospirò. “Ne ha passate così tante. Non è trascorso molto tempo da quando ha perso sua madre. E ora ha perso sia il suo ragazzo che la sua casa… non riesco a immaginare come si debba sentire.”

“Ho un'idea di come si sente,” rispose Jarrod con calma.

Cordell colpì il volante, arrabbiato con se stesso. “Amico, mi dispiace così tanto. Non volevo dire…”

“Ehi, va tutto bene,” lo rassicurò Jarrod, alzando una mano per fermare le sue scuse. “Sto solo dicendo che so cosa vuol dire perdere qualcuno. Tutti che si muovono in punta di piedi intorno a te, che hanno paura di dire la cosa sbagliata. Il problema è che finiscono per non dire nulla. Ti evitano. Allora senti che è tutta colpa tua per averli fatti sentire a disagio. Non c'è una via d'uscita.”

“Mi dispiace,” ripeté Cordell, scuotendo lentamente la testa. “Non ho pensato prima di parlare.”

“Ecco. È proprio questo il punto. Non voglio che tu debba fermarti a pensare ogni volta che apri bocca. Cristo, se passassi tutto il tempo a chiederti se quello che stai per dire potrebbe offendermi, smetteresti del tutto di parlare. Mamma e papà sono morti. È brutto e lo odio, ma è successo. Devo affrontarlo e andare avanti con la mia vita. Non posso continuare a guardare avanti se tutti intorno a me guardano indietro, no?” Jarrod sorrise.

“Sei davvero una brava persona, sai?” Cordell non poteva fare a meno di ammirarlo.

Jarrod era stato così male, quando i suoi genitori erano morti in un incidente d'auto, che Cordell aveva seriamente pensato che non lo avrebbe mai più visto sorridere. Sapeva che Jarrod si incolpava di non essere stato lì. In qualche modo, era arrivato a credere che fosse colpa sua perché non era andato a trovarli abbastanza spesso. Il senso di colpa gli era pesato talmente tanto sulle spalle che era come sprofondato in una spirale di disperazione.

“Ecco perché siamo ottimi amici,” rispose Jarrod, facendogli l'occhiolino.

Cordell ridacchiò. Era così bello che Jarrod fosse tornato al suo vecchio io sfacciato e frivolo. Si erano conosciuti al liceo, quando avevano legato per una reciproca antipatia per il loro insegnante di matematica, e da allora erano diventati migliori amici. Jarrod aveva sempre avuto un atteggiamento rilassato, ed era stato terribile vederlo sprofondare nella tristezza, ma era sicuramente migliorato una volta che si erano trasferiti a Cavern County. Non c'erano ricordi lì, né persone che continuassero a ripetere a Jarrod quanto fossero dispiaciuti. Niente che gli ricordasse quello che era successo. Era passato un anno da quando si erano trasferiti in quella cittadina ed entrambi sapevano che era la cosa migliore che avessero mai fatto.

“Ti piace davvero, dico bene?” chiese Cordell, fermando l'auto fuori dalla tavola calda.

“Vuoi dirmi che a te non piace?” Jarrod sembrava incredulo, probabilmente a causa della conversazione che avevano avuto la notte precedente, subito dopo averla salutata. Jarrod aveva sempre desiderato fare una cosa a tre con una ragazza, ma Cordell era stato un po' titubante. Si sentivano più fratelli che migliori amici. Ma poi avevano incontrato Trinity Ellis, che aveva avuto un effetto sconvolgente su entrambi, e Cordell aveva ammesso di aver cambiato idea.

“Non fare il saputello.”

“Ti sento.” Jarrod rise mentre scendevano dal pick-up e si dirigevano all'interno.

Riuscirono a trovare un tavolo vicino alla finestra.

“Non c'è,” mormorò Cordell, guardandosi intorno furtivamente. “Anche se non riesco a vedere nulla attraverso quella specie di muraglia umana.” Fece un cenno verso la cassiera, che si stava occupando della folla di persone in attesa di pagare. “E sono sicuro che non sono neppure alla tavola calda, visto che ho controllato bene quando siamo passati lì davanti.”

“Probabilmente stanno ancora facendo shopping,” disse Jarrod con un sorriso. “Sai come sono le donne, quando iniziano chi le ferma più?”

“Non farti sentire da loro,” Cordell ridacchiò.

“Sentire cosa?” Rhona, la cameriera, apparve improvvisamente in piedi accanto al loro tavolo, con un taccuino in mano e un grande sorriso sul viso.

“Oh, niente,” rispose Cordell. “Io prendo un hamburger con una porzione di patatine fritte, per favore, e una birra alla spina.”

“Lo stesso per me.” Jarrod sorrise.

“Arrivano subito.”

Cordell si sporse in avanti quando furono di nuovo soli. “Frank è molto preoccupato per sua nipote,” mormorò. “Ha detto che non gli sembra più la stessa.”

“Cosa si aspettava?” Jarrod si accigliò. “Ha appena perso tutto quello che aveva, a giudicare da ciò che ha detto. Sarebbe difficile che fosse tutta sorrisi e arcobaleni, non credi?”

“Abbassa la tua dannata voce,” sibilò Cordell, notando che alcune persone si voltavano verso di loro. “Non è come sembra.”

Jarrod sbuffò. “E com'è, allora?”

“Frank ha detto che Trinity è…” Il suo sguardo vagò verso il bancone mentre parlava. “Trinity è qui,” disse rapidamente.

“Che diavolo dovrebbe significare… Oh.” Jarrod seguì la direzione del suo sguardo.

Cordell notò le due donne che sorseggiavano il caffè comodamente sedute a un tavolino dall'altra parte della stanza. Ora che la folla si era un po' diradata era facile vederle.

“Vado a chiamarle,” disse Jarrod, alzandosi.

“No.” Cordell lo fermò.

Jarrod si accigliò. “C'è qualcosa che non va, amico?”

“Non ne sono sicuro.” Cordell si leccò pensieroso il labbro inferiore, mentre Jarrod si sedeva di nuovo. “Non credo che Trinity voglia vederci, in questo momento,” sussurrò.

La ragazza tremava mentre si asciugava il viso con il fazzoletto.

“È sconvolta,” commentò Jarrod.

Dopo un paio di minuti Rhona portò le loro ordinazioni e i due si tuffarono sul cibo, anche se l'umore allegro di poco prima era ormai sparito.

“Sembra proprio che abbiano fatto un po' di shopping,” osservò Jarrod.

Anche Cordell aveva notato le borse di fianco al loro tavolino. “Se tutto ciò che le è rimasto era davvero in quella borsa la scorsa notte, direi che ne aveva bisogno.”

“È difficile immaginare di perdere tutto ciò che possiedi in quel modo,” disse Jarrod. “Voglio dire, tutte le tue cose personali: fotografie, ricordi della tua infanzia…”

“Anche i ricordi dei suoi genitori, immagino,” aggiunse Cordell, pensieroso.

“E il lavoro? Frank non ha detto che lavora da casa?”

Cordell non ci aveva pensato. “È una specie di artista… una illustratrice o qualcosa del genere. Cazzo, potrebbe aver perso qualcosa di importante.”

“Credo che la maggior parte l'abbia fatta in digitale,” commentò Jarrod, infilandosi in bocca l'ultima patatina. “Spero che abbia copiato tutto su qualche memoria esterna.”

Cordell annuì. Non riusciva a finire l'hamburger. Il suo stomaco era sottosopra. Trinity appariva fin troppo carina con i capelli rosa da Barbie e la borsa giallo canarino. La sua immagine era sicuramente in contrasto con l'atteggiamento malinconico, e, pur non conoscendola, sapeva che di solito era molto più vivace di quanto apparisse. Frank gli aveva detto che era la gioia fatta persona, la vita e l'anima della festa. Beh, prima che accadesse tutto quanto. Non era giusto che un simile disastro fosse accaduto a una ragazza come lei. Sperava che quelle buste contenessero dei vestiti dai colori vivaci e allegri. La semplice t-shirt e i jeans che indossava quel giorno non sembravano affatto rispecchiare il suo stile.

“Tutto bene, amico?” Jarrod si accigliò davanti all'hamburger mezzo mangiato di Cordell.

“Sì, ma non ho molta fame.”

“Sei sicuro che non abbia qualcosa a che fare con una certa ragazza dai capelli rosa seduta laggiù?”

Cordell sospirò. “Forse. Comunque, non so te, ma io ho un sacco di lavoro da sbrigare questo pomeriggio, quindi immagino sia ora di darsi una mossa.”

“Va bene, oggi offro io.” Jarrod prese lo scontrino dal tavolo e si avvicinò al bancone per pagare.

Cordell si mosse per seguirlo e fu sorpreso di sentirsi chiamare.

“Cordell, qui!” Sylvia lo stava salutando dal suo tavolo.

Cordell aveva volutamente evitato di guardare in quella direzione, ma ora si voltò verso le due donne. “Sylvia, Trinity, ciao.” Sorrise, camminando lentamente verso di loro. “Com'è andato lo shopping?” Guardò le loro borse.

“È stato divertente, vero?” rispose Sylvia, annuendo in direzione di Trinity. “Penso che ci siamo stancate, però.”

“Volete tornare a casa? Abbiamo il pick-up e…”

“Oh, no, va bene, grazie. Ho pensato di mostrare Almondine a Trinity e poi di prendere un taxi per tornare a Pelican's Heath, dove incontreremo Frank. È appena andato a trovare Matt Shearer al loro ranch. Non c'è fretta.”

“Siete sicure?”

“Sì, caro. Grazie comunque.”

Notò che anche Trinity annuiva, ma non parlava. Era bellissima, nonostante avesse il viso arrossato e gli occhi gonfi. Cordell dovette combattere l'impulso di abbracciarla.

“Incontreremo Frank a Pelican's Heath,” continuò Sylvia. “Voleva sapere se voi ragazzi potete passare più tardi. Non è urgente se siete occupati, ovviamente.”

“No, per niente,” la rassicurò Cordell.

“Grazie. Ha inscatolato alcuni vecchi libri che vorrebbe conservare. Sta facendo spazio nello studio per Trinity, quindi ha bisogno di togliere un po' di cose. Sono troppo pesanti da sollevare per noi vecchietti.”

Cordell inarcò le sopracciglia. “Vi daremo una mano noi.”

“Sembra che mi abbiano offerto volontario per qualcosa, qui,” disse la voce di Jarrod alle sue spalle.

“Ciao, Jarrod. Stavo giusto chiedendo se a voi ragazzi dispiacerebbe spostare dei vecchi libri più tardi. Frank sta mettendo un po' in ordine.” Sylvia sorrise.

“Sul serio?” Jarrod rimase a bocca aperta. “Si sente bene?”

Sylvia fece una smorfia scherzosa. “Lui sta bene. Vuole solo liberare la scrivania dello studio in modo che Trinity possa lavorare lì.”

Jarrod sorrise a Trinity. “Lavorare, eh? Significa che hai intenzione di restare qui per un po', bellezza?”

La voce di Trinity era un po' gracchiante. “Non ho ancora deciso cosa fare,” rispose lentamente, cercando chiaramente di non incrociare il suo sguardo.

“Vuole aspettare ancora un po' prima di decidere. Non possiamo lasciare che si annoi mentre è con noi, non è vero?” disse Sylvia.

“E io che mi stavo già montando la testa sperando che volessi restare qui per noi,” disse Jarrod con una risata, portandosi una mano al petto.

“Verremo dopo cena,” disse Cordell in fretta, notando l'espressione tesa che era apparsa sul viso di Trinity. “Dai, amico, sarà meglio andare.”

Lo trascinò fuori dal locale e poi fino al pick-up.

“Che ti prende?” chiese Jarrod, ovviamente seccato per essere stato spinto via.

“L'hai vista. Quella povera ragazza sembrava sconvolta,” rispose Cordell mentre salivano sul pick-up.

“Non per colpa nostra. In realtà stavo cercando di tirarla un po' su di morale,” protestò Jarrod.

“So benissimo cosa stavi cercando di fare,” disse Cordell, scuotendo la testa. “Tendi a dimenticare quanto bene ti conosco.”



* * * *



Trinity si sentiva un po' meglio mentre aiutava zia Sylvia a portare via i piatti della cena. Aver fatto un bel pianto liberatorio e aver raccontato a qualcuno quello che era successo con Kev sembrava averle fatto bene, anche se lì per lì non ci aveva pensato. Era stata imbarazzata nel vedere Cordell e Jarrod nella caffetteria ed era contenta che non le avessero chiesto come stava. Sapeva che era palese che avesse pianto ed era rimasta sorpresa quando avevano fatto finta di niente. Erano davvero molto gentili ed educati, oltre che belli.

Sentì un piccolo tremito nello stomaco al pensiero che li avrebbe rivisti a breve, e fu contenta di essersi lavata la faccia e di essersi truccata. Non poteva fare a meno di pensare a quanto fossero stupendi e a quanto le piacesse il pensiero di passare altro tempo con loro.

“Perché non ci sediamo un po' in veranda?” Suggerì zia Sylvia quando ebbero finito di ripulire. “È rimasto un po' di quel vino ai fiori di sambuco, vero Frank?”

“Ottima idea. Dovremmo averne ancora un paio di bottiglie.”

Il sole stava cominciando a tramontare e una leggera foschia era scesa sul giardino. Le sedie in ferro battuto circondavano un grande tavolo e i tre si sedettero per godersi la tranquillità di quella serata di fine estate.

“Ricordo l'ultima volta che sono stata qui,” osservò Trinity. “Era altrettanto bello, allora. Spesso immagino di sedermi qui a guardare le rose e i lillà.” Sorrise.

“Tua madre adorava i lillà,” disse zia Sylvia, accennando al grande albero. “Quando eri piccola prendevamo una grande coperta e ci sedevamo all'ombra, passando interi pomeriggi a fare corone di fiori.”

“Me lo ricordo.” Trinity sorrise, desiderando tornare a quei giorni spensierati. “Ti sei presa cura molto bene del giardino, zia. È esattamente come lo ricordo quando penso a questo posto.”

“È molto esigente riguardo al suo giardino,” ridacchiò zio Frank mentre il rumore di un pick-up risuonava dalla parte anteriore della casa. “E adesso lo saranno anche i tuoi giardinieri, immagino.” Senza alzarsi, disse ad alta voce: “Siamo sul retro, ragazzi.”

Trinity si accigliò. “Vuoi dire che non ti occupi del giardino da sola, zia Sylvia?” Aveva sempre immaginato sua zia che si aggirava per il giardino con un cesto appeso al braccio e un paio di forbici in mano.

“Vorrei poterlo fare, cara,” disse la donna con una leggera smorfia.

“Fare cosa?” La voce di Jarrod risuonò nell'aria mentre entrambi gli uomini svoltavano l'angolo. Girò senza sforzo una delle pesanti sedie e vi si sedette a cavalcioni, di fronte a Trinity.

“Ciao, ragazzi.” Zia Sylvia versò altro vino per tutti con un sorriso. “Stavamo solo discutendo del giardino.”

Jarrod fece roteare la spalla, massaggiandola con forza. “Sì, ci vogliono forza e impegno, ma ne vale la pena, no?” Sorrise.

“Jarrod ha avuto un piccolo incidente l'ultima volta che ha tagliato quel lillà,” spiegò Cordell, prendendo la sedia accanto a Trinity.

“Avresti dovuto tenere ferma quella dannata scala.” Jarrod fece un broncio infantile.

“L'ho tenuta finché il mio cellulare non ha iniziato a squillare. Era urgente, quindi ho dovuto rispondere,” protestò Cordell, anche se aveva l'aria un po' imbarazzata. “Pensavo che fossi in equilibrio, lassù.”

“Ero lì a tagliare quel ramo,” continuò Jarrod, indicando l'albero, “quando ho allungato la mano per staccare alcuni fiori morti e… puff, sono caduto a terra. Subito dopo mi sono reso conto che la mia spalla si era quasi rotta in due e che stavo andando in ospedale.” La sua espressione incredula avrebbe fatto ridere Trinity, se solo non fosse stata così infastidita dal fatto che si fossero occupati dell'albero preferito di sua madre.

“Pensavo che di solito ti occupassi tu di quell'albero, zia Sylvia,” disse con un filo di voce, giocherellando con il piccolo anello a forma di cuore che indossava sempre.

La zia sospirò. “L'ho fatto fino a quando non è diventato troppo difficile per me, tesoro,” le spiegò. “Quell'albero è cresciuto davvero tanto. Non posso salire e scendere dalla scala per tenerlo in ordine, al giorno d'oggi. Meno male che questi due ragazzi vengono spesso a dare una mano.”

“Il prato non è così complicato da gestire,” aggiunse lo zio Frank, sorridendo a Trinity. “Quando non avevo questo maledetto gesso riuscivo a tenerlo a bada.” Trinity sapeva che stava cercando di farla sentire un po' meglio.

“Solo perché hai uno di quei trattori tosaerba all'avanguardia,” disse Jarrod. “Noi ci occupiamo solo dei cespugli.” Ridacchiò, chiaramente ignaro di quanto Trinity fosse infelice per la situazione.

La ragazza bevve un sorso di vino dolce. Era così abituata a vedere sua zia e suo zio che si occupavano del giardino da soli che non le era venuto in mente che non potessero più farcela. Sapeva che avrebbe dovuto essere grata che quegli uomini fossero così disponibili e capaci di dare una mano, ma le bruciava perché si sentiva in qualche modo esclusa. Qualsiasi pensiero gentile avesse avuto su di loro diminuì mentre l'irritazione cresceva.

Con la scusa del tubo dell'acqua rotto al pianterreno, del giardinaggio e ora del braccio di zio Frank fuori uso, Trinity non riusciva a fare a meno di chiedersi se i due uomini in realtà non si stessero approfittando dei suoi zii.


Capitolo Cinque

“Non credo che le piacciamo,” gemette Cordell, in piedi nella grande cucina della casa che avevano da poco finito di ristrutturare. Si stava versando un caffè per contrastare gli effetti del vino ai fiori di sambuco fatto da Frank Crowthorne.

“Avanti, amico. Cosa ti ho detto prima sul pensare?” Jarrod gli si avvicinò, i capelli ancora bagnati dalla doccia. Si allungò e prese una tazza dal bancone. “Abbiamo finito di nuovo il latte?”

“Pensavo che il caffè sarebbe stato più utile senza niente,” spiegò Cordell mentre si sedevano attorno al tavolo di quercia.

“Potresti avere ragione,” concesse Jarrod, bevendo un sorso.

“Riguardo al caffè o alla ragazza?” domandò Cordell con una smorfia.

Jarrod si accigliò. “Il caffè. Immagino che tu sia paranoico per quanto riguarda Trinity.”

“Andiamo, l'hai visto anche tu. Non era felice di vederci nella caffetteria, anche se capisco che forse era un po' imbarazzata perché aveva pianto. Sappiamo entrambi come sono le donne. Ma stasera sembrava pronta a ucciderci quando ha scoperto che stiamo aiutando Sylvia con il giardino. E quando siamo andati nello studio? Sembrava mortificata che sapessi tutto sulla prima edizione dei libri di Frank. Non pensavo che fosse un segreto.” Scrollò le spalle.

“Trinity non sa dell'infarto di Frank. Forse ci sono altre cose di cui non è a conoscenza.” Jarrod si accigliò. “Sylvia ha detto che è successo poco dopo la morte di sua madre, quindi glielo hanno tenuto nascosto. Se non le hanno detto neppure quanto sia diventata grave l'artrite di Sylvia, potrebbe stare chiedendosi perché siamo noi ad occuparci del giardino.”

“Forse hai ragione,” concesse Cordell, leccandosi il labbro inferiore come faceva spesso quando pensava oppure era preoccupato.

“Non c'è nessun 'forse' a riguardo.” Jarrod finse indignazione. “Certo che ho ragione. Se chiedi il mio parere, ci sono troppi segreti in quella famiglia. Tenere nascoste troppe cose può solo portare a incomprensioni e litigi. E diavolo se tu lo sai bene.”

Cordell annuì. Era d'accordo. Lui stesso parlava a malapena con la sua famiglia da quando un malinteso sul funerale di suo padre aveva fatto a pezzi il loro legame. Sebbene continuasse a tenersi in contatto con sua madre, i suoi fratelli e sua sorella non gli parlavano da quasi due anni. La zia e i cugini, invece, lo contattavano solo a Natale. “Pensi che Trinity stia nascondendo qualcosa?”

Jarrod strinse le labbra. “Non so. Non ha detto nulla di quello che è successo davanti a noi, ma questo non significa che non ne abbia parlato con Frank e Sylvia.”

Cordell annuì. “Mi chiedo se sia questo il motivo per cui si è arrabbiata, nella caffetteria. Voglio dire, si vedeva che aveva pianto, quindi ci sono buone probabilità che si sia confidata con sua zia.”

“Lo spero proprio,” rispose Jarrod. “Secondo me, quella ragazza è come una molla che tiene tutto dentro e finisce per tendersi sempre di più. Ha bisogno di sfogarsi oppure finirà per esplodere.”

Cordell annuì. Lo pensava anche lui.



* * * *



La settimana successiva passò lentamente. Era la prima volta da quando avevano incontrato la coppia di anziani che Cordell e Jarrod lasciavano passare così tanto tempo senza andare a chiedergli se avessero bisogno di qualcosa, anche se avevano suonato un paio di volte per assicurarsi che stessero tutti bene. Erano rimasti delusi, anche se non sorpresi, quando Frank gli aveva detto che Trinity era troppo impegnato con il lavoro per andare con loro al bar dove il gruppo country avrebbe suonato dal vivo.

“Non possiamo evitarla per sempre, amico,” commentò Jarrod mentre pranzavano insieme dietro alle stalle.

“Lo so. È solo un po' strano.” Cordell sospirò.

“È per questo che hai detto ad Aiden di essere troppo occupato per andare con lui questo pomeriggio?” chiese Jarrod, prima di dare un morso al suo panino.

Cordell fece una smorfia. “Ti ha spifferato tutto, eh?”

“Aveva paura che avessimo avuto una specie di discussione con Frank,” rispose Jarrod con un lieve cipiglio. “E che non volessi andare a casa sua per questo motivo.”

“Come se fosse possibile.”

“Lo so. Ma non puoi biasimarlo per averlo pensato,” continuò Jarrod. “Dopotutto, di solito siamo laggiù quasi ogni giorno a dare una mano con qualcosa.”

“Sì, beh, forse ora hanno Trinity che lo fa al posto nostro,” commentò Cordell, stringendo i denti.

Jarrod fronteggiò il suo migliore amico a testa alta. “Di che diavolo stai parlando? Sai bene che non sarebbe in grado di fare la metà delle cose che facciamo noi per loro. Non solo è una ragazza, ma è anche minuscola.”

“Non farti sentire mentre dici una cosa del genere,” lo ammonì Cordell. “Non hai mai sentito parlare di pari diritti e opportunità?”

“Possono bruciare tutti i reggiseni che vogliono. Non li aiuterà a mettere su muscoli sulle braccia, o da qualche altra parte, se è per questo.” Jarrod era irremovibile.

Cordell scosse la testa. “Ho come l'impressione che Trinity pensi che ci siamo intromessi nella sua famiglia,” disse. “Non puoi biasimarla per questo.”

“Guardami, Cordell.”

“Oh no, so bene dove vuoi arrivare.” Cordell alzò una mano per cercare di impedire al suo amico di continuare, ma fu una perdita di tempo.

“D'accordo. Tu e tua madre avete fatto bene a fare quello che avete fatto, amico. Lo sapete benissimo entrambi. Era il resto della vostra famiglia che si stava intromettendo, casomai. Erano anni che non venivano a trovare tuo padre. Non avevano il diritto di arrivare di punto in bianco dopo la sua morte e iniziare a fare richieste.”

Cordell sentì una fitta al petto. Quante volte avevano avuto quella conversazione? “Lo capisco, ma erano suoi figli tanto quanto me.”

“Sì. E, in quanto tali, avrebbero dovuto fare quello che avete fatto tu e tua madre, e cioè attenersi a ciò che lui voleva. Era scritto nel suo dannato testamento, per l'amor di Dio. Che tipo di famiglia contesta questo genere di cose nel testamento di un parente?” Jarrod si stava chiaramente irritando, come faceva ogni volta che l'argomento veniva sollevato.

“Papà aveva sempre detto di volere solo una semplice cremazione,” disse Cordell con un sospiro di rassegnazione. “Io e mamma volevamo solo esaudire la sua richiesta.”

“Lo so, amico, e sono d'accordo con te. Non riesco proprio a capire perché il resto della tua famiglia non possa fare lo stesso. Come diavolo hanno potuto accusarvi entrambi di volere solo i suoi soldi? Non faceva alcuna differenza per loro, comunque, visto che tuo padre aveva già stipulato una parte di eredità anche per ciascuno di loro. È stato decisamente irrispettoso, se me lo chiedi. Nei tuoi confronti, verso quelli di tua madre e pure quelli di tuo padre.”

La vicenda del funerale di suo padre aveva perseguitato Cordell fino a quel momento. Erano passati quasi due anni e ancora non era stata risolta. Come avrebbe potuto risolversi? Papà se n'era andato. Niente lo avrebbe riportato indietro.

Se il resto della famiglia fosse stato più vicino a lui, avrebbe saputo che l'uomo aveva sempre insistito per un funerale semplice e senza fronzoli. Neanche un migliaio di funerali o lapidi avrebbe cambiato le cose, e aveva sempre avuto paura di essere sepolto vivo, quindi non c'era modo che volesse essere chiuso in una scatola di legno e poi ricoperto di terra. Aveva deciso da solo come voleva essere salutato dalla famiglia. Ne aveva discusso con sua moglie e col figlio più giovane, perché tutti gli altri figli si erano trasferiti non appena erano stati abbastanza grandi, e lo aveva addirittura fatto scrivere nel testamento per evitare qualsiasi equivoco.

Quando al resto della famiglia era stato detto che era morto e che sarebbe stato cremato, si era scatenato l'inferno. Suo fratello maggiore aveva accusato lui e sua madre di aver organizzato un "funerale per poveri", che Cordell aveva preso come un insulto personale. Papà aveva avuto un sacco di soldi, quindi avrebbe potuto scegliere qualsiasi tipo di addio, ma aveva volontariamente scelto la cremazione. Il fratello di Cordell, Jacob, era stato determinato a fare un funerale molto più elaborato. Sfortunatamente, Jacob era il fratello maggiore e le sue parole erano sempre state viste come oro colato, quindi anche tutti gli altri fratelli si erano trovati d'accordo con lui. Martin era infatti d'accordo sul fatto che papà meritasse una degna sepoltura e Nancy-Ruth, la sorella più giovane, non aveva mai preso una decisione in vita propria. Neanche dopo aver visto il testamento, i tre avevano cambiato idea.

Cordell aveva sostenuto la decisione di sua madre – e i desideri di suo padre, ovviamente –, cosa che aveva fatto arrabbiare da morire il resto della famiglia. Jacob aveva in qualche modo pensato che, se tutti i figli fossero stati d'accordo, allora avrebbero avuto maggiori possibilità di contestare il testamento. Avevano dapprima iniziato un'azione legale per cercare di modificare le ultime volontà di loro padre, creando una situazione ancora più devastante per la loro madre, già provata dalla morte del marito, poi incolpato Cordell quando non erano riusciti a far annullare la decisione del defunto.

Il funerale era stato il momento peggiore, con Cordell e sua madre snobbati dal resto della famiglia, e Jacob e Martin che avevano invitato un numero spropositato di dignitari locali a condividere il loro dolore, nonostante il desiderio specifico del padre che la cerimonia fosse riservata alla famiglia.

L'intera vicenda aveva lasciato un sapore amaro nella bocca di Cordell e una voragine nel suo cuore, e adesso non voleva rischiare di spaccare a metà la famiglia Crowthorn. Per quanto il solo pensiero lo addolorasse, avrebbe preferito non rivedere mai più nessuno di loro piuttosto che essere accusato di aver fatto a pezzi un'altra famiglia.


Capitolo Sei

Trinity si appoggiò allo schienale della sedia girevole dello zio Frank e sospirò. Aveva abbozzato alcune idee per un libro sul quale stava lavorando e non vedeva l'ora di vedere come sarebbero apparse come immagini grafiche.

“Sono davvero belle, tesoro,” osservò zia Sylvia, allungandosi per mettere una tazza di caffè sulla scrivania.

Trinity sussultò. Sapeva che sua zia aveva buone intenzioni, ma non ci sarebbe voluto molto per rovinare l'intera settimana di lavoro con un semplice caffè rovesciato. Aveva cercato di fare delle pause regolari in modo da poter raggiungere la zia in cucina, lontana dai suoi preziosi disegni, ma nelle ultime ore era stata così presa dal suo lavoro che l'anziana signora aveva evidentemente pensato di portarle qualcosa da bere.

“Grazie.” Trinity prese rapidamente la tazza e la tenne al sicuro tra le mani.

Lo zio Frank sbirciò dall'altro lato della lunga scrivania, dove era stato impegnato con i conti di casa. “Hai finito?” chiese, lanciando un'occhiata al suo lavoro.

“Per adesso sì.” Trinity annuì con un sorriso. Era stato molto gentile da parte dello zio concederle spazio nel suo ufficio e farle usare addirittura la sedia girevole. Lui si era accomodato su una delle sedie con lo schienale alto della cucina, dicendole che stava solo "controllando la corrispondenza" e "non facendo nulla di importante, a differenza tua". Per fortuna si era fatto male al braccio sinistro, lasciando il destro libero di scrivere, anche se aveva sbuffato parecchie volte perché stava ovviamente impiegando molto più tempo del previsto.

“Sembra che il tuo ordine sia arrivato,” annunciò zia Sylvia mentre il rumore di un motore risuonava nel vialetto.

Trinity lasciò la tazza di caffè sul bancone della cucina poi seguì la zia e lo zio lungo il corridoio e fuori dalla porta d'ingresso. Il suo nuovo computer era finalmente arrivato e non vedeva l'ora di iniziare a usare il programma di grafica che aveva acquistato con esso.

“Con questo sarò in grado di rispettare tutte le scadenze,” disse, collegando rapidamente i dispositivi. Il sollievo la invase. Suo zio riprese a controllare i propri documenti mentre la zia Sylvia si soffermò nello studio, osservando la nipote con interesse.

Quando l'esplosione aveva distrutto il suo appartamento, Trinity aveva perso tutta la sua attrezzatura, e stava ancora aspettando di sapere se la piccola cassaforte ignifuga avesse salvato o meno le sue opere più preziose e gli hard disk esterni su cui aveva archiviato tutto. Dato che l'edificio era stato colpito così duramente, non era ancora sicuro per lei tornare tra le macerie per controllare. Nel frattempo, doveva consolarsi col pensiero che il più recente dei suoi progetti era stato salvato sulla chiavetta USB che aveva messo in borsa. Per fortuna quel giorno maledetto non aveva avuto il tempo di chiuderla nella cassaforte perché era stata impegnata a litigare con Kevin.

“Dannazione,” imprecò poco dopo, guardando la barra del download sullo schermo fermarsi improvvisamente. “Non riesco a caricare il programma di grafica.”

“C'è un negozio di computer ad Almondine. Possiamo andarci domani, cosa ne pensi?” disse zia Sylvia, guardando l'orologio. Erano quasi le cinque e i negozi sarebbero stati già chiusi quando fossero arrivati in città.

“Penso di non avere altra scelta,” rispose Trinity con un sospiro scoraggiato. “Non riesco a capire cosa c'è di sbagliato. Continua a provare a caricare e poi si interrompe. Non capisco perché.” Si accigliò. Era stata così felice quando il nuovo computer era finalmente arrivato, e ora sembrava che tutto fosse stato inutile.

“Beh, io per oggi ho finito. Penso che uscirò e mi godrò un po' di sole prima che tramonti,” annunciò lo zio Frank, alzandosi dalla scrivania.

Trinity fece una smorfia, chiedendosi se in realtà l'uomo non se ne stesse andando per lasciarla da sola, così che potesse occuparsi del problema in pace.

Zia Sylvia seguì il marito fuori dalla porta, mentre Trinity continuava a fissare lo schermo. La connessione a internet sembrava stabile, così decise di cercare una possibile soluzione su un motore di ricerca. Valeva la pena provare.

La nuova schermata di ricerca si aprì davanti ai suoi occhi, invitandola a indagare sul mondo intero. Trinity tamburellò con le dita sulla scrivania, pensierosa. Era strano usare il portatile nello studio di suo zio invece che sul minuscolo tavolo da pranzo in Nebraska. Chissà quando sarebbe tornata laggiù.

Mentre la sua mente vagava, un pensiero la colpì all'improvviso. Non aveva visto il necrologio di Kevin sul giornale locale prima di partire e aveva sentito che il funerale si era svolto senza di lei. Ciò non significava che Trinity si fosse dimenticata di lui. Tutt'altro: non avendo prove materiali della sua morte, non riusciva ancora a credere che fosse realmente accaduto. Sembrava surreale.

Premette alcuni tasti e lo schermo si aprì su un'altra finestra. La notizia della morte di Kevin, e del seguente funerale, era stata pubblicata, ma non sul giornale locale. Era stata inserita in uno dei grandi quotidiani cittadini, insieme a un biglietto in cui si chiedeva la presenza solo dei familiari.

Trinity ribolliva. La famiglia di Kevin non voleva i suoi amici lì. Lacrime calde e piene di rabbia iniziarono a offuscarle la vista mentre leggeva l'avviso. 'Amato figlio di Oliver e Patricia Pulver' recitava. 'Fratello di Bernice e Timothy'. Sbatté le palpebre per leggere la riga seguente. 'Fidanzato di Poppy Witherington'.

“Cosa?!” gridò, incredula. La bile le risalì lungo la gola e Trinity iniziò a tremare. Lesse la riga più e più volte, senza riuscire a credere ai propri occhi. Non aveva senso… oppure sì?



* * * *



“Hai finito?”

Jarrod si voltò nel sentire la voce di Cordell. “Più o meno,” rispose con un sorriso, chiudendo il box di uno dei purosangue. “Perché me lo chiedi? Hai dei programmi per stasera?”

“Mi è venuta voglia di andare a bere qualcosa più tardi.” Cordell fece un passo indietro per permettere a Jarrod di aprire la porta della stalla.

“Oh, sembra un buon programma.” Jarrod ridacchiò mentre lo raggiungeva fuori. Si voltò per chiudere la porta e in quel momento squillò il cellulare di Cordell.

“È Sylvia.”

Jarrod si accigliò.

Il viso abbronzato di Cordell si oscurò mentre ascoltava quello che la donna aveva da dirgli. “Arriviamo subito. Chiama i paramedici.”

Jarrod prese le chiavi del pick-up dalla tasca e iniziò a correre verso di esso, seguito a ruota dall'amico. Erano già seduti e lui stava accendendo il motore quando Cordell gli spiegò cosa stava accadendo.

“Si tratta di Frank. Sembra che Trinity abbia scoperto qualcosa. Quando glielo ha detto, l'uomo ha avuto una specie di attacco. Sylvia sta chiamando il 911.”

“Cazzo! Come se quella famiglia avesse bisogno di altre preoccupazioni!.” Lo stomaco di Jarrod si strinse mentre percorrevano la strada.

Cordell guardò fuori dal finestrino, serrando la mascella. “Sylvia è davvero preoccupata, soprattutto dopo l'ultima volta.”

Jarrod si chinò e gli diede una pacca sulla spalla. La sua mente era in subbuglio, ma riusciva a vedere che Cordell era preoccupato per entrambi. “I paramedici sono arrivati in fretta.” Fermò il pick-up di fianco all'ambulanza.

La porta d'ingresso era aperta, quindi entrarono subito.

“Grazie al cielo siete qui.” Sylvia si precipitò verso di loro quando la raggiunsero nello studio. “I paramedici si stanno occupando di lui.”

Cordell le mise un braccio intorno alle spalle e la guidò verso la cucina. Trinity stava già versando i caffè.

“Cos'è successo?” Jarrod prese una delle tazze e la porse a Sylvia.

La donna si sedette pesantemente su una sedia mentre Cordell continuava a tenerla stretta a sé. Il suo viso era pallido come uno straccio e stava tremando. “Abbiamo sentito Trinity gridare qualcosa e ci siamo precipitati nello studio per vedere quale fosse il problema. Frank si è fermato di colpo. Ha detto che si trattava del suo braccio.”

“Il sinistro?” domandò Cordell.

Sylvia lo fissò e annuì.

“Pensi che si tratti di nuovo del suo cuore?” chiese Jarrod.

“Il suo cuore?” La voce di Trinity era brusca e preoccupata al tempo stesso mentre si voltava per guardarlo.

“Sì. Quando hai avuto un attacco di cuore, è abbastanza facile che succeda di…”

“Vediamo cosa dicono i paramedici,” lo interruppe Cordell.

Il cuore di Jarrod si strinse mentre si ricordava, troppo tardi, che a Trinity non era stato detto niente dei problemi di salute di suo zio. Dannazione!

Trinity impallidì e serrò la mascella.

“Era un po' a corto di fiato, ma ci siamo precipitati a vedere quale fosse il problema,” disse Sylvia, la voce e il viso intrisi di preoccupazione. “Avrei dovuto capirlo…” Scosse la testa.

“La colpa è mia. Non avrei dovuto gridare in quel modo. Vi ho fatti preoccupare,” borbottò Trinity.

“Scusami. Avrei dovuto pensare prima di aprire bocca.” Jarrod sospirò, scrutando il viso di Trinity. “Vado a vedere se ci sono novità.” Si alzò, ansioso di uscire da lì.

“No, penso che dovrei andare io,” rispose Trinity acidamente, alzandosi in piedi.

Jarrod si voltò verso di lei, sorpreso.

“Forse sarebbe meglio che andasse Jarrod, tesoro,” suggerì Sylvia. “Conosce tutti i dettagli.”

L'uomo osservò le spalle di Trinity irrigidirsi e capì che era arrabbiata per non essere stata informata delle condizioni di salute di suo zio. Fece una smorfia. Era stata una decisione di Frank e Sylvia, e lui aveva rispettato la loro scelta anche se fin da subito non era stato del tutto d'accordo.

Trinity si sedette di nuovo e Jarrod fece un cenno a Sylvia, prima di dirigersi verso lo studio. Frank era seduto sul pavimento e respirava pesantemente attraverso una maschera per l'ossigeno.

“Stavamo venendo a parlare con voi,” gli disse un medico dai capelli rossi con un sorriso. “Non c'è niente di cui preoccuparsi. Sta bene.”

Jarrod tirò un sospiro di sollievo. “Si tratta di nuovo del suo cuore?”

Il medico guardò Jarrod. “No. Il suo cuore sta bene. Gli abbiamo fatto un controllo approfondito e non c'è niente che non vada.”

Jarrod si accigliò. Frank aveva un aspetto migliore di quanto si aspettasse, e aveva anche un bel colorito, sicuramente migliore di quello che aveva sua moglie, in effetti.

“Sylvia ha detto che era senza fiato e che gli faceva male il braccio.”

L'altro paramedico, che stava riponendo l'attrezzatura, si voltò nella sua direzione. “Era seduto in giardino e si è alzato in fretta per correre nello studio. Aveva paura che fosse successo qualcosa e ha avuto un lieve attacco di panico. Questa è l'unica ragione per cui gli abbiamo messo la maschera dell'ossigeno: per calmarlo un po'. Il braccio gli faceva male perché ha cercato di usarlo.” Puntò un dito accusatorio contro Frank, che lo guardava con aria colpevole. “È stato ingessato per un motivo.”

Jarrod voltò lo sguardo verso la scrivania e vide una pila di libri che non c'era l'ultima volta che lui e Cordell erano stati lì. Anche i documenti erano in ordine, quindi immaginò che l'uomo stesse controllando i conti di casa o qualcosa del genere. Si rilassò lentamente. “Gli altri possono vederlo?”

“Sì, certo.” Il ragazzo dai capelli rossi annuì.

“Penso che adesso possiamo togliere anche questa,” disse l'altro medico, rimuovendo con cura la maschera dell'ossigeno dal viso leggermente arrossato di Frank.

“Frank sta bene. Potete entrare.” Jarrod si appoggiò allo stipite della porta della cucina e sorrise alle facce speranzose che lo fissavano.

Zia Sylvia scoppiò in lacrime mentre Cordell l'aiutava ad alzarsi, e Jarrod vide Trinity deglutire e prendere un respiro profondo mentre li seguiva lungo il corridoio.

“Non devi preoccuparti,” le disse Jarrod. “Sta bene.”

Trinity si girò per affrontarlo, fissandolo con rabbia. “Sì, e tu lo sai, giusto? Sembra che tu sappia tutto della mia famiglia!” Gli sputò addosso quelle parole e Jarrod la fissò con le sopracciglia aggrottate.

Fortunatamente, Cordell aveva già portato Sylvia nello studio. Jarrod riusciva a sentirla parlare col marito. Sarebbe stato un bel problema se l'anziana signora avesse assistito a quello sfogo. Il sangue gli ruggiva nelle vene mentre afferrava il braccio di Trinity e la tirava a sé per fronteggiarla.

“Dov'è il problema?” chiese, sorpreso dal fuoco nei suoi occhi. “Avevi già un sacco di cose di cui occuparti, è per questo che non te l'hanno detto. Cordell ed io eravamo qui quando Frank si è sentito male circa un anno fa. Ci siamo semplicemente presi cura di lui e di tua zia. Da allora gli diamo una mano quando hanno bisogno di aiuto.”

“Sì, scommetto che lo fate,” rispose lei, masticando le parole.

Jarrod stava per lasciarla andare, ma la sua reazione gli fece stringere più forte la presa. Le sue unghie rosa brillante si avvicinarono pericolosamente al suo viso, e Jarrod si tirò indietro appena in tempo per evitare di essere graffiato.

“Sei proprio un gatto selvatico, vero?” Si chinò in avanti e mormorò quelle parole non appena fu sicuro che le sue mani fossero abbastanza lontane dalla sua pelle. Così vicino a lei riusciva a sentire il suo profumo inebriante.

“Sei sicuro di volerlo scoprire?”

Jarrod era sorpreso di quanto gli piacesse stare così vicino a quella ragazza, e il modo in cui i suoi occhi verdi lampeggiavano di rabbia era incredibilmente eccitante. Non aveva mai visto così tanta vita nel suo sguardo, prima di allora, ed era un cambiamento decisamente interessante. Lui e Cordell avevano sospettato che non fosse timida e riservata come appariva. I suoi capelli colorati e le unghie rosa avevano suggerito esattamente quello.

“Forse.” Mantenne il tono di voce volutamente basso e roco mentre sussurrava quell'unica parola nel suo orecchio, e sentì che il suo corpo esile e minuto improvvisamente smetteva di resistere.

Trinity si ammorbidì nella sua presa e, per un secondo, il suo viso sembrò brillare di interesse mentre i loro sguardi si intrecciavano l'uno all'altro.

“Venite nello studio. Frank è…” Cordell si fermò di colpo sulla soglia della stanza.

Jarrod sapeva che il suo amico aveva paura di aver appena interrotto qualcosa, ed era esattamente quello che era accaduto. “Cosa ne dici? Vuoi andare a vedere come sta tuo zio o preferisci stare qui a rimproverarmi perché mi preoccupo per lui?” Sperava quasi che lei facesse un sorriso sarcastico, rendendosi conto che la stava solo prendendo in giro, ma le sue labbra rimasero immobili.

Il viso di Trinity si tese di nuovo mentre socchiudeva gli occhi con rabbia. “Io voglio bene a mio zio,” sibilò.

Jarrod scosse la testa con un sospiro e le liberò le braccia. Trinity ne approfittò per voltarsi ed entrare subito nello studio.

“Tutto bene?” chiese Cordell non appena rimasero da soli. “Mi sono sicuramente perso qualcosa.”

Jarrod gli sorrise. “Va tutto bene, amico,” lo rassicurò.

Cordell lo guardò un po' sospettoso. “Non mi sembrava che per Trinity andasse tutto bene, poco fa.”

Jarrod ridacchiò, scuotendo la testa. “Quella ragazza ha senza dubbio alcuni problemi da risolvere,” gli disse.

“Possiamo aiutarla in qualche modo?”

“Probabilmente sì.” Jarrod rifletté per un momento. “Anche se avremo il nostro bel da fare per riuscire a convincerla ad accettare il nostro aiuto.”





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Terzo Libro della serie I Cowboy di Cavern County

Due cowboy. Il doppio dell'amore… o il doppio del dolore?

Arrivata a Cavern County per stare con i suoi zii, Trinity Ellis rimane scioccata quando scopre che due affascinanti cowboy si stanno prendendo cura della coppia di anziani. Sapendo quanto sono ricchi i suoi parenti si insospettisce, anche infastidita dal fatto che i due cowboy si sono occupati delle cose che avrebbe dovuto fare lei.

Jarrod Parker e Cordell Bray sono felici di aiutare i loro vicini, che considerano una famiglia da quando hanno perso i loro genitori. Jarrod è rimasto orfano da poco, mentre i fratelli e la sorella di Cordell si sono rivoltati contro di lui e la madre dopo la morte del padre. Entrambi vengono subito catturati da quella ragazza dai capelli rosa, anche se suo zio Frank li ha avvertiti di andarci piano con lei. Infatti, sembra che Trinity non solo abbia appena perso la propria casa per colpa di una fuga di gas, ma che sua madre sia morta un paio di anni prima, un trauma da cui la ragazza non si è mai veramente ripresa.

Nonostante i suoi sforzi, Trinity si innamora dei due uomini, che la aiutano a scoprire i segreti che il suo ragazzo aveva tenuto nascosti a tutti. Lui è morto nell'esplosione, ma il loro amore era morto molto tempo prima, e Trinity adesso sta per scoprire perché.

I tre si aiutano a vicenda a guarire le proprie ferite mentre comprendono il vero significato della parola famiglia. Trinity impara a fidarsi di nuovo, rendendosi conto che li ama come non aveva mai amato il suo ragazzo.

Ma i due cowboy non sono come sembrano, e chi è la donna tra le loro braccia?

Translator: Sara Coccimiglio

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