Книга - Persecuzione

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Persecuzione
Blake Pierce


“Un capolavoro del giallo e del mistero! L’autore ha svolto un magnifico lavoro, sviluppando i personaggi con un approfondito lato psicologico, descritto con tale cura da farci sentire all’interno della loro mente, provare le loro paure e gioire del loro successo. La trama è molto avvincente e vi catturerà per tutta la durata del libro. Ricco di colpi di scena, questo libro vi terrà svegli fino all’ultima pagina.”--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su Il Killer della Rosa)PERSECUZIONE (Gli Inizi di Riley Paige—Libro Cinque) è il libro #5 nella nuova serie di thriller psicologici dell’autore di bestseller Blake Pierce, il cui bestseller gratuito Il Killer della Rosa (Libro #1) ha ricevuto oltre 1.000 recensioni a cinque stelle.Quando due ragazze adolescenti vengono ritrovate morte in diversi stati, strangolate e uccise a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, l’FBI richiede l’intervento della sua brillante nuova agente, la ventiduenne Riley Paige, affinché fermi il serial killer prima che colpisca ancora.Riley, appena uscita dall’accademia e dopo aver appena risolto un ultimo caso, si sta abituando alla sua vita nell’FBI e alla collaborazione con il nuovo partner e mentore, Jake. Sta iniziando a confidare nelle proprie capacità, proprio quando deve affrontare questo nuovo caso. Si tratta di un caso che la sciocca, destabilizza e che scuote completamente la sua sicurezza.Che cosa accomuna queste due ragazze? Perché lei non riesce a capirlo? Questo killer è diabolico quanto lei sospetta?Il solo modo per Riley di scoprirlo consiste nel penetrare negli oscuri canali della mente del killer, per guardare nel precipizio dell’oblio, e sperare che non la inghiottisca viva.Un thriller intriso di profonda suspense, PERSECUZIONE è il libro #5 in una nuova emozionante serie che vi terrà incollati alla lettura fino a tardi. Riporta i lettori indietro di 20 anni, all’inizio della carriera di Riley, ed è il perfetto abbinamento alla serie che inizia con IL KILLER DELLA ROSA (Un Mistero di Riley Paige), che include finora 16 libri.Il Libro #6 nella serie GLI INIZI DI RILEY PAIGE sarà presto disponibile.







PERSECUZIONE



(GLI INIZI DI RILEY PAIGE—LIBRO 5)



B L A K E P I E R C E



TRADUZIONE ITALIANA

A CURA

DI

IMMACOLATA SCIPLINI


Blake Pierce



Blake Pierce è autore bestseller secondo USA Today della serie mistery RILEY PAIGE, che include sedici libri (e altri in arrivo). Blake Pierce è anche l’autore della serie mistery MACKENZIE WHITE, che comprende tredici libri (e altri in arrivo); della serie mistery AVERY BLACK, che comprende sei libri; della serie mistery KERI LOCKE, che comprende cinque libri; della serie mistery GLI INIZI DI RILEY PAIGE, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); della serie mistery KATE WISE, che comprende sei libri (e altri in arrivo); del sorprendente mistery psicologico CHLOE FINE, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); dell’emozionante serie thriller psicologica JESSIE HUNT, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); della serie thriller psicologica che vi farà stare con il fiato sospeso, AU PAIR, che comprende due libri (e altri in arrivo); e della serie mistery ZOE PRIME, che comprende due libri (e altri in arrivo).



Avido lettore e fan da sempre dei generi mistery e thriller, Blake adora sentire le vostre opinioni, quindi non esitate a visitare il sito www.blakepierceauthor.com (http://www.blakepierceauthor.com) per scoprire di più su questo autore e mettervi in contatto con lui.



Copyright © 2019 di Blake Pierce. Tutti i diritti sono riservati. Fatta eccezione per quanto permesso dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti d'America del 1976, nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né potrà essere inserito in un database o in un sistema di recupero dei dati, senza che l'autore abbia prestato preventivamente il consenso. La licenza di questo ebook è concessa soltanto ad uso personale. Questa copia del libro non potrà essere rivenduta o trasferita ad altre persone. Se desiderate condividerlo con altri, vi preghiamo di acquistarne una copia per ogni richiedente. Se state leggendo questo libro e non l'avete acquistato, o non è stato acquistato solo a vostro uso personale, restituite la copia a vostre mani ed acquistatela. Vi siamo grati per il rispetto che dimostrerete alla fatica di questo autore. Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell'immaginazione dell'autore o sono utilizzati per mera finzione. Qualsiasi rassomiglianza a persone reali, viventi o meno, è frutto di una pura coincidenza. L’immagine di copertina è di proprietà di Runis, usata sotto licenza di Shutterstock.com.


LIBRI DI BLAKE PIERCE



THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Volume#1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Volume #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Volume #3)



LA RAGAZZA ALLA PARI

QUASI SCOMPARSA (Libro #1)

QUASI PERDUTA (Libro #2)

QUASI MORTA (Libro #3)



THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Libro #1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Libro #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Libro #3)



I THRILLER PSICOLOGICI DI JESSIE HUNT

LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)

IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)

LA CASA PERFETTA (Libro #3)

IL SORRISO PERFETTO (Libro #4)

LA BUGIA PERFETTA (Libro #5)

IL LOOK PERFETTO (Libro #6)



I GIALLI PSICOLOGICI DI CHLOE FINE

LA PORTA ACCANTO (Libro #1)

LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)

VICOLO CIECO (Libro #3)

UN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)

RITORNA A CASA (Libro #5)



I GIALLI DI KATE WISE

SE LEI SAPESSE (Libro #1)

SE LEI VEDESSE (Libro #2)

SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)

SE LEI SI NASCONDESSE (Libro #4)

SE FOSSE FUGGITA (Libro #5)

SE LEI TEMESSE (Libro #6)



GLI INIZI DI RILEY PAIGE

LA PRIMA CACCIA (Libro #1)

IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)

ADESCAMENTO (Libro #3)

CATTURA (Libro #4)

PERSECUZIONE (Libro #5)



I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)

LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)

MORTE SUI BINARI (Libro #12)

MARITI NEL MIRINO (Libro #13)

IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)

IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)

OMICIDI CASUALI (Libro #16)

IL KILLER DI HALLOWEEN (Libro #17)



UN RACCONTO BREVE DI RILEY PAIGE

UNA LEZIONE TORMENTATA



I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)

PRIMA CHE SENTA (Libro #6)

PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)

PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)

PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)

PRIMA CHE ANELI (Libro #10)

PRIMA CHE FUGGA (Libro #11)

PRIMA CHE INVIDI (Libro #12)



I MISTERI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER SCAPPARE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)

UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)

UNA RAGIONE PER MORIRE (Libro #6)



I MISTERI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)

TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)

TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)


INDICE

PROLOGO (#uc26f59dd-9f01-5df1-9093-d4ac4f92ca61)

CAPITOLO UNO (#u9b01aa7f-05bc-549e-a78e-1eecb37533cd)

CAPITOLO DUE (#u70a38487-2a2e-5f14-9434-b337a8107d3c)

CAPITOLO QUATTRO (#u18da5d57-c93e-5727-b170-b2c92a15f751)

CAPITOLO CINQUE (#u78d3f6e9-cdc8-54fe-9023-a507863178bb)

CAPITOLO SEI (#uab3367d4-1f81-50a8-8b25-358b6994bf75)

CAPITOLO SETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO OTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTINOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTA (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTUNO (#litres_trial_promo)




PROLOGO


Kimberly Dent si alzò il colletto per proteggersi dal freddo. Era ancora in giro, ad un’ora più tarda del solito, ma si trattava solo di un breve e sicuro tragitto a piedi di ritorno da una visita a casa della sua amica Goldie Dowling. La notte non era fredda, e a Kimberly piaceva il modo in cui l’aria le colpiva le guance, facendole vedere il proprio fiato gelato. A dire il vero, era una passeggiata molto piacevole, con i lampioni che illuminavano ciò che restava dell’ultima nevicata della settimana precedente.

Kimberly era sicura che i genitori non fossero preoccupati del suo ritardo. I suoi voti al liceo erano buoni, e mamma e papà sapevano che sapeva stare lontana dai guai, non che vi fosse il rischio di finirci in una noiosa piccola cittadina come Dalhart. Inoltre, entrambi i genitori stavano senz’altro dormendo ormai. Come la maggioranza delle persone in quel quartiere, andavano sempre a letto presto.

Stava canticchiando una canzone pop, ma si rese conto di non sapere di quale si trattasse.

Un pezzo nuovo che ho sentito alla radio, direi.

Era strano che una canzone che non conosceva davvero le fosse rimasta impressa in quel modo, ma sembrava che questo capitasse spesso, nell’ultimo periodo. Naturalmente, prima o poi quella canzone le sarebbe stata familiare proprio come un vecchio paio di scarpe. Eppure, non riusciva a ricordare esattamente dove o quando l’avesse sentita per la prima volta.

Quel pensiero, in qualche modo, la rese triste.

In realtà, l’intera serata le era apparsa triste in un certo senso.

Lei e Goldie avevano fatto tutte le solite cose che avevano condiviso nel corso degli anni: si erano date lo smalto alle unghie, si erano acconciate i capelli, avevano ballato su alcune delle loro canzoni preferite, avevano giocato a carte, guardato la TV.

Poi, però avevano litigato, o, almeno, Goldie si era infuriata con lei.

E senza un vero motivo, Kimberly pensò.

Kimberly non aveva fatto altro che chiedere a Goldie se fosse sicura di voler restare lì a Dalhart dopo aver preso il diploma quella primavera. Goldie era scattata contro di lei a quelle parole.

“Stai dicendo che non dovrei sposare Clint?” aveva chiesto, quasi urlando.

Kimberly era rimasta sconvolta. Sapeva che Goldie e Clint avevano una relazione seria. Stavano insieme dalle scuole medie. Ma Goldie non aveva mai fatto cenno al matrimonio prima di allora. E, se Clint le aveva fatto la proposta, di certo non lo aveva raccontato a Kimberly.

Naturalmente, sapeva che la sua amica avrebbe reso felici i genitori, scegliendo di sposare Clint e di stabilirsi a Dalhart, magari iniziando ad avere figli piuttosto in fretta. Ma non sembrava lo stile di Goldie …

Almeno non fino a quella sera.

Poi, Kimberly aveva commesso l’errore di rammentare a Goldie del sogno che aveva sempre avuto di andare a New York o Los Angeles, per diventare un’attrice.

“Oh, cresci” Goldie aveva detto.“Siamo troppo grandi per quei sogni infantili ormai.”

Quelle parole avevano colpito duramente Kimberly, ma non tanto quanto quello che poi Goldie aveva detto.

“O pensi ancora che diventerai una ginnasta olimpica?”

Kimberly ne era rimasta scioccata. No, aveva smesso di credere in quel sogno da quando aveva dodici o tredici anni. Ma era stato un gesto crudele da parte di Goldie riportarlo alla luce così all’improvviso.

Eppure, Kimberly desiderava molto di più di quanto Dalhart avesse da offrire. Era ansiosa di uscire da lì. Immaginava di trasferirsi a Memphis subito dopo il diploma, e iniziare a lavorare così da potersi godere la vita di città alla fine.

Non ne aveva ancora fatto parola con qualcuno, nemmeno con Goldie, e quella sera non le era sembrato il momento giusto per dirglielo. Kimberly era sicura che i genitori si sarebbero opposti. Sperava soltanto che sarebbe stata abbastanza forte da lottare per ciò che voleva, quando sarebbe giunto il momento di andarsene.

Era quasi a casa ormai, e stava ancora canticchiando la stessa melodia, chiedendosi che canzone fosse. Poi, sentì uno strano ed intenso suono. Nell’aria c’era appena una leggera brezza.

Si fermò così ad ascoltare.

Qualcuno sta fischiando! comprese.

Non solo, qualcuno stava fischiando la stessa melodia che lei stava canticchiando.

Improvvisamente, il fischiettare cessò.

La ragazza chiese, con voce non forte ma ferma: “Sei tu, Jay? Se è così, non è molto divertente.”

Il suo ragazzo Jay aveva rotto con lei circa una settimana prima, e da allora non faceva altro che spaventarla. Si era sparsa la voce che avesse parlato male di lei con gli amici maschi, lamentandosi del fatto che non gli “si fosse concessa”. Naturalmente, quello era stato il motivo per cui Jay aveva messo fine al loro rapporto, ma Kimberly di sicuro non pensava che fossero affari degli altri.

E ora, non poteva fare altro che chiedersi se Jay la stesse perseguitando.

Sospirò e pensò, Non mi stupirebbe affatto.

Scosse il capo e riprese di nuovo a camminare.

Poi, il fischiettare riprese.

Kimberly accelerò il passo, guardandosi attorno nel tentativo di comprendere da dove provenisse quel suono, senza riuscirci. Iniziò a sperare che, dopotutto, si trattasse di Jay. Non le piaceva l’idea che potesse essere qualcuno degli strani amici dell’ex. E non osava immaginare che fosse qualcuno che non conosceva nemmeno.

Mentre continuava a camminare, si guardò intorno, osservando le case dove vivevano tutte persone che conosceva praticamente da sempre. Doveva bussare ad una di quelle porte, così che qualcuno la lasciasse entrare?

No, è tardi, pensò.

Non vide alcuna luce accesa all’interno di quelle abitazioni. Probabilmente, quelle persone erano ormai tutte profondamente addormentate. Anche se non lo fossero state, non sarebbero state felici di essere disturbate a quell’ora. Ed i suoi genitori sarebbero usciti dai gangheri, se avessero saputo che lei aveva disturbato le persone a quell’ora di notte.

Il fischiettare cessò di nuovo, ma Kimberly non ne fu affatto confortata. La notte ora sembrava più fredda e più cupa di quanto non fosse stata solo pochi minuti prima.

Quando svoltò ad un angolo, vide un furgone parcheggiato a breve distanza. Aveva fari e motore accesi.

Emise un sospiro di sollievo. Non riconosceva il veicolo, ma almeno si trattava di qualcuno. Chiunque fosse alla guida del furgone sicuramente le avrebbe dato un passaggio per la breve distanza che restava fino alla sua casa.

Raggiunse il veicolo e notò che lo sportello laterale era aperto. Guardando all’interno, vide che l’abitacolo era vuoto e aperto, con una una sorta di grata metallica dietro i sedili anteriori. Non c’era anima viva.

Kimberly si chiese se il guidatore potesse avere avuto dei problemi al motore e fosse andato a cercare aiuto. Se si trattava di un estraneo, non avrebbe saputo affatto a chi rivolgersi.

Forse posso aiutare, pensò.

Prese il cellulare dalla borsetta, immaginando di poter chiamare suo padre. Ma esitò per un istante, incerta se volesse davvero svegliare il genitore, anche se era per aiutare un estraneo.

Sentì dei passi avvicinarsi e si voltò per vedere un volto che riconosceva.

“Oh, sei tu …” disse, provando un momento di sollievo.

Ma l’espressione su quel volto congelò qualunque parola che sarebbe potuta seguire. Non aveva mai visto i suoi occhi così freddi e duri in quel modo.

Senza dire alcunché, lui allungò una mano e le tirò via borsetta e cellulare.

Ora la paura emerse dalla gola di Kimberly. Tutte le cose che pensava di fare le attraversarono la mente.

Grida aiuto, si disse. Sveglia qualcuno.

Ma improvvisamente, fu sollevata e scaraventata violentemente nel retro del furgone.

Lo sportello sbatté e le luci interne si spensero.

Affermò la maniglia dello sportello, ma si accorse che era bloccato

Finalmente, Kimberly ritrovò la sua voce.

“Fammi uscire di qui!” gridò, colpendo lo sportello.

Poi, lo sportello del guidatore si aprì, e l’uomo entrò.

Il furgone iniziò a muoversi.

Kimberly afferrò con tutte le sue forze la grata metallica che la separava dal guidatore e chiese: “Che cosa stai facendo? Fammi uscire di qui!”

Ma, ormai, il veicolo era in strada, e Kimberly sapeva che nessuno nel quartiere addormentato poteva sentirla.




CAPITOLO UNO


Quando il primo colpo esplose, Riley Sweeney reagì in fretta. Proprio com’era stata addestrata all’Accademia, si accovacciò dietro l’ostacolo più vicino, una Honda che era parcheggiata di fronte al motel dove due killer erano rifugiati. Ma era consapevole del fatto che il veicolo compatto non le offriva molta protezione.

In quel periodo dell’anno faceva freddo, nel nord dello stato di New York, e stava nevicando. La visibilità non era affatto buona. Questo era il primo appostamento armato, e non si sentiva sicura di sopravvivere.

Aguzzando lo sguardo, tra i fiocchi di neve che cadevano, Riley vide che l’Agente Speciale Jake Crivaro si era sistemato in modo più sicuro accanto ad un grosso SUV. Crivaro, suo partner e mentore, sembrava preoccupato, quando lui le rivolse uno sguardo. Riley avrebbe voluto poter silenziosamente digli che sarebbe andato tutto bene per lei. Come i sei poliziotti locali che erano arrivati con loro in quel momento, Riley e Crivaro indossavano il Kevlar. Ma Riley sapeva di non doversi aspettare troppo dal suo gilet protettivo. Un colpo ben mirato alla testa, o anche un colpo casuale, poteva essere fatale.

Crivaro portò il megafono alle labbra e gridò: “Sono l’Agente Speciale Jake Crivaro dell’FBI. Con me ci sono la mia partner e le forze dell’ordine locali. Siete circondati. Non c’è via di scampo. Uscite fuori con le mani in alto.”

Non giunse alcuna risposta dalla camera del motel in cui i due killer erano rifugiati. Invece, ci fu soltanto un inquietante fischio di vento.

Riley sollevò cautamente la testa da dietro la piccola auto, provando a intravedere la camera del motel. Proprio in quell’istante, ci fu uno scoppio acuto seguito da un suono stridente e acuto, qualcosa tra un fischio e un ronzio.

Un proiettile le era passato accanto. Riley abbassò la testa, per togliersi dalla traiettoria. Ebbe un sussulto, quando comprese che cosa era successo: mi hanno appena sparato per la prima volta.

Si era sottoposta ad un intenso addestramento con vere munizioni, ma nessuno aveva mirato proprio a lei.

Come Crivaro e gli altri poliziotti, aveva già impugnato la sua pistola, una Glock semiautomatica calibro 40.

L’arma sembrava goffa nelle sue mani.

Si disse che avrebbe dovuto essere contenta che le fosse stata data un’arma più potente della pistola calibro 22, che le era stata consegnata quando aveva ricevuto il distintivo dell’FBI. Ma questa era meno familiare, e ancora non sapeva come avrebbe dovuto usarla.

Sapeva che avrebbe fatto meglio a non sparare ora, e apparentemente anche gli altri della squadra erano dello stesso parere. Dovevano provarle tutte, per porre fine a questa situazione senza sparare inutilmente.

Sospettava che alcuni dei poliziotti che erano radunati nelle vicinanze si trovassero nella sua stessa situazione. Forse alcuni erano nuovi nelle forze dell’ordine quanto lei. Da quando aveva completato l’addestramento nell’FBI l’anno precedente, Riley si era chiesta come si sarebbe sentita, quando si fosse ritrovata in una situazione simile per la prima volta.

E ora che ci si trovava dentro, ancora non aveva una risposta.

Ma era sicura di una cosa: non provava panico. In realtà, non aveva affatto paura. Le sembrava piuttosto di essere uscita dal proprio corpo e guardare quello che stava accadendo, come una sorta di fredda osservatrice. La situazione era irrealistica, quasi surreale. Ma lei sapeva che tutto il suo corpo era preda dell’adrenalina, e doveva restare lucida.

Si sentì un po’ incoraggiata dal fatto che almeno una persona in quella squadra aveva idea di cosa stesse facendo. Questa non era certo la prima esperienza del genere per l’Agente Crivaro. Quell’uomo, basso e dal largo torace, era una leggenda nell’Agenzia, per la lunga lista di casi difficili risolti.

Riley si appoggiò all’auto, in attesa di un ordine. In quei momenti di silenzio, ripensò all’incontro alla stazione della polizia locale con questa squadra. Era accaduto solo poco tempo prima, ma, in quegli istanti, sembrava che da allora fossero passati giorni o persino settimane. In quell’occasione erano state date loro le informazioni sui killer che avrebbero dovuto provare a catturare.

Quando aveva visto le foto della coppia, aveva pensato, Ragazzini. Solo una coppia di ragazzini.

Il diciassettenne Orin Rhodes e la sua ragazza quindicenne, Heidi Wright, avevano dato inizio alla loro bramosia di morte solo pochi giorni prima nella vicina cittadina di Hinton. Era cominciata con un semplice atto di pura disperazione.

Heidi aveva chiamato Orin al telefono, dicendogli di essere in pericolo in casa. Orin aveva preso la pistola del padre e si era recato a casa della ragazza, dove aveva trovato il padre e il fratello di lei che stavano stuprandola. Orin aveva ucciso entrambi gli aggressori.

Poi, Heidi aveva afferrato la pistola di suo padre e lei ed Orin erano fuggiti. Ritrovandosi a corto di contanti, avevano provato a rapinare un negozio di liquori. Ma la rapina era andata male, ed avevano finito con l’uccidere il direttore e un impiegato del negozio.

La polizia non era sicura esattamente di che cosa fosse accaduto in seguito. Sapeva che i ragazzi avevano raggiunto la cittadina di Jennings, dove avevano torturato e ucciso due persone perfettamente innocenti, un tuttofare di mezza età e una diciassettenne. Poi, la coppia omicida era sparita di nuovo.

Ed era stato allora che le autorità locali avevano chiesto l’assistenza dell’FBI. Avevano trovato il comportamento degli adolescenti così sconcertante, che avevano richiesto qualcuno dell’Unità di Analisi Comportamentale.

Riley e l’Agente Crivaro avevano preso un volo da Quantico per fare il possibile per aiutare. A loro era chiaro che Orin ed Heidi avevano scoperto di amare l’omicidio. Era probabile che ce ne sarebbero stati degli altri. Non avevano più ragioni per uccidere, e la loro scia di morte non sarebbe finita presto.

Mentre Riley e Crivaro si erano dedicati ad analizzare la situazione, la polizia locale aveva scoperto che la coppia si stava nascondendo in quel motel. I due agenti si erano uniti alla squadra locale che era andata a catturarli… o ad ucciderli, se necessario.

Ora qui erano tutti in quel parcheggio, mentre la neve cadeva intorno a loro. Uno degli adolescenti li aveva accolti al loro arrivo con uno sparo dalla finestra della loro camera di motel, ed ora un secondo colpo era stato esploso, mancando per un pelo la stessa Riley.

E adesso? Riley si chiese.

L’Agente Crivaro parlò attraverso il megafono di nuovo in quello che sembrava quasi un tono comprensivo, gentile.

“Orin, Heidi, non peggiorate le cose. Non vogliamo guai. Non vogliamo altro che parlare. Possiamo risolverla. Uscite entrambi fuori con le mani dove possiamo vederle.”

Ci fu di nuovo silenzio, prima che la voce di un ragazzo gridasse dalla finestra.

“Abbiamo un ostaggio.”

Riley provò un brivido di allarme. L’espressione dell’Agente Crivaro lasciava intuire lo stesso.

Orin continuò: “È una cameriera del motel. Dice di chiamarsi Anita. Non provate a fare qualcosa altrimenti la uccidiamo.”

L’Agente Crivaro scrutò cautamente dietro il SUV e gridò: “Fatecela vedere.”

Non ci fu alcuna risposta. Riley immaginò che cosa stesse pensando Crivaro.

Orin sta bluffando?

Forse non avevano affatto un ostaggio. Forse stavano solo prendendo tempo, provando a posticipare la loro inevitabile cattura. Certamente non stavano agendo come se avessero davvero un ostaggio. Riley aveva studiato ed aveva fatto un addestramento specifico per situazioni di ostaggi all’Accademia, perciò sapeva bene che cosa aspettarsi.

I ragazzi avrebbero dovuto già negoziare, a quel punto, chiedendo una sorta di passaggio sicuro lontano da quel posto. Ma non era ciò che stava accadendo. L’intera situazione sembrava giunto ad un punto di stallo.

Poi, Riley sentì delle voci provenire dall’interno della stanza del motel. Era impossibile cogliere le parole esatte, ma sembrava che il ragazzo e la ragazza stessero litigando. Infine, Heidi gridò da dietro la finestra.

“Okay, ve la faremo vedere. Ma non provate a fare qualcosa.”

Riley guardò da dietro l’auto, di nuovo. Vide la porta della camera del motel aprirsi. Poi, una figura uscì. Sembrava una donna che indossava una giacca invernale con il cappuccio. Il suo volto era impossibile da vedere nella neve vorticosa. Lei se ne stava ferma sull’uscio, tenendo le mani tremanti sopra la testa.

Orin Rhodes gridò dall’interno della camera: “Benissimo, eccola qui, l’avete vista.”

Crivaro gli rispose al megafono: “Sì, ma non vorrete davvero fare le cose in questo modo. Credetemi, so di che cosa parlo. L’ho visto accadere tante volte. Tenere un ostaggio peggiora soltanto le cose per voi. Lasciatela andare. Lasciatela venire qui da noi. Poi, potremo negoziare una soluzione ragionevole.”

Riley dubitava che il piano di Crivaro avrebbe funzionato, e sospettava che anche lui lo pensasse. Perché la coppia avrebbe dovuto rinunciare all’unico mezzo che aveva in un momento del genere?

Poi, con sorpresa di Riley, la donna fece un paio di passi verso di loro. Il suo cuore le batteva forte in petto, quando sentì Orin ringhiare una sorta di inaudibile protesta. Riley non poteva vederlo, ma chiaramente non gli piaceva quello che stava accadendo.

Le sparerà? si chiese.

Ma la donna fece altri passi più esitanti, allontanandosi dal motel. Forse, Riley pensò, Orin ed Heidi avevano finalmente perso il loro gusto di uccidere. Ma Riley era ancora più incerta su ciò che stava accadendo. La coppia avrebbe davvero liberato l’ostaggio? E che cosa avrebbe fatto dopo? Che cosa poteva fare?

Potrebbero arrendersi, Riley pensò.

O potrebbero lottare.

Naturalmente, sarebbe stato un suicidio se lo avessero fatto. Riley aveva idea di cosa aspettarsi se avessero iniziato a sparare. La coppia non avrebbe avuto possibilità in una vera sparatoria, non contro una squadra del genere. Era improbabile che avesse una considerevole quantità di proiettili, e sicuramente sarebbero stati a corto di munizioni molto prima della squadra. La scelta estrema era arrendersi o morire.

La donna camminò silenziosamente lungo il marciapiede, poi superò il margine della strada, entrando nel parcheggio. Riley osservò Crivaro, interrogandosi su quali fossero le intenzioni del suo mentore. Sarebbe andato ad accogliere la donna, poi si sarebbe assicurato che si riparasse in un luogo sicuro? Al momento, non mostrava alcun segno di volersi spostare dalla propria posizione accovacciata dietro il SUV.

Improvvisamente, la donna accelerò in modo allarmante, avvicinandosi a Riley, apparentemente senza vederla.

In quel momento Riley riuscì a vedere il volto della donna. Non era affatto un ostaggio. Era Heidi Wright in persona e stava estraendo qualcosa dalla sua giacca.

Ha una pistola, Riley capì; sapeva che cosa doveva fare, ma, nonostante tutto, esitò.

La pistola della ragazza brillò, esplodendo colpi mal mirati contro le barriere che nascondevano poliziotti ed agenti. Poi, scorse Riley. Sorrise, con un sorriso stranamente innocente, mentre puntava l’arma contro la giovane agente.

Per quella che sembrò un’interminabile frazione di secondo, Riley fissò la canna della pistola. Poi, si accorse di aver già sollevato la propria e mirato perfettamente al centro del petto di Heidi.

Riley esplose un singolo colpo.

Heidi barcollò all’indietro, e la pistola le cadde dalle mani. Il suo sorriso sparì, sostituito da quella che apparve un’espressione di shock e sgomento. Infine, si accasciò al suolo.

Riley udì Orin gridare: “Heidi!”

Lei si voltò e vide diversi poliziotti precipitarsi verso la porta del motel. Con uno sguardo di stupito orrore, Orin emerse dalla stanza. Sollevò le mani in alto, mentre guardava verso il parcheggio, osservando la sua ragazza colpita. Restò immobile, completamente docile, mentre uno dei poliziotti lo ammanettava e gli leggeva i suoi diritti.

Avvolta in un profondo orrore, Riley si diresse verso il corpo della ragazza. Il sangue fuoriusciva dalla ferita al petto, macchiando lo strato di neve al suolo. Gli occhi di Heidi erano spalancati e la sua bocca si muoveva silenziosamente, mentre esalava gli ultimi respiri. Poi, restò completamente immobile. Lo sguardo, sul suo volto privo di vita, appariva indicibilmente triste.

Riley iniziò a tremare terribilmente, e la pistola quasi le cadde di mano. Improvvisamente, l’Agente Crivaro fu al suo fianco, e le sottrasse gentilmente l’arma.

In quel momento Riley si sentiva completamente insensibile.

Sentì se stessa dire: “Che cosa ho fatto?”

Crivaro le mise le braccia intorno alle spalle e disse: “Sei stata brava, Riley. Hai fatto quello che dovevi.”

Ma Riley riuscì solo a ripetere: “Che cosa ho fatto?”

“Coraggio, ti porto dove puoi sederti” Crivaro ribatté.

Riley riusciva a malapena a stare in piedi, mentre Crivaro la conduceva gentilmente verso un furgone della polizia. Poteva ancora sentire gli occhi della ragazza morta che la fissavano.

Ho ucciso qualcuno, pensò.

Non aveva mai ucciso qualcuno prima d’allora in vita sua.

E ora non aveva idea di come avrebbe fatto a conviverci.




CAPITOLO DUE


Quando il fidanzato di Riley, Ryan Paige, provò a metterle le braccia intorno alle spalle, lei lo spinse via. Non era la prima volta, quella sera, che la ragazza si sottraeva istintivamente al suo tocco. Era sicura di aver ferito i suoi sentimenti, ma non riusciva a farne a meno.

Dopo la sparatoria a Jennings, Riley era tornata a Quantico con Jake e, poi, aveva preso l’auto per tornare a Washington D.C. In quel momento era seduta accanto a Ryan sul divano, nel loro piccolo appartamento nel sottoscala, ma le immagini nella sua mente ripercorrevano quello che era accaduto ore prima in quella lunga giornata.

Riley poteva ancora vedere gli occhi privi di vita di Heidi Wright che la fissavano nella neve, e non riusciva a scuotersi di dosso il senso di colpa. Sapeva che era irrazionale, ma sentiva di non meritare alcuna forma di affetto da parte di qualcuno al momento.

“Che cosa posso fare?” Ryan chiese.

“Niente” rispose. “Siediti solo qui con me.”

Restarono seduti in silenzio, e Riley fu grata della presenza di Ryan. Avevano avuto i loro scontri, durante gli ultimi mesi, ma, al momento, lui sembrava molto il ragazzo bello, sincero e premuroso di cui si era innamorata durante il suo ultimo semestre al college.

Intanto, la sua mente tornò di nuovo a quello che era accaduto da quando aveva sparato ad Heidi. Era stato tutto confuso, e durante il volo di ritorno a Quantico, l’Agente Crivaro aveva continuato a dirle che era in uno stato di shock.

Lo sono ancora, direi, pensò.

Aveva ancora tuti i sintomi fisici dello shock, incluse le mani fredde, appiccicaticce e sudate, ricorrenti vertigini e uno stato di confusione.

Quanto ci sarebbe voluto prima che quei sintomi sparissero?

In un tono monotono, che era sembrato strano persino a lei, adesso aveva appena raccontato a Ryan l’accaduto. Era stato tutto ciò che poteva fare per non riferire gli eventi in terza persona. Era difficile usare termini come “io” e “me” per descrivere le sue stesse azioni. Continuava a voler credere che l’intero episodio fosse accaduto a qualcun altro.

Quando ebbe terminato, Ryan disse in tono gentile: “C’è una cosa che ancora non capisco. Immagino che abbia senso che Heidi abbia finto di avere un ostaggio, almeno per alcuni istanti. È stato un bluff disperato. Ma perché è venuta fuori verso il parcheggio? Perché ha provato a…?”

La voce di Ryan scemò, ma Riley immaginò le parole che il ragazzo non era riuscito a pronunciare.

“Perché ha provato a ucciderti?”

Riley ricordò il momento in cui la ragazza era rimasta ferma sulla porta della stanza del motel, prima di fare quei passi fatali fino al parcheggio, e come avesse sentito le chiare proteste di Orin.

Lei disse a Ryan: “Orin non voleva che lei uscisse in quel modo. Ha provato a dissuaderla. Ma immagino che lei abbia pensato … si sia resa conto … che era finita. Voleva uscire …”

La sua stessa voce scemò, mentre uno stupido cliché si congelò sulle sue labbra.

“…in uno scintillio di gloria.”

Ryan scosse il capo.

“Non riesco ad immaginare come tu possa sentirti” le disse. “Ma, santo cielo, Riley, lei e il suo ragazzo hanno ucciso sei persone. Non puoi dire che non meritasse quello che le è successo.”

Quelle parole parvero a Riley uno schiaffo in pieno viso.

Meritasse.

Al momento, si sentiva dolorosamente immeritevole della considerazione o persino dell’affetto di Ryan. Non si era preoccupata di pensare che Heidi Wright meritasse ciò che Riley le aveva fatto.

Ryan ha ragione? pensò.

Ripensò a quanto poco sapesse della vita della ragazza, una vita di impensabili crudeltà ed abuso, apparentemente. Heidi e il suo ragazzo avevano iniziato la loro scia di morte, quando suo padre e suo fratello l’avevano stuprata. Riley non poteva biasimare Orin per averli uccisi. Poi, dopo, entrambi Orin ed Heidi dovevano essersi sentiti troppo disperati per avere idea di ciò che stavano facendo.

E anche troppo giovani, Riley pensò.

Ancora una volta, Riley non riusciva a fare a meno di ricordare il viso fresco e sorridente di Heidi, nel momento in cui aveva puntato la pistola contro Riley, l’istante prima della sua morte.

Riley mormorò ad alta voce: “Heidi era solo una ragazzina, Ryan. Non meritava di morire in quel modo. Quello che meritava era una vita migliore di quella in cui era intrappolata.”

Ryan rivolse a Riley uno sguardo interrogativo.

“Ma non hai avuto scelta” ribatté. “Se non avessi sparato come hai fatto, di sicuro, saresti rimasta …”

La sua voce si interruppe di nuovo. Riley conosceva la parola che lui non riusciva affatto a dire.

Uccisa.

“Lo so” Riley disse con un sospiro. “È quello che l’Agente Crivaro continua a ripetermi. Dice che è stato un gesto legittimo. E persino una procedura corretta. Si è trattato di autodifesa, un chiaro caso di ‘immediato pericolo di morte o seria minaccia fisica.’”

“Crivaro ha ragione, Riley” Ryan disse. “Sicuramente questo lo sai.”

“Lo so” rispose.

E, razionalmente, lei lo sapeva. Ma, intimamente, non riusciva ad accettare quel giudizio. Fu come se tutto il suo colpo la stesse accusando adesso. Si chiedeva se sarebbe mai riuscita a superare quello stato d’animo.

Ryan le toccò gentilmente la mano, e Riley lo lasciò fare. La mano del fidanzato era quasi bollente contro il suo palmo freddo e sudato.

Ryan riprese: “Riley, quante volte dovrai affrontare una situazione simile?”

“È il mio lavoro” Riley ribatté.

“Sì, ma … che tipo di lavoro è quello che ti fa sentire così male con te stessa? Questo è davvero ciò che vuoi fare nella tua vita?”

“Qualcuno deve farlo”.

“Quel qualcuno devi essere tu?” Ryan chiese.

Riley non aveva idea di come rispondere a quella domanda. E, per quanto apprezzasse la preoccupazione del fidanzato, non poteva essere sicura di quanto fosse davvero sincero. Per chi era davvero turbato Ryan, per Riley o per se stesso?

Odiava dubitare di lui in quel modo, ma non riusciva a farne a meno. Durante il breve periodo che avevano trascorso insieme come coppia, la donna aveva imparato con sgomento che Ryan aveva un lato egoistico. E lui aveva tantissime ragioni egoistiche per odiare ciò che lei stava facendo in quei giorni. Odiava anche solo il fatto che facesse la pendolare fino a Quantico ogni giorno. Lo privava dell’utilizzo della sua preziosa Ford Mustang e lo costringeva a usare il trasporto pubblico, per andare al lavoro, nel suo studio legale, ogni giorno. Non le aveva nascosto il fatto di trovarlo umiliante.

Ryan le strinse la mano e disse: “Forse dovresti solo pensare a un cambiamento. Possiamo vivere con il mio stipendio. Abbiamo anche un conto di risparmio. Anche se tu stessi a casa, e so che non vuoi farlo, potrei sempre mantenere entrambi. Potrei persino programmare un trasloco in una casa più bella nell’immediato futuro. Non devi farlo … per noi.”

Riley non rispose.

Ryan riprese: “Forse, dovresti parlarne con il tuo consulente.”

Riley sussultò bruscamente. Si pentì di detto a Ryan di dover fare almeno una sessione di terapia. Dopo che lei e Crivaro erano tornati a Quantico, l’Agente Speciale Capo Erik Lehl, le aveva detto che la consulenza era obbligatoria, avendo lei ucciso per la prima volta.

Non aveva ancora preso un appuntamento.

Ryan insistette: “Riley, sono preoccupato. Che cosa farai? Che cosa faremo?”

Riley si stupì, accorgendosi di essere spazientita.

Disse: “Ryan, dobbiamo davvero parlarne adesso?”

Sembrando umiliato, Ryan diede un colpetto alla sua mano e disse: “No, certo che no. Vado a preparare la cena.”

“No, ci penso io” Riley rispose.

“Non essere ridicola” Ryan esclamò. “Devi prenderla con calma. Mi occuperò io di tutto. Vuoi che ti prepari un drink?”

Riley annuì, e Ryan andò in cucina. Alcuni istanti dopo, tornò con un bicchiere di bourbon e ghiaccio e lo appoggiò sul tavolino da caffè di fronte a Riley. Poi, tornò in cucina e si mise a trafficare, iniziando a preparare la cena.

Riley avrebbe voluto che lui l’avesse lasciata cucinare quella sera. Aveva bisogno di qualcosa, qualunque cosa, da fare per tenersi occupata. Temeva davvero che il giorno dopo non avrebbe avuto alcunché da fare.

Mentre era seduta da sola sul divano, bevendo il bourbon, si sentì sopraffatta dalle emozioni. Prima di rendersene conto, stava singhiozzando. Provò a farlo silenziosamente, così che Ryan non la sentisse e tornasse e provasse a confortarla.

Non desiderava essere confortata.

Voleva soltanto piangere.

Durante il viaggio di ritorno a Quantico, l’Agente Crivaro le aveva continuato a ripetere che le avrebbe fatto bene piangere.

“Coraggio, sfogati” aveva continuato a ripeterle.

Ma, in qualche modo, non era riuscita a farlo, almeno non fino a quel momento. Era bello poter lasciar sfogare i suoi sentimenti dopo una giornata lunga ed orribile. Pianse e pianse, finché non esaurì le lacrime.

Quando finalmente le lacrime cessarono, Riley immaginò che sarebbe stato meglio andare al bagno a lavarsi il viso, così che Ryan non la vedesse in quelle condizioni. Ma, prima che potesse alzarsi dal divano, il telefono della linea fissa dell’appartamento squillò.

Sentì Ryan gridare: “Rispondo io.”

“No, ci penso io” replicò lei con lo stesso tono.

Era più vicina al telefono di quanto fosse il fidanzato. E persino un compito banale come rispondere al telefono la faceva sentire bene, sebbene non pensasse che la chiamata provenisse da qualcuno con cui avrebbe voluto parlare.

Quando alzò la cornetta, sentì una voce familiare.

“Ehi, ragazzina. Come stai?”

L’umore di Riley migliorò improvvisamente, appena riconobbe quella voce. Si trattava della sua compagna di stanza all’Accademia, Francine Dow.

“Frankie!” balbettò con sorpresa. “È … è bello sentirti!”

Riley non vedeva Frankie da quando si erano diplomate a dicembre, ed avevano soltanto parlato al telefono un paio di volte. Dopo il diploma, Frankie era stata assegnata come agente alla sede di Washington D.C. dell’FBI.

Con una voce colma di preoccupazione, Frankie la incoraggiò: “Dai, parla con me.”

Riley era stupita.

Balbettò: “Vuoi dire … sai …?”

“Sì, so che cos’è successo. E non ci crederai mai, se ti dico come l’ho scoperto. Ho ricevuto una chiamata dall’Agente Speciale Jake Crivaro in persona. Ha detto che era preoccupato per te. E che potresti aver avuto bisogno di parlare con un’amica.”

Riley sorrise, sentendo una nota di stupore nella voce di Frankie. Sebbene Riley non se ne fosse resa conto, quando l’Agente Crivaro aveva dimostrato il primo interesse per le capacità uniche di lei, nel tempo aveva appreso che il suo mentore era una sorta di leggenda vivente nell’FBI. Frankie non sembrava riuscire a smettere di meravigliarsi del fatto che ora Riley fosse la sua partner fissa.

Ricevere una telefonata da lui deve aver lasciato Frankie a bocca aperta, fu il pensiero di Riley.

Frankie disse: “Allora, come stai?”

“Non bene” Riley rispose con un sospiro. “Immagino che avessi sempre saputo … che avrei dovuto fare una cosa del genere prima o poi. Ma non sapevo quanto ci sarei stata male.”

“Beh, mi chiedevo se forse ti piacerebbe se ci vedessimo e tu potessi sfogarti un po’” Frankie propose.

Riley fu presa da un senso di gratitudine.

“Oh, sarebbe meraviglioso, Frankie” rispose. “Domani ho il giorno libero. Ti va di pranzare insieme?”

“Sembra grandioso”.

Si accordarono e chiusero la telefonata. Riley rimase a fissare il telefono nella sua mano. Solo in quel momento si stava rendendo conto di una cosa.

L’Agente Crivaro ha contattato Frankie.

L’ha chiamata per me.

Era una cosa sorprendente e incredibilmente premurosa da fare, e Riley si sentì profondamente commossa dalla preoccupazione del suo mentore. E andare a pranzo con Frankie l’indomani le dava qualcosa da attendere, dopo una giornata talmente terribile.

Sentendosi improvvisamente molto meglio, Riley entrò in cucina.

Pensò. Aiuterò Ryan con la cena, che gli piaccia o no.

Quel giorno era stato peggiore di quanto avesse mai immaginato. Ma aveva degli amici che l’avrebbero aiutata a venirne fuori. Forse l’indomani sarebbe stato più facile. Dopotutto, che tipo di incubo sarebbe stato peggiore di quello che aveva appena affrontato?


CAPITOLO TRE



Il giorno seguente, prima delle dodici, Riley uscì per aspettare che Frankie passasse a prenderla per andare a pranzo. Si ritrovò a chiedersi se sarebbe davvero stata in grado di parlare con la sua amica d’Accademia di quello che si era verificato il giorno precedente. Ryan era andato al lavoro come al solito, cogliendo con gioia l’opportunità di guidare la loro auto per una volta. Perciò, Riley aveva dormito fino a tardi, trascorrendo una mattina rilassandosi.

Presto Frankie arrivò nel suo hatchback malconcio, e Riley ci saltò dentro. Si rese conto del fatto che i lineamenti rossastri e i capelli color ruggine dell’amica erano una vista piacevole. Si disse che questo sarebbe stato senz’altro un giorno migliore.

Frankie guidò fino al loro ristorante preferito per il pranzo a Washington D.C., Tiffin’s Grub & Pub. Si sedettero ad un tavolino ed entrambe ordinarono dei sandwich al tonno. Poi consumarono del caffè e chiacchierarono per poco, evitando l’argomento della prima uccisione di Riley.

Forse non ci gireremo intorno per parlarne, Riley pensò.

Se così era, le sarebbe stato bene. Passare più tempo con Frankie sarebbe bastato per farla sentire molto meglio. Intanto, lei e l’amica dovevano aggiornarsi un po’.

Frankie disse: “Ho sentito dire che hai lavorato ad altri tre casi dall’ultima volta in cui ci siamo viste. Questo è piuttosto ammirevole. Si sta spargendo la voce che tu sia quasi un prodigio, il prossimo Jake Crivaro, a quanto dicono.”

Riley arrossì dinnanzi a quella che sapeva essere un’alta lode.

“Ho ancora tanto da imparare” replicò. “Raccontami, come ti va qui a Washington D.C.? Come sta procedendo la tua vita da agente dell’FBI?”

Frankie aggrottò il sopracciglio e sospirò.

“Non è tutto come speravo che fosse, a dire il vero” rispose.

Riley provò un pizzico di preoccupazione. Sapeva che Frankie aveva passato ben sei mesi a lavorare sotto copertura come corriere della droga, prima di riuscire ad entrare nell’Accademia. Per la sua esperienza passata, Frankie era stata felice e speranzosa nei confronti del suo incarico. Ora sembrava triste e delusa.

Quando arrivarono i panini, Riley chiese a Frankie di parlargliene. L’amica prese un sorso di caffè e rifletté per un momento.

Poi disse: “Sai, ho imparato una vera lezione mentre lavoravo come poliziotta sotto copertura a Cincinnati. Ho imparato che l’intera ‘Guerra alla Droga’ è senza senso. È una guerra che non può essere vinta. Il vero problema è che c’è molto dolore là fuori, e molte persone infelici. Rinchiuderle per l’uso di droga non arriva alla radice del problema. E immagino che io …”

La voce di Frankie si interruppe per un momento.

Poi, proseguì: “Beh, pensavo di poter fare la differenza, lavorando nell’FBI. Pensavo di poter cambiare come sono state fatte le cose. Ma non sta funzionando in quel modo. Resta sempre tutto uguale, proprio come a Cincinnati. L’unica differenza è che ora non lavoro più sotto copertura. Ma sono ancora coinvolta nella stessa tipologia di operazioni, e non posso cambiare alcunché. Mi sento come una ingenua idiota per aver pensato di poter fare la differenza.”

Riley si protese sul tavolo, verso l’amica, e disse: “Frankie, concediti del tempo. Hai appena iniziato. Sii paziente.”

Frankie sbuffò. “Sì, beh, la pazienza non è esattamente il mio forte. E, ad ogni modo, i miei problemi sembrano piuttosto banali in confronto a quello che ti è capitato ieri. Crivaro sembrava davvero preoccupato per te al telefono. Vuoi parlarne? Vuoi raccontarmi cosa è successo?”

Riley esitò per un istante. Poi, immaginò che parlarne fosse parte del motivo per cui era lì. Appena cominciò a raccontare a Frankie tutto quello che era successo il giorno precedente, sentì un nodo in gola.

Non ricominciare a piangere, si disse.

Riuscì a controllare le lacrime, mentre descriveva il momento in cui aveva ucciso Heidi Wright.

Poi disse: “Frankie, era solo una ragazzina, quindici anni. Non era colpa sua il fatto di aver avuto una vita così orrenda. Non aveva alcuna opzione. Era disperata. Aveva bisogno di qualcuno che le desse una buona casa, che la guidasse e le desse un po’ d’amore. Non meritava di morire così.”

Ora la voce di Frankie era colma di preoccupazione.

“Non credo che serva che io dica l’ovvio” Frankie disse.

Riley annuì e rispose: “Lo so, lo so. Non ho avuto altra scelta. Era la sua vita o la mia.”

“E la tua vita conta, Riley” Frankie disse. “Conta molto.”

Riley dovette asciugarsi una lacrima ora.

“Sento che le cose non torneranno più come prima” disse.

Frankie inclinò il capo e disse: “Beh, non ho mai dovuto sparare a qualcuno, ma … so come ci si sente a fare qualcosa che ti cambia davvero. Ci sono passata. Lo capisco.”

Riley sapeva a quale terribile evento l’amica si riferisse. Quando lavorava sotto copertura a Cincinnati, uno spacciatore l’aveva costretta a iniettarsi di eroina, minacciandola con un coltello. La donna non aveva avuto scelta.

Riley ricordò quello che Frankie le aveva detto dell’incredibile stato di euforia che aveva vissuto.

“Se fossi morta allora, sarei morta felice.”

Quello era l’evento che aveva convinto Frankie che la ‘Guerra alla Droga’ era inutile. Riley sapeva che Frankie avrebbe combattuto con tale esperienza per il resto della sua vita. Fino a quel momento, Riley non era riuscita ad immaginare come fosse per lei.

Forse adesso posso comprendere, pensò.

Riley diede un morso al sandwich e rifletté per un momento.

Poi disse: “Ecco la cosa strana, Frankie. Circa due settimane fa, volevo davvero uccidere qualcuno. Mi ci è voluto tutto il mio autocontrollo per non farlo.”

“Che cos’è successo?” Frankie chiese.

Riley rispose: “Forse hai sentito parlare del caso a cui io e Crivaro abbiamo lavorato in Maryland.”

“Sì, un brutto affare” Frankie esclamò. “Il killer si chiamava Mullins, giusto?”

Riley annuì. “Sì, Larry Mullins. Ha ucciso due bambini, di cui era il babysitter, soffocandoli in due diversi parchi giochi.”

Poi, con un lieve gemito, aggiunse: “Naturalmente, Mullins non è ancora stato incarcerato. La data del processo non era nemmeno stata stabilita, e le prove che abbiamo contro di lui sono ancora inconsistenti. Ma io e Crivaro sappiamo che è colpevole, e così i genitori dei bambini.”

Riley fece una pausa per un momento, temendo il ricordo che stava per descrivere.

“Mullins è un bastardo orgoglioso” riprese. “Ha questa faccia da ragazzino, e questo è il motivo per cui i genitori dei bambini si sono fidati di lui. Ho odiato l’atteggiamento che aveva nell’istante in cui io e Crivaro l’abbiamo preso. Mi ha rivolto un largo sorriso, praticamente ammettendo con gli occhi di essere colpevole. Ma sapeva anche dannatamente bene che sarebbe stata dura per noi dimostrarlo.”

Riley, chiaramente agitata, tamburellò le dita sul tavolo.

Poi continuò: “E proprio nell’istante in cui gli stavo mettendo le manette e gli ho letto i suoi diritti, mi ha rivolto un sorrisetto e mi ha detto: ‘Buona fortuna.’”

Frankie ebbe un sussulto.

Riley continuò: “Dio, non hai idea di quanto mi abbia fatto infuriare. Volevo davvero ucciderlo. Penso di aver davvero poggiato la mano sulla mia Glock. Crivaro mi ha toccato sulla spalla e mi ha rivolto uno sguardo d’avvertimento. Se non fosse stato per lui, avrei fatto saltare la testa a Mullins in quello stesso istante.”

“È stato un bene che tu non l’abbia fatto” Frankie osservò.

“Forse è così” Riley disse. “Ma ora non posso fare a meno di chiedermi, che cosa sarebbe successo se Mullins fosse stato la mia prima vittima? Sicuramente non mi sentirei male come mi sento ora. Forse starei persino bene. Invece, ho finito con lo sparare a una povera sciocca ragazzina che non aveva alcuna possibilità nella vita. È solo …”

Riley deglutì un misto di rabbia ed amarezza.

“È solo che non è giusto” riprese.

Riley e Frankie restarono sedute a mangiare per alcuni istanti.

Infine, Frankie disse con voce cauta: “Sai, probabilmente penserai che sono pazza a dire questo, ma … forse stiamo entrambe meglio per il modo in cui le cose ci sono accadute.”

Riley sgranò gli occhi.

“Che cosa intendi?” le chiese.

Frankie alzò le spalle e disse: “Beh, se non fossi stata costretta a fare fuoco quell’unica volta, non avrei mai capito quanto sia davvero stupida la Guerra alla Droga. E, se tu fossi riuscita ad uccidere Larry Mullins, forse avresti potuto trovar facile uccidere in futuro, forse un po’ troppo facile.”

Frankie restò in silenzio, poi si asciugò una lacrima nell’occhio.

“So che stiamo entrambe soffrendo, Riley” disse. “Ma penso che forse sia meglio soffrire piuttosto che indurirsi contro il dolore. Almeno, siamo entrambe riuscite a mantenere la nostra umanità, la nostra vulnerabilità, tutto ciò che c’è di meglio in noi. Molte persone che svolgono il nostro lavoro non ci riescono.”

Riley annuì lentamente. Sapeva che Frankie stava dicendo esattamente quello che aveva bisogno di sentire al momento. Si rese conto di essere certamente fortunata ad avere l’amica con cui dispiacersi quel giorno. Era meglio di qualsiasi terapia avrebbe probabilmente seguito.

Lei e Frankie mangiarono in silenzio per un po’.

Poi, Frankie chiese: “E dimmi, come vanno le cose con il tuo fidanzato? Avete già stabilito una data per il matrimonio?”

Riley fu colta di sorpresa dalla domanda.

Balbettò: “Uh, no, non ancora.”

“No?” Frankie chiese, rivolgendo a Riley uno sguardo scettico.

“Non ancora” Riley ripeté, poi continuò a mangiare in silenzio.

Si sentiva a disagio per quanto Frankie potesse pensare al momento. Ricordò qualcosa che l’amica le aveva detto la prima volta che si erano incontrate …

“Ho un punto di vista piuttosto ostile nei confronti degli uomini in generale.”

Sebbene Frankie ne parlasse raramente, Riley sapeva che i quattro anni di matrimonio dell’amica erano finiti con un amaro divorzio. Probabilmente, Frankie non aveva alcun motivo per aspettarsi che le cose funzionassero tra Riley e Ryan.

Forse ha ragione? Riley si chiese.

Dopotutto, le cose non erano andate particolarmente bene tra loro ultimamente.

Riley e Frankie chiacchierarono di piccole cose, mentre concludevano il pasto. Quando Frankie la riaccompagnò al suo appartamento, Riley si ritrovò a temere il resto della giornata libera, specialmente chiedendosi come le cose sarebbero andate quella sera con Ryan.

Si chiese che cosa dicesse di lei il fatto che non attendesse di vedere il proprio fidanzato. Forse, cosa ancora peggiore, la cosa era collegata ai pericoli e alle sfide del suo lavoro?

Sapeva solo che non poteva evitare ciò che provava.

Se non torno a lavoro, perderò la testa, pensò.

Qualunque cosa l’attendesse là fuori, aveva bisogno di raggiungerla ed affrontarla.




CAPITOLO QUATTRO


Jake picchiettò nervosamente il piede, seduto dall’altra parte della scrivania di fronte all’Agente Speciale Capo dell’Unità di Analisi Comportamentale.

Sembra di sicuro un caso seriale, pensò.

Erik Lehl stava descrivendo un paio di omicidi simili avvenuti in Kentucky e Tennessee. Jake stava provando a decidere se voleva anche solo pensarci al momento. Dopotutto, era rimasto coinvolto in una sparatoria a nord dello stato di New York soltanto il giorno prima.

Lehl finì la sua descrizione e disse: “Agente Crivaro, l’unica ragione per cui le sto parlando di questo è che non ho altri agenti più esperti del BAU da inviare sul posto adesso.”

Jake sogghignò e disse: “Perciò, sono l’ultima risorsa, huh?”

Lehl non rise alla piccola battuta di Jake. Naturalmente, Jake era decisamente consapevole che il suo capo non fosse noto per il suo senso dello humor.

“Sa bene di non esserlo” Lehl ribatté. “Solo che non voglio inviare reclute. Ma so che potrebbe aver bisogno di una pausa dopo quello che è successo ieri. In questo caso, va bene. Non è esattamente un caso d’alto profilo, almeno non ancora. Posso chiedere all’ufficio dell’FBI di Memphis di occuparsene. Ma lo sceriffo locale sembra essere nel panico, e ha chiesto specificamente l’aiuto del BAU. Mi farebbe sentire meglio se sapessi di avere il mio agente migliore sul caso.”

“Non dovrebbe lusingarmi, signore” Jake replicò con un sorriso. “Finirò col montarmi la testa.”

Ancora una volta, Lehl non rise. L’uomo smilzo unì le lunghe dita e osservò speranzoso Jake.

“Ci andrò io” Jake disse infine.

Lehl apparve onestamente sollevato.

“Benissimo, allora” Lehl disse. “Farò preparare un aereo che la porti al Dyersburg Regional Airport. Disporrò alcuni poliziotti del posto, affinché la accolgano lì. Vuole che le assegni un partner?”

Jake si agitò nella sedia.

“No, me ne occuperò da solo” rispose.

Lehl emise un lieve ringhio di sgomento.

Aggiunse: “Agente Crivaro, credo che ne abbiamo parlato.”

Jake era divertito dal tono paternale di Lehl. Come se il suo capo lo stesse gentilmente rimproverando.

“Sì, lo so” Jake replicò. “Lei continua a dirmi che è ora che impari ad essere gentile con gli altri. Ma sono vecchio e abituato ai miei modi, signore. Se mi mandasse con una recluta, finirei col terrorizzare quel poverino. Potrei farlo gridare nella notte. Lei non vorrebbe questo.”

Seguì una pausa infausta.

Immagino che non approvi la mia risposta, Jake pensò.

Infine, Lehl disse: “Rifletta sull’idea di prendere un partner. Tornerò da lei in merito a quel volo.”

L’incontro giunse alla conclusione, e Jake tornò nel proprio ufficio. Si sedette alla sua scrivania, ingombra del lavoro di cui si stava occupando quel giorno. Stava pensando al caso del “babysitter killer” in Maryland, provando a mettere insieme sufficienti prove per mandare in prigione un assassino di bambini di nome Larry Mullins. Lui e Riley avevano arrestato l’uomo un paio di settimane prima.

L’udienza sarebbe stata fissata presto. Sebbene Jake, Riley, e tutta la squadra investigativa fossero certi della colpevolezza di Mullins, temeva che una giuria non sarebbe mai stata d’accordo.

Jake si trovò a riflettere sulla proposta di Lehl: avrebbe dovuto rifiutare? Il capo non si sarebbe dimostrato contrariato. E certo aveva altre cose importanti da fare. Inoltre, era ancora scosso dai fatti avvenuti il giorno prima.

Immagino di essere solo un uomo che non sa dire di no, Jake pensò.

Si domandò se fosse dipendente dal lavoro sul campo, e da tutta l’azione e dal pericolo che quel genere di lavoro implicava.

O forse era qualcos’altro.

Ultimamente, era diminuita la fiducia che aveva nelle proprie capacità. La sua incertezza relativa al caso Mullins acuì molto quei dubbi. Forse, aveva accettato questo caso per via dell’ansia di dimostrare di poter essere ancora in grado di svolgere il suo lavoro, non solo bene, ma meglio di chiunque altro nel BAU.

Ma se quei giorni fossero finiti? si chiese.

Ripensò a una frase che l’Agente Lehl gli aveva appena detto.

“Rifletta sull’idea di prendere un partner.”

Jake sospettava che fosse un buon consiglio. Lavorare da solo, lottando per recuperare la fiducia in se stesso, poteva non rivelarsi a una buona idea. Ma Lehl gli aveva appena detto di non avere a propria disposizione altri agenti esperti. Jake non se la sentiva di cedere il caso ad una recluta acerba, inesperta e in fase di addestramento: non quando un serial killer era probabilmente a piede libero e si stava preparando a colpire di nuovo.

Naturalmente, c’era una nuova agente sulla quale Jake non aveva affatto la medesima opinione …

Riley Sweeney.

La sua giovane protetta era molto più che promettente. Aveva già doti migliori di molti altri agenti più esperti, anche se il suo giudizio era talvolta errato ed aveva problemi a seguire gli ordini. Sapeva che un giorno sarebbe diventata brava tanto quanto lui stesso fosse mai stato, se non migliore. Gli piaceva sapere che lei avrebbe potuto proseguire il suo lavoro, dopo il suo pensionamento. E gli piaceva lavorare con lei.

Ma, ancor più, aveva la sensazione che forse avrebbe potuto iniziare a dipendere davvero da lei. Se era vero che le stesse capacità stavano svanendo, avere Riley a portata di mano lo faceva sentire più sicuro nel suo lavoro.

Ma mentre Jake rifletteva sulla questione, sospirò ad alta voce.

Non posso chiederle di lavorare a questo caso, pensò.

Era troppo presto. La povera ragazza era certo troppo traumatizzata dopo gli eventi del giorno prima. Sin dalla sparatoria in quel parcheggio innevato, Jake era stato perseguitato dallo sguardo scosso sul volto di Riley, che fissava il corpo di Heidi Wright.

La ragazza morta sembrava persino più giovane dei suoi veri quindici anni, come una patetica bambolina rotta. Sebbene Riley non lo avesse detto, Jake sapeva che non poteva fare a meno di pensare a se stessa come a una sorta di assassina. La povera ragazza era ancora in stato di shock l’ultima volta che l’aveva vista il giorno prima.

Naturalmente, Jake e Riley erano stati entrambi consapevoli che lei avrebbe dovuto uccidere prima o poi. Ma Jake non aveva mai immaginato che sarebbe successo in tali orribili circostante, e, naturalmente, neanche Riley.

Ha bisogno di un po’ di ferie, Jake pensò.

Aveva anche bisogno del genere di consulenza professionale, che Jake non era in alcun modo preparato a darle.

Eppure, lui si chiese se davvero avesse il diritto di prendere una tale decisione al suo posto. Non avrebbe dovuto esserle permesso di decidere da sola se si sentiva pronta a tornare a lavoro?

Un’altra domanda lo turbava profondamente.

Posso davvero svolgere questo lavoro senza di lei?

Jake raggiunse il telefono sulla sua scrivania e digitò il suo numero.



*



Riley stava camminando nel suo appartamento, quando il suo cellulare squillò. Frankie l’aveva appena riaccompagnata a casa, dopo che si erano viste al Tiffin’s Grub & Pub, dove le due amiche si erano godute un delizioso pranzo e un po’ di buona conversazione. Riley sperava che la chiamata non le rovinasse l’umore.

Riley chiuse la porta alle sue spalle e guardò il telefono. La telefonata era di Jake Crivaro. Rispose immediatamente.

Sentì la burbera voce del suo mentore, dire: “Riley, sono Crivaro.”

Riley sorrise al suo saluto familiare.

Fu sul punto di rispondere: lo so.

Invece disse: “Che cosa succede?”

Sentì Crivaro grugnire con indecisione. Poi disse: “Uh, volevo solo sapere … l’ultima volta che ti ho vista ieri, non stavi bene. Stai meglio?”

Riley provò un bagliore di curiosità. Era sicura che Crivaro stesse chiamando per qualcosa di più che per informarsi sul suo stato di salute.

“Sì, mi sento meglio” rispose. “Immagino che, però, sarà un percorso lungo. Ieri è stata … beh, davvero dura, sa?”

“Lo so” Crivaro rispose. “Mi dispiace che le cose siano andate in quel modo. Hai già preso un appuntamento con un consulente?”

“Non ancora” fu la risposta di Riley.

“Non rimandare.”

“Non lo farò” Riley replicò, niente affatto sicura che fosse una risposta sincera.

Ci fu una strana pausa.

Poi Crivaro disse: “Beh, pensavo che avrei dovuto informarti che sto andando in Tennessee per un po’. Ci sono stati un paio di omicidi, uno in Kentucky e uno in Tennessee, e sembra che possano essere stati opera di un serial killer. Lehl mi ha affidato il lavoro.”

La curiosità di Riley aumentò. Sembrava una strana informazione da voler condividere con lei al momento.

“Spero che vada tutto bene” disse.

“Sì, beh …”

Ci fu un silenzio ancora più lungo.

Poi, Crivaro aggiunse: “Lehl dice che dovrei lavorare con un partner a questo caso. Non ha altro che reclute disponibili, perciò ho pensato che avrei dovuto chiamare e chiedere … No, è una cattiva idea, dimentica che abbia detto qualcosa.”

Riley provò un formicolio di eccitazione.

“Vuole che venga con lei?” domandò.

“No, non avrei dovuto chiamare, mi dispiace. Sono sicuro che sia l’ultima cosa che ti andrebbe di fare al momento. Hai bisogno di riposare, passare del tempo con il tuo fidanzato, tornare alla normalità. Hai anche bisogno di farti seguire da un consulente prima di tornare a lavoro. Sai che, prima o poi, dovrai subire una valutazione psicologica.”

Ma non adesso, Riley pensò. Non se sono già impegnata ad occuparmi di un altro caso lontano da qui.

Di getto sbottò: “Ci vengo.”

Sentì Crivaro sospirare.

“Riley, non sono davvero sicuro della cosa.”

Riley replicò: “Beh, io lo sono. Con chi altro può lavorare? Ha bisogno di qualcuno di tosto, qualcuno che la conosca. Terrorizzerebbe una povera recluta.”

Crivaro sogghignò nervosamente e disse: “Sì, è proprio quello che ho detto a Lehl. Ad ogni modo, sta facendo preparare un aereo per il Tennessee. Vuoi che passi a Washington D.C. e ti venga a prendere?”

“No, non ce n’è bisogno” Riley rispose. “Posso arrivare lì più in fretta col treno. Conosco gli orari, e ce n’è uno che posso prendere a breve. Se passa a prendermi alla stazione di Quantico, potremmo andare direttamente sulla pista.”

Riley gli riferì l’orario d’arrivo e Crivaro rispose: “D’accordo allora.”

Dopo un attimo di esitazione, balbettò: “E, uh …”

Riley sentiva che stava faticando a trovare le parole giuste per quello che voleva dire.

Infine, disse semplicemente: “Grazie.”

Riley quasi si ritrovò a dire, “No, sono io che la ringrazio.”

Invece, rispose: “Sarò lì presto.”

Lei terminò la telefonata e si sedette sul divano, fissando il proprio cellulare. Si sentiva sorpresa per la decisione che aveva appena preso. Non ci aveva affatto riflettuto.

Ho appena commesso un errore? si chiese.

Non le sembrava di aver sbagliato. Infatti, si sentiva sollevata. Era sorpresa dal suo stesso entusiasmo di tornare a lavoro.

Ma quello che maggiormente sorprendeva Riley della chiamata era il tono di Crivaro: era sembrato quasi come uno studente che chiedeva ad una ragazza di uscire.

Vuole davvero lavorare con me, pensò.

Non vuole lavorare con qualcun altro.

Il sentirsi voluta — e forse persino necessaria - le diede una calorosa sensazione.

Ma, quando si alzò dal divano, per dirigersi in camera a prendere la sua valigia sempre pronta, qualcosa le venne in mente.

Ryan.

Doveva telefonargli per avvisarlo. E dubitava che l’avrebbe presa bene. Ricordava la loro conversazione della sera precedente, e come l’avesse pressata per lasciare il BAU, e ciò che lei aveva detto in risposta.

“Ryan, dobbiamo davvero parlarne adesso?”

Non ne avevano discusso ancora, naturalmente. Non c’era semplicemente stato il tempo. Ora, Riley sarebbe andata comunque ad occuparsi di un nuovo caso.

Prese il telefono fisso e digitò nervosamente il numero di Ryan. Lui sembrò contento, quando rispose.

“Ehi, tesoro, sono contento di sentirti. Ho una prenotazione per la cena al ristorante che amiamo entrambi, Hugo’s Embers. Non è grandioso? Sai quanto sia difficile riuscire a trovare un tavolo lì.”

Riley deglutì nervosamente.

Disse: “Sì, è grandioso, Ryan, ma … dovremo farlo un’altra sera.”

“Huh?”

Riley soffocò un sospiro.

“L’Agente Crivaro ha appena chiamato” disse. “Vuole che lavori con lui ad un caso in Tennessee. Sto uscendo proprio ora per prendere un treno per Quantico.”

Ci fu un profondo silenzio.

“Riley, non posso dire che mi piaccia l’idea” Ryan replicò. “Sei pronta a tornare a lavoro? Eri davvero in pessimo stato ieri sera. E inoltre …”

Ci fu un’altra pausa.

Poi Ryan aggiunse: “Riley, ne abbiamo bisogno. Una serata romantica insieme, voglio dire. È passato tanto tempo da quando noi … lo sai.”

A Riley occorse un momento per comprendere esattamente che cosa intendeva dire.

Poi, comprese. Oh mio Dio. Sta parlando del sesso.

Quanto tempo era passato dall’ultima volta che avevano fatto l’amore? Non lo sapeva, e si rese conto che non ci aveva affatto pensato ultimamente. Tra i due casi a cui aveva già lavorato questo mese, era stata esausta. Oltre a questo, era stata preoccupata dall’imminente udienza Mullins.

Rispose: “Mi farò perdonare, lo prometto.”

“Riley, non è questo il punto. L’hai deciso senza nemmeno parlarmene.”

Riley provò una fitta di rabbia.

Dovrò consultare Ryan ogni volta che prendo un caso?

Ma l’ultima cosa che voleva era litigare con lui in merito adesso. Proprio non ne aveva il tempo.

Disse: “Mi dispiace per questo. Dico davvero. Ne riparleremo quando tornerò a casa.”

“Non voglio che tu vada” Ryan soggiunse con voce implorante.

“Devo andare” Riley ribatté. “È il mio lavoro.”

“Ma …”

“Ciao, Ryan. Devo prendere un treno. Ti amo.”

Mise fine alla telefonata e sospirò, quasi disperata.

Dovrei richiamare Crivaro? si chiese.

Dovrei dirgli che non posso accettare il caso?

Crivaro avrebbe sicuramente capito. Glielo aveva già detto.

Ma Riley fu investita da un’ondata di risentimento. Ryan non aveva il diritto di farle pressione in quel modo, specialmente dopo quello che era accaduto il giorno prima. Aveva del lavoro da fare, e non poteva trascorrere il resto della vita a chiedere a Ryan il permesso di farlo.

Si precipitò in camera da letto, prese la valigia e uscì a prendere il treno.




CAPITOLO CINQUE


La vita di Riley iniziava a sembrare un interminabile viaggio in aereo con Crivaro. Erano volati da New York solo la sera prima ed in quel momento si trovavano di nuovo a bordo del jet del BAU, diretti all’estremità occidentale del Tennessee.

Sembra quasi che non sia mai tornata a casa, pensò.

In un certo senso, avrebbe voluto che fosse stato vero. Sarebbe stato bello scoprire che la sua discussione con Ryan, avvenuta al telefono quella mattina, fosse stata solo un sogno, e che le cose tra loro andassero bene.

Purtroppo, sapeva che tutto ciò era davvero accaduto.

E naturalmente, valeva anche per i terribili fatti del giorno prima.

Tutta la mia vita sembra un brutto sogno adesso, pensò. Come un incubo di infiniti voli, pericolo e morte improvvisa.

Si scosse di dosso i suoi oscuri pensieri e guardò Crivaro. Era seduto accanto a lei, consultando degli appunti che lui aveva trascritto riguardo al nuovo caso.

Le spiegò: “Circa una settimana fa, un corpo è stato trovato nel bosco vicino a Brattledale, nella Contea di Raffel, Kentucky. La vittima era un’adolescente, Natalie Booker.”

“Com’è stata uccisa?” Riley chiese.

“Strangolata. Se si trattasse di un caso singolo in un solo stato, non sarebbe di nostra competenza. Ma, ieri, è stato trovato un altro corpo, un’altra adolescente, di nome Kimberly Dent, anche lei strangolata, e probabilmente dallo stesso killer. Il suo corpo era ai margini di un bosco vicino a Dalhart, Tennessee, oltre i confini dello stato.”

“Il che lo rende un caso dell’FBI” Riley osservò. “Se decidiamo di occuparcene.”

“Esatto” Crivaro replicò. “Oltre a questo, lo Sceriffo della Contea di Raffel, Ed Quayle, ha chiesto specificatamente l’aiuto del BAU, perciò siamo assolutamente coinvolti.”

Crivaro richiuse il suo taccuino.

“Questo è tutto ciò che so al momento” concluse. “Lo Sceriffo Quayle ci incontrerà all’aeroporto, e sono sicuro che avrà altro da dire.”

Riley annuì, poi rimasero in silenzio per un po’. Mentre guardava fuori dal finestrino, la sua mente cominciò a tornare all’orrenda sparatoria avvenuta il giorno prima.

Riley sentì Crivaro dire con voce gentile: “Sembri stanca.”

Lei si voltò verso di lui, e vide che la stava guardando con preoccupazione.

“Immagino di esserlo” Riley disse. “Non ho dormito molto la notte scorsa.”

“Sei sicura che te la senti di lavorare a questo caso?”

“Ne sono sicura”.

Ma a dire il vero, non era proprio così. E intuì dall’espressione preoccupata di Crivaro che l’uomo percepiva i suoi dubbi.

Le disse con voce gentile. “È stata una cosa pesante, quella che ti è successa ieri.”

Riley alzò le spalle e disse: “Immagino che lei sappia come ci si sente.”

“Non proprio, no.”

Riley fu sorpresa al sentirglielo dire.

Non ha mai ucciso nessuno? si chiese.

Crivaro non aveva avuto bisogno di uccidere nei casi in cui Riley aveva lavorato con lui finora. Ci era andato vicino quando un folle stava per iniettare a Riley una dose letale di anfetamina. Ma il partner di allora di Crivaro, Mark McCune, aveva esploso il colpo che aveva abbattuto il killer.

Ciò nonostante, Riley era sicura che Crivaro dovesse aver ucciso durante la sua carriera pluriventennale come agente dell’FBI, probabilmente molte volte.

Ma doveva esserci stata una prima volta, pensò.

Forse l’avrebbe aiutata ascoltarlo nel proprio resoconto.

Lei chiese cautamente: “Agente Crivaro … potrebbe raccontarmi della prima volta in cui ha dovuto uccidere?”

Crivaro alzò le spalle. Non sembrava particolarmente turbato dalla domanda.

“Beh, è una storia molto vecchia” disse. “Hai mai sentito della rapina nella banca Magrette del 1980?”

Riley sgranò gli occhi.

“Naturalmente, ne ho sentito parlare” rispose. “L’ho sentito quando ero all’Accademia. Ho persino replicato una parte dell’accaduto con gli altri cadetti. Viene ancora usata nell’addestramento anti-terrorismo e di sopravvivenza. Ne è rimasto coinvolto?”

Crivaro fece uno strano sorriso.

“Sì, verso la fine, ad ogni modo. Vuoi che te lo racconti?”

Riley annuì silenziosamente.

Crivaro disse: “Beh, dimmi quello che già sai a riguardo. Non voglio annoiarti con dettagli che hai sentito milioni di volte.”

Riley quasi sbuffò ad alta voce. Non c’era alcunché di noioso nella storia della rapina Magrette.

Ciò nonostante, disse: “Ecco, so che tutta la storia è stata folle, ed estremamente violenta. Un gruppo di ben sei rapinatori fece irruzione in una banca a Magrette, Pennsylvania, armato fino ai denti e indossando uniformi militari. Costrinsero così i cassieri a consegnare oltre $20.000 in contanti.”

“Molti soldi per allora” Jake disse.

“Ma la polizia locale fu avvisata di quanto stava accadendo” Riley proseguì. “Quando arrivò sulla scena, iniziò uno sparatoria proprio di fronte alla banca.”

Jake scosse la testa.

“Quei poveri poliziotti” disse. “Non avevano idea di quanto fossero in svantaggio.”

Riley disse: “Un vice fu colpito, cinque volte, se ricordo bene.”

“Lui è sopravvissuto, abbastanza incredibilmente” Crivaro commentò.

“I rapinatori riuscirono a raggiungere il loro mezzo di fuga” Riley continuò. “Poi lasciarono che i poliziotti si lanciassero in un folle inseguimento. I rapinatori spararono alle auto della polizia, lanciando persino bombe a mano contro di loro. Molti veicoli furono danneggiati, incluso un elicottero della polizia. I rapinatori riuscirono ad allontanarsi.”

Crivaro grugnì leggermente.

“Sì, e fu allora che venne richiesto l’intervento dell’FBI, me incluso” disse. “Al mattino presto del giorno seguente, una nostra squadra riuscì a rintracciarli in un bosco vicino, ma cademmo in un’imboscata: fummo accolti da una scarica di proiettili. Il nostro caposquadra, Val Davidson, fu ucciso immediatamente.”

Crivaro ebbe un sussulto ed aggiunse: “Fu colpito da un proiettile di un mitragliatore. Fu quasi decapitato. Non avevo mai visto qualcosa di simile.”

Divenne poi silenzioso per un istante, tenendo lo sguardo basso.

Poi riprese: “Tutti rispondemmo al fuoco, incluso me, sebbene riuscimmo solo a vedere di sfuggita i nostri aggressori in quel bosco. Gli spari sembravano provenire da ovunque e da nessuna parte. Io sparai l’ultimo colpo, in ogni caso. Nella frazione di secondo in cui sparai, sentii un grido di dolore proveniente dal bosco. Poi, tutti gli spari cessarono, e ci fu silenzio.”

Crivaro mosse nervosamente i piedi.

“Poi, cinque dei rapinatori vennero verso di noi con le mani sopra le loro teste. Si erano arresi! Io e un altro dei miei uomini c’inoltrammo nel bosco per provare a comprendere che cosa fosse accaduto. Trovammo Wallace Combs, il leader della gang, che giaceva a terra morto, ucciso da un proiettile proprio in mezzo al petto. Il resto della gang ci disse subito che Combs li aveva convinti a lottare fino alla morte. Ma, per come si erano messe le cose, non avrebbero potuto proseguire senza di lui.”

Crivaro strizzò gli occhi, come se stesse di nuovo lottando contro la sua incredulità.

“Lo avevo ucciso” disse. “Ma non lo avevo mai visto. Avevo solo sparato in mezzo al bosco. Fu il colpo più dannatamente fortunato al mondo.”

Crivaro restò in silenzio per un momento.

“Non posso dire di essermi mai sentito in colpa per questo” riprese, “ma mi ha cambiato. Mi ha reso più duro, direi. In parte, è dovuto al fatto di aver visto il mio capo venire ucciso in quel modo. Non ho mai avuto problemi ad uccidere, da allora.”

Poi, guardò Riley dritto negli occhi.

Aggiunse: “È un’esperienza diversa per tutti … la prima uccisione, intendo. Ciò che mi è successo quel giorno, beh, è stato completamente diverso da quello che è successo ieri a te. Non vidi l’uomo a cui sparai, solo il suo cadavere. Non fu una questione così personale, così … beh, non ho idea di come tu ti senta a riguardo.”

Riley ebbe un forte sussulto a quelle parole.

Per un momento, vide di nuovo il volto di quella giovane innocente con gli occhi privi di vita nella neve. Per quanto utile fosse stato parlarne con Frankie poco fa, Riley sapeva di dover superare ancora tutto.

E ci vorrà del tempo, pensò.

Crivaro le diede un colpetto sulla spalla.

“Allora vuoi parlarne?” chiese.

Riley rifletté per un momento, poi scosse la testa, rispondendo di no.

“Probabilmente va bene così” Crivaro disse. “Non sono il tipo che possa aiutarti a venirne fuori. Non ho il tocco giusto. Devi davvero parlarne con un terapista, proprio come Lehl ti ha ordinato di fare. Promettimi che prenderai quell’appuntamento non appena torneremo a Quantico.”

“Lo prometto” Riley rispose.

Ma avvertì un forte senso di paura, mentre pronunciava quelle parole.

Si chiese se fosse possibile per lei aprirsi riguardo ad un’esperienza così orribile con un totale estraneo. Come avrebbe potuto aiutarla?

E perché sono affari di qualcun altro, del resto?

Non posso venirne fuori in qualche modo?

Ma, naturalmente, sapeva di non poterlo fare. Gli ordini erano ordini, e una promessa era una promessa.

E, in ogni caso, lei e Crivaro stavano per inseguire un probabile serial killer.

Probabilmente ho cose peggiori da temere di una visita dal medico, rifletté con un sorriso amaro.




CAPITOLO SEI


Riley e Crivaro, scesi dall’aereo, trovarono un uomo, alto e dall’aria cupa, ad attenderli: non sembrava affatto incline a un caldo benvenuto. Riley immaginò che dovesse trattarsi dello Sceriffo Quayle, che aveva richiesto il loro aiuto. Ma se ne stava lì sulla pista dell’Hayden Regional Airport con le braccia conserte e un’espressione infuriata sul volto. Sembrava come se Riley e Crivaro avessero già fatto qualcosa che non gli piaceva.

Pensa che siamo in ritardo forse? Riley si chiese.

Le sembrava che fossero arrivati sul posto il più in fretta possibile.

Riley e Crivaro esibirono i loro distintivi, e si presentarono. Quayle non si preoccupò di fare altrettanto.

“Andiamo” disse con voce burbera. “Vi accompagnerò lì.”

Riley immaginò che con “lì” intendesse la scena del crimine.

Un uomo di poche parole, fu il pensiero di Riley.

Lei e Crivaro lo seguirono attraverso il piccolo terminal dell’aeroporto, poi uscirono nel parcheggio. A quanto pare, il tempo era simile a quello in Virginia, freddo, ma non così pungente. Non com’era stato a nord di New York. Ma c’era della neve a terra, e faceva abbastanza freddo, tanto che Riley fu contenta di aver indossato abiti caldi per il viaggio.

Riley, Crivaro e Quayle entrarono in un’auto di pattuglia della polizia con la scritta “Sceriffo della Contea di Raffel.”

Mentre guidava fuori dall’area di parcheggio, Quayle brontolò tranquillamente: “È una bella giornata quando abbiamo bisogno di gente come voi da queste parti.”

Riley rivolse a Crivaro un’occhiata incuriosita.

“Perché non gli piacciamo?” mimò silenziosamente con le labbra.

Dopotutto, come Crivaro le aveva detto sull’aereo, Quayle aveva personalmente contattato l’FBI, richiedendo un’indagine, persino specificando che aveva bisogno di agenti del BAU. Crivaro rivolse a Riley un sorriso appena abbozzato e alzò le spalle, per farle capire che glielo avrebbe spiegato più tardi.

Poi, Crivaro si rivolse a Quayle: “Che cosa può dirci degli omicidi?”

“Non molto, non ancora” l’uomo rispose. “Ecco perché siete qui.”

“Le vittime si conoscevano?” Crivaro chiese.

“Non che i loro genitori sapessero” Quayle ribatté. “Direi che è possibile. Si tratta solo di un viaggio in auto di dieci minuti tra Dalhart e Brattledale, e alcuni fanno avanti e indietro. Ciò nonostante, la gente di Dalhart tende a starsene ferma, a restarsene per conto proprio. Si potrebbe dire, che hanno una specie di mentalità chiusa.”

“Che cosa può dirmi sulla vittima del posto?” Crivaro domandò.

Quayle emise un sospiro amaro.

“Kimberly Dent era una brava ragazza” l’altro rispose. “Davvero una brava figliola. La conoscevo da quando era nata. Andavo a scuola con entrambi i genitori, Phil e Claudia, erano innamorati dall’infanzia. Erano brave persone. Nessuno ha mai detto qualcosa contro di loro. Ma poi, non ci sono altro che brave persone da queste parti. Non abbiamo il genere di problemi a cui voi siete abituati.”

Riley non sapeva esattamente chi o cosa lo Sceriffo Quayle intendesse con “voi”, ma si accorse di una nota di disprezzo nella sua voce, quando pronunciò quella parola.

Quayle presto lasciò l’autostrada principale, svoltando per una strada rurale di gran lunga più piccola. Mentre viaggiavano per la campagna, Riley guardò fuori dal finestrino le piacevoli colline ondeggianti innevate, con nudi alberi disposti qui e là. Sebbene il paesaggio non fosse montuoso come quello in cui Riley era cresciuta nel west della Virginia, a lei ricordava le scene dell’infanzia trascorsa sugli Appalachi.

Il viaggio suscitò dei ricordi in Riley, alcuni dei quali nostalgici, ma la maggior parte, tristi. La maggior parte della sua infanzia era stata difficile, specialmente dopo che aveva visto sua madre uccisa da un colpo di pistola in un negozio di dolci. Riley allora era solo una bambina. Sebbene fosse profondamente colpita dalla bellezza di questo tipo di campagna, aveva imparato alla più tenera età che bellezza e bruttezza spesso coesistevano.

E qualcosa di molto brutto è accaduto qui, pensò.

“È proprio qui davanti” lo Sceriffo Quayle aggiunse.

Superata una curva, Riley vide un’auto parcheggiata e due persone, un uomo e una donna, ferme lì dove il ciglio della strada era abbastanza ampio da consentire ai veicoli di accostare. Sembrava che il costante passaggio di veicolo avesse dissolto la maggioranza della neve in quella zona.

Le due persone guardavano verso il basso, a pochi metri di distanza dalla strada, in direzione di una croce bianca, alta circa un metro.

I genitori di Kimberly Dent, Riley intuì.

Il pensiero di incontrare i genitori in lutto la fece esitare. Non si era aspettata di trovarli lì e non sapeva se Crivaro se lo attendesse.

Lo Sceriffo Quayle accostò sul ciglio della strada e fermò l’auto dietro a quella che era già lì. Riley e Crivaro lo seguirono, dirigendosi verso la coppia, che sembrò a malapena accorgersi del loro arrivo.

Riley riusciva a vedere più chiaramente il monumento commemorativo sul ciglio della strada. Sulla croce di legno, dipinta con semplicità, c’era scritto il nome di Kimberly Dent. Qualcuno … la coppia, Riley suppose, aveva posto un mazzo di fiori artificiali dinnanzi ad essa. La coppia se ne stava lì con il capo chinato, come se fosse in chiesa.

L’uomo teneva in mano una pala; doveva aver appena scavato una buca per inserirci la croce. Avevano circondato la base della croce con delle pietre a forma di cuore.

La coppia si voltò al suono della voce dello Sceriffo Quayle.

“Phil, Claudia, vi ho portato delle persone che vorrei farvi conoscere.”

Lo Sceriffo Quayle presentò Riley e Crivaro a Phil e Claudia Dent. Entrambi gli agenti dissero di essere dispiaciuti per la loro perdita, e si scusarono per dover fare loro alcune domande.

Riley vide che Phil e Claudia avevano entrambi musi lunghi e volti seri. Senza dubbio, apparivano più tristi del normale, ma Riley ebbe la sensazione che non sorridessero molto, neppure in circostanze migliori. Si chiese se la loro figlia avesse condiviso il loro atteggiamento serio. In qualche modo, ne dubitava. Senza quasi sapere il perché, Riley immaginò Kimberly Dent come una tipica adolescente allegra ed estroversa.

Con voce piatta e priva di espressione, Claudia disse a Riley e Crivaro: “Spero che possiate trovare il responsabile di questo.”

“Faremo del nostro meglio” Crivaro replicò. “Avete qualche idea di chi possa aver voluto far del male a vostra figlia?”

Phil rispose piuttosto bruscamente: “Qualcuno a cui noi non piacciamo.”

Riley fu stupita da quanto avesse sottolineato il pronome noi.

Claudia aggiunse: “Non qualcuno di qui. Qualcuno che viene da qualche altra parte.”

Lei si tirò un po’ su ed aggiunse: “Sta diventando quel tipo di mondo.”

Mentre Crivaro continuava a fare domande alla coppia, Riley iniziò a vederci più chiaro, anche sul brusco atteggiamento dello sceriffo verso di loro. Ricordò una frase che l’uomo aveva riferito a lei ed a Crivaro durante il tragitto in auto.

“Non abbiamo il genere di problemi a cui voi siete abituati.”

Aveva anche detto:“È una bella giornata quando abbiamo bisogno di gente come voi da queste parti.”

Fin dalla sua infanzia, Riley sapeva che le persone di campagna potevano avere la tendenza a “starsene per conto proprio” come aveva detto lo Sceriffo Quayle, e per considerarla da un punto di vista fuori moda. Ma il mondo esterno stava cambiando in fretta, e di continuo.

Riley sospettava che Phil e Claudia sentissero che il mondo si stava restringendo intorno a loro in quei giorni, minacciando il loro stile di vita. E l’omicidio della loro figlia aveva amplificato quella sensazione.

Non vogliono davvero pensare che il killer sia uno di loro, Riley pensò.

Invece, volevano pensare che il killer fosse un estraneo, qualcuno che li odiava per essere il tipo di persone che erano, qualcuno che proveniva dal mondo da cui erano arrivati Riley e Crivaro.

Riley era rattristata all’idea che potessero sbagliarsi.

Mentre faceva queste riflessioni, Crivaro aveva proseguito con le domande alla coppia.

“Kimberly aveva un ragazzo?” il mentore chiese.

I genitori sussultarono leggermente.

“No” Phil rispose.

“Assolutamente no” Claudia aggiunse.

Riley si scambiò delle occhiate incuriosite con Crivaro. Sembrava quasi che la coppia avesse trovato offensiva la domanda.

Poi, Crivaro proseguì: “E una migliore amica? Un’altra ragazza, voglio dire.”

Claudia rispose: “Quella sarebbe Goldie Dowling.”

“Potrebbe dirci come metterci in contatto con lei?” Crivaro chiese.

Lo Sceriffo Quayle intervenne: “Posso occuparmene io per lei.”

Crivaro annuì e disse alla coppia che non aveva ulteriori domande al momento. Chiese loro di mettersi gentilmente in contatto con l’ufficio dello sceriffo nel caso in cui avessero avuto da riferire qualcosa di importante.

Claudia si allontanò dal monumento, tenendo gli occhi fissi su di esso ed annuendo con soddisfazione per come appariva.

Aggiunse: “La gente comincerà a portare i fiori e a decorarla. Sembrerà molto graziosa. Ma spero che la gente avrà il buon gusto di non portare fiori veri. Morirebbero in fretta con questo tempo.”

Poi, si accigliò ed aggiunse: “Qualsiasi cosa viva morirebbe se la si mettesse qui.”

Riley percepì un mondo di fredda amarezza in quelle parole enigmatiche. Appena i Dent si voltarono e tornarono alla loro auto, Riley prese nota di due cose. Phil e Claudia non si erano scambiati alcun gesto di affetto o consolazione fisici tra loro. Non si erano nemmeno spinti a fare qualcosa di molto semplice, come tenersi le mani.

Inoltre, nessuno di loro aveva pianto.

Riley si chiese se questo fosse insolito, specialmente per la donna. Poi, ricordò le sue reazioni dopo aver ucciso Heidi Wright, il vuoto che l’aveva attanagliata per ore ed ore, finché non era a scoppiata a piangere da sola nel proprio appartamento.

Forse ha già pianto tanto, Riley pensò. O forse, il suo dolore non si è ancora manifestato.

Appena la coppia se ne fu andata, lo Sceriffo Quayle disse a Riley e Crivaro: “Andiamo, vi mostro dov’è stato trovato il corpo.”

Cominciarono ad incamminarsi verso gli alberi ed il sottobosco oltre il ciglio della strada.

Crivaro chiese: “Ha idea di che tipo di veicolo abbia usato il killer?”

“No, e non so come potremmo stabilirlo” Quayle rispose, indicando in terra. “Il ciglio qui è un fitto strato di ghiaia, e c’è a malapena della neve sopra. Un veicolo non lascerebbe alcuna traccia di pneumatici qui.”

Crivaro sbuffò. Smise di camminare e si chinò.

Riley si rese conto di che cosa stesse guardando. Aveva notato un mucchio di foglie cadute, formatosi dove la ghiaia terminava sul limite della carreggiata.

Crivaro spazzò via le foglie e si rivolse a Quayle: “Dia un’occhiata.”

Difatti, Riley vide una traccia di pneumatici parzialmente nascosta nella polvere dove la ghiaia cessava.

“Qualcuno ha parcheggiato qui” Crivaro disse, tracciando la traccia con il dito. “È stato abbastanza sveglio da nascondere le tracce, per evitare che ne ricavassimo delle informazioni. Ma il terreno doveva essere freddo e lui aveva fretta. Ha persino sparso delle foglie qui per nascondere qualunque traccia potesse essere rimasta. Il suo veicolo era abbastanza pesante da lasciare tracce. Non c’è abbastanza materiale per dire di quale tipo di veicolo si trattasse però.”

Crivaro si rialzò in piedi, e i tre andarono ad una breve distanza, inoltrandosi nella brulla campagna oltre la strada.

Quayle indicò in terra e disse: “Come potete vedere, non c’è molto sottobosco in questo periodo dell’anno, e la vittima indossava una giacca a vento rossa, perciò era facilmente visible dalla strada. Un guidatore l’ha notata stamattina presto e ci ha chiamati per avvisarci.”

“Quando è stato portato via il corpo?” Crivaro chiese.

“Circa a mezzogiorno” Quayle rispose. “Il medico legale non voleva lasciarlo esposto agli elementi più del necessario.”

Riley individuò il punto in cui doveva essere stato il corpo, osservando dove le foglie erano state schiacciate. Crivaro si accovacciò a dare una migliore occhiata.

Crivaro toccò in terra e disse: “Kimberly non è stata uccisa qui.”

Quayle sembrò sorpreso.

“È quello che il medico legale ha detto, sulla base dell’ora approssimativa della morte” Quayle disse. “Ma come lo sapeva?”

Riley comprese subito che cosa intendeva Crivaro. Sapeva che cosa avrebbe detto, mentre gesticolava e indicava e lo spiegava a Quayle.

“Non c’è segno di lotta. L’unico elemento di disturbo è dove il cespuglio è stato abbassato, dove il killer ha trascinato qui il corpo, e il suo rientro, dove il corpo è stato deposto. Sembra che sia stata deposta alquanto accuratamente, non buttata casualmente qui. Che cos’altro è riuscito a determinare il vostro medico legale?”

“Morte per strangolamento, nel corso della giornata di ieri” Quayle rispose. “Non è riuscito a stabilire l’ora esatta della morte.”

Crivaro disse: “Spero che abbiate delle buone foto di entrambe le scene del crimine.”

Quayle annuì e disse: “Sì, e le scene si assomigliano molto. Lo sceriffo di Brattledale concorda che debba trattarsi dello stesso killer. Vi mostrerò le foto quando arriveremo alla stazione.”

Mentre Crivaro e Quayle continuavano a parlare, Riley cercò di concentrare la mente su ciò che la circondava. La sua capacità unica consisteva nel penetrare nella mente di un killer, di solito sulle scene del crimine come questa.

Era una strana capacità, e sembrava misteriosa persino a lei. Ma Crivaro l’aveva spesso assicurata che non c’era alcunché di psichico o mistico in merito. Riley aveva semplicemente intuizioni e istinti eccezionalmente buoni, gli stessi che aveva Crivaro.

Naturalmente, era più facile farlo quando la scena di un crimine era più fresca e il corpo non era stato portato via. Ma persino qui ebbe un lieve formicolio, una sensazione vaga della presenza del killer.

Ma non percepì alcun segno di ostilità o rabbia.

Era dovuto al fatto che l’omicidio aveva avuto luogo altrove, forse molte ore prima che il corpo fosse stato portato qui?

Il killer aveva espulso l’odio per la vittima da se stesso?

No, non è questo, Riley pensò.

Sentiva che il killer non aveva mai provato rabbia. Dopotutto, il corpo era stato deposto in un modo che sembrava ordinato, e forse persino rispettoso.

Che ne è del senso di colpa? Riley si chiese.

No, non c’era traccia neppure di quello. E, come al solito, le sue percezioni erano avvalorate dalla scena stessa. Il killer aveva lasciato il corpo più o meno allo scoperto, dov’era sicuro che sarebbe stato ritrovato alle prime ore del mattino. Non aveva provato a nascondere il suo misfatto. Non aveva affatto provato vergogna.

Ha provato orgoglio, forse?

Riley non riusciva a stabilirlo. Ma sentiva che forse aveva provato una certa soddisfazione in quello che aveva commesso. Quando aveva lasciato il luogo, l’istinto gli aveva detto di aver fatto la cosa giusta, forse di aver persino fatto il suo dovere.

Riley rabbrividì, mentre un’altra sensazione si palesò in lei.

Non ha finito.

Lo rifarà.

La sua riflessione fu interrotta dal suono della voce di Crivaro.

“Vieni, Riley. Ce ne andiamo.”

Si voltò e vide che il mentore e lo sceriffo stavano già uscendo dalla boscaglia, tornando sul ciglio della strada.

“Quayle ci porterà alla stazione di polizia in città” Crivaro aggiunse.

Riley li seguì, ed entrarono tutti nell’auto dello sceriffo.

Mentre quest’ultimo guidava, Riley riguardò la croce che la coppia aveva appena eretto come monumento funebre per la loro figlia morta. Naturalmente, aveva visto centinaia di santuari sui cigli delle strade, ma aveva sempre pensato che fossero stati eretti alla memoria delle vittime di incidenti stradali.





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“Un capolavoro del giallo e del mistero! L’autore ha svolto un magnifico lavoro, sviluppando i personaggi con un approfondito lato psicologico, descritto con tale cura da farci sentire all’interno della loro mente, provare le loro paure e gioire del loro successo. La trama è molto avvincente e vi catturerà per tutta la durata del libro. Ricco di colpi di scena, questo libro vi terrà svegli fino all’ultima pagina.”–Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su Il Killer della Rosa)PERSECUZIONE (Gli Inizi di Riley Paige—Libro Cinque) è il libro #5 nella nuova serie di thriller psicologici dell’autore di bestseller Blake Pierce, il cui bestseller gratuito Il Killer della Rosa (Libro #1) ha ricevuto oltre 1.000 recensioni a cinque stelle.Quando due ragazze adolescenti vengono ritrovate morte in diversi stati, strangolate e uccise a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, l’FBI richiede l’intervento della sua brillante nuova agente, la ventiduenne Riley Paige, affinché fermi il serial killer prima che colpisca ancora.Riley, appena uscita dall’accademia e dopo aver appena risolto un ultimo caso, si sta abituando alla sua vita nell’FBI e alla collaborazione con il nuovo partner e mentore, Jake. Sta iniziando a confidare nelle proprie capacità, proprio quando deve affrontare questo nuovo caso. Si tratta di un caso che la sciocca, destabilizza e che scuote completamente la sua sicurezza.Che cosa accomuna queste due ragazze? Perché lei non riesce a capirlo? Questo killer è diabolico quanto lei sospetta?Il solo modo per Riley di scoprirlo consiste nel penetrare negli oscuri canali della mente del killer, per guardare nel precipizio dell’oblio, e sperare che non la inghiottisca viva.Un thriller intriso di profonda suspense, PERSECUZIONE è il libro #5 in una nuova emozionante serie che vi terrà incollati alla lettura fino a tardi. Riporta i lettori indietro di 20 anni, all’inizio della carriera di Riley, ed è il perfetto abbinamento alla serie che inizia con IL KILLER DELLA ROSA (Un Mistero di Riley Paige), che include finora 16 libri.Il Libro #6 nella serie GLI INIZI DI RILEY PAIGE sarà presto disponibile.

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