Книга - Se lei si nascondesse

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Se lei si nascondesse
Blake Pierce


“Un capolavoro del thriller e del genere giallo! L’autore ha sviluppato e descritto così bene il lato psicologico dei personaggi che sembra di trovarsi dentro le loro menti, per seguire le loro paure e gioire dei loro successi. La trama è intelligente e appassiona per il tutto il libro. Pieno di colpi di scena, questo romanzo vi terrà svegli fino alll’ultima pagina.”--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (a proposito del Killer della rosa) SE LEI SI NASCONDESSE (un giallo di Kate Wise) è il 4° volume di una nuova serie di thriller psicologici dell’autore di best-seller Blake Pierce, il cui primo libro Il killer della rosa (1 volume) (scaricabile gratuitamente) ha ricevuto più di mille recensioni a cinque stelle. Due genitori vengono trovati morti e le loro gemelle di sedici anni sono scomparse. Con il caso che pare non andare da nessuna parte, l’FBI è disorientata e deve richiamare il suo agente più brillante: la cinquantacinquenne agente Kate Wise, ormai in pensione.Si è trattato di un omicidio casuale? Del lavoro di un serial killer?Riusciranno a ritrovare le ragazze in tempo?E Kate, perseguitata dal suo passato, ha ancora la capacità di risolvere casi come un tempo?Thriller pieno di azione e di suspense al cardiopalma, SE LEI SI NASCONDESSE è il 4° volume di un’affascinante nuova serie che vi terrà svegli tutta la notte, fino all’ultima pagina. Il 5° volume della serie gialla di Kate Wise sarà presto disponibile.







S E L E I S I



N A S C O N D E S S E



(UN GIALLO DI KATE WISE – LIBRO 4)



b l a k e p i e r c e


Blake Pierce



Blake Pierce è l’autore della serie di successo I misteri di RILEY PAGE, che si compone (al momento) di sei libri. Blake Pierce è anche autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, composta (al momento) da tre libri; della serie dei misteri di AVERY BLACK, composta (al momento) da tre libri; della nuova serie dei misteri di KERI LOCKE.



Avido lettore e appassionato da sempre di gialli e thriller, Blake riceve con piacere i vostri commenti, perciò non esitate a visitare la sua pagina www.blakepierceauthor.com per saperne di più e restare in contatto con l’autore.



Copyright © 2019 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione, in qualsiasi sua parte, in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo e-book è disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non può essere rivenduto né donato ad altri. Se vuole condividerlo con un’altra persona, è pregato di acquistarne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato o non è stato acquisto per suo solo uso e consumo, è pregato di restituirlo e comprarne una copia per sé. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e fatti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright andreiuc88, usata su licenzia concessa da Shutterstock.com.


LIBRI DI BLAKE PIERCE



UN’EMOZIONANTE SERIE PSICOLOGICA DI JESSIE HUNT

LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)

IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)

LA CASA PERFETTA (Libro #3)



L’EMOZIONANTE SERIE PSICOLOGICA DI CHLOE FINE

LA PORTA ACCANTO (Libro #1)

LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)

VICOLO CIECO (Libro #3)

SUN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)



I GIALLI DI KATE WISE

SE LEI SAPESSE (Libro #1)

SE LEI VEDESSE (Libro #2)

SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)



LA SERIE DEGLI INIZI DI RILEY PAIGE

LA PRIMA CACCIA (Libro #1)

IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)



LA SERIE DI GIALLI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITÀ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)

LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)

MORTE SUI BINARI (Libro #12)

MARITI NEL MIRINO (Libro #13)

IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)

IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)



LA SERIE DI GIALLI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)

PRIMA CHE SENTA (Libro #6)

PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)

PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)

PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)



LA SERIE DI GIALLI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER CORRERE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)



SERIE DI GIALLI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)

TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)

TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)


INDICE



CAPITOLO UNO (#uda3c5093-0d74-547c-93e1-5a75c350526b)

CAPITOLO DUE (#ua99e2426-e22d-5717-b886-1b380347a4aa)

CAPITOLO TRE (#u493d3731-f28a-54d0-b975-046770b28c39)

CAPITOLO QUATTRO (#u33a4825d-838a-5d44-8b07-7d29c66752b0)

CAPITOLO CINQUE (#u5f0d1e36-7960-50a6-a662-5ad0c9d32e85)

CAPITOLO SEI (#ub03a5b7e-9a70-5b29-9505-8b168ee54503)

CAPITOLO SETTE (#u2b740035-797c-5698-859d-3f3b13233635)

CAPITOLO OTTO (#u1e71d6ba-1334-57da-89b1-f9b7dbcc70b2)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTINOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTA (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTADUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTATRÉ (#litres_trial_promo)




CAPITOLO UNO


Ci sono momenti nella vita di ogni donna in cui ci si aspetta da lei che pianga: matrimoni, parti, magari durante il primo ballo o il matrimonio dei figli. Ma Kate Wise non si era aspettata di piangere era guardando la nipote gattonare per la prima volta.

Stava facendo da babysitter per Melissa e Terry, come aveva fatto una volta alla settimana nell’ultimo mese. Si erano impegnati ad assicurarsi che il loro matrimonio rimanesse fresco ed entusiasmante, promettendo di ritagliarsi almeno una serata per loro alla settimana. Kate in quelle serate teneva la piccola Michelle, e nelle ultime cinque settimane aveva osservato la nipote tentare di distribuire il peso sulle ginocchia e sugli avambracci finché, circa cinque minuti prima, tubando e sorridendo, aveva oscillato avanti e indietro fino a mettersi a quattro zampe.

«Ce la farai» disse Kate mettendosi sul pavimento con Michelle. Sentiva le lacrime anche allora, sorpresa ma dando loro il benvenuto nello stesso momento.

Michelle la guardò, chiaramente contenta dell’entusiasmo nella voce della nonna. Oscillò avanti e poi indietro… e poi gattonava. Riuscì ad avanzare di soli due movimenti prima che le braccia le cedessero. Però dopo si rimise su e lo rifece.

«Guarda come vai» disse Kate battendo le mani. «Brava ragazza!»

Michelle tubò ancora nella sua direzione e poi continuò ad avanzare sulle manine e i piedini maldestri.

Kate capì che forse non era il fatto che Michelle gattonasse a farla piangere. Era lo sguardo sul volto della bambina, la fiducia e la felicità genuina che aveva nei piccoli occhi quando questi trovavano il viso di Kate. Michelle somigliava moltissimo a Melissa da bambina, e l’intera situazione era troppo commovente.

Sedevano su una coperta sul pavimento, la coperta ripiegata in due per renderla più spessa nel caso in cui Michelle avesse barcollato in avanti. Oltre a quell’unica volta, però, non era caduta per niente. Anzi, attualmente dava degli schiaffetti alle gambe di Kate, come chiedendo più attenzione. Kate la sollevò, se la sistemò tra le gambe e lasciò che Michelle le si aggrappasse ai pollici.

Kate si godeva semplicemente il momento. Aveva osservato sua figlia crescere velocissima, quindi sapeva quanto fossero fuggevoli quei momenti. Si sentiva un po’ in colpa perché Melissa e Terry si stavano perdendo quel traguardo, però. Quasi chiamò Melissa per dirglielo, ma non voleva interrompere la sua serata.

Mentre era seduta sulla coperta a giocare con Michelle, qualcuno bussò alla porta. Kate se lo aspettava, ma Michelle girò di scatto la testolina in direzione della porta con espressione incerta.

Kate si asciugò con la mano i resti delle lacrime dal viso prima di dire «Avanti.»

La porta principale si aprì ed entrò Allen. Portava dei contenitori del cinese e, scoprì Kate deliziata, la borsa per passare lì la notte.

«Come stanno le mie ragazze preferite?» chiese Allen.

«Molto dinamiche» disse Kate con un sorriso. «Questa piccola canaglia ha gattonato per la prima volta.»

«Impossibile!»

«Sì invece.»

Allen andò in cucina e prese due piatti dalla credenza. Mentre lui divideva le porzioni della cena nei piatti, Kate sorrise. Adesso conosceva la casa da muovercisi bene. E conosceva bene anche lei: per esempio sapeva che odiava mangiare cinese in quei fragili e piccoli contenitori e che preferiva di gran lunga dei piatti veri e propri.

Portò la cena in soggiorno, sistemandola sul tavolo da caffè. Michelle mostrò grande interesse per la cosa e si allungò. Quando si accorse di non riuscire ad arrivarci, rivolse la sua attenzione alle dita dei suoi piedi.

«Ho visto che hai portato la borsa per la notte» disse Kate.

«Sì. Va bene?»

«È meraviglioso.»

«Ho pensato che potremmo partire domattina presto per fare quel giro giù ai monti Blue Ridge di cui abbiamo parlato. Fare qualche giro dei vini, magari alloggiare in un piccolo e pittoresco bed and breakfast sulle montagne.»

«Carino. E spontaneo, anche.»

«Non troppo spontaneo» disse Allen ridacchiando. «Ne parliamo da un mese circa, ormai.»

Allen sedette di fronte a lei e aprì le braccia perché Michelle andasse da lui. Lei riconosceva la sua faccia abbastanza bene, e si mise in posizione per gattonare. Cominciò ad andare verso di lui, tubando per tutto il tempo. Kate osservò il tutto svolgersi, cercando di ricordare un momento in cui il suo cuore era stato così colmo.

Si mise a cenare, osservando Allen giocare con sua nipote. Michelle stava facendo le sue oscillazioni avanti e indietro mentre Allen la incitava.

Quando squillò il telefono di Kate, tutti e tre lo guardarono. Persino Michelle riconobbe la suoneria di un cellulare, le manine che si allungavano in quella direzione mentre si metteva seduta sulla coperta. Kate agguantò il telefono dal tavolo da caffè, presumendo che fosse Melissa che chiamava per sapere come andava con Michelle.

Ma non era Melissa. Il nome sul display diceva: Duran.

Ci rimase male quando vide il nome. Una grossa parte di lei era entusiasta alla prospettiva di dare una mano in un caso. Ma la parte innamorata del momento presente non voleva rispondere al telefono. Anche se Duran poteva chiamare semplicemente con una domanda o una ricerca da richiederle – cosa che negli ultimi mesi aveva fatto sempre più – Kate sapeva anche che poteva essere qualcosa di più pressante e logorante.

Kate capì che Allen aveva già intuito chi stava chiamando. Forse lo aveva capito dall’indecisione sul viso di lei.

Rispose alla telefonata diligentemente, ancora piuttosto orgogliosa di lavorare attivamente con il bureau nonostante si trovasse sul finire dei cinquantasei anni.

«Salve, direttore» disse. «A cosa devo il piacere?»

«Buonasera, Wise. Senti… abbiamo una situazione non troppo lontana dalla tua zona. Un doppio omicidio e una persona scomparsa. Tutto nello stesso caso. C’è un’atmosfera da piccola città – così piccola che il dipartimento di polizia locale ammette di essere impreparato. Dato che c’è il fattore persone scomparse – la scomparsa è una ragazzina di quindici anni – vorrei che tu e DeMarco cercaste di risolverlo in silenzio prima che i notiziari ne sentano parlare e lo rendano un caso molto più complicato di quel che deve essere.»

«Qualche dettaglio finora?» chiese Kate.

«Non molti. Ma ecco quello che so al momento.»

Mentre ascoltava il direttore Duran che le spiegava perché stesse chiamando e cosa aveva bisogno che facesse nelle seguenti dodici ore circa, guardò tristemente Allen e Michelle.

La chiamata terminò tre minuti dopo. Risistemò il telefono e scorse Allen guardarla. Aveva uno stanco sorriso di comprensione in volto.

«Possiamo magari provare le cantine e il bed and breakfast un altro weekend?» disse lei.

Lui le restituì un sorriso triste, poi distolse lo sguardo.

«Sì, magari» disse.

Fissò fuori dalla finestra, come fissando il suo futuro, e Kate vide l’insicurezza che provava.

Non poteva biasimarlo; lei stessa non sapeva che cosa le riservasse il futuro.

Però sapeva una cosa: qualcuno là fuori era morto, ed era dannatamente sicura che avrebbe scoperto il colpevole.




CAPITOLO DUE


Anche se Kristen DeMarco era significativamente più giovane di Kate (aveva compiuto ventisette anni appena una settimana prima), Kate aveva difficoltà a vederla come una ragazzina. Anche quando era entusiasta di cominciare a lavorare su un nuovo caso, riusciva a permeare l’entusiasmo della logica e della serietà dei fatti.

Lo stava facendo in quel momento, mentre lei e Kate si dirigevano a ovest verso la cittadina di Deton, Virginia. Kate non era mai passata per Deton, però ne aveva sentito parlare: una piccola città di campagna tra una serie di simili cittadine di campagna che punteggiavano il margine nordoccidentale della Virginia prima che subentrasse la Virginia Occidentale.

Apparentemente anche DeMarco sapeva che la città non era nient’altro che un puntino sulla mappa. C’era entusiasmo nella sua voce mentre elencava i dettagli del caso, ma nessun vero senso di fretta o aspettativa.

«Due sere fa un pastore di Deton ha fatto visita alla residenza dei Fuller. Ha raccontato alla polizia che ci era andato per raccogliere vecchie Bibbie da Wendy Fuller, la moglie. Quando è arrivato nessuno ha risposto alla porta, però ha sentito la televisione accesa, dentro. Ha tentato con la porta principale, non l’ha trovata chiusa a chiave, e ha urlato dentro casa per avvertire che era lì. Stando al pastore, ha visto del sangue sul tappeto, ancora umido. È entrato per controllare la situazione e ha trovato sia Wendy che Alvin Fuller morti. La figlia di quindici anni, Mercy, non si trovava da nessuna parte.»

DeMarco fece una pausa di un attimo e poi distolse lo sguardo dal file che aveva portato con sé da Washington D.C. «Ti spiace che lo faccia io?» chiese.

«Ripercorrere il caso? Assolutamente no.»

«Lo so che sembra di cattivo gusto. Però mi aiuta a memorizzare le informazioni.»

«Non è di cattivo gusto» disse Kate. «Un tempo tenevo un registratore sempre con me. Facevo esattamente ciò che stai facendo tu adesso e mi registravo continuamente. Quindi, per favore… continua. I dettagli che mi ha dato Duran al telefono erano esigui, per usare un eufemismo.»

«Il rapporto del coroner dice che la causa della morte consiste in ferite multiple da arma da fuoco, eseguite con un fucile da caccia Remington. Due colpi al padre, uno alla madre, che è pure stata percossa, probabilmente con il calcio dell’arma. Il dipartimento locale ha controllato i registri di caccia e può confermare che il marito, Alvin Fuller, era un cacciatore registrato e che possedeva quello stesso fucile. Però sulla scena non è stato trovato da nessuna parte.»

«Quindi l’assassino lo ha ucciso con la sua stessa arma e poi l’ha rubata?» chiese Kate.

«Così pare. A parte questi appunti, il dipartimento locale non è riuscito a uscirsene con niente, né il dipartimento di polizia di stato ha trovato una vera e propria pista. Sulla base della testimonianza di amici e parenti, i Fuller venivano considerati brava gente. Il pastore che ha trovato i corpi dice che erano in chiesa quasi ogni domenica. Stava raccogliendo le Bibbie dei Fuller per mandarle oltremare ai missionari nelle Filippine.»

«La brava gente non sempre attrae altra brava gente, però» indicò Kate.

«Però in questo tipo di città… tutti conoscono tutti. Mi viene da pensare che se nessuno ha offerto prove o teorie di sorta, l’assassino potrebbe essere uno da fuori.»

«È probabile» disse Kate. «Però penso che il fatto che una quindicenne sia scomparsa potrebbe essere più importante. Quelli del posto sicuramente presumeranno che la ragazzina sia stata rapita. Ma se rimuoviamo dalla cosa il filtro da piccola città e facciamo in modo di non presumere che tutti siano brave persone, che altre teorie saltano fuori?»

«Che la figlia potrebbe non essere stata rapita» disse DeMarco. Parlò lentamente, come considerando l’idea con molta cautela. «Che potrebbe essere fuggita. Che potrebbe essere lei l’omicida.»

«Esattamente. E ho già visto cose del genere. Se arriviamo a Deton blaterando di questa teoria, ci beccheremo occhiatacce acide e porte chiuse.»

«Lo immagino anch’io.»

«Non che non dobbiamo trattarlo come un caso di rapimento dall’inizio. Però non possiamo neanche presentarci presumendo che la figlia sia l’assassina.»

«Non finché non ne sappiamo di più su di lei» disse DeMarco.

«Okay. E ho la sensazione che sia da qui che dobbiamo cominciare. Perché se tutti in città vedono i Fuller come brava gente, posso praticamente prometterti che nessuno esaminerà come si deve la figlia in quanto sospettata.»

«Allora partiamo da qui» disse DeMarco.

«Sì, ma magari senza farci notare. Se scoprono che stiamo partendo con la figlia quindicenne degli appena deceduti come primo sospettato, il caso sarà molto più difficile di quanto dovrebbe essere.»

Era un’affermazione profetica, che si fece ancor più pressante quando superarono un cartello che diceva che Deton si trovava solo sette miglia più avanti.



***



Deton non era piccola quanto Kate si aspettava, però era comunque piuttosto campagnola. Sembrava che ogni attività di una reale importanza si situasse lungo il tratto di strada principale che la attraversava. Non esisteva Main Street, solo un frammento della Highway 44. Le vie secondarie zigzagavano fuori dalla 44, serpeggiando fino a tornare di nuovo all’interno della zona meno popolata di Deton.

Il volume della cittadina consisteva in un drugstore Rite Aid, un Burger King, un Dollar General e numerose attività locali più piccole. Kate aveva visto centinaia di cittadine come quella durante una carriera che l’aveva portata in tutto il paese, e aveva la sensazione che apparissero tutte uguali. Certo, ciò non significava che la gente e la loro cultura fossero le stesse. Pensare una cosa del genere sarebbe stato un errore enorme.

La residenza dei Fuller era situata a circa tre miglia fuori dalla zona principale della città, su una delle vie secondarie. Era una semplice casa a due piani che necessitava di nuovi rivestimenti sulle facciate laterali e di un nuovo tetto. L’aspetto rustico tradiva le altre cose che Kate e DeMarco notarono mentre Kate si immetteva nel vialetto.

C’era un furgone dei notiziari parcheggiato nel vialetto. Una giornalista di bell’aspetto e un cameraman stavano parlando di qualcosa davanti al furgone. Anche una solitaria auto della polizia se ne stava nel vialetto, con un agente semplicemente seduto all’interno. Vide Kate e DeMarco arrivare e lentamente fece per smontare dalla macchina.

La giornalista alzò lo sguardo quando Kate e DeMarco smontarono dall’auto. Come uno zelante segugio, la reporter si precipitò istantaneamente da loro. Il cameraman armeggiò con l’attrezzatura, cercando di starle dietro, ma rimase qualche passo più in là.

«Siete detective?» chiese la giornalista.

«No comment» abbaiò Kate.

«Siete autorizzate a stare qui?»

«E voi?» chiese Kate, replicando rapidamente.

«Io ho la responsabilità di dare le notizie» disse la reporter, dando una risposta preconfezionata.

Kate sapeva che la giornalista sarebbe stata in grado di scoprire che circa un’ora prima era stato chiamato l’FBI. Perciò le stette bene mostrarle il distintivo mentre lei e DeMarco avanzavano verso la casa.

«Siamo dell’FBI» disse Kate. «Lo tenga a mente se le salta in testa di seguirci all’interno.»

La giornalista si fermò sul posto, il cameraman che quasi le andò addosso. Dietro di loro, l’agente si avvicinava. Kate vide dalla targhetta col nome e dal distintivo appuntato all’uniforme che era lo sceriffo di Deton. Fece un gran sorriso alla giornalista superandoli.

«Vede» disse alla giornalista, un po’ burbero. «Non sono solo io. Nessuno vi vuole intorno.»

Si fermò di fronte a Kate e DeMarco, accompagnandole alla porta principale. Sottovoce aggiunse «Conoscete le leggi bene quanto me. Non posso prenderli a calci perché tecnicamente non stanno facendo nulla di sbagliato. Quei maledetti avvoltoi sperano che passi un parente o qualcuno.»

«Da quanto sono parcheggiati lì?» chiese DeMarco.

«C’è almeno un furgone dei notiziari parcheggiato lì ogni giorno da quando è accaduto, due giorni fa. A un certo punto ieri erano tre. Tutta questa faccenda fa davvero notizia da queste parti. Ci sono furgoni e nuove troupe anche attorno alla stazione di polizia della contea. È piuttosto seccante.»

Aprì con la chiave la porta principale e fece cenno di affrettarsi dentro. «Sono lo sceriffo Randall Barnes, comunque. Ho il dispiacere di essere a capo di questa roba. Quelli dello stato hanno scoperto che stava arrivando il bureau e hanno deciso di farsi da parte. Stanno ancora conducendo una caccia all’uomo per la figlia, però mi stanno lasciando la parte dell’omicidio sulla soglia di casa.»

Entrarono mentre anche Kate e DeMarco si presentavano. Non ci fu conversazione dopo, però. La vista di fronte a loro, anche se neanche lontanamente vicina ad alcune scene del crimine che Kate aveva visto, era scioccante. Le asciutte chiazze rosse sul tappeto azzurro erano piuttosto audaci. C’era una sensazione stantia nel posto, una cosa che Kate aveva sentito in scene del genere in passato – cosa che aveva cercato di descrivere innumerevoli volte ma senza mai riuscirvi.

Dal nulla, pensò a Michael. Aveva cercato di spiegargli quella sensazione una volta, affermando che era quasi come se la casa stessa potesse percepire la perdita e che la sensazione di stantio nell’aria fosse la reazione della casa. Lui le aveva riso in faccia, e aveva detto che sembrava quasi spirituale, in modo strano.

A lei era stato bene così… soprattutto perché era esattamente quello che sentì osservando la casa dei Fuller.

«Agenti, io torno fuori sul portico» disse lui. «Assicuratevi di non farvi scorgere da occhi curiosi. Urlate se vi serve qualcosa. Ma ve lo dico subito… qualsiasi cosa vogliate sapere che non si trova già sui rapporti che abbiamo inviato dovrà venire da un altro dei miei agenti – uno che si chiama Foster. Qui a Deton non siamo esattamente abituati a casi del genere. Stiamo scoprendo quanto impreparati siamo a cose simili.»

«Ci farebbe molto piacere parlare con lui, dopo» disse DeMarco.

«Allora gli faccio una telefonata e mi assicuro che sia alla stazione.»

Uscì di nuovo dalla porta principale in silenzio, lasciandole alla scena. Kate fece il giro delle prime macchie di sangue sul tappeto. Ce n’erano alcune anche sul divano, e delle macchie sul muro appena sopra di esso. Un piccolo tavolino da caffè si trovava di fronte al divano, e alcuni oggetti su di esso sembravano sparpagliati – qualche bolletta, una tazza di plastica vuota ma ribaltata, e il telecomando del televisore. Poteva indicare segni di una lotta rapida però, nel caso, non particolarmente feroce.

«Nessun vero segno di lotta» disse DeMarco. «A meno che la figlia non sia molto forte e atletica, non vedo come avrebbe potuto farlo.»

«Se è stata la figlia, potrebbero non esserselo aspettato» ribatté Kate. «Potrebbe essere entrata dritta nella stanza, nascondendo l’arma dietro la schiena. Uno dei due poteva essere morto prima che l’altro si accorgesse di quel che stava accadendo.»

Studiarono la zona per qualche minuto, non trovando nulla di fuori dall’ordinario. C’erano alcune foto sulla parete, molte delle quali erano ritratti di famiglia. Era la prima volta che vedeva la ragazza che presumeva essere Mercy Fuller. Le fotografie la mostravano in vari stadi di età: dai circa cinque anni fino al presente. Era una ragazza carina che probabilmente sarebbe diventata bella al college. Aveva i capelli neri, gli occhi nocciola e un sorriso radioso.

Poi si avventurarono più in profondità nella casa, giungendo a una stanza che ovviamente apparteneva a una teenager. Su una scrivania piena di penne e carta c’era un diario adornato di brillantini. Un ananas rosa di ceramica si trovava sul margine della scrivania, una cornice per foto con in cima un supporto per cavi conteneva la foto di due ragazzine che sorridevano ribelli alla macchina.

Kate aprì il diario. L’ultima entrata risaliva a otto giorni prima e si diceva di un ragazzo di nome Charlie che l’aveva baciata molto rapidamente mentre cambiavano classe a scuola. Esaminò qualche appunto precedente e trovò racconti simili: difficoltà per un compito in classe, il desiderio che Charlie le prestasse maggiore attenzione, il sogno che quella stronza di Kelsey Andrews finisse sotto a un treno.

Da nessuna parte nella stanza c’erano segnali di intento omicida. Controllarono la stanza da letto dei genitori lì accanto, e la trovarono ugualmente poco interessante. C’era qualche rivista per adulti nascosta nell’armadio, ma a parte quello i Fuller sembravano puliti in modo lampante.

Quando dopo venti minuti uscirono dalla casa, Barnes era ancora sul portico. Sedeva su una vecchia poltrona graffiata a fumare una sigaretta.

«Trovato qualcosa?» chiese.

«Niente» rispose DeMarco.

«Anche se mi chiedo una cosa» aggiunse Kate. «Lei o la polizia di stato avete per caso trovato un laptop o un cellulare in camera della figlia?»

«No. Ora, per quanto riguarda il laptop… non è una gran sorpresa. Magari l’avete visto dallo stato della casa, ma i Fuller non erano esattamente il tipo di famiglia che può permettersi un laptop per la figlia. Per il telefonino, il tabulato telefonico del cellulare dei Fuller mostra che Mercy Fuller un suo telefono ce l’aveva. Però nessuno è riuscito a tracciarlo, finora.»

«Magari è spento» disse DeMarco.

«Probabile» disse Barnes. «Però apparentemente – e questa per me è stata una novità – persino quando è spento un telefono può essere tracciato fino al posto in cui è stato spento… l’ultimo posto in cui era acceso. E quelli dello stato hanno visto che è stato acceso per l’ultima volta qui, nella casa. Però, come avete fatto notare voi, non si trova da nessuna parte.»

«Quanti uomini avete attivamente al lavoro sul caso?» chiese Kate.

«Al momento tre alla stazione, che fondamentalmente gestiscono gli interrogatori e indagano sugli ultimi acquisti fatti, gli ultimi luoghi noti in cui sono stati e roba del genere. C’è uno di quelli dello stato rimasto ad aiutare, anche se non ne è felicissimo.»

«E ha uno nel suo gruppo che considererebbe il capo oltre a sé?»

«Esatto. Come ho detto, sarebbe l’agente Foster. Quell’uomo ha una testa che è come una serratura.»

«Può portarci in stazione per una breve riunione?» chiese Kate. «Ma solo con lei e questo agente Foster. Usiamo discrezione.»

Barnes annuì tristemente alzandosi dalla poltrona e lanciò quel che restava della sigaretta in giardino. «Volete parlare di Mercy come sospettata senza far sì che troppe persone lo sappiano. Giusto?»

«Penso che sia sciocco escludere la cosa dalle possibilità senza esaminarla» disse Kate. «E mentre esaminiamo questa strada, sì, ha ragione. Meno persone lo sanno, meglio è.»

«Faccio quella telefonata a Foster mentre andiamo in stazione.»

Scese i gradini, fissando la giornalista e il suo cameraman, e Kate si chiese se avesse avuto almeno un brutto alterco con quelli dei notiziari negli ultimi due giorni.

Mentre lei e DeMarco montavano nella loro auto, anche lei rivolse ai giornalisti un’occhiata diffidente. Sapeva che nelle comunità come Deton un assassinio come quello poteva essere un terremoto. E, per questo, sapeva che i giornalisti in quelle zone di solito non si fermavano davanti a niente per avere la loro storia.

Kate si chiese se magari lì non ci fosse più di una storia a cui stava guardando – e, nel caso, che cosa avrebbe dovuto fare per radunarne tutti i pezzi.




CAPITOLO TRE


La stazione di polizia di Deton era più o meno quello che Kate si aspettava. Era nascosta in fondo al tratto principale dello stradone, un semplice edificio di mattoni con una bandiera americana a ondeggiare in cima. Qualche auto di pattuglia se ne stava parcheggiata lungo il fianco, il quantitativo magro un riflesso della cittadina stessa.

All’interno, un’ampia area destinata agli uffici prendeva la maggior parte dello spazio. Una grande scrivania si trovava in fondo, incustodita. A dire il vero il posto sembrava fondamentalmente deserto. Seguirono Barnes fin sul retro dell’edificio, giù per uno stretto corridoio che vantava solo cinque stanze, una delle quali era contrassegnata da una targhetta sulla porta che diceva Sceriffo Barnes. Barnes le condusse all’ultima stanza del corridoio, una stanza piccolissima allestita come una specie di sala conferenze. All’interno un agente sedeva al tavolo, a rovistare tra una piccola catasta di documenti.

«Agenti, lui è l’agente Foster» disse Barnes.

L’agente Foster era un uomo giovane, probabilmente vicino ai trent’anni di età. Aveva i capelli tagliati a spazzola e un cipiglio in volto. Kate capì che era un agente pragmatico. Non se ne sarebbe uscito con qualche battuta per alleggerire la tensione e probabilmente non si sarebbe disturbato a chiacchierare in leggerezza per conoscere le agenti che gli erano sedute davanti.

Kate decise che le piacque subito.

«L’agente Foster fondamentalmente ha servito da centro nevralgico di questo caso fin da quando abbiamo ricevuto la telefonata del pastore Poulson» spiegò Barnes. «Qualsiasi informazione giunta qui è passata dalle sue orecchie o sotto i suoi occhi, e lui l’ha aggiunta ai dossier del caso. Qualsiasi domanda abbiate, probabilmente lui sa rispondere.»

«Lodi nobili» disse Foster «ma sicuramente posso fare del mio meglio.»

«Be’, che informazioni abbiamo riguardo a quelli con cui tutti e tre i Fuller hanno parlato – a parte l’uno con l’altro – prima degli omicidi?» chiese Kate.

«Alvin Fuller ha parlato con un vecchio amico della scuola superiore uscendo da Citgo fuori dalla Highway 44» disse Foster. «Stava tornando a casa dal lavoro, si è fermato a prendere una confezione da sei di birra e si sono incrociati. L’amico dice che hanno semplicemente chiacchierato di famiglia e lavoro. Roba di livello molto superficiale, giusto per fare gli educati. L’amico ha detto che Alvin non sembrava assolutamente strano.

«Per quanto riguarda Wendy Fuller, l’ultima persona che le ha parlato oltre alla famiglia è stato un collega. Wendy lavorava in un piccolo magazzino spedizioni appena fuori città. Il collega in questione ha detto che l’ultima cosa di cui hanno parlato è stato il fatto che Wendy temeva che Mercy stesse cominciando a mostrare molto interesse per i ragazzi. Mercy apparentemente di recente ha dato il suo primo bacio, e Wendy aveva paura di quel che la cosa poteva significare. Però, a parte questo, le cose sembrava più o meno le stesse.»

«E Mercy?» chiese DeMarco.

«L’ultima persona con cui ha parlato è stata la sua migliore amica, una ragazza del posto di nome Anne Pettus. Abbiamo parlato con Anne due volte, solo per assicurarci che raccontasse la stessa storia. Ha detto che l’ultima conversazione che hanno avuto è stata a proposito di un ragazzo di nome Charlie. Stando ad Anne, questo Charlie non era il ragazzo di Mercy. Anne ci ha detto anche una cosa che in qualche modo cozza con quel che i genitori potrebbero aver saputo di lei.»

«Una bugia?» chiese Kate.

«Sì. Stando al collega di Wendy, hanno parlato di questo ipotetico primo bacio. Però, stando ad Anne Pettus, non è vero. Apparentemente Mercy ha dato il suo primo bacio molto tempo fa.»

«Era promiscua?»

«Anne non direbbe così. Ha detto solo che sapeva per certo che Mercy aveva fatto molto più che baciare un ragazzo.»

«Riguardo alla sua scomparsa, a questo punto le prove dove portano?» chiese Kate. «Che è stata rapita o che se n’è andata di sua volontà?»

«A meno che voi due non scopriate qualcosa di nuovo nella casa, non c’è prova a suggerire che Mercy sia stata portata via contro la sua volontà. Come minimo abbiamo piccole prove circostanziali che suggeriscono che potrebbe essersene andata da sola.»

«Che tipo di prove?»

«Stando ad Anne, Mercy aveva una piccola quantità di risparmi in contanti. Sapeva anche dove li teneva: sul fondo del cassetto dei calzini. Abbiamo controllato, e c’erano circa trecento dollari nascosti lì. Questo in realtà va contro l’idea che se ne sia andata da sola, perché si sarebbe portata dietro i soldi, no? Comunque l’ultima voce della carta di credito di Mercy è stato un pieno di benzina. L’ha fatto circa due o tre ore prima che venissero scoperti i corpi dei genitori. Prima di quello, due giorni prima, ha acquistato qualche cosmetico da viaggio a un Target di Harrisonburg: spazzolino, dentifricio, deodorante. Abbiamo questa roba nella storia della sua carta di credito, così come conferma di Anne Pettus, che quel giorno è andata a fare shopping con lei.»

«Per caso ha chiesto a Mercy perché le servivano dei cosmetici da viaggio?» chiese Kate.

«Sì. Mercy ha detto che a casa stava finendo quelle cose e che odiava sentirsi una bambina e chiedere ai suoi di comprargliele.»

«E nessun fidanzato di cui si sappia?» chiese Kate.

«Non secondo Anne. E pare sapere praticamente tutto di Mercy.»

«Mi piacerebbe parlare con Anne» disse Kate. «Pensa che sarebbe aperta alla cosa o che verremmo rifiutate?»

«Sarebbe apertissima» disse Foster.

«Ha ragione lui» aggiunse Barnes. «Ci ha persino chiamati qualche volta tra gli interrogatori per vedere se avevano qualche nuova informazione. È stata molto utile. Perciò chiedete ai suoi che ci lascino parlare con lei. Se volete posso chiamare io e organizzare qualcosa.»

«Sarebbe fantastico» disse Kate.

«È una ragazza forte» disse Foster. «Però, che resti tra me e voi… penso che potrebbe nascondere qualcosa. Forse niente di grosso. Penso che voglia solo assicurarsi di non confidare niente di male sulla migliore amica scomparsa.»

Comprensibile, pensò Kate.

Però sapeva anche che il fatto che loro fossero migliori amiche sarebbe stata una ragione più che sufficiente a nascondere qualcosa.



***



I genitori di Anne comprensibilmente le avevano permesso di restare a casa da scuola. Quando Kate e DeMarco arrivarono alla residenza dei Pettus – situata in fondo a una strada molto simile a quella in cui avevano vissuto i Fuller – i genitori erano in piedi al portone, in attesa. Kate li vide entrambi attraverso la zanzariera di vetro già parcheggiando l’auto nel vialetto a U.

Il signore e la signora Pettus uscirono sul portico per andare incontro alle agenti. Il padre teneva le braccia incrociate, uno sguardo triste in viso. La madre sembrava stanca, gli occhi iniettati di sangue e la postura accasciata.

Dopo un rapido giro di presentazioni, il signore e la signora Pettus andarono subito al punto. Non erano né maleducati né insistenti, ma semplicemente dei genitori preoccupati che non avevano intenzione di far passare alla figlia brutti momenti non necessari.

«Pare migliorare ogni volta che ne parla» disse la signora Pettus. «Penso che, a mano a mano che passerà altro tempo, comincerà a capire che la sua migliore amica non è necessariamente morta. Penso che più l’idea che possa semplicemente essere scomparsa farà presa, più vorrà essere d’aiuto.»

«Detto ciò» aggiunse il signor Pettus «apprezzerei enormemente che foste brevi con le domande e il più speranzose possibili. Non fate errori… non interferiremo mentre le ponete le domande, ma se sentiamo qualcosa che pare turbarla, il tempo a vostra disposizione con nostra figlia termina lì.»

«Più che giusto» disse Kate. «E avete la mia parola che ci muoveremo con cautela.»

Il signor Pettus annuì e finalmente aprì loro la porta. Quando entrarono, Kate vide Anne Pettus subito. Sedeva sul divano con le mani strette tra le ginocchia. Come la madre, sembrava stanca e distrutta. Poi a Kate venne in mente che le teenager tendevano a legare parecchio con le loro migliori amiche. Era incapace di immaginare il tipo di emozioni che quella ragazzina stava probabilmente attraversando.

«Anne» disse la signora Pettus. «Queste sono le agenti che ti abbiamo detto che stavano arrivando. Ti va ancora di parlarci?»

«Sì, mamma. Sto bene.»

Entrambi i genitori fecero un piccolo cenno a Kate e DeMarco mentre si sedevano ai due lati della figlia. Kate si accorse che Anne non cominciò a sembrare davvero a disagio fino a quando i suoi non la fiancheggiarono.

«Anne» disse Kate «faremo presto. Ci hanno aggiornate su tutto quello che hai già detto alla polizia, quindi non ti chiederemo di ripetere di nuovo tutte quelle cose. Be’, con una sola eccezione. Mi piacerebbe sapere dello shopping che tu e Mercy avete fatto a Harrisonburg. Mercy ha comprato molti articoli da viaggio, giusto?»

«Sì. Ho pensato che fosse strano. Lei ha detto solo che a casa quella roba la stava finendo. Dentifricio, un piccolo spazzolino, deodorante, cose così. Ho chiesto perché le acquistasse lei e non i suoi ma lei praticamente ha ignorato la domanda.»

«Hai la sensazione che a casa fosse felice?»

«Sì. Però, cioè… ha quindici anni. Vuole bene ai suoi però odia questo posto. Parlava di trasferirsi lontano da Deton fin da quando avevamo dieci anni.»

«Qualche idea del perché?» chiese DeMarco.

«È noiosa» disse Anne. Guardò i genitori con aria di scusa. «Cioè, io sono appena più grande di Mercy; ho sedici anni e ho la patente e io e lei a volte andiamo di qua e di là. A fare shopping. Al cinema. Ma bisogna guidare tipo un’ora per fare qualsiasi cosa. Deton è morta.»

«Sai dove voleva trasferirsi?»

«A Palm Springs» disse Anne con una risata. «Aveva visto un programma in cui la gente faceva festa a Palm Springs e pensava che fosse una cosa carina.»

«Aveva messo gli occhi su un college in particolare?»

«Non credo. Cioè, a quella cosa che ci hanno preparato a scuola si è studiata bene il materiale dell’università della Virginia e della Wake Forest. Però… be’, non so.»

«Puoi dirci qualcosa di Charlie?» chiese Kate. «Abbiamo visto il suo nome sul suo diario e sappiamo che erano almeno abbastanza intimi da darsi qualche bacio veloce tra una lezione e l’altra. Però la polizia ci ha detto che tu hai detto che Mercy non aveva un ragazzo.»

«Non ce l’aveva.»

Kate si accorse subito che il tono di Anne era calato un pochino al commento. Anche la sua postura sembrò farsi un po’ rigida. Apparentemente quello era un argomento delicato. Però, dato che aveva solo sedici anni e i suoi genitori erano entrambi seduti accanto a lei, Kate sapeva di non poter accusare direttamente la ragazza di mentire. Avrebbe dovuto tentare un altro approccio. Magari c’erano degli oscuri segreti riguardanti l’amica a cui semplicemente non voleva dar voce.

«Quindi lei e Charlie sono solo amici?» chiese Kate.

«Tipo. Cioè, penso che magari si piacessero però non volessero uscire insieme. Presente?»

«Lei e Charlie hanno mai fatto altro oltre a baciarsi, che tu sappia?»

«Se l’hanno fatto, Mercy non me l’ha mai detto. E lei mi dice tutto.»

«Sai se c’erano dei segreti che teneva nascosti ai suoi genitori?»

Kate si accorse di nuovo di un certo malessere sul viso di Anne. Fu breve e a malapena visibile, ma Kate lo riconobbe da innumerevoli casi del passato – in particolare quelli con degli adolescenti coinvolti. Un rapido guizzo degli occhi, uno spostamento imbarazzato sul posto, sia che rispondessero subito senza pensare a quello che stavano dicendo sia che si prendessero troppo tempo per uscirsene con una risposta.

«Ripeto, se ce li aveva non me l’ha mai detto.»

«E un lavoro?» chiese Kate. «Mercy lavorava da qualche parte?»

«Ultimamente no. Ha lavorato una decina di ore a settimana come tutor per i ragazzini delle medie qualche mese fa. Algebra, penso. Ma hanno chiuso la cosa perché non c’erano abbastanza ragazzini interessati a farsi aiutare.»

«Le piaceva?» chiese DeMarco.

«Immagino di sì.»

«Nessuna storia dell’orrore del periodo in cui ha fatto da tutor?»

«Nessuna che mi abbia raccontato.»

«Però tu sei sicura che Mercy ti raccontasse tutto della sua vita, giusto?» chiese DeMarco.

Anne parve leggermente a disagio alla domanda. Kate si chiese se forse non fosse la prima volta che veniva interrogata in modo così aggressivo – in cui venivano messe in discussione cose che lei aveva presentato come verità.

«Penso di sì» disse Anne. “Eravamo… siamo migliori amiche. E dico siamo perché è ancora viva. Lo so. Perché se è morta…»

Il commento aleggiò nell’aria per un attimo. Kate riuscì a vedere che l’emozione sul volto di Anne era reale. Sulla base della sua espressione, sapeva che la ragazza si sarebbe messa a piangere presto. E, se si fosse giunti a quello, Kate era sicura che i genitori avrebbero chiesto loro di andare via. Voleva dire che probabilmente non avevano molto tempo – e ciò voleva dire che Kate avrebbe dovuto fare un po’ la prepotente se voleva ottenere qualche risposta.

«Anne, vogliamo arrivare in fondo alla cosa. E, come te, stiamo lavorando presumendo che Mercy sia ancora viva. Però, se posso essere sincera con te, nei casi di persone scomparse il nemico è il tempo. Più tempo passa, minori diventano le probabilità che abbiamo di trovarla. Quindi per favore… se c’è qualcosa che magari sei stata riluttante a dire alle autorità locali di Deton, è importante che lo dici a noi. Lo so che in una città così piccola ti preoccupi di quello che penseranno gli altri e…»

«Penso che basti così» disse il signor Pettus. Si mise in piedi e andò verso la porta. «Non mi piace che insinui che nostra figlia stia nascondendo qualcosa. E basta guardarla per capire che sta cominciando a turbarsi.»

«Signor Pettus» disse DeMarco. «Se Anne…»

«Siamo stati più che giusti a permetterle di parlare con le autorità, ma qui abbiamo finito. Ora, per favore… andatevene.»

Kate e DeMarco si scambiarono un’occhiata abbattuta mentre si alzavano. Kate fece circa tre passi verso la porta prima di essere fermata dalla voce di Anne.

«No… aspettate.»

Tutti e quattro gli adulti presenti nella stanza si voltarono verso Anne. Aveva le lacrime che le rotolavano giù per le guance e una specie di severa consapevolezza negli occhi. Guardò i genitori per un attimo e poi rapidamente distolse lo sguardo, come vergognandosi.

«Che c’è?» chiese la signora Pettus alla figlia.

«Mercy ce l’ha un ragazzo. Una specie. Però non è Charlie. È un altro tipo… e non l’ha mai detto a nessuno perché se i suoi l’avessero scoperto avrebbero dato di matto.»

«Chi è?» chiese Kate.

«È un tipo di fuori, vicino a Deerfield. È più grande… diciassette anni.»

«E uscivano insieme?» chiese DeMarco.

«Non credo che uscissero. Si vedevano, tipo. Ma quando si vedevano penso… be’, penso che fosse una cosa solo fisica. A Mercy la cosa piaceva perché c’era questo ragazzo più grande che le prestava attenzione, presente?»

«E perché i suoi non approverebbero?» chiese Kate.

«Be’, per cominciare l’età. Mercy ha quindici anni e quello quasi diciotto. Ma lui è uno problematico. Ha mollato le superiori, se ne va in giro con tipacci.»

«Sai se la relazione era sessuale?» chiese Kate.

«Non me l’ha mai detto. Però penso che potrebbe anche essere, perché quando scherzavo e la prendevo in giro sulla cosa lei non diceva mai una parola.»

«Anne» disse il signor Pettus. «Perché non l’hai detto alla polizia?»

«Perché non voglio che la gente pensi male di Mercy. È… è la mia migliore amica. È carina e gentile e… questo tipo è uno scarto umano. Non capisco perché le piacesse.»

«Come si chiama?» chiese Kate.

«Jeremy Branch.»

«Hai detto che ha mollato la scuola. Sai che lavoro fa?»

«Niente, credo. Si occupa degli alberi qua e là, tipo taglia i rami e aiuta quelli del trasporto legname. Ma stando a Mercy se ne sta a casa di suo fratello maggiore a bere per la maggior parte della giornata. E non lo so per certo, ma penso che venda droga.»

A Kate quasi dispiacque per Anne. Lo sguardo che avevano i suoi chiariva bene che avrebbe ricevuto una bella strigliata quando Kate e DeMarco se ne fossero andate. Sapendo questo, Kate andò da Anne a sedersi al posto che fino a solo un minuto prima aveva occupato suo padre.

«Lo so che è stato difficile per te» disse Kate. «Ma hai fatto la cosa giusta. Ci hai dato una pista e adesso forse possiamo arrivare in fondo alle cose. Grazie, Anne.»

Con ciò, rivolse un cenno educato ai genitori di Anne e se ne andò. Sulla strada per l’auto, DeMarco estrasse il telefono. «Sai dov’è Deerfield?» chiese.

«Una ventina di minuti nel bosco» disse Kate. «Se pensavi che Deton fosse piccola, non hai ancora visto niente.»

«Chiamo lo sceriffo Barnes per vedere se riusciamo ad avere un indirizzo.»

Stava facendo proprio così mentre rimontavano in macchina. Kate sentì un’improvvisa energia inondarla. Avevano una pista, il coinvolgimento del dipartimento di polizia locale, e la maggior parte della giornata ancora davanti a loro. Mentre usciva dal vialetto dei Pettus, non poté evitare di provare un po’ di speranza.




CAPITOLO QUATTRO


Anche se DeMarco aveva avuto da Barnes un indirizzo chiarissimo, Kate non poteva evitare di chiedersi se Barnes non si fosse sbagliato o se nella comunicazione non fosse andato perso qualcosa. Vide l’indirizzo cinque minuti dopo aver superato i confini della città di Deerfield, dipinto sul lato di una sudicia cassetta della posta in lettere nere. Però, come quasi tutto il resto a Deerfield, Virginia, tutto eccetto la cassetta era campo aperto e foresta.

A grossomodo sessanta centimetri dalla cassetta, vide le linee abbozzate di quello che presunse essere un vialetto. L’erbaccia era germogliata lungo il margine, nascondendo la maggior parte dell’ingresso. Svoltò nel vialetto e si ritrovò in una stretta strada sterrata che portava a uno spazio più ampio molti metri in avanti. Immaginava di avere di fronte un grande giardino anteriore che semplicemente non vedeva un tosaerba da moltissimo tempo. C’erano tre macchine, due delle quali sembravano totalmente in rovina, parcheggiate nel giardino. Erano posizionate lungo una striscia di terra che fungeva da fine del vialetto.

A qualche metro di distanza dalle auto, imboscata non troppo lontano dalla riga di alberi dell’estesa foresta che c’era oltre, si trovava una roulotte doppia. Era del genere decorato all’esterno in modo molto simile a una casa e, se fosse stato curato come si doveva, sarebbe stato un posticino proprio carino. Ma il portico anteriore sembrava leggermente obliquo, dato che una delle ringhiere era caduta completamente. C’era anche una grondaia allentata sulla facciata destra della struttura e, ovviamente, l’esagerata erba selvaggia del giardino.

Kate e DeMarco parcheggiarono dietro alle inutili auto e lentamente andarono alla casa. L’erba, per lo più infestante, arrivava alle ginocchia di Kate.

«Mi sembra di essere a un assurdo safari» disse DeMarco. «Un machete ce l’hai?»

Kate si limitò a ridacchiare, gli occhi sulla porta principale. Gli stereotipi e le informazioni di Anne Pettus le davano la sensazione di sapere già che cosa avrebbero trovato all’interno: Jeremy Branch e suo fratello maggiore seduti lì a non fare niente. Il posto probabilmente avrebbe odorato di polvere e tenue spazzatura, forse anche di marijuana. Ci sarebbero state bottiglie di birra sparpagliate su mobili da poco, tutti orientati verso un impianto televisivo relativamente buono. Aveva visto allestimenti così innumerevoli volte in passato, in particolare quando si trattava di giovani parassiti che vivevano in zone di campagna.

Salirono sul portico e Kate bussò alla porta. Riusciva a udire il brusio della musica venire da dentro, qualcosa di potente ma a basso volume. Udì anche dei passi pesanti avvicinarsi alla porta. Quando questa molti secondi dopo si aprì, fu accolta da un uomo dall’aria giovane vestito con una canotta e un paio di pantaloncini cachi. Una barbetta di giornata gli incorniciava il viso. Aveva l’intero braccio sinistro coperto da tatuaggi e piercing su entrambe le orecchie.

All’inizio sorrise alla vista delle due donne sul suo portico, ma poi la realtà dei fatti parve venirgli alla mente. Non erano solo due donne – erano due donne vestite in maniera professionale con sguardi severi in viso.

«Chi siete?» chiese.

DeMarco mostrò il distintivo, avvicinandosi di un passo alla porta. «Agenti DeMarco e Wise» disse. «Speravamo di fare due parole con Jeremy Branch.»

Il giovane parve legittimamente confuso e leggermente spaventato. Retrocesse dalla porta di un passettino, facendo passare lo sguardo da una all’altra con cautela. «Sono… be’, sono io. Ma cosa volete da me?»

«Presumiamo che lei ormai abbia sentito la notizia su una ragazza di Deton» disse Kate. «Una ragazza di nome Mercy Fuller.»

Lo sguardo sul suo volto disse a Kate tutto ciò che aveva bisogno di sapere. Senza dire una parola, Jeremy non fece che confermare di conoscere Mercy. Annuì e poi guardò indietro all’interno della roulotte, forse in cerca di assistenza da parte del fratello maggiore.

«Può confermarmelo?» chiese Kate.

«Sì, ho sentito. È scomparsa. I suoi genitori sono stati uccisi, giusto?»

«Giusto. Signor Branch, possiamo per favore entrare e parlare un attimo?»

«Be’, questa non è casa mia. È di mio fratello. E non so se lui…»

«Non so se lei sa come funziona la cosa» disse Kate. «Vorremmo entrare a fare una chiacchierata. Possiamo farla qui oppure, sulla base di quello che abbiamo sentito su di lei, possiamo farla alla stazione di polizia di Deton. Scelta sua.»

«Oh» disse. Il ragazzino sembrava del tutto all’angolo, come un animale braccato in cerca di una via d’uscita. «Be’, allora immagino di poter…»

Poi si interruppe sbattendo la porta in faccia alle due. Dopo il fragore e un rapido scatto all’indietro dovuto all’azione inaspettata, Kate udì dei passi veloci nella casa.

«Sta scappando» disse Kate.

Ma prima che potesse riaprire la porta, DeMarco stava già saltando giù dal portico in direzione del retro della roulotte. Kate estrasse l’arma da fianco, aprì la porta con una spinta ed entrò.

Udì solo qualche altro passo dal fondo della roulotte e poi il rumore di un’altra porta che si apriva. Una porta sul retro, pensò Kate. Speriamo che DeMarco gli tagli la strada.

Kate attraversò di corsa la casa, scoprendo che le sue previsioni erano esatte. C’era un leggerissimo aroma di erba mischiato all’odore della birra versata. Attraversando di corsa la cucina entrò in un corridoio che portava sul retro verso due camere da letto. Lì, alla fine del corridoio, una porta ancora oscillava nella cornice dopo che qualcuno l’aveva attraversata di corsa. Scattò verso la porta e la aprì, pronta da attaccare se necessario. Ma aveva visto la paura negli occhi di Jeremy. Lui non avrebbe attaccato per niente; aveva tutte le intenzioni di fuggire. E se fosse riuscito ad arrivare al bosco che distava non più di quattro metri e mezzo dalla porta sul retro, poteva tranquillamente riuscirci.

Lo vide, che sfrecciava verso gli alberi, ma poi vide anche DeMarco. Lo stava avvicinando dal fianco sinistro della casa. Non si preoccupava di estrarre la pistola né di urlare a Jeremy di fermarsi. Kate era sconcertata da quanto veloce fosse la sua partner, a fiondarsi dietro a Jeremy a una velocità che vinceva facilmente l’adolescente.

Lo raggiunse proprio quando Jeremy ebbe raggiunto la prima riga di alberi che conduceva nella foresta. DeMarco si allungò, lo afferrò per una spalla e lo fece voltare verso il suo viso. Così facendo, Jeremy finì col girare come una trottola, eseguendo una completa giravolta di trecentosessanta gradi prima di perdere l’equilibrio e cadere a terra.

Kate si precipitò giù per una traballante serie di gradini e raggiunse DeMarco, aiutandola ad ammanettare Jeremy Branch.

«Quando scappi» disse Kate «ci viene da pensare che hai qualcosa da nascondere. E hai anche reso la nostra scelta più facile. Con te ci parliamo in stazione.»

Jeremy Branch a questo non ebbe nulla da dire. Ansimava pesantemente mentre DeMarco lo trascinava in piedi con le mani ammanettate dietro la schiena. Sembrava sbalordito e fuori di sé mentre lo portavano alla macchina. E quando tornò a guardare nervosamente la roulotte, Kate fu piuttosto sicura che avrebbe trovato delle prove abbastanza sospette da mettere in un bel po’ di guai Jeremy e il fratello, anche senza contare la scomparsa di Mercy Fuller.



***



La perquisizione dell’interno della casa non richiese molto tempo. Mentre DeMarco rimaneva fuori, Kate rovistò nella casa e nel giro di quindici minuti aveva trovato elementi più che sufficienti a mettere i fratelli Branch in un mare di guai.

Erano stati trovati venti grammi di cocaina in una delle camere da letto, insieme a una mezza dozzina di pillole di ecstasy. In un’altra camera c’erano numerosi sacchetti di plastica di erba, un’altra dozzina di pillole di ecstasy e qualche contenitore di antidolorifici che richiedevano la ricetta. Il vero colpo di scena era giunto quando Kate aveva trovato un piccolo blocco degli appunti nero sotto al letto della seconda camera. Sembrava essere una specie di registro dei conti, dove era segnato chi doveva del denaro e per cosa.

Capì pure che la prima stanza che aveva perlustrato era quella di Jeremy Branch. Lo sapeva per la foto piuttosto provocane che stava sul comodino e che ritraeva lui stesso e Mercy Fuller, che era per lo più nuda. Però non riuscì a trovare diari, laptop, nulla che potesse fornire indizi del suo coinvolgimento nella scomparsa della ragazza o nella morte dei suoi genitori.

Una cosa di valore però la trovò. Qualcosa che rispondeva ad almeno una domanda. Nel piccolo bagno appena fuori dalla camera di Jeremy, Kate trovò un nuovo dentifricio da viaggio, un deodorante da donna e un nuovo spazzolino di dimensioni ridotte. Apparentemente Mercy aveva comprato quelle cose per tenerle lì, nel tentativo di coprire qualsiasi traccia di essere stata con un ragazzo prima di andare a casa.

Tornò fuori, guadando l’alta erba fino alla macchina. «Tutta la roba da viaggio si trova nel bagno di Jeremy. Apparentemente Mercy teneva tutto qui.»

«Be’… carino, diciamo?»

«O un po’ ossessivo» suggerì Kate mettendosi dietro al volante. «Ah, adesso conosciamo una delle ragioni per cui è scappato.»

Dal retro parlò Jeremy, la voce terrorizzata e inanellata di paura. «Tutta quella roba è di mio fratello.»

«E ne teneva un po’ in camera tua, eh?»

«Sì, la vende e… e…»

«Risparmia il fiato per la stazione» disse Kate. «A dire la verità, la droga è solo secondaria adesso.»

«Non avevo niente a che vedere con Mercy o con i suoi genitori» disse. «Lo giuro.»

«Spero di no» disse Kate partendo con l’auto. «Però immagino che si vedrà.»




CAPITOLO CINQUE


Stavolta, quando entrarono nella stazione di polizia di Deton, l’ampia scrivania di fronte agli uffici era occupata da una donna che sembrava essere stata piantata lì e non essersene mai andata. Viaggiava tranquillamente sui sessanta, e quando alzò lo sguardo su Kate, DeMarco e Jeremy Branch offrì un sorriso provato più volte. Quando si accorse che stava succedendo qualcosa, però, il sorriso svanì e tornò subito a farsi professionale.

«Siete le agenti?» chiese.

«Sì, signora» disse DeMarco. «Dove possiamo parcheggiare il signor Branch?»

«Nella sala interrogatori, per il momento. Chiamo al telefono lo sceriffo e gli dico che siete qui. Seguitemi.»

La donna più anziana le condusse lungo gli uffici, giù per lo stesso corridoio per il quale prima le aveva accompagnate Barnes. Aprì la porta della seconda stanza sulla destra. Sembrava proprio la stessa in cui avevano conosciuto l’agente Foster quella stessa giornata. C’era una vecchia scrivania segnata con una sedia parcheggiata su ciascun lato.

«Siediti» disse DeMarco dando a Jeremy una piccola spinta in direzione del tavolo.

Jeremy fece quello che gli era stato chiesto, senza opporre alcuna resistenza. Quando ebbe messo il sedere sul sedile, incrociò le mani ammanettate di fronte a sé e le fissò.

«Che relazione c’era fra te e Mercy Fuller?» chiese Kate.

«La conoscevo appena.»

«Ho visto una foto in camera tua che dice altrimenti.»

«Cosa direbbe se le dicessi che era così… be’, così amichevole con la maggior parte dei ragazzi?»

«Direi che si tratta di un’accusa piuttosto ardita da fare a qualcuno. Soprattutto in una cittadina come questa, a una ragazza che ha appena perso entrambi i genitori.»

Jeremy sospirò e scrollò le spalle. La sua noncuranza stava indispettendo Kate, ma fece del suo meglio per rimanere professionale.

«Ve l’ho detto… non so niente di quella famiglia.»

«Menti» disse Kate. «E sentimi bene. Puoi continuare a mentire, ma questa è una città piccola, ragazzino. Posso smascherare la tua bugia facilmente. E se scopro che mi menti, allora cominceremo a indagare sulla droga. Magari troviamo alcune delle persone che il tuo poco brillante fratellone ha elencato nel blocco nero sotto al letto. Magari diciamo loro che sei stato tu a dirci dove trovare il blocco.»

Gli occhi di Jeremy si spalancarono al pensiero, e cominciò ad agitarsi sulla sedia. Kate si chiese anche se quella del fratello maggiore potesse essere una carta da giocarsi. Si chiese quale dei due sarebbe crollato sotto pressione per primo.

Però, apparentemente, non le sarebbe stato necessario seguire quella strada. Praticamente poté vedere il momento in cui Jeremy Branch decise che la sua autoconservazione era la cosa più importante.

«Okay, la conosco. Però non uscivamo insieme né niente del genere. Andavamo a letto insieme ogni tanto.»

«Quindi era una relazione sessuale?»

«Sì. Ed era più o meno tutto.»

«Non ti importava che avesse quindici anni?»

«Un po’ sì. Pensavo di rompere quando avrei compiuto diciotto anni. In modo da non finire nei guai, sapete.»

«Quand’è stata l’ultima volta che l’hai vista?» chiese DeMarco.

«Forse più o meno una settimana fa.»

«Veniva a casa tua?»

«Sì. Avevamo questa specie di sistema. Quando voleva passare mi mandava un messaggio e io la andavo a prendere sulla Waterlick Road. Lei diceva ai suoi che stava andando a casa di un’amica e io la andavo a prendere e tornavamo a casa mia.»

«Per quanto tempo è durata?» chiese Kate.

«Quattro o cinque mesi. Però, senta, lo so che sembra osceno o quel che è, ma davvero non la conosco bene. Era solo sesso. Tutto qua. Sono stato il primo per lei… e lei era tipo curiosa, sapete? Non era una fanatica del sesso né niente del genere, però ci siamo visti molto.»

«Pensavo che avessi detto che era amichevole con la maggior parte dei ragazzi» disse DeMarco.

La sua sola risposta a quella apparente bugia in un tentativo di salvare la faccia fu una scrollata di spalle.

«E i suoi genitori?» chiese Kate. «Che cosa puoi dirmi di loro?»

«Niente. Sapevo chi era suo padre, sapete? Cioè, è una città piccola. Praticamente si conoscono tutti. In più lei scherzava sempre sul fatto che se suo padre avesse scoperto che stavamo sco… facendo sesso» disse, apparentemente non trovando appropriato lasciarsi sfuggire altra terminologia di fronte a due agenti donne «quello mi avrebbe ucciso.»

«E tu le credevi?»

«Non lo so. Ma immagino di sì. Non si vuole mai davvero pensare che il padre della ragazza con cui si va a letto lo scopra. Non sapevo che cosa pensare dei suoi. Cioè, lei li odiava. Tipo che li detestava, sapete?»

«Sul serio?»

«Sulla base del modo in cui ne parlava, sì, penso di sì. Se posso…»

Si fermò lì, e parve pensare a qualcosa per un minuto. Poi guardò Kate e DeMarco come se stesse cercando di comprendere quali fossero i suoi confini.

«Che c’è?» chiese Kate.

«Sentite. Sì, è un casino che siamo andati a letto insieme tipo venti volte e non la conosca tanto bene. Però ho sempre pensato che fosse un po’ strano sentirla parlare dei genitori così.»

«Così come?»

Prima che potesse rispondere, bussarono alla porta. Lo sceriffo Barnes la aprì e fece capolino con la testa. Ci fu un rapido scambio di sguardi tra Barnes e Jeremy, e a Kate venne da pensare che probabilmente non era la prima volta che Jeremy trascorreva del tempo in quella stanza.

«Jeremy Branch?» chiese. «Che cavolo ci fa lui qui?»

«Vuoi dirglielo tu o dovremmo farlo noi?» chiese DeMarco. Diede a Jeremy qualche secondo, e quando lui non cominciò a parlare mise lei al corrente Barnes. «Andava a letto con Mercy Fuller… fino alla settimana scorsa. Ci stava proprio dicendo che trovava strano che Mercy parlasse così negativamente dei suoi genitori. Che li odiava.»

«Andavi a letto con lei?» chiese Barnes. «Diavolo, figliolo… quanti anni hai?»

«Diciassette. Non ne compio diciotto fino al mese prossimo.»

«Va’ avanti» disse Kate reindirizzandolo al punto. «Dicci che cosa diceva Mercy sui suoi genitori.»

«Solo che non le lasciavamo mai fare niente. Che non si fidavano di lei. Penso che ce l’avesse molto con sua madre perché so che ci sono state almeno due o tre volte in cui ha detto una cosa tipo “voglio solo uccidere quella stronza”. Odiava sua madre.»

«Ha mai parlato del rapporto che c’era tra i suoi?» chiese Kate.

«No. Raramente parlava di loro. Si sfogava un po’, si incazzava, e poi di solito era a quel punto che facevamo sesso. Non… non so. Non avevo mai pensato che l’avrebbe fatto davvero.»

«Fatto cosa?» chiese Barnes.

Jeremy allora alzò lo sguardo su di loro come se non avessero capito nulla del nocciolo del discorso. «Siete seri? Sentite… come ho detto. Sembra innocente, a parte che è una specie di ninfomane, ma se state cercando l’assassino dei suoi genitori… trovate lei. Vi garantisco che Mercy ha ucciso i suoi e poi se l’è squagliata dalla città.»




CAPITOLO SEI


Finora nessuno aveva davvero occupato il lato opposto della scrivania; Kate, DeMarco e Barnes erano ancora tutti in piedi. Ma quando Jeremy fece un’affermazione così ardita, lo sceriffo Barnes andò lentamente alla sedia e si sedette direttamente davanti all’adolescente. C’era un misto di tristezza e furia nei suoi occhi quando puntò un dito accusatorio in faccia a Jeremy.

«Sono lo sceriffo di questa città da sedici anni. Conosco Wendy e Alvin Fuller piuttosto bene. E, a quanto ne so, Mercy Fuller era un’onesta giovane donna. Sicuramente non un pezzo di merda combina guai come te. Quindi, se hai intenzione di startene seduto qui a fare accuse del genere, ti suggerisco di avere una storia buonissima a corroborarle.»

Jeremy annuì, adesso chiaramente molto spaventato. «Ce l’ho.»

Barnes incrociò le braccia, si appoggiò allo schienale della sedia e sogghignò a Jeremy. Cominciando a parlare, Jeremy non staccò mai gli occhi di dosso da Barnes. Se Kate avesse dovuto tirare a indovinare, probabilmente il ragazzo temeva che Barnes potesse lanciarsi attraverso il tavolo per strangolarlo da un momento all’altro.

«Ce la spassavamo da circa tre o quattro settimane la prima volta che ha detto di voler scappare di casa. Mi ha chiesto se sarei andato con lei. Ha detto che voleva andare da qualche parte nella Carolina del Nord o una cosa così. Io l’ho presa in giro, perché non vedevo la ragione di trasferirsi a un solo stato di distanza, no? In più quand’era così non mi piaceva. Mio fratello scherzando diceva che le ragazze si ossessionano col primo ragazzo con cui vanno a letto. Immagino che si sia ossessionata. Comunque, impossibile che scappassi con lei. Ma il modo in cui ne parlava… si capiva bene che ci pensava sul serio.»

«Pensi che volesse scappare solo per via di quanto non le piacessero i suoi?» chiese Kate.

«Immagino di sì. Cioè, è l’unica vera ragione a cui riuscivo a pensare che l’avrebbe fatta andar via di casa. Cioè… anche i miei sono degli stronzi. Però io non sono mica scappato.»

«No» disse Barnes. «Tu ti sei trasferito a due miglia di distanza nella roulotte di tuo fratello maggiore. Magari Mercy un’opzione del genere non ce l’aveva.»

«Comunque» disse Kate assicurandosi che Barnes non li portasse troppo fuori tema. «Sei sicuro che dicesse sul serio quando parlava di scappare? Non ti stava solo riempiendo la testa di fantasie in modo che rimanessi con lei?»

«No. Però continuava a dire che sua madre avrebbe dato di matto per trovarla – non perché volesse davvero trovarla, ma perché Mercy l’avrebbe fregata, scappando.»

«Sai se c’erano abusi in casa sua?» chiese DeMarco.

«Non credo. Non di recente, comunque. Una volta però mi ha raccontato che sua madre dal nulla le ha dato un pugno in faccia quando aveva tipo undici o dodici anni.»

«E tu giuri che non se n’è mai saltata fuori dicendo che aveva intenzione di ucciderli?» chiese Kate.

«A volte l’ha fatto. Diceva “Non vedo l’ora di ucciderli”. E poi si chiedeva se l’avrebbe fatto con un coltello o con una pistola. Le piaceva proprio parlarne. Però io le dicevo di stare zitta. Quando io e Mercy ci trovavamo, era solo per il sesso. E non avevo voglia di sentire che pensava di uccidere i suoi prima che venissimo al dunque, no?»

Kate prese tutto in considerazione quando Jeremy smise di parlare e li guardò tutti e tre. Aveva mentito sul fatto che Mercy fosse promiscua. Kate si chiese se tutto il resto che aveva detto non fosse anch’esso una bugia.

Si inclinò verso uno sceriffo Barnes immobile e gli sussurrò all’orecchio: «Possiamo parlare fuori per un attimo?»

Lui annuì e si alzò, praticamente staccando gli occhi da Jeremy a fatica. Non si limitò a uscire normalmente dalla stanza – lo fece come una furia. Prima di dire una parola a Kate o DeMarco che lo seguivano, andò dritto nel suo ufficio. Tenne loro la porta aperta e la chiuse quando furono entrambe dentro.

Disse subito: «Cazzo.»

«Pensa che stia dicendo la verità?» chiese Kate.

«Penso che nella sua storia ci siano abbastanza frammenti veritieri da renderla credibile. Quella storiella di Wendy Fuller che dà un pugno a Mercy… è accaduto davvero. Mercy ha chiamato la polizia. E non era neanche triste quando ha chiamato. È stato circa cinque anni fa, però me lo ricordo bene. È stata vendicativa. Voleva assicurarsi che sua mamma finisse nei guai. Però alla fine bastò una piccola chiacchierata con la famiglia e andò tutto bene. Wendy all’epoca aveva un problema col bere. A quel che capisco io, ormai era pulita e sobria da due anni. Per quanto riguarda Mercy che odia appassionatamente i suoi… non lo so con certezza.»

«Tutto ciò che ci sta dicendo è l’esatto opposto di quello che ha detto Anne Pettus. Lei ha detto che Mercy voleva bene ai suoi… che andavano molto d’accordo.»

«È qui che mi blocco» disse Barnes. «Jeremy Branch e suo fratello maggiore non sono altro che combinaguai. Ho beccato suo fratello due volte per possesso di droga e una per atti osceni nel retro del suo furgone in stradine secondarie. Per quanto riguarda Jeremy, l’ho portato qui solo una volta – per furto minore. Però ho sempre pensato che fosse una questione di tempo prima che diventasse un ospite più regolare.»

«Lui avrebbe qualche bisogno di mentire sulla possibilità che Mercy sia l’assassina?» chiese DeMarco.

«Proprio non lo so. Però… ha parecchio senso, no? La ragazza si stufa dei suoi, li uccide e poi scappa.»

Kate annuì. Ricordò lo scenario immaginato da lei stessa di Mercy che si avvicinava ai genitori ignari e li uccideva entrambi prima che la seconda vittima fosse anche solo sicura di ciò che stava accadendo.

«Da quanto Jeremy vive col fratello?» chiese Kate.

«Non lo so. Per andare sul sicuro, forse un anno, più o meno. Anche prima, però, viveva col fratello a volte. Suo fratello è Randy Branch – un disastro permanente di venticinque anni. I genitori hanno divorziato circa dieci anni fa. Randy si è preso casa sua non appena ha potuto, quella miserabile doppia roulotte ai margini del bosco. Per un po’ penso che Jeremy sia saltato da un genitore all’altro, ma poi la madre si è trasferita con la famiglia giù in Alabama. Dopo, penso che il padre abbia semplicemente smesso di occuparsene.»

«Però vive qui intorno?»

«Sì, sulla Waterlick Road.»

«Ha idea se Jeremy stia mai da lui?»

«Non personalmente. Ho sentito delle voci, però. E una di queste voci dice che Randy fa delle festicciole piccanti. Orge, immagino, non lo so. E non permette che Jeremy se ne stia in giro. Quindi, a quel che ho sentito, nei weekend in cui fa le feste, Jeremy sta col suo vecchio.» Si fermò e poi, quasi con scetticismo, aggiunse: «Non pensate che sia stata Mercy?»

«Lei lo pensa?»

Fece spallucce. «Non voglio crederlo, però sta cominciando a sembrare così. Se devo essere sincero, è una conclusione che avevo cominciato a prendere in considerazione anche prima che arrivaste voi.»

«Teniamo qui Jeremy ancora un po’» disse Kate. «Nel frattempo, pensa che si possa mettere qualcuno a rintracciare l’indirizzo e le informazioni di contatto del padre di Jeremy?»

«Sì, ci metto Foster» disse prendendo il telefono. «Sarà contento di riuscire ad aggiungere qualche altra informazione ai dossier del caso.»

Kate e DeMarco uscirono dalla stanza, tornando nella zona uffici. Parlando sottovoce, DeMarco chiese: «Pensi che Jeremy Branch stia dicendo la verità?»

«Proprio non lo so. La sua storia sicuramente quadra e collega molti puntini. Però so anche che con tutta la droga che abbiamo trovato in quella casa ha tutte le ragioni del mondo di coprirsi il culo e distogliere l’attenzione da sé.»

«Non posso evitare di chiedermi se anche lui non sia stato coinvolto nelle morti» disse DeMarco. «Un ragazzo più grande, che vuole tenere sottochiave una ragazzina più giovane. Se lei odiava davvero i suoi genitori e lui era abbastanza pazzo, non sarebbe un sospettato?»

Era una serie di pensieri promettente, che Kate stessa aveva preso in considerazione. Non l’aveva ancora escluso, sperando che una visita alla casa del padre di Jeremy avrebbe dato loro più informazioni.

«Agenti?»

Si voltarono entrambe e videro Barnes uscire dal suo ufficio. Porse un foglio di carta a Kate e annuì. «È l’indirizzo di Floyd Branch. Un avvertimento dovuto, però… può essere un po’ bastardo. I distintivi e tutto il resto non lo preoccupano.»

«Siamo in pieno giorno» disse Kate. «È sicuro che sia a casa?»

«Sì. Lavora su piccoli motori e roba così nel suo garage.» Barnes controllò il suo orologio e sorrise. «Sono circa le tre e mezza, quindi scommetto quello che volete che ha già cominciato a bere. Se fossi in voi, uscirei di lì presto… prima che sia fradicio. Volete rinforzi? È un montanaro. Non so come altro metterla. Sta per vedere due donne che non conosce e non vi prenderà seriamente.»

«Adorabile» disse Kate. «Certo. Venga con noi, sceriffo. Più siamo meglio è.»

Sinceramente non ci credeva, però sapeva che tipo di persona stava descrivendo Barnes. Ne aveva visti molti di tipi così, soprattutto nel sud. Erano zone rurali in cui gli uomini semplicemente non si erano messi al passo col mondo; non solo disprezzavano le donne, ma erano incapaci di vederle come uguali… anche quando avevano con loro un distintivo e una pistola.

Lasciarono insieme la stazione, puntando all’auto a noleggio del bureau con cui DeMarco era arrivata lì da Washington D.C. Wow, è stato solo stamattina, pensò.

Le fece venire in mente Allen e i piani che aveva cercato di organizzare per loro – una breve fuga nelle montagne a bere vino, passarci la notte, e fare altre cose a letto che non fossero esattamente dormire.

E anche se era ancora piuttosto abbattuta per essersi persa una cosa del genere, era anche disposta ad ammettere che al momento era ugualmente entusiasta, con un caso che le si sbrogliava davanti agli occhi. Aveva ancora del lavoro da fare per mantenere un giusto equilibrio tra la sua vita personale e la sua agenda unica al bureau, ma per adesso aveva la sensazione di trovarsi esattamente dove doveva essere.




CAPITOLO SETTE


La proprietà di Floyd Branch era l’incarnazione vivente di tutti gli stereotipi del sud. Mentre DeMarco immetteva l’auto nel vialetto dal leggero ghiaino, i testi di una dozzina di canzoni country si presentarono tutti nella forma della roulotte, del giardino e dei possedimenti sparpagliati di Floyd Branch.

L’erba era solo leggermente migliore di quella che avevano visto precedentemente da Jeremy. Porzioni del prato attorno alla roulotte almeno erano state tagliate, punti morti si mostravano qua e là. Il tosaerba stesso – un vecchio trattorino tagliaerba con un vano motore arrugginito, era parcheggiato presso un capanno verso il retro della casa. Due inutili furgoni – uno completamente privo del pianale – giacevano su blocchi di cemento accanto a esso. Accanto al capanno c’era una gabbia per cani dall’aria fragile, fatta principalmente di assi di legno, qualche palo di metallo e quella che sembrava una rete da pollaio. Quando DeMarco parcheggiò l’auto e smontarono tutti, due pitbull dentro alla gabbia cominciarono a emettere rumori empi, qualcosa tra l’abbaiare e il ruggire.

Kate, DeMarco e Barnes si erano allontanati di solo qualche passo dalla macchina prima che un uomo di mezz’età dall’aria magra uscisse dal casotto. Aveva con sé una scopa, guardava arrabbiato verso la gabbia e malediceva i cani. Poi si accorse di avere visite. La rabbia scemò e gettò la scopa di nuovo nel casotto, come imbarazzato dall’arnese.

«Ehi, sceriffo.»

«Floyd, ehi a te. Come stai oggi?»

«Bene, immagino. Lavoro sul motore di una vecchia moto da cross per la famiglia Wells. La moto è decrepita. A me sembra uno spreco, ma hanno già pagato, quindi…»

Si fermò lì, chiaramente distratto mentre cercava di vagliare le due donne che stavano su ciascun lato di Barnes. Sembrava sia scosso che leggermente entusiasta. Non perché ci fossero delle donne sulla sua proprietà, ma perché si trattava di qualcosa di inaspettato – qualcosa di nuovo e di fuori dall’ordinario.

«Floyd, queste due signore sono dell’FBI. Vorrebbero farti qualche domanda.»

«FBI? E per che cosa, cavolo? Io non ho fatto niente.»

«Oh, non mi aspetto che le cose stiano diversamente» disse Barnes. «Però dimmi, Floyd: quando è stata l’ultima volta che hai parlato con Jeremy?»

«Ah, merda, cos’ha fatto?»

«Ancora non lo sappiamo» disse Kate. «Forse niente. Siamo venuti qui per scoprirlo con certezza.»

«Ha avuto un coinvolgimento con Mercy Fuller» spiegò Barnes. «La figlia di Alvin e Wendy. Lo abbiamo portato alla stazione per interrogarlo. Pensavo che dovessi saperlo.»

«Cosa? Cavolo, sceriffo.» Floyd fece spallucce e scosse la testa. «Non c’è da stupirsi, però. Quel ragazzo non mi dice mai niente. Probabilmente sono passate circa tre settimane dall’ultima volta che l’ho visto. È rimasto qui qualche notte mentre Randy si occupava di roba sua. Però sono piuttosto sicuro che sia passato per un po’ qualche sera fa mentre ero fuori al bar. Ha lasciato la luce accesa in camera sua. A volte viene qui a guardare film. Porno, più che altro, penso. Un po’ strambo.»

«E non ha mai fatto il nome di Mercy Fuller?» chiese Kate.

«No. Cavolo, abbiamo a malapena parlato. Di football, un po’. Dei Redskins che stanno facendo merda. Mi ha chiesto di sua mamma ma io non avevo voglia di affrontare quella conversazione, sapete?» Si fermò lì, come improvvisamene colpito da un pensiero. «Accidenti. I Fuller? Ho sentito cos’è successo. È stata uccisa anche Mercy?»

«No» disse Barnes. «In realtà è scomparsa.»

«Abbiamo parlato con Jeremy del coinvolgimento con lei» disse Kate. «Ci ha detto che a Mercy i suoi genitori non piacevano e ha suggerito che Mercy abbia avuto qualcosa a che vedere con gli omicidi.»

«Non so perché dovrebbe mentire su questo» disse Floyd. Non sembrava offeso che stessero facendo un’accusa del genere. Anzi, sembrava piuttosto distaccato dall’intera situazione, come se semplicemente non gliene importasse nulla. «Uscivano insieme?»

«Jeremy dice che era solo una relazione fisica» disse DeMarco. «Ma ha detto anche che lei si confidava con lui – gli diceva che odiava i suoi genitori. Che voleva ucciderli.»

«Perdonatemi se faccio una domanda così stupida» disse Floyd «ma perché siete qui? Cavolo, sceriffo Barnes… tu probabilmente conosci Jeremy meglio di me.»

«Ha una stanza qui?» chiese Kate.

«Sì. L’ultima in fondo al corridoio.»

«Ci permetterebbe di darci un’occhiata?»

Floyd lì esitò, insicuro su come rispondere. Guardò Barnes, per chiedere aiuto o rinforzi di qualche tipo.

«Hai qualcosa in quella roulotte che potrei non approvare, Floyd?» chiese Barnes.

Invece di rispondere palesemente, Floyd chiese: «Solo la stanza di Jeremy. Giusto?»

«Per adesso» disse Barnes un po’ scettico. «Grazie, Floyd.»

Barnes scortò Kate e DeMarco alla roulotte. Mentre risalivano il portico pericolante, Kate si voltò indietro per guardare Floyd Branch. Stava rientrando nel casotto, apparentemente non toccato dalla conversazione.

«Non è stato così tremendo come dava a intendere» disse Kate.

«Apparentemente oggi ha cominciato a bere tardi.»

Entrarono nella roulotte e Kate rimase sorpresa da quel che vide. Si era aspettata che fosse disastrosa, caotica e disordinata. Ma Floyd apparentemente possedeva pochissimo, e nulla che potesse creare ingombro. Il posto era piuttosto pulito, anche se aveva lo stesso tipo di odore che Kate aveva sentito nella roulotte del figlio, prima: birra rafferma e qualcosa di leggermente pungente che probabilmente era vecchio fumo di erba.

Il corridoio era stretto e si apriva su tre stanze sole: una camera da letto, un bagno e una camera più piccola vicina al retro. Kate e DeMarco entrarono nella stanza di Jeremy mentre Barnes indugiava dietro.

«Sono qui, se vi serve aiuto» disse. «Ma c’è a malapena spazio a sufficienza per voi due lì, ancor meno per tre.»

Aveva ragione. La stanza era piccolissima, occupata per lo più da un materasso matrimoniale posato sul pavimento e una vecchia scrivania impilata di DVD e CD. Un piccolo televisore e un lettore DVD impolverato giacevano sul pavimento ai piedi del materasso, i cavi e i fili che serpeggiavano per terra. Un cellulare se ne stava sopra al televisore, agganciato a un caricabatterie collegato a un adattatore a più prese che alimentava anche la tv, il lettore DVD e il piccolo ventilatore alla finestra.

Kate raccolse il telefono. Era un iPhone, di circa tre modelli più vecchio del più attuale. Quando premette il pulsante della Home, lo schermo si accese istantaneamente. Non serviva nessuna password. La schermata principale mostrava solo qualche app: qualche gioco, le impostazioni, le foto e l’orologio. Immaginò che quello fosse solo un telefonino passatogli, senza servizio ma ancora usato per i giochi. Aveva qualche amico che aveva iniziato i figli più grandi ai cellulari nello stesso modo. Prima di regalarne uno totalmente operativo avevano permesso ai figli di averne uno di seconda mano privo di tutti i servizi, capace solo di inviare messaggi a utenti selezionati e di fare giochi che non richiedessero il Wi-Fi.

Dietro di lei DeMarco stava scartabellando tra i film. «Floyd non scherzava quando diceva che il figlio viene qui a vedere porno. Metà di questi sono titoli di porno amatoriali. L’altra metà sono roba sessuale stile Cinemax.»

Kate continuava a esaminare il telefono. Aprì le foto e scoprì che ne era pieno. Alcune erano di ragazze, tutte che facevano festa. Alcune erano in topless. Alcune si baciavano l’una con l’altra, le espressioni sui loro visi una chiara indicazione che erano strafatte. C’erano alcuni video di questi eventi, tutti piuttosto brevi. Passò oltre finché non arrivò a uno lungo poco meno di cinque minuti. Nell’anteprima del video vide il volto di Mercy Fuller.

Premette Play e le ci vollero meno di tre secondi per comprendere quello che stava vedendo prima di chiudere tutto. Nel video Mercy era distesa sulla schiena, e veniva ripresa da sopra. Il regista apparentemente era Jeremy, che filmava mentre faceva del sesso piuttosto brutale con lei. Non c’era costrizione, se i gemiti provenienti da Mercy facevano da prova.

«Gesù» disse Kate uscendo dalle foto.

«Cos’era?» chiese DeMarco.

«La prova che Jeremy Branch diceva la verità su almeno una cosa: decisamente facevano sesso.»

Kate vide che anche se il telefono che teneva in mano non aveva accesso ai Contatti – non era necessario, dato che con quello era impossibile telefonare – vide però che c’era qualche scambio di messaggi. Aprì i messaggi e vide solo tre conversazioni. Una era con un contatto che era stato chiamato BRO e i messaggi rendevano ovvio che fossero da e per suo fratello Randy. Una era con un tipo di nome Chuck e l’intera conversazione verteva sulle persone famose con cui avrebbero voluto fare sesso e perché.

La terza conversazione era di un contatto che Jeremy aveva chiamato TROMBAMICA. La piccola foto sopra al nome era di Mercy Fuller, con la testa inclinata e che dava un bacio.

«Potrei aver fatto centro» disse Kate.

DeMarco arrivò ed entrambe si misero a leggere la conversazione. Era piuttosto lunga, e abbracciava gli ultimi mesi. La gran parte consisteva in lunghi e prolissi messaggi di Mercy con brevissime risposte, spesso di una parola sola, da parte di Jeremy. Più leggevano, più diventava chiaro che Jeremy Branch aveva mentito. Magari era anche stato sincero sulla natura della loro relazione, ma l’immagine che aveva dipinto di Mercy e dei suoi genitori era totalmente fasulla.

E ciò sollevava una domanda molto importante.

Se stava mentendo su questo, che altro nascondeva?




CAPITOLO OTTO


Kate tornò in sala interrogatori il più calma possibile. Con lei c’era DeMarco, e anche se pure lei era irritata, aveva acconsentito che fosse Kate a gestire la mole di quel secondo interrogatorio. Analogamente, anche Barnes si tirava indietro per fare qualche telefonata su altre faccende di interesse locale nel suo ufficio.

Kate sedette di fronte a Jeremy con espressione vuota. Riuscì già a capire che Jeremy era nervoso, aveva gli occhi che saltavano avanti e indietro tra Kate, DeMarco e la superficie della scrivania che stava tra loro.

«La buona notizia è che sei un bugiardo molto convincente» disse Kate. «Quella brutta è che non sei particolarmente brillante.»

Jeremy non disse nulla. Continuò a starsene seduto lì, con l’aria esterrefatta, in attesa di vedere dove avrebbe portato adesso la conversazione Kate. Kate estrasse il vecchio cellulare dalla tasca e lo mise sulla scrivania.

«Lo hai lasciato in camera tua a casa di tuo padre» disse. «Messo via insieme a tutto il porno. Ci siamo accorte che in questo telefono c’è anche un po’ di roba tua amatoriale. Certo, dallo sguardo che hai in faccia capisco che sai che c’è ben più che foto incriminanti qua dentro.»

Jeremy rimaneva ancora in silenzio. Non faceva lo sprezzante; era proprio smarrito. Non aveva niente da dire. Perciò Kate proseguì, presumendo che se avesse continuato a insistere alla fine lui avrebbe parlato.

«Ci sono conversazioni lunghissime tra te e Mercy Fuller su questo telefono» disse Kate. «Molte volte durante queste conversazioni lei parla dei suoi genitori – di suo padre in particolare. In una arriva a dire che probabilmente ha il padre più figo del mondo, con l’eccezione dei gusti musicali. A un certo punto ti dice anche che le farebbe piacere che tu conoscessi i suoi, anche solo per assaggiare la deliziosa lasagna fatta in casa di sua madre. Dice anche di essere entusiasta di andare al college, e che l’unica cosa che le fa aver paura di lasciare casa sua quando verrà il momento di andarci è lasciare i suoi genitori. Ora… questa non sembra una ragazza che odiava i genitori e assolutamente non sembra una ragazza che stava progettando di uccidere i genitori.»

Lentamente, Jeremy fece per prendere il telefono. Kate lo riafferrò prontamente e si mise in piedi. «Perché ci hai mentito, Jeremy? Stai nascondendo qualcosa?»

«No» disse. «Volevo solo che giraste a vuoto perché siete venute da me. La legge in questa stupida contea sta sempre dietro a mio fratello. Volevo anche dare al mio vecchio un momentaccio.»

«Cercando di tormentare le forze dell’ordine?» chiese Kate. «Tu non sei proprio brillante, eh? Qui non è mica solo questione di fregare un’indagine locale, facendo perdere tempo ai poliziotti. Qui si tratta di interferire con un caso federale. E sulla base della droga che ho trovato a casa di tuo fratello, la tua piccola recita – le tue stronzate – potrebbero metterti in un sacco di guai.»

Jeremy adesso sembrava sinceramente spaventato. Non ci era voluto molto, e il suo passare da un’emozione all’altra – dall’orgoglio alla testardaggine alla paura – le disse tutto ciò che aveva bisogno di sapere su di lui. Aveva vissuto la sua vita volendo compiacere qualcuno – probabilmente suo fratello o suo padre – e raramente pensava a sé. E adesso eccolo qui, con la sua recita da duro a crollargli davanti agli occhi, a guardare a un futuro che poteva condurlo in guai serissimi.





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“Un capolavoro del thriller e del genere giallo! L’autore ha sviluppato e descritto così bene il lato psicologico dei personaggi che sembra di trovarsi dentro le loro menti, per seguire le loro paure e gioire dei loro successi. La trama è intelligente e appassiona per il tutto il libro. Pieno di colpi di scena, questo romanzo vi terrà svegli fino alll’ultima pagina.”–Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (a proposito del Killer della rosa) SE LEI SI NASCONDESSE (un giallo di Kate Wise) è il 4° volume di una nuova serie di thriller psicologici dell’autore di best-seller Blake Pierce, il cui primo libro Il killer della rosa (1 volume) (scaricabile gratuitamente) ha ricevuto più di mille recensioni a cinque stelle. Due genitori vengono trovati morti e le loro gemelle di sedici anni sono scomparse. Con il caso che pare non andare da nessuna parte, l’FBI è disorientata e deve richiamare il suo agente più brillante: la cinquantacinquenne agente Kate Wise, ormai in pensione.Si è trattato di un omicidio casuale? Del lavoro di un serial killer?Riusciranno a ritrovare le ragazze in tempo?E Kate, perseguitata dal suo passato, ha ancora la capacità di risolvere casi come un tempo?Thriller pieno di azione e di suspense al cardiopalma, SE LEI SI NASCONDESSE è il 4° volume di un’affascinante nuova serie che vi terrà svegli tutta la notte, fino all’ultima pagina. Il 5° volume della serie gialla di Kate Wise sarà presto disponibile.

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