Книга - Incantata Dal Capitano

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Incantata Dal Capitano
Amanda Mariel


Possono due persone i cui destini sono del tutto diversi, avere qualcosa in comune? Miss Prudence Drake non desidera niente di più che tornare in America e raccogliere i cocci della propria vita. Dopo essere stata tenuta prigioniera sulla Black Dawn ed avere assistito all'assassinio di suo padre, l'ultima cosa che desidera è ritrovarsi nelle mani di un altro pirata- anche se è bello ed è un uomo d'onore. Il capitano Jasper Blackmore ha ripudiato il proprio passato, allontanandosi dalle coste dell'Inghilterra alla ricerca di nuove avventure, dopo che la guerra gli aveva lasciato delle cicatrici fisiche ed era stato tradito dall'unica donna che avesse mai osato amare, Una fanciulla americana di buona famiglia non potrebbe mai adattarsi al suo mondo, nonostante l'attrazione che prova per lei. Possono due persone i cui destini sono del tutto diversi, avere qualcosa in comune?





Amanda Mariel

Incantata dal Capitano




INCANTATA DAL CAPITANO




AMANDA MARIEL




Traduzione di VALENTINA GIGLIO



Incantata dal capitano

Amori da favola libro 2

di

Amanda Mariel



Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, organizzazioni, luoghi, eventi ed accadimenti sono il prodotto dell'immaginazione dell'autore o sono usati in modo fittizio.


Copyright © 2016 Amanda Mariel Tutti i diritti sono riservati

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o salvata in un sistema di conservazione delle informazioni, o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, tramite fotocopie o registrazioni, senza il permesso scritto dell'editore.



Pubblicato da Tektime

Traduzione di Valentina Giglio


Aaron, questo è per te! Non preoccuparti: sono ancora al lavoro sul Medioevo. Per ora, eccoti un pirata. Non ti piacciono le sorelline? LOL!





Grazie al mio editor ed ai miei beta lettori per avermi aiutata a dare forma e a migliorare la storia di Prudence. Anche la mia famiglia merita un grande grazie. Il vostro sostegno ed entusiasmo significano moltissimo per me. Mamma, sei sempre la prima a leggere i miei manoscritti e le tue note e suggerimenti sono inestimabili. E un enorme grazie va ai miei lettori che continuano ad incoraggiarmi ed a leggere i miei libri. Vi adoro tutti!




PROLOGO


Boston, Massachusetts, 1818



Prudence Drake chinò la testa da un lato, fissando il padre oltre il bordo della sua tazza di tè. “Non potete partire così presto. Sono passate solo due settimane dal vostro ultimo viaggio.” Detestava rimanere da sola mentre suo papà andava per mare. Non c'erano nuove avventure da vivere lì a Boston e, anche se le piaceva la sua casa, non aveva la testa per governarla. Avrebbe semplicemente dovuto convincere suo padre a portarla con sé.

Lui si appoggiò allo schienale della sedia foderata di broccato ed incrociò le gambe, tenendo in mano la tazza di tè. “Si tratta di affari, Poppet. Tornerò molto presto. Non ti accorgerai nemmeno della mia assenza.” A ventun anni, si sentiva troppo vecchia per quel soprannome, eppure le piaceva quando suo padre la chiamava affettuosamente in quel modo. Un leggero sorriso le increspò le labbra. “Portatemi con voi.”

“Andrò fino a Londra. Potrebbe essere un viaggio pericoloso, molto diverso dal navigare su e giù lungo la costa come sei abituata a fare.”

“Per favore”, disse lei persuasiva, rivolgendogli il suo migliore sguardo imbronciato. “Non vi darò fastidio. Lo prometto.”

Durante quei ventun anni, erano stati solo lei e suo padre. Sua madre era morta dandola alla luce e, anche se lei a volte aveva desiderato avere una madre, tutto ciò che voleva era stare con il papà. Alcuni tra i suoi ricordi più belli erano legati a quando andava per mare con lui. Forse il loro legame era ancora più forte per tutto quel tempo che passavano insieme- loro due da soli.

Lui si massaggiò la mascella. “Non mi dai mai problemi, Poppet. Comunque, il tuo posto è qui. Chi si occuperà di tutto, se vieni con me?”

“Mr Stratford è molto in gamba. Saprà occuparsi molto meglio degli affari di me.” Posò la tazza di tè sul tavolo. “Lo avete preparato per anni.”

“E' vero, ma io mi riferivo alla nostra proprietà.”

“Oh, padre, non me ne importa niente delle responsabilità casalinghe, e lo sapete bene.” Scosse la testa con aria di sfida. “La nostra servitù si occupa di tutte le questioni domestiche. Ce la faranno lo stesso, se io non sarò a casa.”

Suo padre ridacchiò, con gli occhi che brillavano. “Temevo che questa carenza ti avrebbe fatto restare zitella; siamo stato fortunati che Mr Stratford si sia invaghito di te.” Volse lo sguardo alla miniatura della madre della ragazza sulla scrivania. “Forse sarebbe stato meglio se mi fossi sposato di nuovo. La guida di una donna ti avrebbe fatto bene.”

“Non pensate al passato, padre. Non quando il futuro è luminoso.” Mr Stratford era un uomo piacevole ed anche abbastanza bello: sarebbe stato un buon marito per lei. Non c'erano state scintille ed eccitazione tra di loro, ma il tempo avrebbe potuto cambiare le cose. Le stava facendo una corte assidua e tutti si aspettavano che le facesse presto la proposta. Ma la cosa più importante, era che suo padre desiderava quel matrimonio per lei.

“Veramente luminoso. E questa è una ragione di più perché tu rimanga qui.”

Prudence si mordicchiò le labbra, mentre un'idea si formava nella sua mente. Forse…sì, poteva funzionare. “Padre, se mi portate con voi, Mr Stratford avrà il tempo di sentire la mia mancanza. Ciò potrebbe spingerlo a chiedermi di sposarlo.” Si chinò verso di lui. “Dicono che la lontananza faccia crescere gli affetti del cuore.”

Lui emise un sospiro esasperato. “Non hai intenzione di lasciar perdere.”

“No, fino a quando non direte che posso venire. Non lasciatemi qui, padre.” Natalie lo fissò negli occhi verdi ormai segnati dall'età, sollecitandolo a darle il consenso.

Suo padre si sporse in avanti, osservandola, con le dita intrecciate. “Sarà un viaggio lungo, ed a volte anche difficile.”

“Mi piace viaggiare a bordo di una nave.” Gli rivolse quello che sperava fosse un sorriso rassicurante. “E sapete bene che so come devo comportarmi. Posso persino aiutare, se necessario. Mi avete già vista arrampicarmi sulle sartie e riparare le falle. Mi sento più a mio agio su una nave, che qui a casa.”

L'idea stessa di dover dirigere la proprietà le faceva desiderare di scappare. Non era mai stata portata per dare ordini alla servitù, organizzare eventi e ordinare le provviste, tra le altre cose. La governante si era sempre occupata di tutto. Prudence aveva fatto un reale tentativo di imparare come dirigere una casa, ma non era mai stata brava in quel campo.

“Le cabine sono piccole. Molto più piccole di quelle nelle quali hai già viaggiato.” Bevve un sorso di tè.

“Non ho bisogno di molto spazio. Anch'io sono piccola.” Si portò le gambe al petto e le circondò con le braccia, per dimostrarlo. Una piccola cabina era sempre meglio che essere lasciata a casa, e non stava mentendo: non aveva bisogno di una stanza molto grande, più di quanto avesse bisogno di nastri e fronzoli.

Lui posò la tazza e la osservò. “Sei pronta a condividere una cabina striminzita con la tua cameriera?”

Il suo cuore iniziò a volare: aveva vinto lo scontro. Lo scintillio in fondo agli occhi di suo padre glielo confermava. “Non vedo l'ora. Louisa è con me da talmente tanto tempo, che è diventata un'amica. Sarà una bella avventura.”

Lo sguardo corrugato di suo padre divenne più dolce. “Molto bene. Verrai con me. Avvisa Louisa di preparare il tuo baule e siate pronte a salire a bordo all'alba.”

Prudence si alzò, gli si avvicinò e lo baciò su una guancia. “Grazie. Non ve ne pentirete.”

“Spero proprio di no, Prudence.” Le picchiettò la mano guantata. “Ora, vai.”

“Buonanotte, padre.” Prudence si avviò alla porta con un passo più baldanzoso.

“Sogni d'oro, cara.”

“Solo i più belli.” Gli sorrise da sopra la spalla. “E domani mattina, inizieremo a viverli.”




CAPITOLO 1


Oceano Atlantico, 1818



“Nave all'orizzonte!” Il grido arrivava dalla coffa. Jasper Blackmore sollevò il cannocchiale per controllare. La vista che gli si presentò gli mandò brividi di eccitazione lungo la spina dorsale: una nave pirata e, a giudicare dall'attività sul ponte, aveva affrontato una battaglia di recente. “E' la Black Dawn e sembra carica.” Passò il cannocchiale al timoniere, Reed Hawkins. “Date un'occhiata.”

Sembrava essere passata un' eternità da quando Jasper aveva lasciato la proprietà ducale per combattere contro Napoleone. Allora non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe diventato un pirata e che avrebbe guidato quel mare di taglia-gole senza scrupoli, con suo cugino Hawkins come braccio destro.

“Sembra che abbiamo trovato un bersaglio, Capitano.” Hawkins abbassò il cannocchiale, rivolgendogli un sorriso astuto.

“Dovrebbero essere una facile preda. L'albero maestro sembra danneggiato.” Jasper diede un'altra occhiata. “E sembra che anche loro ci stiano osservando.”

Aveva già avuto a che fare con la Black Dawn in passato. Erano una banda disgustosa, che non si faceva scrupoli ad uccidere innocenti. Quel giorno non avrebbe permesso loro di allontanarsi. Non che gli piacesse uccidere la gente- certamente non gli piaceva- ma dopo tutto quello che aveva visto e sofferto, non avrebbe permesso all'equipaggio della Black Dawn di veder sorgere una nuova alba.

La sua mente ritornò ai giorni in cui aveva fatto il corsaro per la Corona. Alle urla dei suoi uomini feriti e in fin di vita, dopo che la Black Dawn li aveva attaccati. Erano deboli, avevano già riportato dei danni in un scontro precedente ed erano a corto di polvere da sparo per i cannoni. Gli uomini di Jasper avevano combattuto con tutte le loro forze, ma alla fine, la metà dell'equipaggio era andata incontro alla morte.

Hawkins fece un segno di assenso. “Li superiamo per numero di cannoni e di uomini. Partiamo all'inseguimento!”

Jasper si voltò per dare ordini all'equipaggio. “Tutti ai propri posti. Andiamo all'inseguimento della Black Dawn. Caricate i cannoni a dritta e mandate Styles a quello di prua!”

Styles Wither era il miglior dannato cannoniere che Jasper avesse mai avuto ai suoi comandi. Nonostante la velocità della nave e l'equipaggio esperto, dovevano comunque confrontarsi con un nemico che non erano ancora riusciti a sconfiggere. Ma quel giorno sarebbe stato diverso: avrebbero vinto la battaglia e ne avrebbero tratto vantaggio.

Strinse le dita intorno all'elsa della sciabola, mentre l'eccitazione per la battaglia gli riscaldava il sangue. Il fatto che la strada che aveva scelto irritasse suo padre, rendeva le cose ancora più dolci. Agli occhi del duca, Jasper aveva cessato di esistere quando aveva fatto a pugni con il fratello maggiore a causa della donna che stava corteggiando. Miss Anna lo aveva messo da parte a favore dell'erede ducale. Il padre aveva ordinato a Jasper di inchinarsi di fronte al fratello, dimenticare il tradimento e comportarsi da bravo figlio di scorta. Ma non sarebbe accaduto. Jasper aveva lasciato quella casa senza voltarsi indietro, anche se manteneva una corrispondenza con la madre e la sorella. Il duca doveva essere molto arrabbiato con il figlio pirata- una cosa che andava molto bene a Jasper.

Si avvicinò al parapetto del ponte principale, mentre la distanza tra la Marion e la BlackDawn si accorciava. La Black Dawn danneggiata non aveva alcuna possibilità di superarli in velocità. Proprio come era successo al suo stesso equipaggio molti anni prima. Sollevò di nuovo il cannocchiale e sorrise. Una raffica di attività e di richiami di battaglia percorreva i ponti, mentre gli uomini si affaccendavano nei preparativi. Con le sciabole che oscillavano, correvano ai loro posti, posizionandosi dietro ai cannoni, lungo i parapetti e sul sartiame. I cannoni vennero innescati, mentre la polvere da sparo veniva trasportata di corsa di qua e di là lungo i ponti. L'aria crepitava del desiderio di battaglia, che alimentava le ambizioni di ogni uomo.

Jasper rivolse l'attenzione ad Hawkins, dandogli una pacca sulla spalla. “Oggi sarà la volta buona.” Finalmente si sarebbe vendicato e nello stesso tempo, lui ed il suo equipaggio ne avrebbero tratto profitto.

“Non ne dubito, Capitano.” Hawkins si voltò per gridare nuovi ordini, prima di riportare gli occhi su Jasper. “Siamo quasi a portata di tiro.”

Un sudore freddo scese lungo la spina dorsale di Jasper. Erano passati anni dal suo ultimo incontro con la Black Dawn: cosa sarebbe successo se avesse sopravvalutato il proprio equipaggio e sottostimato quello della nave rivale? Era possibile che avesse firmato la sentenza di morte dei suoi uomini, dando inizio all'attacco? Cosa sarebbe successo agli orfani, senza il suo costante supporto? Deglutì a vuoto, scacciando via i dubbi. Il suo equipaggio era il migliore di sempre e la Marion era la nave migliore di tutti i mari. Niente sarebbe andato storto quel giorno. Avrebbero visto il sole tramontare quella sera e ciascuno avrebbe tratto benefici da quell'attacco.

Jasper strinse più forte l'elsa della sciabola. “Aspettate. Ancora qualche minuto, poi potremo spazzarli via dalla superficie dell'oceano.”

“Darò ordine a Styles di puntare a quello che resta del loro albero maestro.” Hawkins iniziò a muoversi verso il cannone di prua.

Quel suggerimento avrebbe posto fine rapidamente alla battaglia, ma sembrava fin troppo facile. Dovevano dare all'altra nave almeno una possibilità di combattere. Come avrebbe potuto guardare ancora se stesso allo specchio la mattina dopo, se li avesse colti con le braghe calate, come loro avevano fatto con lui?

“Aspettate”, Jasper lo richiamò.

Hawkins si girò, inarcando un sopracciglio. “Per quale motivo?” L'irritazione colpì Jasper alla nuca. “Non è vostro dovere mettere in dubbio i miei ordini.”

“Le mie scuse, capitano. Qual'è il vostro piano per la Black Dawn, se non spezzare l'albero maestro?”

Sarebbe stato un uomo migliore e avrebbe dato loro la possibilità di difendersi. “La nave è già danneggiata. L'albero è spezzato. Sarebbe fin troppo facile spazzarla via completamente. Voglio un po' di sfida.” Jasper aveva la reputazione di essere allo stesso tempo feroce e corretto, e voleva difenderla. Era noto per attaccare solo i pirati e concedere una tregua, se lo riteneva appropriato. Il suo equipaggio e la sua nave erano temuti e rispettati in ugual misura da quelli degli altri capitani. Non avrebbe rovinato la propria reputazione scegliendo la via più semplice con la Black Dawn. Nessuno avrebbe mai potuto chiamarlo codardo o accusarlo di essere un assassino senza cuore.

Un sorriso incise delle rughe sul volto di Hawkins. “Sono tutto orecchie.”

“Dite a Styles di continuare a sparare. Danneggeremo il ponte ed il sartiame. Dobbiamo dimostrare abbastanza forza da guadagnarci la loro resa. Voglio guardare il capitano Gregor negli occhi, prima di fargliela pagare per i suoi abusi.” Quell'uomo doveva sapere cosa aveva fatto e chi gliela stava facendo pagare per tutto ciò.

“Molto bene.” Hawkins si allontanò per dare ordini. Qualche colpo ben piazzato, e l'equipaggio di Jasper sarebbe stato pronto ad andare all'arrembaggio della Black Dawn. Gli uomini avrebbero liberato il carico, poi avrebbero spedito quella corvetta zoppicante in fondo al mare. Equipaggio e quant'altro. Gregor e i suoi uomini non avrebbero mai più fatto del male a degli innocenti né avrebbero più approfittato di qualcuno incapace di difendersi.







Prudence cercò di mettersi a sedere mentre i colpi di cannone esplodevano nell'aria. Era possibile che le stesse succedendo di nuovo? No, non era possibile. Sicuramente sarebbero venuti a salvarla. Non potevano essere degli altri pirati. Cercò di liberarsi dalle corde che la legavano, sperando che la nave che stava attaccando l'avrebbe salvata. Pregava che fosse la Marina. Che fosse il suo soccorritore.

Le bruciavano i polsi a forza di lottare contro le corde. Eppure, doveva provarci se voleva riacquistare la libertà. Un altro colpo spezzò l'aria e lei si abbassò d'istinto, con il cuore in tumulto mentre la nave tremava. Cosa sarebbe successo, se fosse affondata mentre lei era legata a quel dannato letto? Sarebbe annegata, senza che nessuno potesse sapere cosa le era successo. Chi si sarebbe occupato degli affari di famiglia? Chi avrebbe onorato la memoria di suo padre e di Louisa? Scacciò via quei pensieri: non c'era tempo per rimuginare. Li avrebbe pianti in seguito. Si sarebbe preoccupata del proprio futuro una volta libera di fare qualcosa a quel riguardo. Ora doveva solo concentrarsi per sopravvivere.

Traendo un respiro profondo, si guardò intorno nella stanza spoglia e buia. Pensa, Pru. Un rumore attirò la sua attenzione verso la scrivania, dove un bagliore metallico colpì il suo sguardo. La battaglia doveva averlo fatto cadere. Allungò le gambe in quella direzione, grata che il bastardo che l'aveva catturata non l'avesse legata al letto. Invece, l'aveva lasciata sul pavimento, legandola proprio nel punto in cui era caduta vicino alla struttura di legno. Si sforzò di allungare i piedi nudi verso quell'oggetto, ma restò fuori dalla sua portata. I suoi polsi gridarono mentre un dolore accecante li attraversava per risalire lungo le braccia, mentre cercava di girarsi sul ventre.

Ignorando i lamenti dei suoi muscoli doloranti, continuò a cercare l'oggetto a tastoni. Alla fine, riuscì ad arrivare a quella superficie fredda e dura e la afferrò con le dita dei piedi. Doveva essere un coltello e lei aggiunse ancora una ferita al proprio corpo, nel momento in cui lo afferrò. Si morse il labbro inferiore mentre cercava di spingere la lama verso di sé, ignorando il bruciore di quell'ultimo taglio. Inarcò la schiena ed afferrò il coltello con le mani, prima di riuscire a mettersi seduta.

Un altro colpo di cannone le mandò dei brividi lungo la colonna vertebrale. Il coltello sfuggì alle sue dita tremanti, sbattendo contro le assi di legno del pavimento. Strinse le labbra in una linea sottile e mosse le dita dietro di sé, cercandolo di nuovo.

Quando la lama fu di nuovo nelle sue mani, si mise al lavoro per tagliare le corde. Un rumore pesante di stivali riecheggiava sopra di lei, seguendo il ritmo del suo cuore. Segava freneticamente, spinta dalla disperazione. Infine le corde cedettero e lei balzò in piedi.

Le facevano male i polsi, ma non aveva tempo di controllare o di medicarli. Corse alla porta, con i piedi che le bruciavano ad ogni passo, e si aggrappò alla maniglia. Con sua grande sorpresa, si aprì senza resistere, facendola cadere indietro lungo la traccia del suo stesso sangue. Sembrava che quel dannato bastardo non credesse che lei potesse scappare.

Si raddrizzò, poi si avviò lungo il corridoio. Tenendo con una mano il suo corpetto strappato ed il coltello con l'altra, si fece strada nel lungo corridoio. Se fosse riuscita a sgattaiolare sul ponte, forse avrebbe avuto una possibilità di sopravvivere.

Le sue impronte insanguinate avrebbero rivelato la sua posizione, ma con un po' di fortuna, quando i pirati avessero seguito le sue tracce, lei sarebbe già stata in salvo. Doveva avere fede, doveva continuare a provare. Non c'era tempo di fasciare la ferita.

Si fermò nel vano della scala. Un uomo robusto con i capelli biondo scuro e duri occhi azzurri ostruiva l'uscita, gettando un'alta ombra su di lei. La luce brillante del sole filtrava tutto intorno a lui, facendolo sembrare un angelo oscuro. Prudence osservò per un attimo la cicatrice a forma di mezzaluna sulla guancia dell'uomo, prima di incrociare il suo sguardo.

Con il cuore in tumulto, tirò fuori il coltello e lo tenne di fronte a sé. “Vi ucciderò prima che possiate toccarmi.”

“Non voglio farvi del male, miss.” Lui iniziò a scendere dalla scala, avvicinandosi a lei. “Fermatevi lì”, gli ordinò, agitando la lama nella sua direzione.

L'uomo sorrise. “Sono il capitano Blackmore della Marion.”

Lei si trattenne dal rivolgergli un sorriso amichevole. Forse la stava ingannando perché si fidasse di lui. Prudence strinse più forte il coltello e fece un passo indietro. Qualcosa dentro di lei le diceva di fare attenzione alle sue affermazioni. Eppure, nulla di ciò che le stava dicendo aveva senso per lei. Voleva solo abbandonare quella dannata nave prima di smettere di respirare. Quell'uomo non indossava un'uniforme della Marina, tuttavia si definiva capitano…”Siete venuto a salvarmi?”

“Sì. Se volete essere salvata.” Scese un altro scalino e lei indietreggiò. “Quindi appartenete alla Marina?” Lui ridacchiò. “Dio, no. Sono un pirata.” Le si gelò il sangue nelle vene, mentre il panico si impadroniva di lei. Erano stati i pirati a causarle tutti i problemi. Avevano ucciso le persone che amava e preso la loro nave. Proprio in quel momento, era la prigioniera di un pirata e cercava di salvarsi da qualsiasi destino lui avesse in serbo per lei. Non avrebbe permesso ad un altro pirata di catturarla. Non glielo avrebbe lasciato fare. Si irrigidì, facendo un profondo respiro. “Allora potete ritornare sul ponte. Non andrò proprio da nessuna parte con un pirata.” Rinforzò la presa sulla lama. Le si rizzarono i capelli sulla nuca quando lo sguardo dell'uomo osservò i suoi piedi sanguinanti, prima di risalire lentamente ad incrociare il suo.

L'uomo saltò giù dalla scala e le afferrò il polso prima che potesse muoversi. “Non mi sventrerete oggi. E per quanto riguarda i pirati, sembra che voi vi troviate già con uno di loro.”

“Non per scelta.” Prudence si strinse nelle spalle, divincolando il braccio e prendendo l'uomo a calci. “Lasciatemi, bruto!”

Lui si chinò fino a che il suo respiro non le sfiorò la guancia. “Ho intenzione di affondare questa nave. Potete venire con me, oppure finire sul fondo dell'oceano.”

“Non farò nessuna delle due cose.” Lei scosse il braccio con tutta la forza che aveva. Niente le avrebbe fatto più piacere, che assistere alla sconfitta dei suoi aguzzini. Tuttavia, nonostante il suo desiderio di vendetta, non avrebbe seguito il pirata che le stava davanti. Avrebbe potuto saccheggiare, uccidere ed affondare tutto ciò che voleva, ma lei non sarebbe andata con lui.

La lasciò andare e Prudence cadde a terra, mentre il coltello le sfuggiva dalle mani, allontanandosi lungo il passaggio. Lei si sforzò di recuperare l'arma, ma il pirata l'afferrò, sollevandola dal pavimento ed attirandola a sé. Prudence trattenne il respiro quando sentì il suo corpo solido contro il proprio.

“Non siate sciocca, ragazzina. Cosa intendete fare? Nuotare fino alla riva più vicina? Non ce la farete mai. Sono la vostra unica possibilità di vedere una nuova alba.” Piegò la testa all'indietro e la fissò negli occhi. “Fidatevi di me.”

Quant'era irritante! Pensava davvero che lei fosse una sciocca? “La fiducia non è qualcosa che concedo tanto facilmente.” Lo guardò attentamente.

Il pirata non parlava, continuava solo a fissarla. Lei si mordicchiò il labbro inferiore, nel tentativo di schiarirsi la mente. C'era della sincerità che brillava nelle fredde profondità di quegli occhi azzurri. Anche se lo avrebbe desiderato, non poté ribattere a quell'affermazione. “Molto bene, ma ho bisogno della mia lama.”

“In modo da potermi ancora tagliare la gola? Non penso proprio.” Le rivolse un sorriso demoniaco.

“La fiducia deve essere reciproca.”

“Iniziamo senza armi.” Distolse lo sguardo da lei, volgendolo verso la scala. L'ultima cosa che Prudence desiderasse, era trovarsi indifesa nelle grinfie di un altro pirata sanguinario. Doveva cercare di convincerlo e di mantenere un certo controllo sulla propria vita. “Ho bisogno del coltello per proteggermi”, protestò.

Lui fece un cenno verso l'uscita. “Sono io tutta la protezione di cui avete bisogno. Ora, sbrighiamoci.”

Bella fiducia. Gliel'avrebbe fatta vedere.




CAPITOLO 2


Jasper osservava quella bellezza dai capelli color miele mentre Combs, il medico di bordo, le curava le ferite. Prudence teneva la testa china, tenendo gli occhi nocciola nascosti alla vista, ma lui riusciva a scorgere la sua espressione. Il pirata non riusciva a fare a meno di ammirare la sua forza, mentre l'ago entrava ed usciva dalla sua pelle chiara. La ragazza osservava il lavoro di Combs, senza che una smorfia deturpasse il suo bel viso. Alcuni dei suoi uomini avrebbero dimostrato meno coraggio.

Finalmente lei sollevò gli occhi, incrociando il suo sguardo. Il coraggio e la determinazione brillavano nel profondo di quegli occhi, ma poteva scorgervi anche una tristezza innata che lo faceva sentire desideroso di aiutarla. Dannazione, non conosceva neppure il suo nome. Perché doveva importargli di cosa potesse succedere a quella signorina?

Combs le diede l'ultimo punto, poi si rivolse a Japser. “Dovrebbe guarire in fretta, se non sopraggiunge un'infezione. Nessun danno permanente, ma le resteranno delle cicatrici sul braccio e il piede.”

Jasper annuì. “C'era da aspettarselo.” Con la sua bellezza, le cicatrici non sarebbero state un problema. A differenza della guancia deturpata di Jasper, le sue imperfezioni avrebbero solo aumentato il suo fascino, dandole un limite. Gli uomini sarebbero impazziti, pur di apprendere come se le fosse procurate. Pur di conoscere tutti i suoi segreti. Anche lui voleva conoscerli.

“Ricordatevi di versare del whisky sui punti due volte al giorno, signorina.”

“Grazie, signor…”. Inarcò un sopracciglio.

“Combs.”

Lei arricciò il labbro in un mezzo sorriso. “Molto bene. Grazie, signor Combs.” La guance del dottore si imporporarono quando lei gli rivolse un saluto, prima di uscire dalla cabina.

Quando la porta si chiuse con un click, Jasper si voltò di nuovo verso di lei. “Vorrei conoscere il vostro nome.”

“Non vi devo niente.”

“Mi dovete la vita.” Le si avvicinò, deciso ad ottenere una risposta. “Se non fosse stato per me, sareste ancora prigioniera sulla Black Dawn.”

Lei era in piedi di fronte a lui, con la schiena dritta e le spalle alte. “Avrei trovato un modo per mettermi in salvo.”

“Non dubito che avreste fatto del vostro meglio. Tuttavia, sono io che vi ho portato in salvo.” Non aveva alcun dubbio che quella donna testarda e un po' folle avrebbe provato a nuotare fino alla costa più vicina, ma sarebbe morta prima di toccare terra. Se non fosse annegata per lo sfinimento, gli squali avrebbero banchettato con lei.

Lei gli fece un inchino, con l'ironia dipinta sul volto. “Vi sono molto obbligata, capitano Blackmore. Comunque, non resterò a lungo con voi.”

Quella ragazzina sfacciata aveva più coraggio che statura. Non potè fare a meno di prenderla in giro, stando al suo gioco. “E dove avete intenzione di andare?”

“In America.” Si diresse verso la porta zoppicando leggermente e appoggiandosi sul piede sinistro. Jasper sentì un tuffo al cuore al pensiero che lei dovesse trascinarsi fino al ponte. Le sue ferite dimostravano la sua resistenza e la sua forza- ed anche la sua astuzia, ma niente di tutto ciò le sarebbe stato di aiuto in mezzo ad una banda di pirati. Non sarebbe stata al sicuro tra gli uomini a bordo; la sua stessa bellezza l'avrebbe messa in pericolo. Cercando disperatamente di fermarla, le si avvicinò e l' afferrò per il gomito. “Intendete attraversare l'Atlantico a nuoto?”

Lei si fermò, ma senza guardalo. “Voglio che mi portiate in un porto, dove potrò salire su un'altra nave. Se rifiutate, vi ruberò una scialuppa e lo farò da sola.”

Lui trattenne il fiato per un attimo. Il loro scambio di battute era sfuggito al suo controllo. Doveva riuscire a domare quel caratteraccio, prima che lei facesse qualcosa che entrambi avrebbero potuto rimpiangere. “Credo che siamo partiti con il piede sbagliato. E' mio desiderio aiutarvi, persino proteggervi. Non posso permettervi di uscire dalla cabina incautamente.”

Lei si divincolò, liberando il gomito dalla sua presa. “Farò quello che mi pare. Non sono una vostra proprietà.”

“Siete qui per vostra scelta, ma ricordatevi che questa è una nave pirata.” Doveva riuscire a farla ragionare, farle capire che i ponti dalla Marion non erano adatti ad una donna che si trascinava con difficoltà, senza protezione. I suoi uomini erano brava gente, ma erano pur sempre uomini. Non ci voleva molto ad indovinare quale sarebbe stato il destino di quella ragazza sul ponte. Per quanto ne sapeva, l'equipaggio avrebbe potuto sentirsi ingannato, se avesse scoperto che c'era una donna tra loro, ed avrebbero potuto gettarla in mare. “Venite, parliamo della vostra situazione.”

La guidò fino ad una sedia di fronte alla scrivania di mogano. Da seduta avrebbe sentito meno la pressione dei punti che le aveva dato Combs tra le dita dei piedi.

Lei si morse il labbro inferiore, poi si lasciò cadere sulla sedia. “Tutto quello che desidero sapere, è come farete a portarmi in America. Oltre a ciò, non mi importa niente di quello che avete da dirmi.”

Jasper non poté fare a meno di ammirare il suo carattere. Mai nella sua vita- né come figlio cadetto di un duca, né come soldato o pirata- qualcuno aveva osato sfidarlo come faceva lei. Le sue azioni lo frustravano e lo incuriosivano allo stesso tempo. “Innanzitutto, voglio sapere il vostro nome.” Si appoggiò al muro, incrociando le braccia sul petto. “Poi potremo decidere del vostro futuro”, le fece l'occhiolino.

“Prudence.” Si sentiva il viso in fiamme.

“Molto bene. E' un piacere fare la vostra conoscenza, Prudence.” Quel nome gli rotolò lungo la lingua come se lo avesse pronunciato per tutta la vita e non poté fare a meno di chiedersi se quel nome fosse adatto a lei oppure no. In qualche modo, ne dubitava.

“Siete americana?”

“Mi avete già fatto abbastanza domande. Ora è tempo che voi rispondiate alle mie.”

“Potete chiamarmi Jasper quando siamo in privato.”

Lei si irrigidì. “Non ho bisogno del vostro nome di battesimo. Ditemi come intendete portarmi in America.”

Jasper si versò un bicchiere di brandy, prendendosi il tempo di formulare una risposta. Quella ragazza sfrontata lo divertiva. Già solo guardarla seduta lì, lo faceva sentire scosso. Avrebbe potuto diventare pericolosa per i suoi progetti, se glielo avesse permesso. Tutto quello che Jasper desiderava, era continuare la propria vita sui mari. Continuare a sostenere l'orfanotrofio e costringere gli uomini malvagi a pagare per i propri crimini. Non aveva nessun desiderio di farsi coinvolgere da una donna, anche se era così intrigante. Bevve un lungo sorso, per schiarirsi le idee. “Vi troverò un passaggio, appena avremo riparato la mia nave.”

“Riparare?”, gli fece eco Prudence. “Quanto ci vorrà?”

C'era della disperazione nel suo sguardo? Cosa c'era ad aspettarla, da renderla così ansiosa di raggiungere l'America? Non si sarebbe lasciato coinvolgere.

“Innanzitutto, dobbiamo raggiungere un porto sicuro. Una volta lì, i miei uomini faranno in fretta le riparazioni. Sarete in viaggio in meno di due settimane.”

Lei balzò in piedi. “Non va affatto bene! Devo ritornare immediatamente in America. Non potrei trovare un passaggio quando raggiungiamo il vostro porto sicuro?”

La sua reazione, la disperazione nella sua voce ed i suoi gesti, lo incuriosirono ancora di più. In quella donna c'era molto di più di quanto gli stesse rivelando. Una parte di lui desiderava scoprire cosa teneva nascosto.

“La mia nave sarà l'unica lì. Non agitatevi, arriverete a destinazione.” Le rivolse quello che sperava fosse un sorriso rassicurante. “Nel frattempo, dovrete rimanere nella mia cabina.”.

Aveva un presentimento alla bocca dello stomaco. Avere una donna così attraente nelle proprie stanze sarebbe stata una tortura, ma non c'era altro modo di tenerla al sicuro dal pericolo. Sotto la sua facciata da pirata, era un gentiluomo, il figlio minore di un duca, quindi sarebbe riuscito a controllarsi. Doveva farlo.







Prudence sentì il polso accelerare a quelle parole. Il pirata voleva tenerla prigioniera, proprio come aveva fatto quello precedente. Ma lei non glielo avrebbe permesso. “Non rimarrò intrappolata qui. Dovrete inventarvi un piano migliore.”

“Il ponte di una nave pirata non è il posto per una signora. Non posso garantirvi che i miei uomini si comporteranno bene, se vi troverete in mezzo a loro.”

“Non vedo come potrei sentirmi più al sicuro nella cabina di un pirata. Con voi.” Afferrò con più forza il corpetto, cercando di tenere insieme il tessuto strappato. Il modo in cui la passione gli aveva acceso lo sguardo mentre la guardava, era molto più che inquietante. Prudence fece un passo. Quell'uomo avrebbe dovuto passare sul suo cadavere, prima di riuscire a metterle le mani addosso. Lui non aveva fatto nulla per suscitare la sua paura, ma sarebbe stata una sciocca a sottovalutarlo.

“La vostra virtù è al sicuro con me. Non ho l'abitudine di approfittare delle donne contro il loro volere.”

Doveva essere sicuramente impazzita. Altrimenti, quale altra spiegazione poteva esserci per credere a quelle parole? Comunque, la sincerità traspariva dagli occhi di Jasper. “Avete intenzione di chiudermi dentro a chiave?”

In qualche modo ce l'avrebbe fatta e sarebbe riuscita a tornare a casa. Doveva farlo. Ora che suo padre non c'era più, era un suo diritto di nascita e una sua responsabilità occuparsi della Drake Shipping. E poi c'era Mr Stratford. Doveva sposarlo, come aveva desiderato suo padre.

“Quando non ci sono, la porta resterà chiusa a chiave.”

“Un attimo fa mi avete detto che non devo uscire dalla cabina da sola. Significa che mi accompagnerete sul ponte?” Inclinò il fianco, appoggiandovi sopra la mano.. “Si dà il caso che sono cresciuta a bordo di navi. So molto bene come si governa una nave e non ho paura dei marinai, signore. Mi fido più di loro che della maggior parte della gente. Non c'è bisogno che mi teniate rinchiusa nella vostra cabina, credetemi.”

“Non siete mia prigioniera.” Gli tremava la mascella mentre si voltava a guardarla. “Per favore, datemi la vostra definizione di prigioniero.”

Lei lo sbirciò e, nonostante la rabbia, dovette riconoscere qualcosa in quell'uomo. Il capitano Blackmore era più di quello che sembrava. Le doleva ammetterlo, ma non l'aveva costretta a fare nulla e non l'aveva maltrattata in alcun modo. Le parlava con sincerità e sembrava che gli importasse di ciò che lei diceva. Era possibile che un pirata fosse un uomo rispettabile?

“Molto bene. Vi accompagnerò a fare una passeggiata una vola al giorno, finché resterete a bordo.”

Lei gli rivolse un sorriso trionfante. “Potrete farlo subito dopo aver disposto il mio bagno ed avermi trovato dei vestiti puliti. Se non avete una vasca, andrà bene anche una brocca d'acqua.”

Jasper sospirò, girandosi dall'altra parte, poi uscì dalla cabina senza dire una parola. Il cuore di Prudence sobbalzò al sentire il rumore del chiavistello. Le avrebbe mandato quello che aveva chiesto? E sarebbe ritornato? Forse non avrebbe dovuto essere così maleducata.




CAPITOLO 3


Japser non aveva mai incontrato una donna così irritante. Un bagno! Su una dannata nave pirata! Chi credeva di essere? Il capitano? Dal modo in cui impartiva ordini, sembrava di sì. Bene, non si sarebbe piegato ai suoi desideri. Forse non avrebbe dovuto affatto salvarla. Svoltò l'angolo, entrando nel corridoio. Spesso il suo mozzo si trovava lì.

“Kipp”, chiamò quando vide il ragazzo, che era come un figlio per lui, che stava affilando un coltello.

Kipp mise da parte il lavoro e si alzò di fronte a lui. “Sì, capitano?”

“Trova una bacinella di acqua fredda ed un mucchio di stracci e portali nella mia cabina. Lì troverai la ragazza che ho salvato dalla Black Dawn. Portale quelle cose, insieme a un paio di tuoi pantaloni e a una camicia. Non attardarti e non lasciare entrare nessun altro. Chiudi a chiave la porta quando esci.”

Avrebbe scommesso che quella donna non sarebbe stata contenta di indossare abiti da uomo o addirittura da ragazzo. Era la giusta punizione per averlo fatto dannare così. Forse quei vestiti l'avrebbero fatta sentire così poco a suo agio che sarebbe rimasta sottocoperta. In qualche modo dubitava di essere così fortunato, ma almeno quella ragazza avrebbe potuto confondersi meglio sul ponte, indossando dei pantaloni. Oppure no? Un'immagine delle sue curve avvolte in abiti stretti gli attraversò la mente. Dannazione!

Kipp arrossì per un attimo. “Volete che io le dia dei pantaloni?”

“Sì. E adesso vai.”

“Okay.”

Jasper lo guardò allontanarsi per eseguire i suoi ordini. Erano due anni che Kipp era a bordo della Marion. Jasper lo aveva trovato ferito, nascosto nell'acqua di sentina. Invece di mandarlo all'orfanotrofio, gli aveva permesso di rimanere come mozzo.

Dopo un po' di tempo, Kipp gli aveva confidato di essere stato abbandonato, affermando di avere sedici anni, quindi abbastanza grande per firmare i documenti di bordo. Kipp sembrava felice sulla Marion, andava d'accordo con l'equipaggio, lavorava sodo e si era dimostrato fedele. Era diventato come uno di famiglia per Jasper.

“Capitano.” Hawkins gli diede una pacca sulla spalla, distogliendolo dal quelle fantasticherie. “Cosa aveva deciso per quella donna?”

Jasper strinse la mascella. Non voleva parlare di lei, ma Hawkins aveva tutti i diritti di indagare. Non solo era un membro fidato dell'equipaggio, ma era anche suo cugino. “Vuole andare in America.”

“La accompagnerete?”

Jasper si strofinò la nuca. Aveva la netta impressione che Hawkins non avrebbe approvato. L'uomo seguì il capitano mentre camminava.

“Le ho detto che le troverò un passaggio, ma solo dopo che la Marion sarà stata riparata. Per ora, dobbiamo seguire la rotta.” Poi si voltò verso il cugino. “Dite a Payne e Finch di riparare quello che possono, mentre viaggiamo.”

“I danni alla nave non sono gravi. Payne ha già aggiustato la maggior parte di quelli sul ponte. Finch è sottocoperta e sta lavorando in questo momento.”

“Dimenticate che io stesso ho controllato i danni? Non ho bisogno di un resoconto. Controllate solo che le riparazioni continuino”, scattò. Avere quella donna a bordo gli pesava ed aveva già messo a dura prova i suoi nervi in vari modi. Anche la sua pazienza stava diminuendo ad ogni istante: quella situazione non andava bene, né per lui né per l'equipaggio.

Hawkins annuì. “Sì, capitano.”

“Ora, se volete scusarmi.” Jasper di diresse veloce verso il cassero, non desiderando parlare ancora. Comunque, provava il desiderio di andare a controllare come stesse Prudence. Ormai, doveva essersi lavata e vestita. Voleva ancora fare una passeggiata sul ponte?

“Capitano.” Styles lo chiamò, correndo verso di lui. Una punta di fastidio attraversò Jasper.

“Cosa volete?” Inarcò in sopracciglio, irritato.

“Vi ricordate di quella seta azzurra che avevamo?” Styles sorrise.

“Cos'è successo?”

“Preferisco mostrarvelo, capitano. Seguitemi.”

Styles si avviò correndo verso la zona riservata all'equipaggio. Jasper diede un'occhiata al cassero, prima di seguirlo. L'avrebbe fatta finita con quelle assurdità, poi sarebbe tornato nella propria cabina. Per quanto si sforzasse, non riusciva a togliersi quella ragazza dalla mente. Voleva vederla- aveva bisogno di vederla.

“Visto che abbiamo una signora a bordo, ho pensato di fare buon uso di quel tessuto.” Styles svoltò nelle stanze dell'equipaggio.

Jasper lo seguì, mentre la sua irritazione aumentava ad ogni passo. “Non riesco a capire come le due cose possano avere qualche relazione.”

“Vedrete, capitano.” Styles si fermò, poi sollevò un fagotto di stoffa dalla sua cuccetta e lo spiegò di fronte a Jasper.

“Le avete fatto una dannata gonna?” Jasper fissava le pieghe del tessuto, senza sapere cosa dire. Una cosa era certa: la donna non avrebbe indossato quella gonna sulla sua nave. Non aveva alcuna intenzione di viziarla, non desiderava vederla avvolta nella seta. Non voleva che il suo equipaggio- e anche lui, ad essere onesti- la vedesse come una signora. La Marion era una nave pirata, non un camerino londinese.

“Immaginavo che avesse bisogno di qualcosa da indossare, visto che il suo abito è rovinato.”

“Vi siete sbagliato, Styles. Questo non è un dannato tea party a Londra.”

Jasper si voltò per uscire.

“Capitano”, Styles gli si avvicinò e gli gettò la gonna tra le braccia. “Avrà bisogno di un vestito decente quando sbarcherà.”

Con un cipiglio, Jasper prese possesso di quel fronzolo. Buttò il fagotto di seta in un secchio, poi si diresse verso la propria cabina. Quella ragazza non avrebbe ricevuto regali dal suo equipaggio.







Prudence si allacciò l'ultimo bottone della camicia bianca che le avevano imprestato, poi fece un passo indietro per osservarsi nello specchio ovale sopra la bacinella. La camicia non era nel suo stile, con il colletto svolazzante e le maniche arricciate, ma le piacevano i pantaloni. Aveva sempre preferito i calzoni da uomo alle gonne: limitavano meno i movimenti ed era molto più difficile inciampare o rimanere impigliati da qualche parte, come avveniva spesso con le gonne.

Mr Stratford avrebbe approvato che lei indossasse abiti maschili? L'aveva vista in pantaloni qualche volta e non aveva mai sollevato un sopracciglio in disapprovazione. Tuttavia, ciò non significava che glielo avrebbe permesso, una volta sposati. Ma cosa importava? Prudence trasse un sospiro. Non è che avesse un'altra scelta. Suo padre voleva che lei sposasse Mr Stratford, e lei avrebbe fatto come desiderava. Sperava che sarebbero andati d'accordo ed avrebbero imparato ad amarsi.

Osservò i dettagli della stanza. Un ampio letto sporgeva dalla curva di una parete, una scrivania di mogano era ancorata al muro dalla parte opposta e la bacinella per lavarsi occupava la parete più lontana, insieme ad un armadio. Si sentiva particolarmente attratta da un baule ai piedi del letto. Cosa poteva contenere? Si avvicinò ed afferrò il gancio, solleticata dall'idea di aprirlo. Un tesoro pirata? O forse c'erano degli effetti personali che avrebbero svelato i segreti di Jasper? Le prudevano le dita dal desiderio di aprirlo e di risolvere il mistero del suo contenuto.

No, non avrebbe violato la sua privacy. Probabilmente quel baule non conteneva niente che potesse interessarla. Doveva essere pieno di vestiti, vecchi giornali di bordo o cartine. Non voleva rischiare di essere beccata a curiosare. Prudence allontanò la mano dal baule, poi si sedette alla scrivania. Una grande mappa era aperta sulla sua superficie, con vicino un diario di bordo. Esaminò la cartina con sincero interesse, chiedendosi in quale punto dell'Atlantico si trovassero e dove si sarebbe fermata la Marion per le riparazioni.

Sentendo girare la chiave nella toppa, lasciò perdere la carta e si voltò sulla sedia, verso l'entrata. La porta si spalancò e Jasper la fissò. Prudence dovette combattere il desiderio di distogliere lo sguardo e, invece, incrociò il suo. Non l'avrebbe uccisa dimostrarsi gentile, amzi, fose sarebbe andato a suo vantaggio. “Grazie per avermi mandato questo cambio di vestiti.”

“Il cannoniere della nave aggiusterà il vostro abito, così lo riavrete quando ve ne andrete.”

“Non è necessario. Potete buttarlo.” Prudence sorrise per la sorpresa che le sue parole avevano scatenato in quegli occhi azzurri di ghiaccio. Il pirata aveva pensato che lei si sarebbe arrabbiata per il suo nuovo guardaroba?

“Come desiderate.” Jasper appoggiò il fianco al bordo della scrivania.

“Potete dirmi dove ci troviamo esattamente?” Prudence indicò l'America sulla cartina. “Vorrei sapere quanto sono lontana da casa.”

Lui passò lo sguardo da lei al documento. “Sapete leggere le carte?”

“Sono una donna istruita, capitano.”

Lui ridacchiò. “Non ne dubito; inoltre, come vi ho già detto, potete chiamarmi Jasper quando siamo soli.” Una lieve irritazione filtrava dalla sua voce.

Lei annuì, anche se non aveva alcuna intenzione di chiamarlo per nome. Sarebbe stato qualcosa di troppo intimo. Per amor di Dio, lui era un pirata! Non aveva alcuna intenzione di diventare sua amica: i pirati avevano ucciso suo padre e Louisa. Fece scorrere gli occhi lungo la cicatrice raggrinzita sulla guancia dell'uomo. Era stato ferito di nuovo, nel tentativo di salvarla?

Il capitano Blackmore aveva ucciso i pirati che l'avevano catturata- aveva vendicato suo padre e l'aveva salvata. Aveva rischiato la vita in battaglia. Eppure, non poteva permettersi di considerarlo qualcosa di diverso da un nemico, anche se lo avrebbe voluto.

“Secondo la mia esperienza, in genere le donne non sanno leggere le carte nautiche. Chi vi ha insegnato?” Aprì un cassetto, tirando fuori una bottiglia di un liquido ambrato, insieme a due bicchieri. Lei lo osservò mentre ne versava un po' in un bicchiere, sforzandosi di decidere se avrebbe risposto a quella domanda. Non voleva che un pirata venisse a sapere che lei era la ricca proprietaria di una compagnia di navigazione. Certamente non avrebbe permesso che lui scoprisse che la compagnia era senza protezioni al momento. Lui non doveva venire a sapere della morte di suo padre. Se ciò fosse avvenuto, la compagnia sarebbe stata indifesa di fronte a lui ed al suo equipaggio. Jasper le offrì un bicchiere. “Avete sete?”

“No.” Sollevò una mano per rifiutare. “Grazie.”

Lui le spinse comunque il bicchiere in mano. “Solo un po'. Dopo la giornata che avete passato, sono sicuro che siate assetata. Inoltre, l'alcool va bene per affogare i dispiaceri.”

Lei accettò, bevendo un piccolo sorso. Il liquore le bruciava la gola, ma non l'avrebbe soffocata. “Cos'è?”

“Brandy. Non l'avete mai bevuto?”

“No. Qualche volta ho bevuto vino allungato con l'acqua e champagne, ma mio padre non mi ha mai permesso di bere liquori. Non è conveniente per una signora bere delle bevande forti, ma d'altra parte non credo che un pirata si preoccupi della decenza.” Facendosi più ardita, bevve un altro sorso, prima di posare il bicchiere. “Ora, rispondete alla mia domanda. Dove ci troviamo?”

Jasper si mise dietro di lei, poi si chinò a guardare da sopra la sua spalla. Il suo petto le sfiorò la schiena, inviandole una vampata di calore attraverso il corpo. Il pirata sapeva di mare ed aria fresca; lei respirò a fondo, riconoscendo quegli aromi. Una strana sensazione la assalì, ma non era del tutto spiacevole. Desiderio? Scacciò dalla mente quel pensiero assurdo.

“Sapete dove si trova il Canale della Manica?”, le chiese a bassa voce. Lei indicò il luogo sulla mappa. Se era quella la loro posizione, erano a una distanza impossibile da Boston. “Come pensate di portarmi in America da qui entro due settimane?”

Lui indicò un punto diverso sulla carta. “Era solo un punto di partenza per farvi capire. Attualmente ci troviamo qui.”

Fu pervasa dal sollievo; si trovavano più vicini al centro dell'Atlantico che all'Inghilterra. Lei seguì le sue lunghe dita che attraversavano la carta. “Ripareremo la carena della Marion qui, a Domina est Maria. Non dovremmo metterci più di un giorno.”

“La Signora del Mare.” Quelle parole le scivolarono sulla lingua: il latino era sempre stato una delle sue materie di studio preferite. “E' un'isola? Non la conosco.”

Lui si raddrizzò e ritornò ad appoggiarsi al bordo della scrivania. “L'ho scoperta qualche anno fa. E' una piccola isola disabitata, perfetta per le nostre necessità.”

Prudence bevve un altro sorso di brandy, immaginandosi quali fossero quelle necessità. Sicuramente qualcosa che aveva a che fare col nascondere tesori e riparare la nave. “Le avete dato voi quel nome?”

“Sì.” Jasper sorrise. “Ora tocca a me.”

“Cosa?”

Lui la fissò, con un'espressione seria. “Dove avete imparato a leggere le carte nautiche?”

Accidenti. Aveva sperato di distoglierlo a sufficienza da quelle domande. “Mi ha insegnato mio padre.” Forse così non le avrebbe fatto altre domande.

“Lo stesso padre che non vi lasciava bere alcolici?” Il divertimento brillava nei suoi occhi. “Leggere le carte non ha niente a che fare con l' ubriacarsi.” Prudence si alzò ed andò alla finestra. “Avete intenzione di continuare ad interrogarmi, oppure possiamo fare quella passeggiata che mi avete promesso?” Stava lottando contro le emozioni, al ricordi del padre. Quell'uomo non sarebbe riuscito a scoprire la verità su di lei.





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Possono due persone i cui destini sono del tutto diversi, avere qualcosa in comune? Miss Prudence Drake non desidera niente di più che tornare in America e raccogliere i cocci della propria vita. Dopo essere stata tenuta prigioniera sulla Black Dawn ed avere assistito all'assassinio di suo padre, l'ultima cosa che desidera è ritrovarsi nelle mani di un altro pirata- anche se è bello ed è un uomo d'onore. Il capitano Jasper Blackmore ha ripudiato il proprio passato, allontanandosi dalle coste dell'Inghilterra alla ricerca di nuove avventure, dopo che la guerra gli aveva lasciato delle cicatrici fisiche ed era stato tradito dall'unica donna che avesse mai osato amare, Una fanciulla americana di buona famiglia non potrebbe mai adattarsi al suo mondo, nonostante l'attrazione che prova per lei. Possono due persone i cui destini sono del tutto diversi, avere qualcosa in comune?

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