Книга - Cuori Svelati

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Cuori Svelati
Dawn Brower


Matt e Claire impareranno ad avere fede uno nell'altra abbastanza a lungo per scoprire un amore indissolubile? Matt e Claire impareranno ad avere fiducia l’uno nell'altra abbastanza a lungo da scoprire un amore indissolubile? Matthew Price perde la vista dopo essere stato coinvolto in un incidente d'auto che gli sconvolge la vita. Dipendere dagli altri è frustrante, e un colpo al suo orgoglio. Allontana tutti, specialmente la donna a cui ha sempre tenuto. In quanto disabile, Matt non crede di avere il diritto di confessarle ciò che prova. Claire Jackson è da tempo innamorata segretamente di Matt, e da quando è rimasto ferito, il suo cuore ha sofferto. Lo aiuta, anche quando lui fa di tutto per allontanarla, fino a quando un giorno accade qualcosa di orribile che minaccia di distruggerli per sempre. Il pericolo si cela all'orizzonte; potranno fidarsi reciprocamente ed accettare finalmente l'essere fatti l'uno per l'altra?





Dawn Brower

Cuori Svelati




CUORI SVELATI




L’INTENTO DEL CUORE LIBRO DUE




DAWN BROWER


Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e fatti citati sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Ogni riferimento a persone vive o morte, luoghi, organizzazioni è puramente casuale.

Cuori Svelati, diritti d’autore © 2016 Dawn Brower

Modifiche e realizzazione della copertina da parte di Victoria Miller

Tradotto da Giulia Bussacchini

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere usata, riprodotta elettronicamente o stampata senza permesso, ad eccezione di brevi citazioni comprese nelle recensioni.




RINGRAZIAMENTI


Questo libro non sarebbe ciò che è senza la mia fantastica editrice. Tante grazie a Victoria per avermi aiutata a creare una storia migliore.

Grazie ad Elisabeth per essere una fantastica proofreader. Apprezzo tutto ciò che fate per me.


Nella vita dobbiamo affrontare molte scelte. Una delle migliori che io abbia mai fatto è iniziare a scrivere. L’unica cosa che supera lo scrivere sono i miei due bambini. Luke e Nathan vi voglio un mondo di bene, e siete veramente il dono più bello e la cosa migliore nella mia vita.







CAPITOLO UNO


Una brezza delicata accarezzava il volto di Matthew Price mentre si rilassava sul portico posteriore della casa. Udiva il sono costante dei clacson delle auto in lontananza. Uno dei suoi vicini doveva essere molto contrariato per suonarlo con così tanto vigore. Il sapore della bile che si faceva strada nella sua gola stava diventando ugualmente difficile da ignorare. Strinse i pugni e concesse alle unghie di affondare nei palmi. Tutti i suoi sensi funzionavano come dovevano. Li contava tutti i giorni come a ricordarsi di non aver perso tutto. Era la sua vista che continuava ad eluderlo. Il Dottor Sousa gli aveva detto di avere pazienza, non avrebbe riacquistato la sua vista in fretta, ma era speranzoso. Sarebbe stato stupido, ed una completa perdita di tempo.

Era stato dimesso dall’ospedale solamente due settimane prima, e vedeva ancora sfocato. Riusciva a destreggiarsi nel modo corretto nella sicurezza di casa sua, ma per quanto riguardava tutto il resto era completamente dipendente dagli altri. Per qualcuno che traeva orgoglio dalla propria indipendenza, la cosa l’aveva rattristito molto. Per quanto ne sapeva non c’era ragione di continuare a provare. Che senso aveva? Si era rassegnato alle circostanze con le quali si trovava a vivere. Era ciò che era. L’uomo cieco—un avvocato che non riusciva nemmeno a leggere i saggi che aveva scritto. Ricerca? Sarebbe stata quasi impossibile da completare adesso. Che razza di avvocato—o uomo—resterebbe senza una delle capacità base dell’essere umano?

“Sei pronto per entrare in casa adesso, Matt?”

Claire Jackson—la sua babysitter, e la donna che desiderava oltre la ragione. Almeno fino a quando aveva avuto la sfortuna di perdere la capacità di guardarla. Diamine, chi prendeva in giro? La desiderava ancora. Era fare qualcosa al riguardo che lo confondeva. Come tutto ciò nella sua vita dopo l’incidente, questo era un cambiamento che odiava. Non poteva essere l’uomo di cui lei aveva bisogno, ed ora lei era qualcosa che nessuno di loro due aveva previsto sarebbe diventata. Era la sua costante compagnia. Quando non era a lavorare era con lui, era una brontolona e la voce della ragione. Fra lei ed il personale medico che lo veniva a controllare settimanalmente, non era mai solo. Tutto ciò che voleva era che se ne andassero per dargli tempo di respirare.

“Vattene” protestò Matt. “Non puoi lasciarmi solo per cinque minuti?”

“Sei qui fuori da un’ora. Sta iniziando a fare fresco” la sua voce era calma e rilassante. “Posso prepararti il pranzo se hai fame”.

Non capiva? Certo che no. Come poteva, quando anche lui non comprendeva completamente? Non c’era più motivo di fare niente ormai. Non aveva più scopo nella vita, e stava faticando a trovare il proprio posto nel mondo. L’incidente d’auto che l’aveva reso cieco aveva portato via molto di più della sua vista. Aveva cancellato il modo in cui lui stesso si percepiva. Quindi qual era il problema se fuori faceva fresco e sedeva nel suo giardino a fissare il nulla? Non era come se potesse effettivamente vedere ciò che aveva davanti. Aveva portato il termine ‘alla cieca’ ad un nuovo livello.

“Non voglio mangiare” strinse i pugni. “Non voglio proprio niente, solo che tu te ne vada”.

C’era stato un tempo in cui aveva amato l’averla nella propria casa. Ed un breve momento in cui l’aveva immaginata con lui, amandola in ogni modo possibile. Era stato un idiota ad ignorare i propri sentimenti per lei. Ora non credeva di poterla avere come aveva sempre desiderato. La sua poca lungimiranza aveva avuto delle conseguenze. L’opportunità di essere l’uomo nella vita di Claire era una di esse. Aveva pensato di avere del tempo, un bel po’ di tempo, ma che barzelletta. Se avesse potuto tornare indietro avrebbe cambiato così tante cose. Lei non sarebbe stata la sua infermiera, ma la sua amante. Come poteva anche solo pensare di essere qualcosa di più di qualcuno di cui lei si doveva prendersi cura? Seduzione? Che ridere. La toccava per bene—ma non in modo romantico. Si aggrappava a lei come se lei fosse stata la sua guida, per fare in modo di non andare a sbattere contro ad un muro o per non inciampare nei propri piedi. La disperazione che aveva vissuto ogni giorno non lo facevano sentire soave o romantico.

“Non vado da nessuna parte” sospirò lei. “Devi rendertene conto ed accettarlo. Urlarmi addosso non ti farà ottenere il risultato che speri”.

Che cosa lo avrebbe fatto? Lei era irremovibile come si ricordava. Le urlava addosso ogni giorno—diavolo, a volte anche più volte al giorno ad essere sincero—e lei ritornava sempre da lui. Restava calma e decisa. Gli sovvenne l’immagine di lei di come se la ricordava, lunghi capelli dorati e caldi occhi marroni. Era così bella, premurosa ed indipendente. Non c’era niente che non sapesse fare. Claire era perfetta, almeno per lui. “Non capisco perché sei qui. Trova qualcun altro che resti con me” la congedò con un gesto della mano. “Non ti voglio qui”.

Era una bugia, ma forse se l’avesse pronunciata abbastanza spesso lei avrebbe finalmente capito e se ne sarebbe andata. Non riusciva a reggere il fatto che stesse con lui tutti i giorni. Non quando sembrava che lui non avrebbe mai riacquisito la vista. Era una prova che doveva affrontare. Claire doveva andarsene, e velocemente. Qualcun altro avrebbe potuto fare ciò che lei faceva tutti i giorni. Claire si meritava di meglio di ciò che lui aveva da offrire.

Claire lo fissò per qualche battito del suo cuore. La durezza del suo silenzio lo agitava, facendogli provare il dolore di non averla mai. Quando lei finalmente parlò, Matt tirò quasi un sospiro di sollievo. Non era mai stato in grado di gestire i suoi silenzi. “M’importa di te. Nessun altro, a parte Dani, avrebbe a cuore i tuoi migliori interessi. Anche lei ha i suoi problemi, e deve guarire” alzò le mani nelle sue e le accarezzò. “Sii ragionevole”.

“Perché?” ritrasse le mani da quelle di lei. “Per quanto ne so è così che resterò per il resto della mia vita. Credo di essere perfettamente razionale” contrasse con forza la mascella. “Smettiamo di fingere che questa situazione migliorerà. Sono cieco. Sei tu a non accettare che le cose non cambieranno”.

“Matt…io…” la voce di Claire si spezzò quando parlò. Matt era intrinsecamente sollevato di non poter vedere il dolore sul suo volto. Era l’unica cosa positiva che poteva trarre dalla propria cecità. Non aveva mai voluto farle del male, ma credeva che questa fase fosse necessariamente malvagia. Doveva proseguire con la sua vita senza di lui. “Sono trascorse un paio di settimane. Non puoi arrenderti. Ren ha detto di darti del tempo. Il tuo corpo deve guarire, e solamente il tempo farà in modo che ciò accada”.

Già, Ren, il grande Dottor Sousa, il quale si era comportato come se sapesse tutto, ma era fallibile come tutti. La sua socia, Daniella Brosen, adorava il buon dottore, l’aveva sempre amato. Sembravano aver riaccenso la loro relazione portandola in una diversa direzione rispetto all’amicizia che avevano coltivato alle superiori. Matt era felice per Dani, lo era davvero, ma ne era fastidiosamente geloso. Voleva la stessa cosa con Claire. Non credeva di aver mai avuto qualcosa di simile con nessuno prima d’ora. Odiava chi era diventato, e sapeva che non era un buon momento per cominciare qualcosa di fragile come una relazione.

“Non m’interessa che cos’ha da dire. Ciò che importa è ciò che voglio e so in questo momento” si voltò verso dove credeva che lei si trovasse, ed alzò il capo. “Forse riacquisterò la mia vista, o forse no. Non è questo il punto adesso. Vuoi sapere qual è? Sono stanco di averti qui in casa mia, ad invadere il mio spazio e darmi degli ordini come se fossi un bambino. Io sono il tuo capo. Quindi trova qualcuno che ti rimpiazzi. Voglio che tu te ne vada prima di cena”.

Forse era stata la peggior decisione che aveva mai preso, ma la riteneva l’unica che potesse prendere. I suoi sentimenti per Claire gli avevano fatto dubitare tutto. Di una cosa però era certo: non sarebbe andata avanti con la propria vita se si fosse presa cura di lui. Era meravigliosa, mentre lui non c’era neanche lontanamente vicino.

“Non so che cosa ti si è infilato nel culo per farti diventare questo coglione arrabbiato, ma hai ragione. Non è una cosa che devo gestire io”. La sua voce sembrava come fatta d’acciaio. Buon per lei, era ora che smettesse di essere la balia calma e confortante. Claire si abbassò, i suoi capelli sfiorarono il viso di lui facendogli il solletico. La sua dichiarazione l’aveva scioccato più di qualsiasi cosa. “Se vorrai battagliare con me in ogni passo del cammino, avvocato, allora sfida accettata. Darò tanto quanto riceverò, ma è bene che tu sappia—che ho intenzione di vincere la guerra”.

Porca misera, era sexy. Voleva tirarla a sé, farla sedere sulle sue ginocchia e devastarla in ogni modo possibile, ma non sarebbe stato utile al proprio piano. Lei non poteva vedere questa cose come una sfida, o non si sarebbe mai arresa. Per quanto gli piacesse l’idea di scontrarsi con lei, non poteva.

“Non siamo in guerra”. Le rispose con sufficienza. “Significherebbe che questa cosa avesse una rilevanza per me. Non è così, e non sarà mai così”.

Una bugia, ma non poteva sapere la verità.

“Comportati da stronzo quanto vuoi, ma so chi sei. Tutto ciò che sei è sempre stato visibile per me. La verità è stata evidente dal momento in cui ci siamo incontrati, e niente che farai o dirai la potrà smentire. Tutti abbiamo i nostri demoni che nascondiamo al mondo. Non puoi celarti quando credi che non ci sia niente per cui valga edificare dei muri”. Si era spiegata. “Ma non sbagliarti, io non sono il tuo sacco da boxe. Per quanto m’importi di te, non posso essere la persona su cui ti sfoghi tutti i giorni”.

Venne pervaso dal dolore alle parole di lei. Odiava ferirla, anche quando era necessario. Con il tempo l’avrebbe ringraziato. “Non ho mai chiesto che tu lo fossi. Vattene e non dovrai mai più essere il proverbiale sacco da boxe. Sarebbe più facile per entrambi se tu non fossi qui”.

“Non ho detto che me ne sarei andata”.

Sicuramente stava sorridendo. Il suo volto era offuscato, ed i bei dettagli erano a lui sconosciuti, ma poteva quasi distinguere il contorno delle sue labbra. Matt fece per rivolgerle un ghigno in risposta, ma riuscì a trattenersi. Claire era una combattente e non si sarebbe arresa facilmente. Era una delle qualità che lui ammirava in lei. Era un’ottima assistente legale. Avrebbe dovuto sapere che non se ne sarebbe andata perché lui gliel’aveva ordinato.

“Allora come mai hai detto tutte quelle cose stupide?” si accigliò. Che nuova tattica avrebbe usato su di lui? “Pensavo che avessi finalmente capito e te ne andassi prima che avesse inizio la vera scaramuccia. Non te ne farei una colpa te ne andassi adesso”.

“Generoso da parte tu” Claire emise una risata nasale. “Passo”.

“Quindi?”

“Quindi che cosa?” domandò lei. “Oh, vuoi sapere che cos’ho in mente”. Rise. Era adorabile udire la sua risata, al punto che le labbra di lui si contrassero appena dal divertimento. “E rovinare la sorpresa? Per che razza di idiota mi hai preso? Sei il miglior stratega che conosco. Sarebbe stupido darti un avvertimento”.

Accidenti, l’ammirava. L’avrebbe abbracciata, se lei non l’avesse visto come un incoraggiamento. “Non molto sportivo da parte tua”.

La fresca brezza non sortiva effetto sulla sua pelle riscaldata. Doveva mettere le mani su di lei. No, non poteva fare ciò che voleva. Claire non era fatta per essere attaccata dalla disperazione. Se fosse mai stato abbastanza fortunato d’averla, doveva essere assaporata. Era la donna più bella di tutte e doveva essere trattata nel modo corretto.

“Beh, non ho mai detto che avrei giocato onestamente”. Il suo tono era leggero e colmo di divertimento. Gli fece venire le vertigini nelle vene. “Sai com’è il proverbio”.

“No, non posso dire di saperlo”. Attese con il fiato sospeso. Lo scambio era così bello che non riusciva ad averne abbastanza di lei. “Perché non m’illumini?”

Lei si avvicinò ed accarezzò la coscia di lui con la mano. S’irrigidì fino a provare dolore. Se solo si fosse allungato verso di lei l’avrebbe tirata a sé e l’avrebbe baciata con passione. Matt lo voleva, ma si astenne dal farlo. Se lei avesse saputo l’effetto che aveva su di lui, non sarebbe mai stato in grado di vincere questa guerra che avevano iniziato. Sarebbe stato come creta nelle sue mani, e lei l’avrebbe potuto plasmare come di più l’aggradava. Quasi l’implorò di farlo. Un momento di follia potrebbe valore una vita di ricordi piacevoli.

“In guerra e in amore tutto è lecito”. Il suo respiro caldo accarezzò l’orecchio di lui. “E Matt, non ti sbagliare, ciò non ha niente a che vedere con meramente uno dei due, e tutto a che vedere con entrambi”.

Senza aggiungere altro, Claire se ne andò, lasciandolo a riflettere sulla sua ultima affermazione. In che diavolo era riuscito a mettersi questa volta?




CAPITOLO DUE


Claire si affrettò nello studio legale di Price e Brosen e si fermò alla reception. “Ci sono messaggi per me?”

Affrontare Matt prima era stata una prova di pazienza. Gli concedeva molta libertà d’azione causa le sue ferite, ma poteva reggere fino ad un certo punto prima di esplodere. Avevano alleggerito il programma, ed originariamente non era stato richiesto che andasse a lavorare, ma dopo il capriccio di Matt, Claire aveva bisogno di un po’ di spazio. L’ufficio le era sembrata una buona idea. Ora che si trovava di fronte ad Amy, la sua ansia era diminuita. Che cosa poteva fare per fargli capire che aveva bisogno di lei? Matt era così dannatamente testardo.

“La polizia ha finito di raccogliere le prove dall’ufficio della Signora Brosen, ed hanno rimosso il nastro giallo”. Disse battendo le unghie sulla scrivania. “Tuo fratello era con loro, e vuole che lo chiami il prima possibile”.

Accidenti, che cosa voleva Carter? Doveva essere importante; solitamente non disturbava se così non era. L’avrebbe dovuto chiamare immediatamente. Perché non l’aveva contattata al cellullare? “È tutto?” domandò Claire.

“Ha chiamato anche la Signora Brosen”, rispose Amy. “Verrà dimessa oggi dall’ospedale. Vorrebbe che andassi a casa sua più tardi per aggiornarla su tutto ciò che richiede attenzione immediata”. Amy s’interruppe e schioccò le dita. “Oh, e c’è un pacco per te. Era sugli scalini quando sono arrivata”.

Che strano. Solitamente non consegnano pacchi prima dell’orario d’ufficio. “Che cos’è?”

Amy diede un’alzata di spalle. “È una scatola. Non so che cosa contenga. L’ho messa sulla tua scrivania”.

Chissenefrega. Avrebbe controllato più tardi…aveva cose più importanti da fare. Il suo capo veniva per primo. A Daniella Brosen avevano sparato nel suo ufficio una settimana prima. Un loro cliente, Andersen Nettles, era stato il colpevole. Aveva un passato di violenze nei confronti della famiglia di Dani. La famiglia che non sapeva di avere a causa del Signor Nettles. Claire non riusciva nemmeno ad immaginare che cosa stesse passando Dani. Le vennero i brividi al pensiero della violenza.

“Raccoglierò alcuni documenti e li porterò a Dani stasera. Non c’è molto su cui aggiornarla. Resterò nel mio ufficio per un paio d’ore se chiamerà qualcuno. Non mi aspetto che chiamino in molti, considerando che i clienti sono a conoscenza della situazione, ma ho cancellato la maggior parte degli appuntamenti rimandandoli a data da destinarsi, e ho messo da parte i casi che necessitano di attenzione immediata”. Claire esalò con fare esasperato. “Questo ufficio fallirà se Dani e Matt ne resteranno fuori per altro tempo”.

“Lo so” annuì Amy. “Onestamente le mezze giornate che faccio qui sono noiose. Non c’è molto che io possa fare con entrambi i capi inattivi al momento. La situazione cambierà presto? Matt riuscirà a venire in ufficio?”

Bella domanda. Claire non ne aveva idea. Sembrava fare progressi. La sua attitudine stramba lo aveva tirato su appena, e faceva gli esercizi e svolgeva le attività che gli aveva suggerito la dottoressa. Voleva prendersi cura di sé stesso ed essere nuovamente indipendente.

L’idea di avere Claire attorno tutto il giorno lo faceva incazzare—fra lei, la dottoressa, ed il fiume di infermiere che invadevano il suo spazio, l’uomo faceva fatica a trovare un momento per sé. Era un concetto che non aveva problemi ad esprimere ogni volta che tali soggetti incrociavano il suo cammino.

Claire amava il suo lavoro. Se lo studio legale avesse dovuto chiudere avrebbe dovuto trovare una nuova occupazione, e dubitava che ogni nuovo lavoro che sarebbe stata in grado di trovare sarebbe stato al livello dell’attuale che aveva. Non ci pensava troppo. Dani non sarebbe dovuta restare inattiva tanto quanto Matt, il quale aveva molto da superare causa la sua vista. Non che la ferita di Dani non fosse seria, ma poteva svolgere qualche minima attività da casa. Il che, senza dubbio, era la ragione per la quale voleva restare aggiornata—compito che Claire era felice di eseguire. Le faceva piacere di avere un po’ di tempo con il suo capo. Forse avrebbe ricevuto qualche consiglio su come gestire Matt ed il suo pessimo carattere.

“Non so. È…” Come spiegarlo ad Amy? “Matt vuole stare meglio, ma non sta riacquistando la vita velocemente come vorrebbe. Sta facendo progressi nel muoversi senza aiuto, e ci si sta abituando”. Si lamentava con ogni passo del cammino. La sua crescente indipendenza gli aveva concesso un po’ di spazio vitale, per brevi momenti in cui poteva essere lasciato da solo, ottenendo preziosi istanti lontano dagli altri. Aveva cominciato a pentirsi di aver accettato a trasferirsi da lui. “Anche con i progressi che fa, il suo ritorno allo studio è lontano almeno diverse settimane”.

“Non riesco a credere a cos’è successo in questo ufficio…” le venne la pelle d’oca. “Ero qui quando è arrivato—se avessi saputo…” Amy si accigliò. “Forse non avrebbe sparato alla Signora Brosen”.

Claire non riusciva a comprendere come Amy credesse che avrebbe fatto la differenza, ma dubitava che qualsiasi cosa avrebbe fatto la ragazza avrebbe aiutato. Forse anche lei sarebbe rimasta ferita. Era meglio che non fosse stata presente quando il Signor Nettles aveva attaccato Dani. Nessuno poteva sapere che cosa sarebbe successo. Era così semplice guardare al passato e pensare, “Avrei potuto fare così…” ma in realtà non c’era modo di tornare indietro e cambiare il risultato di una situazione.

Nessuno al mondo non aveva qualcosa nella propria vita che avrebbe voluto cambiare. Sarebbe un disastro di proporzioni epiche se al mondo venisse data l’opportunità di rifare qualcosa. Tristemente, in molte situazioni, nessuno prometteva che la vita sarebbe stata semplice. Nessuna quantità di desideri avrebbe reso il mondo una specie di utopia in cui esiste la perfezione. Anche nei momenti peggiori si trovava della bellezza. Gli uni non potevano esistere senza gli altri. Amy poteva pensare che avrebbe potuto cambiare qualcosa, e forse se le fosse stata data l’opportunità l’avrebbe fatto, ma era improbabile.

“Non pensarci. Non si può tornare indietro, ed è andato tutto bene. Con il tempo le cose torneranno alla normalità. Ci vorrà un po’ per fare in modo che le cose ritornino al modo in cui siamo abituati” Claire sorride affettuosamente. “Se chiama qualcuno fatti riferire a meno che non sia importante. Ho deciso che sarò più produttiva senza interruzioni”.

Amy annuì. “Dubito che qualcuno chiamerà. Dovrebbe essere una giornata tranquilla”.

Claire si diresse verso il suo ufficio e si sedette alla scrivania. L’accolsero una pila di documenti ed il pacco di cui aveva parlato Amy. Il carico di lavoro stava aumentando, ma nessun avvocato era disponibile per accettare i casi o presentarsi in tribunale. Poteva preparare tutte le mozioni, fare le dovute ricerche, e diffondere tutte le citazioni di giudizio che voleva. Niente di tutto ciò avrebbe avuto senso fino a quando almeno uno dei suoi capi sarebbe rientrato in studio. Un assistente legale non era abilitato a fare di più di preparare i documenti per un avvocato. Quindi non aveva scelta, e dovette continuare il lavoraccio in modo che sarebbe stato tutto pronto quando uno di loro avrebbe ripreso a lavorare. Le cose sarebbero state relativamente più facili quando tale compito sarebbe stato completato, ed almeno se i documenti fossero stati completi avrebbero potuto proseguire con un certo numero di casi.

Claire guardò la scatola e pensò…perché non aprirla? Che cosa potrebbe essere? Si armò di un tagliacarte e recise il nastro che la sigillava, poi estrasse la scatola di un regalo. Era di un viola metallico con un brillante fiocco rosa legato sulla parte superiore. Claire sciolse il nodo e lo gettò da parte, poi alzò il coperchio della scatola. Estrasse della carta dello stesso colore della scatola, e poi trovò una camicia da notte bianco candido. “Che diamine?” Chi le manderebbe qualcosa del genere? Quando trovò una nota la lesse velocemente. “Un perfetto indumento setoso da notte per la mia perfetta Claire. Non vedo l’ora che tu l’indossi per me la prossima volta che ci vedremo” Non era firmata.

Inquietante. Gettò il biglietto nella scatola e lanciò la stessa a terra. Non avrebbe nemmeno pensato alla scatola se non l’avesse trovata sulla sua scrivania.

Estrasse il cellulare dalla borsetta e cliccò il pulsante a lato. Per forza nessuno l’aveva chiamata. Il dispositivo era spento. Quante chiamate perse aveva? Premette nuovamente il pulsante ed il telefono si accese, facendo comparire diversi messaggi sullo schermo. La maggior parte di essi provenivano da sua madre e suo fratello, ma uno era di Dani. Ignorò quelli della sua famiglia e rispose a Dani. Carter e sua madre potevano aspettare, specialmente sua madre. Rachel Jackson aveva le idee molto chiare su ciò che era accettabile e che cosa no. Reese, sua sorella minore, era schierata dalla parte positiva della lista. Niente che Claire faceva era al pari di sua sorella. Era quasi come se tutte le sue scelte fossero elencate nella colonna delle inaccettabili. Non voleva sentire una filippica sulle sue colpe e sui successi della sorella. Almeno una volta a settimana sua madre li elencava con un’efficienza che Claire avrebbe apprezzato—se non fosse stata l’argomento di discussione.

Il suo telefono squillò. Rispose e sospirò. Era sua madre. Quindi non fu in grado di tenerla in sospeso per troppo a lungo. Le conveniva togliersi questo arduo compito per poter lavorare in pace—accettò la telefonata portandosi il dispositivo all’orecchio. “Pronto, Madre”.

“Perché mi ha ignorata?” domandò sua madre con fare deciso. “È tutto il giorno che ti chiamo”. Un’esagerazione, ma era qualcosa in cui sua madre eccelleva.

Claire alzò gli occhi al cielo e fece del proprio meglio per controllare il sarcasmo che voleva prevaricare su di lei. “Sono impegnata. Lavoro per vivere. Di che cosa hai bisogno?”

“Ah. Non iniziare a fingere che tu abbia troppo da fare”. La voce di sua madre era madida di disgusto. “So che entrambi i tuoi capi sono riusciti a farsi mutilare, ergo sono inutili e lo saranno per almeno due settimane. Che cosa avrai mai da fare per nessuno per cui lavori?”

Claire prese un respiro profondo e contò mentalmente fino a dieci prima di rispondere. Strinse i denti, e quando non funzionò, ricominciò da capo. Come poteva una persona essere così dannatamente senza cuore? Dani e Matt erano entrambi quasi morti! Sua madre era una professoressa al college locale, ed insegnava sociologia. Avrebbe dovuto importarle, o no? “Qualcuno deve mantenere attivo lo studio per quando ritorneranno. Ho molti documenti da completare”. Non avrebbe dovuto spiegarsi a sua madre, ma doveva dirle qualcosa o non avrebbe proseguito con la conversazione. “Perché hai chiamato?”

“Hai parlato con Carter?”

Era una nuova tattica. Carter solitamente non era il motivo per il quale sua madre la chiamava. Che cos’aveva fatto suo fratello? Era il suo secondo preferito—in realtà c’era pochissima differenza fra lui e Reese. Dipendeva dalla giornata e che successi erano riuscivi a conquistare. Carter era il figlio perfetto con un difetto discernibile: lavorava come detective per il Dipartimento di Polizia di Envill. Era un po’ troppo un impiego da operaio per i gusti di sua madre, ma aveva perdonato la sua scelta di carriera perché almeno lui aveva avuto abbastanza ambizione per salire di livello nel suo campo di scelta. Claire, d’altro canto non stava avanzando rispetto alla posizione in cui si trovava. Non c’era posto per lei più in alto, e non dimostrava di necessitare qualcosa di superiore alla sua posizione.

“No” disse con fare riluttante. “Perché?”

“Sta ignorando anche me. Non so che cos’abbia fatto di male per aver cresciuto dei figli così ingrati”.

Santo cielo, stava giocando ancora quella carta? Sua madre era molto audace. Era la donna più severa ed irritante al mondo. Crescendo, Claire ed i suoi fratelli non avevano potuto respirare senza che la loro madre imponesse delle regole. Il modo in cui li controllava faceva arrossire il modo in cui volano gli elicotteri. C’era da sorprendersi se tutti loro si erano ribellati in qualche modo? Carter era entrato nell’arma di Polizia, Claire era diventata un’assistente legale, facendosi beffa dell’occupazione di avvocato, e Reese, beh, Reese era perfetta e faceva tutto ciò che diceva la mammina. La sua ribellione era stata la scelta della specializzazione. Aveva frequentato medicina ed era diventata un dottore, ma non aveva intrapreso il ramo che desiderava sua madre. Aveva scelto pediatria invece di neurologia.

“Forse Carter è impegnato”. Era il detective principale dell’arma e stava per essere promosso a luogotenente. “Sta chiudendo il caso Andersen Nettles a senza dubbio sta investigando su altri casi”. Non aveva idea di cosa facesse suo fratello ogni giorno, ma doveva essere preso da qualcosa.

“Se lo sentissi…”

Il suo telefono prese a vibrare, quindi mise sua madre in attesa. Il telefono vibrò appena al suo orecchio quindi l’allontanò per guardare lo schermo. Sorrise quando lesse il messaggio da parte di Carter, e soppresse una risata.

Emergenza. Non posso andare a cena da mamma. Inventati qualcosa e mi sdebiterò. Ti spiego dopo.

“Scusami, ero distratta. Puoi ripetere ciò che hai detto?” Claire rispose al messaggio assicurandosi che suo fratello sapesse di doverla ripagare quando avrebbe chiesto un favore. “Ho ricevuto un’email che attendevo da un cliente”.

“Certo” borbottò sua madre. “Ho bisogno che tu venga a cena. Dì a Carter che deve esserci anche lui. Tua sorella ha una grande notizia da darci e festeggeremo. Ho invitato alcune persone”.

Aveva tutto improvvisamente senso. Quelle persone sarebbero state lì per uno scopo. Carter non doveva spiegare niente. La loro madre voleva che i due uscissero con le persone che aveva invitato a cena, poiché cadevano nella sezione delle accettabili. Claire non aveva bisogno dell’aiuto di sua madre per trovare un uomo. Non c’era da sorprendersi se suo fratello stava evitando le sue telefonate.

“Mi spiace ma ho un altro impegno. Anche Carter. Mi sta aiutando con un progetto a casa di Matt”.

Anche lui avrebbe aiutato, accidenti. Avevano entrambi una buona ragione per evitare la cena. Matt doveva uscire da casa. Vi si era rinchiuso per troppo tempo—forse sarebbero potuti andare a trovare Dani o qualcosa del genere. Qualsiasi cosa piuttosto che ciò che sua madre aveva programmato. Avrebbe preferito farsi fare una devitalizzazione piuttosto che trascorrere del tempo con sua madre.

“Annullalo. È troppo importante”.

“Mi dispiace, non posso”. Anche se potesse non lo farebbe. “È l’unico giorno in cui io Carter siamo liberi per farlo”.

“Che cosa c’è di così importante per cui hai bisogno di tuo fratello?”

A volte si domandava se fosse stata scambiata alla nascita. Sua madre era cosi esigente e ridicola. “Non posso parlartene adesso. Ne parleremo più tardi. La mia scrivania è ricoperta di documenti che richiedono la mia attenzione”. Non avrebbe fornito nessuna informazione poiché sua madre le avrebbe analizzate minuziosamente.

“Ti conviene trovare un modo per venire a cena. È già tutto programmato. Nolan e Reese vengono”. Sua madre chiacchierò per altri istanti con Claire prima che quest’ultima la congedasse. “Ci sei ancora? Lascia stare, devo andare. Chiamami quando avrai annullato il tuo impegno”. Sua madre riagganciò senza aspettare che Claire l’avesse sentita. Il che non la soprese nemmeno un po’.

Se le fossero serviti altri motivi per non andare a cena da sua madre quel sabato, la presenza di Nolan sarebbe stata sufficiente. Nolan Pratt era la rovina della sua esistenza, e l’ultimo uomo a cui aveva permesso di distruggere il suo cuore. Era il serpente che l’aveva tradita con l’ultima persona che lei aveva potuto considerare—sua sorella. Sua madre poteva cercare di persuaderla ed anche minacciarla, ma Claire sarebbe stata dannata prima di sedersi a tavola con Nolan. Avrebbe preferito di gran lunga dover gestire il comportamento acido di Matt. Almeno lui aveva un motivo per comportarsi in tal modo, ed a lei importava di lui. Gli altri potevano andare all’inferno. Aveva cose molto migliori da fare.




CAPITOLO TRE


Claire parcheggiò l’auto nel vialetto di Dani e poi si voltò per afferrare i documenti che aveva raccolto per l’avvocato. Scese dall’auto e chiuse la portiera dell’auto con il piede. Sospirò e si diresse verso l’ingresso. Una volta raggiunta la porta bussò qualche volta ed attese che qualcuno la fece entrare.

“Arrivo” udì una voce ovattata dall’interno. Dani aprì la porta e sorrise ampliamente. Indossava un paio di pantaloni della tuta ed una maglietta di cotone. “Oh, bene. Ho bisogno di compagnia. È il lavoro che hai portato per me?” indicò i documenti che Claire reggeva.

“Esatto. Amy ha detto che hai chiamato”. Claire guardò dietro le spalle di Dani esaminando il corridoio. “Ren è con te?”

Claire seguì Dani in salotto e posò i documenti sul tavolino da caffè. Sembrava che Dani si fosse trasferita in pianta stabile sul divano. Aveva tutto ciò che le poteva servire nelle immediate vicinanze. Claire diede un’occhiata al sofà ed optò per accomodarsi su una sedia vicina. Non voleva disturbare qualsiasi processo il suo capo aveva intrapreso nel proprio spazio.

Dani scosse il capo. “Voleva restare, ma l’ho mandato via. Non ho bisogno di un babysitter, e ha altri pazienti che lo necessitano. Lo amo, dico davvero…” si morse il labbro. “Ma mi sta addosso, e a volte mi viene voglia di dargli un pugno. Non fraintendermi, mi rendo conto di essere quasi morta e tutto quanto…”

“Ma non hai bisogno di un cane da guardia. La tua vita non è finita e vorresti la possibilità di viverla appieno” terminò Claire.

“Sì, esatto” annuì. “Dopo un po’ si calmerà, almeno lo spero. Abbiamo il resto della vita da trascorrere insieme. Persino la mia famiglia è stata rispettosa e mi ha dato spazio” Dani arricciò il naso. “Non è completamente vero. Sullivan non mi lascia stare. Se non telefona mi viene a trovare a sorpresa. Sto iniziando a domandarmi perché abbia voluto una famiglia”.

L’esperienza di Claire con la propria famiglia lasciava poco a desiderare. In un certo senso poteva comprendere, ma Sullivan sembrava una brava persona. Potrebbe essere stato diverso se le fosse stato accollato un fratello maggiore che non sapeva di avere. Suo fratello, Carter, non era niente male. Faceva le sue cose e la lasciava in pace. Si aiutavano quando potevano e facevano fronte unito quando sua madre diventava troppo difficile. Più tardi si sarebbe fermata da lui e gli avrebbe raccontato la telefonata di prima.

“È stato prepotente?” domandò Claire. “Mandalo a quel paese”.

Dani scoppiò a ridere. “Non glielo direi mai in faccia—complimenterei il suo ego, e non ne ha bisogno—ma è stato bravo. Mi sono persa molto causa Andersen Nettles. È bello sapere che pagherà per ciò che mi ha fatto”.

A Claire vennero i brividi. Ci era mancato poco che Dani ci rimettesse la vita. Dovevano ancora pulire le macchie di sangue dalla moquette nel suo ufficio. Forse sarebbe stato meglio rimuoverla e sostituirla. Sembrava una buona scusa per ridecorare l’ufficio.

“Il tuo segreto è al sicuro con me” Claire esalò. “Di che cosa dovevi parlarmi? Amy ha detto che era importante”.

Dani afferrò un bicchiere d’acqua e ne prese un lungo sorso. Poi lo posò e si appoggiò allo schienale del divano. “Ridurrò le mie ore in ufficio”. Alzò una mano quando Claire aprì la bocca per parlare. “Fammi finire prima di pormi delle domande”.

Claire annuì. Che cosa voleva fare? Non potevano portare avanti lo studio ed il carico di clienti se Dani avesse ridotto le sue ore all’ufficio. Avrebbe potuto significare meno introiti per lei, e come sarebbe sopravvissuta ad un taglio sulla busta paga?

“Devo analizzare tutti i documenti inerenti la mia eredità”. Scosse il capo. “Non riesco a credere di essere multi-milionaria ed avere il controllo competo su una compagnia che il nostro studio ha rappresentato in tribunale”. Concluse la frase con un gesto di congedo della mano. “Ad ogni modo avrò ancora un ruolo attivo allo studio, ma sarò selettiva sui clienti che accetterò. Voglio fare più lavoro gratis ed aiutare le famiglie, quindi sarò dentro fino alle ginocchia nell’impiego aziendale della compagnia. Non devo farlo tutto i giorni allo studio”.

Claire era un po’ invidiosa della nuova posizione di Dani. Aveva i mezzi per fare cose che Claire si limitava a sognare—al suo capo era bastato perdere la propria famiglia per la maggior parte della propria vita, e poi rischiare di morire per riaverla. Era un prezzo alto da pagare. Ciononostante, se Claire avesse dovuto essere sincera, a volte sperava di potersi dimenticare dell’esistenza della sua famiglia. La facevano impazzire nel migliore dei casi, ed oggi non era uno di quelli…Dani aveva avuto una vita difficile, e forse questa era la sua ricompensa. I soldi, il lavoro ed una famiglia che aveva sempre desiderato avere ma non aveva mai osato sperare di avere. Era ammirabile il fatto di essere riuscita a superare tutte le avversità nella sua vita. I soldi erano una bella cosa, ma Claire si sarebbe accontentata di una somma discreta e di un uomo che l’amava.

“Quindi chiuderemo i rapporti anche con clienti che abbiamo già?” Claire era spaventata. Era una brutta situazione…bella per Dani, era contenta per il suo capo, ma per il resto dello studio sarebbe stata una decisione sofferta. Matt non era in grado di fare molto causa la sua vista diminuita. “Ne hai parlato con Matt?”

“No” si accigliò Dani. “Passerò da lui questa settimana e gli illustrerò la mia posizione” sospirò. “No, non lasceremo andare i clienti che abbiamo già. Vorrei però che pubblicizzassi il fatto che abbiamo una posizione vacante da associato. Fai passare i curriculum, fissa dei colloqui, e scegli qualcuno con il quale ti piacerebbe molto lavorare. Mi fido del tuo giudizio”. Prese un pezzo di carta dal tavolino e glielo porse. “Questi sono i requisiti che vorrei che avessero, ed ho aggiunto lo stipendio che siamo disposti ad offrire”.

Claire esaminò il foglio di carta. Fischiò quando lesse l’importo. “Generoso. Dovremmo ricevere molte risposte. Lo studio se lo può permettere?” non riuscì a non domandare. Non sapeva quali fossero le reali possibilità economiche dello studio, ma non potevano essere abbastanza alte da sostenere uno stipendio a quattro zeri.

“Sono ricca, ti ricordi?” sorrise Dani caldamente. “Non ti preoccupare. Quando inizieranno a lavorare porteranno un sacco di ore fatturabili. Coprirò la maggior parte dei costi che serviranno per sostenere la studio fino a quel momento. Funzionerà”.

Claire lo sperava. Era contenta che Dani avesse fede nello studio. Le piaceva il suo lavoro e non voleva perderlo. Il suo impiego precedente—scosse il capo per evitare di pensarci. Non aveva funzionato. Nella sua mente scorsero diverse immagini del suo ex. Era uscita con Nolan brevemente dopo aver iniziato a lavorare lì. Era uno degli associati dello studio ed aveva un’attitudine ambiziosa. Sperava di diventare un socio, e lavorava a lungo per raggiungere il suo obiettivo. Claire voleva una famiglia ed un luogo da chiamare casa, ma principalmente voleva sapere com’era avere un uomo che l’amasse quanto lei amava lui. Pensava che Matt reciprocasse i suoi sentimenti. Ora però lo dubitava. Era stato un vero stronzo nelle precedenti due settimane. Stava cominciando a sembrarle di innamorarsi solo di uomini con i quali aveva lavorato. Doveva avere a che fare con la prossimità—aveva bisogno di supporto psicologico o qualcosa del genere.

Dani raccolse i documenti che Claire le aveva portato e ne sfogliò alcuni. Aprì una spessa cartella, e da quest’ultima cadde una busta bianca. Si abbassò per raccoglierla e disse, “Che cos’è?”

“Non lo so”. Claire fece spallucce. “Ho portato i documenti che hai richiesto. Non avevo abbastanza tempo per farli passare tutti. Forse Amy ha aggiunto qualcosa?” Di solito non lo faceva, ma poiché lo studio era stato un circo ultimamente, non era impossibile.

Dani studiò il foglio e scosse il capo. “È intestato a te”.

Claire si accigliò. Che diavolo era? Prese la busta da Dani e la girò. Il suo nome era stato scritto in una prestigiosa calligrafia di colore rosso. Le ricordava del—sangue. Deglutì la paura irrazionale che provava e l’aprì.

Mia carissima Claire,

possiedi il mio cuore, la mia anima e tutto ciò che sono.

Perché non torni da me? Un dono aiuterebbe?

Qualcosa di morbido e bellissimo come te? Ti manderò presto qualcosa per spronarti a tornare da me di tua spontanea volontà. Per favore non scappare più da me. Sarà così bello quando saremo insieme.

Non ti preoccupare, ci vedremo presto.

A Claire venne la pelle d’oca e ripose la lettera nella busta. Quindi la camicia da notte era forse un dono per lei. Questa busta come aveva fatto a finire in questa cartella? Forse l’aveva messa lì per sbaglio. Allontanò il disagio che provava e riportò l’attenzione su Dani.

“Non è niente” disse. “Un biglietto da parte di qualcuno che conoscevo”.

“Non qualcuno che ti piaceva molto, data l’espressione sul suo volto”. Disse Dani. “Un ex?”

Potrebbe essere stato un ex, ma lei ne aveva solamente uno, e non le avrebbe mai mandato dei regali per farla ritornare nella sua vita. Aveva voltato pagina insieme a qualcun altro. Era solo una pazzia, e non voleva pensarci troppo. Ad un certo punto l’avrebbe dovuto dire a suo fratello—Carter era un detective e sarebbe stato in grado di scoprire chi era questo suo ammiratore segreto. Fino a quel momento aveva molto lavoro da fare. Non avrebbe lasciato che un pazzo le evitasse di vivere la propria vita al meglio. Incrociò lo sguardo di Dani e sorrise. “Qualcosa del genere, immagino. Come ho detto, non è niente” accompagnò l’affermazione con un gesto della mano. “Lavorerò all’annuncio stasera e lo posterò il prima possibile”. Fissò i requisiti. “Vuoi che ne parli a Matt?”

Matt forse avrebbe pensato che Dani stesse cercando di rimpiazzarlo, poiché era molto sensibile riguardo ad ogni cosa. Non voleva avere a che fare con i capricci che avrebbe fatto quando si sarebbe reso conto quali erano i piani di Dani, ma gli avrebbe parlato se avesse dovuto farlo. Dani aveva valide ragioni a sostegno della sua decisione, ed anche Claire era un po’ egoista. Le piaceva l’idea di riavere qualcuno con cui lavorare allo studio, ma in tutta onestà, era contenta di lavorare e basta. La paga era bella e l’aiutava a pagare le bollette. Aveva ancora uno stipendio, ma molto del proprio lavoro era su base oraria. Con uno studio praticamente chiuso non aveva fatturato molte ore. Lo studio non aveva infatti portato molti introiti agli scrigni dello studio.

Era anche bello avere un appartamento da poter chiamare casa ed in cui rilassarsi—anche se aveva trascorso la maggior parte del tempo ad aiutare Matt ad adattarsi alle sue nuove circostanze. Presto sarebbe ritornata alla propria casa lasciando Matt in pace. La dottoressa credeva che sarebbe riuscito a farcela senza una compagnia costante, ma non era ancora pronta per lasciarlo andare. Voleva assicurarsi che sarebbe stato bene da solo prima di allontanarsi.

“No. Come ho detto mi fermerò da lui fra un paio di giorni. La prenderà meglio se glielo dirò io”. Dani si appoggiò allo schienale del divano, si accarezzò il petto e fece una smorfia di dolore. “Credo sia ora che prenda le mie medicine” disse, prendendo il flacone, scuotendolo ed rovesciando due pillole sul palmo della mano. “Odio prenderle, ma il mio corpo mi ricorda di avere subito un trauma ed ho bisogno dei medicinali per guarire. All’inizio ho pensato stupidamente di essere in grado di cavarmela senza, e accidenti se mi sono svegliata male quando l’effetto dei medicinali è andato scemando! Ho scoperto di non avere tolleranza per il dolore”. Ingoiò le pillole con l’acqua. “Fanno cose strane qui” Dani si toccò la testa. “Quindi le odio, eppure adoro il fatto che mi rendano più facile muovermi e respirare. Il mio polmone sta ancora guarendo dal foro che ha provocato la pallottola”.

Doveva essere brutto prendere antidolorifici tutto il giorno. Claire comprendeva però la necessità di Dani di restare concentrata. Non le piaceva lavorare con il cervello sotto strani effetti. “D’accordo, non ne parlerò con Matt. Me ne occuperò discretamente. Qualcos’altro di cui hai bisogno prima che me ne vada?”

Doveva ancora andare da suo fratello e controllare ancora Matt. Le avrebbe fatto bene ritornare a casa entro sera. Matt doveva iniziare ad imparare a dipendere da sé stesso per lunghi periodi di tempo, e molto probabilmente sarebbe riuscito a dormire la notte. Non aveva crisi dalla prima settimana in cui era tornato a casa.

“Come sta Matt?” sospirò Dani. “Mi sento un’amica orribile. Lui sta attraversando questa grossa difficoltà ed io non lo controllo neanche più”.

“Credo che tu abbia una ben che valida ragione” Claire inarcò un sopracciglio. “Non credi che si renda conto che anche tu devi guarire?”

Gli conveniva. Matt era sempre stato gentile e premuroso, almeno fino a quando aveva avuto l’incidente. Ora che la sua vista non era al massimo, era diventato uno coglione esigente. Ma Dani era la sua migliore amica, gli importava di lei. Quando aveva scoperto che le avevano sparato aveva ordinato a Claire di accompagnarlo in ospedale per controllarla. È ciò che gli amici fanno. Lei era stata al suo fianco durante la sua disgrazia, e lui aveva insistito per essere in grado di ricambiare il favore. Claire non sapeva come fosse avere amici che si supportano a vicenda nel modo in cui fanno Matt e Dani. Forse un giorno anche lei avrebbe trovato qualcuno di simile. Dani e Matt erano la cosa più vicina che aveva a degli amici, ed erano i suoi capi.

“Matt è—Matt”. Claire non riuscì a trovare un altro modo per descriverlo. “Sta meglio, ma la sua vista è ancora appannata”.

“Quindi…sta facendo il coglione” Dani conosceva il suo amico. La sua affermazione non soprese Claire nemmeno un po’.

“Più o meno” sorrise. “Ma riesco a gestirlo. Sta abbastanza bene per essere lasciato solo per lunghi periodi di tempo. Lana lo viene a controllare più di una volta a settimana. La dottoressa viene qualche giorno, e presto avrà un controllo con Ren”.

“Bene. Migliorerà” alzò lo sguardo al soffitto. “Prego che abbia la pazienza di lasciarsi guarire. Non è mai stato il suo forte”.

Era un eufemismo. Claire ridacchiò. “Non credi che lo sappia?”

“Chiamami se comincia a fare il difficile. Verrò a rimetterlo in riga” le sue labbra s’incurvarono appena in alto. “Gli ricorderò chi è il capo”.

Claire non dubitava che Dani sarebbe stata in grado di farlo. Qualcuno bussò alla sua porta. “Vado a vedere chi è”. Si alzò in piedi e si diresse alla porta d’ingresso. Quando l’aprì sorrise. “Salve Signor Brady. Ha chiamato per fissare un appuntamento prima di venire? La Signora Brosen è abbastanza impegnata oggi”.

“Spostati” disse Sullivan in tono scherzoso quando la oltrepassò. “Sono qui per vedere mia sorella. Nonostante questo sia un nuovo approccio da parte mia. Non ha ancora imparato che niente mi scalfisce?”

La donna scoppiò a ridere. Non era facile scoraggiare Sullivan Brady quando voleva fare qualcosa.

“Vattene, Sully. Non mi va di avere compagnia” disse Dani. “Mandalo via, Claire. È un bullo e non si merita civiltà”.

Sullivan non se ne sarebbe andato, e lo sapevano. Claire aveva delle commissioni da fare, un annuncio da pubblicare ed altri documenti da analizzare. Era meglio lasciare Dani e suo fratello insieme. Il suo capo avrebbe potuto protestare, ma voleva trascorrere del tempo con Sullivan. Il loro era un gioco.

“Io vado” Claire raccolse la sua borsetta ed annuì a Dani. “Ti tengo aggiornata”.

“Grazie” disse Dani. “Salutami Matt”.

“Vattene” disse Sullivan facendole l’occhiolino con fare giocoso. “Stai interrompendo il mio tempo con Dani”. Gli angoli della sua bocca s’incurvarono in alto, e poi s’abbassò per sussurrare qualcosa al suo orecchio con voce roca, “passa da me dopo. Potremmo cenare insieme qualche volta”.

Il muscolo attorno alla sua mascella si contrasse alle parole di lui. Non prevedeva niente di buono. Era meglio ignorare l’invito, infatti la donna uscì senza fare caso al tentativo di seduzione di Sullivan. Brady era troppo bello per essere vero. Una volta aveva scherzato sul trascorrere una notte con lui, ma non credeva di riuscire a gestirlo. Era un bellissimo angelo oscuro con gli occhi verdi più brillanti che aveva mai visto. Se avesse dovuto avere qualcosa a che fare con lui avrebbe perso il proprio cuore. Era abbastanza facile riconoscere le promesse vane quando le avevi già sentite tutte in passato.




CAPITOLO QUATTRO


Il sole del mattino filtrava nel finestrino in raggi abbaglianti. Matt si allungò ed abbassò il visore per oscurarsi la vista. La sua mente vagò su uno dei sui casi, e lo distrasse momentaneamente. Fu quasi un errore fatale. Udì un clacson in lontananza, attirando la sua attenzione dietro di sé, dove un camion nero procedeva a velocità abbastanza sostenuta. Sterzò, cercando di evitare l’impatto, ma non fu abbastanza veloce.

In quel momento si vide la vita davanti. Tutto andò a rallentatore. Il tipo di cose che si vedono nei film quando vogliono enfatizzare l’impatto degli eventi che coinvolgono il protagonista. Piccoli dettagli vengono messi a fuoco, ed anche lui li notò. Il suo caffè s’inclinò di lato e si rovesciò a terra. La valigia aperta sul sedile del passeggerò scivolò in avanti, allontanando il suo telefono. Una piccola macchina sportiva rossa direttamente di fronte a lui inchiodò.

Matt venne messo all’angolo.

Non riuscì ad evitare il veicolo di fronte a lui, e quello dietro stava per colpire la sua auto. Mai nella vita aveva considerato pregare, ma ora tutto era chiaro e desiderava credere in un essere superiore. Qualcosa, qualsiasi cosa che lo salvasse. Era un incubo e non aveva modo di svegliarsi.

Lo stridio dei freni si fece più acuto, ed il dolore alle suo orecchie rese tutto una vibrazione monotona. Venne spinto in avanti e colpì la testa con forza contro il volante. La cintura di sicurezza fece in modo che non venisse catapultato fuori dal sedile. Una fitta di dolore lo colpì alla spalla, fermandogli il respiro. Cercò di alzare le mani per portarsele alla gola e boccheggiò in cerca di aria. Attorno a lui volavano schegge di vetro mentre la sua auto veniva accartocciata. I suoi occhi vennero colpiti da infinitesimali schegge, accecandolo momentaneamente. Matt cercò di allontanare il fastidio crescente nei suoi occhi sbattendo le palpebre, ma più chiudeva gli occhi più il dolore si faceva intenso. Venne pervaso dall’agonia. Il suo corpo era un insieme di interminabile disperazione. Era difficile capire da dove cominciasse. Non era più Matt, era qualcun altro che viveva questo momento tragico.

Il volto di Claire gli balenò nella mente. Aveva così tanti rimpianti. Così tante cose che avrebbe voluto riparare. Ora non avrebbe mai più avuto l’occasione di farlo. L’aver fallito nel cogliere l’occasione con lei era una perdita dalla quale non si sarebbe mai più ripreso. Era l’epifania di cui necessitava—anche se gli era pervenuta troppo tardi per cambiare qualcosa. Tutto accadde in un flash di momenti, eppure lo annientò tutto allo stesso momento. Ciò che vide era il ricordo sfocato di una vita alla quale avrebbe potuto non ritornare mai più. La sua auto venne accartocciata in una scatola di metallo e vetro, e Matt si rese conto che non c’era niente che potesse fare per aiutare sé stesso. Era troppo tardi, era troppo, un finale prima di aver avuto l’occasione di iniziare. Perché non aveva fatto qualcosa prima? Perché era stato stolto…

Si udirono urla nel caos. La sua gola era secca e la sua vista—Dio, non vedeva niente. Qualcosa di liquido gli bagnava il volto. Matt cercò di sollevare la mano ma non riuscì a muoverla. In quel momento si rese conto che le urla provenivano dalle sue labbra, e che era quasi certo che non avrebbe vissuto abbastanza a lungo per dire a Claire che l’amava…

“Matt, svegliati” ordinò Claire.

Non si mosse. La sentiva chiamarlo vagamente. Voleva andare da lei, ma era difficile. Il suo corpo era congelato nell’incubo dell’incidente. La fatica di liberarsi e raggiungere la realtà impiegò ogni briciolo della sua volontà. L’incubo era qualcosa che cercava di evitare, ma che lo perseguitava comunque. Era il tormento con cui viveva ogni giorno. Pensava che quel giorno sarebbe morto, eppure era ancora vivo. I rimpianti che aveva realizzato di avere in quel momento non se n’erano andati.

La differenza era che ora non pensava di meritarsi Claire. Non ne era degno, e non aveva il diritto di dirle quanto il suo amore per lei fosse cresciuto con gli anni. Lui si meritava qualcuno meglio di lui. Matt aprì gli occhi al suono della voce di lei. Sbatté le palpebre diverse volte, ma davanti a lui vedeva comunque tutto sfocato. Il colore biondo oro dei suoi capelli si mescolava al suo viso. Se non fosse stato abituato alla sua voce, non avrebbe avuto idea che davanti a lui si trovava Claire.

“Che succede?” le domandò alzando la mano per asciugarsi il sudore da un sopracciglio. “Perché mi hai svegliato?”

“Stavi urlando”. Gli passò le mani fredde nei capelli bagnati dal sudore. “Era come se…” s’interruppe e rimase in silenzio per qualche momento. “Che cosa stavi sognando?”

La sua voce era colma di preoccupazione. Odiava il fatto che tutto ciò che lui faceva sembrava preoccuparla. Matt non voleva dirle dell’incubo. Lo tormentava molto più di quanto volesse ammettere, ma questa era stata la prima volta in cui si era palesato con Claire presente. Era il suo fardello, e non l’avrebbe sporcata con la bruttezza dello stesso, ed era qualcosa che non poteva essere cambiato. Il risultato era la sua nuova realtà. Aveva tamponato quell’auto, ed il camion dietro di lui aveva tamponato il suo veicolo. La conseguenza era stata una reazione a catena di gomme stridenti, metallo piegato e vetri rotti. Allontanò l’immagine e riportò l’attenzione su di lei. “Non è niente di cui ti devi preoccupare”.

“Troppo tardi” sbuffò lei. “Sono preoccupata. Non puoi fare in modo che io smetta di tenere a te solo perché ti mette a disagio”.

Matt avrebbe desiderato poterla tirare a sé e baciarla. Era una pessima idea. La cosa peggiore che avrebbe potuto fare in quel momento. Quante volte doveva ricordare a sé stesso che lei meritava molto meglio di lui? Aveva avuto la sua possibilità e l’aveva sprecata. Come avrebbe potuto sapere che la vita gli avrebbe messo davanti una difficoltà di proporzioni epiche? Non c’era modo di saperlo. Lei doveva andare avanti con la sua vita e trovare qualcun altro, perché Matt non sarebbe stato nient’altro che un fardello. Non poteva aspettarsi che Claire si sarebbe presa cure di lui per il resto della sua vita. Se avesse avuto l’occasione di rimettersi in sesto e scoprire chi era adesso, l’avrebbe dovuto fare da solo. Era ora di smettere di compatirsi e ricominciare a vivere. Ciò significava che Claire doveva andarsene, e lui doveva imparare come vivere senza di lei. L’amava—forse l’avrebbe sempre amata, ma non poteva più dipendere da lei. Matt si era preso cura di sé stesso per anni, e si ricordava eccome chi era.

“Hai ragione” certo che aveva ragione. Non significava però che lui sarebbe dovuto essere il soggetto del suo ricordarselo giornalmente. “Non ti avevo detto di andare? Che ci fai qui?”

La donna sospirò. “Credo di averti detto che tu potrai vincere la battaglia, ma io vincerò la guerra”.

Giusto. Aveva detto qualcosa del genere. Beh, poteva lasciare che lei pensasse che i due fossero coinvolti in un match che avrebbe decretato un vincente, ma la verità era che non ne sarebbe valsa la pena. Claire doveva comprendere ciò che lui aveva già fatto. “Non c’è nessuna guerra”.

“Certo che sì. Prima hai delimitato i confini. Io ho colto il guanto di sfida”.

Matt chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. “Pensavo veramente ciò che ho detto. Forse mi sono espresso male”.

Lei emise una risata nasale. “C’è un solo modo per esprimersi al riguardo”.

“Ad ogni modo…” sentii un muscolo della sua mascella contrarsi quando un dolore lo pervase all’interno. Era più difficile di quanto pensasse. “Ho bisogno che tu vada a casa. Non posso averti qui tutti i giorni”.

Claire rimase in silenzio alle sue parole. A che cosa stava pensando? Matt desiderava più di ogni altra cosa vedere il suo volto. Il suo bellissimo viso a forma di cuore che lo perseguitava. Almeno poteva trovare rifugio nei suoi ricordi, ma non era la stessa cosa come vivere la vita al presente. Claire illuminava il suo mondo come niente e nessun’altro. Sfortunatamente lui rabbuiava invece quello di lei. Non poteva permettere che i suoi problemi ricadessero più su di lei. Matt doveva andare avanti con la propria vita. Non poteva sapere che cosa essa avesse in serbo per lui. Avrebbe o non avrebbe potuto riacquistare la vista. Era qualcosa che solamente il tempo avrebbe potuto rivelare. Nel frattempo doveva pianificare ogni possibilità.

“Non mi chiedi della mia giornata?”

Che cos’era esattamente? Una distrazione? Una mancanza? Non poteva lasciare che questo cambio d’argomento facesse in modo che i suoi desideri fossero ignorati. “Non ignorare ciò che ho detto solo perché non ti piace”.

Lei si alzò dal letto facendolo rimbalzare indietro dallo scompenso del peso. Quando Claire finalmente parlò, sembrava come se si trovasse dalla parte opposta della stanza. Si voltò nella direzione della voce. Un flash di rosa e nero, ed una luce splendente l’avvolse in un’aura dorata. La luce del sole che filtrava dalla finestra donava ai colori un tono più vibrante. Le diverse sfumature quasi bruciavano la sua vista facendogli venire voglia di allungarsi verso di lei e toccarla.

“Ho visto Dani oggi”.

Si morse il labbro. Forse l’avrebbe lasciata parlare un po’ più a lungo. Avevano sparato a Dani ed era quasi morta. La sua migliore amica, e l’unica persona sulla quale era stato in grado di contare nel corso degli anni. “Come sta?”

“È a casa, prova ancora dolore, ma sta organizzando il suo matrimonio”.

Gli angoli della bocca di Matt s’inclinarono in alto. “Non ho mai pensato di vederla legarsi ad un uomo per il resto della sua vita”.

Il sorriso sulle sue labbra cadde alle sue stesse parole. Non l’avrebbe vista perché la sua vita continuava ad eluderlo. Voleva guardarla percorrere la navata. Matt desiderava vedere la felicità brillare sul suo volto. Per tutto il tempo in cui era stato in ospedale, aveva desiderato aprire gli occhi per riuscire finalmente a vedere tutto. Dani e Ren che si erano trovati nel bel mezzo del caos, ed avevano scoperto qualcosa di molto più bello. Per quanto Matt fosse felice per lei, era altrettanto disperato per sé stesso. L’autocommiserazione non aveva mai fatto bene a nessuno, quindi allontanò i pensieri negativi.

“Non hanno stabilito una data certa, per quanto ne so. Dani deve ancora guarire”.

“Già”. Matt odiava l’idea che la sua migliore amica stesse soffrendo, e non poteva aiutarla in nessun modo. Almeno poteva trovare conforto nel sapere che l’uomo responsabile dell’atto si trovava in prigione e non le avrebbe più fatto del male.

Claire si schiarì la voce e poi disse, “Ad ogni modo, mi sono fermata da lei per consegnarle dei documenti dall’ufficio”.

Matt s’accigliò. Non aveva considerato lo stato delle cose in ufficio. Poiché entrambi erano feriti, lo studio sarebbe andato in pezzi. Dani era appena stata dimessa dall’ospedale. “Non dovrebbe lavorare nelle sue condizioni”.

“Non essere ridicolo. Non andrà in tribunale” sospirò Claire. “È ancora in grado di pensare e recensire dei documenti. Dalle un po’ di fiducia per il fatto di aver mantenuto il suo intelletto e la sua abilità di usare il cervello con il quale è nata”.

Accidenti. Aveva ancora ragione. Avrebbe dovuto smetterla di ribattere, intanto che c’era. “Scusami. È—beh—mi preoccupo”.

Claire scoppiò a ridere. “Non saresti tu se non ti preoccupassi. Dani sta bene. Ha il suo dottore personale che si prende cure di lei”.

Una fitta di dolore lo raggiunse al cuore. Non era niente di più di un accenno d’invidia. Desiderava ciò che Dani aveva. La gelosia non era qualcosa con cui solitamente lui aveva avuto a che fare, eppure non poteva sopprimere ciò che provava al momento. Forse quando si sarebbe rimesso in senso l’avrebbe avuto anche lui. Fino ad allora avrebbe solamente dovuto sperare di rispettare le sue aspettative. “Quando ti trasferisci?”

“Siamo già ritornati su quello?”

“Non ce ne siamo mai allontananti” scosse il capo. “Non ho intenzione di lasciar stare”.

Che cosa doveva fare per farle capire? Era così testarda, meravigliosa e bellissima. Ovviamente l’ultimo aspetto rappresentava solo un ricordo.

Gli altri aggettivi invece erano evidenti ogni giorno. Claire sopportava molto da parte di Matt. Era ora che lei ricominciasse a vivere. Dovevano farlo entrambi.

“Che ne dici se intavoliamo questa discussione dopo la tua prossima visita con Ren?”

Lui fece per interromperla, ma lei non glielo concesse.

“Non cercare di convincermi. Non me ne andrò a meno che lui non dica che non è un problema lasciarti solo. Parlerò anche con la tua dottoressa e con Lana. Se tutti e tre sono d’accordo, allora me ne andrò”.

“D’accordo” si trovò d’accordo con riluttanza. Avrebbe telefonato a tutti e tre per assicurarsi personalmente che potessero essere d’accordo sul fatto che avrebbe potuto vivere da solo. Matt non voleva pensare a questa cosa fra di loro come una guerra, ma non significava che non potesse attuare delle strategie meglio di un generale pluridecorato. “Accetto questi termini”.

Specialmente se intendeva utilizzarle a proprio favore.




CAPITOLO CINQUE


Matt venne sospinto in avanti quando l’auto urtò un piccolo dosso mentre Claire manovrava l’auto nel parcheggio dell’ospedale. Era il giorno in cui avrebbe appreso se la sua vista stava migliorando o se…deglutì il nodo alla gola. L’alternativa non era qualcosa a cui voleva dar voce. Era inaccettabile considerare il fatto che avrebbe potuto non vedere mai più. La vista offuscata che aveva dovuto sopportare durante il mese precedente era fastidiosa, e non aveva percepito segni del fatto che stesse guarendo.

L’auto si fermò. “Sei pronto per entrare?” domandò Claire.

No, non lo era. Non del tutto. In ospedale avrebbe o ricevuto belle notizie—o le peggiori. Ad ogni modo non era certo di essere sicuro di volerne sapere qualcosa. La sua vita era stata un limbo per troppo a lungo. Non ne aveva però parlato. L’ultima cosa che voleva fare era riversare tutte le sue ansie su Claire. Le avrebbe dato un’ulteriore ragione per restare a controllarlo. “Certo”. Alzò la mano e cercò la maniglia all’interno della portiera. “Andiamo a vedere il Dottor Sousa”.

“Ti posso aprire io la portiera”.

“No” sbottò lui. Contrasse con forza la mascella. “Riesco ad aprirmi da solo la dannata portiera”.

Posò la mano sulla maniglia e tirò. L’aprì e prese un respiro profondo. Tutto era molto più difficile di com’era prima, ma non era invalido. Poteva fare certe cose, e non aveva bisogno che Claire lo aiutasse anche nei minimi aspetti.

“Matt…”

L’ignorò e scese dal veicolo. Poi si rese conto che aveva bisogno di lei. Non aveva idea di dove si trovassero nell’affollato parcheggio, figurarsi individuare l’ingresso dell’ospedale. Accidenti, era così frustrante. Si appoggiò alla portiera ed attese che Claire si posizionasse al suo fianco. Ogni minuto in cui rimaneva inerte e dipendente da qualcun altro lo irritava sempre di più.

“Scusami” sospirò lei. “Non è mia intenzione darti fastidio”.

“Tranquilla” rispose, ed un muscolo della sua mascella si contrasse. Non voleva le sue scuse. “Adesso possiamo entrare?”

Gli cinse la vita con un braccio e cominciarono a camminare. Matt distingueva alcuni oggetti. La maggior parte di loro dedusse che fossero auto nel parcheggio. Non che potesse vedere la loro forma, ma aveva senso. I diversi colori erano evidenti, ma dopo un po’ presero a mescolarsi uno nell’altro. Udì le porte slittare ed aprirsi, ed entrarono. Claire lo guidò in ogni passo del tragitto, lungo il corridoio, sull’ascensore e finalmente nello studio di Ren.

“Ren?” Claire busso alla porta.

“Entrate” rispose il dottore.

Matt le concesse di aiutarla ad entrare. Si allungò e tastò la sedia prima di accomodarcisi lentamente. “Hai buone notizie?”

Avrebbe desiderato vedere l’espressione sul viso di Ren. L’avrebbe aiutato a comprendere. Basarsi solamente sul suo tono di voce non gli avrebbe dato la possibilità di capire il quadro completo. Si trattennero poiché non volevano indispettirlo. Anche Dani aveva tentennato attorno al problema in modo che Matt non si dovesse preoccupare. Era la sua vita quella che era stata irrevocabilmente cambiata dall’incidente.

“Ci sono stati dei miglioramenti negli ultimi raggi che abbiamo fatto”.

Perché non sembrava felice? La sua voce era piatta come sempre. Perché non era qualcosa per cui festeggiare? Ogni miglioramento era qualcosa per cui aveva pregato ogni volta in cui era venuto ad un controllo dai dottori e durante gli incessanti test. Il suono blando della voce del Dottor Sousa lo faceva irritare. I pami delle sue mani erano umidi—Matt se li asciugò sui pantaloni e disse, “è una bella cosa, vero?”

“I tuoi test vanno bene” Ren s’interruppe. “Infatti mi aspettavo che la tua vista progredisse un po’ di più perché appunto, le analisi vanno bene. Mi preoccupa il fatto che la tua vista non sia migliorata”.

Matt rilassò la schiena sulla sedia ed assimilò le parole del Dottor Sousa. Doveva stare meglio…eppure così non era. Che cazzo si doveva fare di tale informazione? Era difettoso. Beh, se si guardava in tal modo—lo era. Fare tutto nel modo più complicato era il proprio modo di vivere la vita. Sembrava una buona idea arrampicarsi sulla collina quando avrebbe potuto scivolare giù dalla stessa facilmente. Forse era un modo testardo del suo corpo di agire come il suo solito.

“Che cosa significa?”

Udiva il fruscio dei fogli, ma oltre a ciò l’accoglieva solo il silenzio. Gli vennero le vertigini ed ondeggiò. Allungò il braccio e si issò alla scrivania di Ren. Ragnatele d’incertezza colmavano la sua mente. Sarebbe stato sempre così? Sarebbe guarito, eppure non era ancora successo. Che brutte notizie stava per dargli Ren?

“Matt?” Claire attirò la sua attenzione, nella sua voce era impressa preoccupazione. “Che cosa sta succedendo?”

Scosse il capo, “sto bene”.

“Non sembri stare bene. Non è il momento di trattenersi”.

Matt strinse la mano attorno al bracciolo della sedia. Non aveva bisogno di questo. “Claire, lasciami solo con Ren. Devo parlargli in privato”.

“Non…”

“Va’” ordinò lui, interrompendo la sua obiezione. “Ritorna fra poco”.

“Se ne sei sicuro” la sua voce era esitante. Sentì poi le scarpe di lei spostarsi sul pavimento. Claire si abbassò e gli mise una mano sulla spalla. Era immobile, forse cercava una ragione per restare. Nessuna quantità di esitazione gli avrebbe fatto cambiare idea. Se non fosse stato scortese lei avrebbe trovato un modo per restare, e lui non poteva far sì che ciò accadesse.

“Lo so”. I muscoli della sua mascella s’indurirono. “Non sei necessaria qui”.

Claire soppresse un sussulto dalla sorpresa alle parole di lui. La sedia di Claire indietreggiò quando si alzò in piedi. “Ren, mi puoi chiamare quando hai finito? Ho bisogno di un po’ d’aria fresca”.

“Sì, certo” disse Ren. “Non dovremmo metterci troppo”.

I tacchi delle sue scarpe produssero un morbido rumore mentre se ne andò, ma Matt non tentò nemmeno di guardarla andarsene. Sembrava che fosse un comportamento inutile, poiché la sua vista continuava ad eluderlo. Era questo adesso, ed era ora di accettarlo. Claire sarebbe dovuta uscire dalla sua vita. Era l’unica scelta che ancora le restava.

“Siamo soli” cominciò Ren. “Mi vuoi dire che cosa succede nella tua testa?”

Dove cominciare? La sua vita faceva schifo. Non aveva idea di che cosa avrebbe fatto. Claire era la donna che voleva, e non credeva di poterla raggiungere. Non aveva niente da offrirle. Oh, e la cecità era più o meno permanente.

“Voglio che mi spieghi senza mezzi termini. Che possibilità ci sono di sistemare ciò che non va in me?”

“Credi che vedrai offuscato per il resto della tua vita, vero?” domandò Ren con fare calmo. “La mia onesta opinione è che è questo il tuo problema”.

Che diavolo significava? “Non ti sto seguendo. Che cosa c’entra? Non ha senso”.

“Per farla semplice, non c’è un motivo medico dietro la tua continua cecità. Tutti i testi hanno mostrato che sei guarito e che le ferite si stanno sgonfiando. Sei sano, ed i tuoi occhi dovrebbero esserlo altrettanto”.

Ma. Che. Cazzo? “Allora per favore spiegami perché i miei occhi si rifiutano di cooperare”.

Ren sospirò. “Non lo so, ma credo sia psicologico”.

Il buon dottore stava dicendo che era malato di mente? Dopo aver considerato le cose doveva concedergli che aveva ragione. “Spiegami. Che cosa devo fare per riacquisire la vista? È possibile?”

“Sì, con l’ausilio della terapia dovrebbe esserlo”.

Matt prese un respiro profondo. “Non stai parlando di terapia fisica, vero?”

Forse era una bella idea vedere uno strizzacervelli. L’incidente l’aveva danneggiato in molti modi. Gli incubi continuavano ad assillarlo ogni notte. Non voleva parlarne con Claire, ma un professionista sarebbe stato necessario per mettersi tutto alle spalle.

“No. Ti consiglio uno psichiatra. L’incidente ti ha messo alla prova. Ti aiuterà in molti modi. Che sia ciò che ti blocca emotivamente—ti potrebbe aiutare a mettertelo alle spalle. Dopo che sarai guarito in ogni aspetto credo che riacquisirai la vista”.

Il disagio lo pervase. “La fai sembrare semplice”.

“Niente di tutto ciò sarà semplice. Non è semplice come guarire qualcosa di fisico. È tutto mentale, e non guarirai a meno che non sarai pronto. In qualche modo è molto più difficile di ciò che faccio io. Ho molto rispetto per coloro che gestiscono le complessità della personalità, del carico emotivo ad ogni altro aspetto psicologico. Non è una scienza esatta”.

Una parte di lui non comprendeva come ciò che Ren stava dicendo potesse essere possibile. Perché mai impedirebbe a sé stesso di vedere? Era tutto ciò per cui aveva pregato da quando si era svegliato nel letto d’ospedale con le garze che ricoprivano ogni centimetro del suo viso. Se avesse riacquistato la vista sarebbe stato in grado di rivendicare la propria vita—e forse avrebbe potuto smettere di comportarsi da coglione con Claire. Odiava la sua attitudine con lei più di ogni altra cosa. Non si meritava di soffrire tutta la frustrazione di lui. Era uno dei motivi per il quale voleva che Claire se ne andasse e trovasse qualcos’altro su cui concentrarsi. Ma se la sua condizione fosse stata psicologica, forse avrebbe iniziato a lavorare su qualsiasi cosa la bloccasse. Che parte di lui era così danneggiata da non far migliorare la sua vista?

“Quindi la tua opinione di esperto è che sono una persona fottuta, ed il mio problema va oltre le tue capacità”.

“Capisco perché piaci a Dani” rise Ren. “Ma sì. Non c’è niente di medico che possa fare per te. Vuoi che chiami la Dottoressa Adams e fissi un appuntamento?”

Davvero? Una parte di lui voleva correre urlando nella direzione opposta. Non farlo. Continuare a correre e non guardarsi indietro—era l’unica cosa che si vedeva in grado di fare. Gli ci volle tutto dentro di sé per non arrendersi al bisogno. La verità era che era molto più che spaventato di cercare di farcela da solo piuttosto che vedere uno strizzacervelli. Che cos’avrebbe fatto se fosse riuscito a trovare un modo per uscire dallo studio di Ren? Forse sarebbe andato a sbattere contro il primo muro e si sarebbe ferito nuovamente il suo cervello già danneggiato. La cosa non gli lasciava molte opzioni. Infatti per quanto ne sapeva ne aveva solamente una.

“Sì. Prendi l’appuntamento”.

Ren sollevò il telefono e si accordò con la dottoressa. Matt lo ascoltò parlare con la segretaria. “Grazie, Christie. Dì a Marlee di chiamarmi se avesse delle domande”.

“Ecco fatto”. Ren strappò il foglietto sul quale aveva scritto. Il suono della carta che veniva stracciata riempì le orecchie di Matt. “Vuoi che lo dia a Claire?”

“No” contrasse la mascella con forza. “Dallo a me”.

Ren porse a Matt il foglietto. Dopo averlo stretto nella mano lo infilò nella tasca dei pantaloni. “Voglio che tu dica a Claire che sto abbastanza bene per non avere una babysitter in pianta stabile”.

“Sei sicuro che sia una buona idea?”

“Non posso più averla nella mia casa” Matt voleva che lo lasciasse in pace—il che non era completamente vero, ma era per il meglio. Lei si meritava molto di più di ciò che lui aveva da offrirle. Se fosse riuscito a riacquistare la vista, allora forse…non ci voleva pensare. Desiderare qualcosa non la faceva accadere, e gli conveniva andare avanti come meglio poteva. Senza Claire. “Non sarò in grado di concentrarmi con lei in casa. Sono assistito anche da altri, ma non voglio qualcuno in casa mia tutto il giorno”.

Ren tamburellò sulla scrivania con qualcosa. Forse una penna? Cliccava in un ritmo che era quasi ipnotizzante, riempiendo il silenzio mentre attese che il dottore rispondesse. Tap. Tap. Tap. Matt si concentrò sul suono e si ricordò di avere pazienza, il che non era il suo forte, ma era qualcosa di necessario tutto il tempo. Dopo qualche secondo Ren interruppe finalmente il tamburellare e rispose, “Accetterò ad una condizione”.

“Tutto quello che vuoi” rispose Matt. Avrebbe venduto la propria anima pure di ottenere ciò che voleva. “Dimmi”.

“Chiamami se avrai bisogno di qualcosa. Mi sentirò meglio sapendo che avrai qualcuno che ti controllerà almeno una volta al giorno. E prima che tu possa obiettare, non deve essere Claire. Fissa degli appuntamenti con Lana o Dani quando si sarà ripresa. Non m’importa chi sia, a patto che tu accetti. Non sei pronto per stare completamente solo”.

“M’inventerò qualcosa” a Matt non piaceva la cosa, ma avrebbe preferito che fosse un medico a controllarlo piuttosto che Claire. “La terapista occupazionale viene già tre giorni alla settimana. Lana due volte. Ho i weekend liberi”.

“Io e Dani possiamo venire di domenica. Trova qualcun altro per il sabato e siamo a porto”.

Matt sorride. “Grazie, Ren. Come sta Dani?”

“Bene. È un po’ testarda, irascibile e autoritaria”.

“E la ami” gli angoli della bocca di Matt si contrassero in alto. Era geloso, ma anche felice per la sua migliore amica.

“La amo. L’ho sempre amata” commentò Ren. “So che le piacerebbe vedere come stai, quindi sarà felice di sapere che ti verremo a trovare tra un paio di giorni”.

“Mi manca. Dille di non fare troppo” scoppiò a ridere. “So che è più facile a dirsi che a farsi. Sono consapevole di quando possa essere testarda”.

Matt aveva incontrato Dani al college, ed erano diventati migliori amici. Frequentarono la stessa facoltà e poi aprirono lo studio associato nella loro città natale. Ren era stato il suo migliore amico alle superiori e l’uomo che avrebbe sempre conservato il suo cuore. Dani pensava di aver perso la sua occasione con lui, ed era andava avanti come meglio aveva potuto. La vita però aveva avuto altri piani per lei, e si era assicurata che ritrovassero il modo per stare insieme. Ora erano gioiosamente innamorati e stavano programmando di trascorrere il resto della vita insieme.

“È vero. Vuoi che chiami Claire?”

Il sorriso di Matt scomparve dal suo viso. Claire sarebbe stata incazzata con lui. Non aveva voluto lasciarlo solo con Ren, ma non aveva avuto scelta. Era stato l’unico modo per assicurarsi che non si sarebbe intromessa quando Matt avrebbe chiesto a Ren di supportare la sua decisione di stare solo.

“Sì, scrivile. Forse risponderà più velocemente in tal modo” disse. Doveva affrontare la realtà. “Sono pronto per andare a casa”.

E spiegare a Claire perché doveva lasciarlo stare e vivere la propria vita. Non era stupido. Sapeva che lei lo amava tanto quanto lui amava lei. Ma questo era l’unico modo. Con il tempo avrebbe compreso.




CAPITOLO SEI


Claire fissò il telefono. I minuti erano trascorsi lentamente, e la facevano sentire come se si fosse trovata fuori dallo studio di Ren da ore, piuttosto che da venti minuti. Perché Matt le aveva ordinato di uscire? Le faceva più male di quanto volesse ammettere. Era stata al suo fianco per tutto il tempo, eppure sembrava irrilevante. A volte si domandava perché si disturbasse. Niente che lei faceva lo rendeva felice.

Subito era stata in grado di accantonare tale sensazione. Lui era ferito, spaventato e stanco. Tutti esageravano quando vivevano un periodo stressante. Non poteva incolparlo per quello. Oh, ma voleva. Esalò e si appoggiò al muro. Camminare avanti e indietro non aveva aiutato, e non le sembrava sensato proseguire con il futile esercizio.

“Claire, che ci fai qui?”

Si voltò al suono del suo nome. Accidenti. Doveva proprio essere lui. “Ciao, Nolan”. Il suo stupido, buono a nulla, traditore e complessivamente un coglione di un ex fidanzato. Si guardò attorno, e poi riportò l’attenzione su di lui. “Rincorri ancora le ambulanze? Hai bisogno di altri clienti?”

“Non è nemmeno lontanamente divertente”. Alzò il mento. “Lavoro per una compagnia molto rispettabile, come tu ben sai. Non dobbiamo cercare i nostri clienti. Loro vengono da noi”.

Claire era al corrente della reputazione della compagnia per la quale Nolan lavorava. Lo studio legale era stato il primo luogo in cui aveva fatto domanda quando si era laureata. Era una buona compagnia. Se non fosse stata per la disastrosa relazione con Nolan, forse sarebbe ancora lì. Ovviamente non avrebbe mai lavorato con Matt e Dani. Alcune cose succedono per un motivo.

Guardò dietro di sé e vide che la porta era ancora chiusa. Come mai ci stavano mettendo così tanto? L’incontro improvvisato con Nolan non era di suo gradimento. Prima se ne sarebbero andati meglio sarebbe stato. Guardò nuovamente il suo telefono—Ren le aveva scritto che Matt aveva finito. Come mai ci stava mettendo così tanto? Perché era ancora dentro?

“Aspetti di vedere il Dottor Sousa?” domandò Nolan. “Ho sentito che è fidanzato. Forse dovresti trovare un altro uomo da tormentare”.

Claire alzò gli occhi al cielo. “Sì, infatti è fidanzato con il mio capo. Prova ad indovinare chi non è invitato al matrimonio?” alzò ed abbassò le sopracciglia. “Ti do un indizio. Il suo nome inizia con la N, e oh sì, finisce anche con una N”. Poi si guardò le unghie comportandosi con più disinvoltura possibile. “Che peccato, veramente. Sarà l’evento mondano della stagione. Dani è la Brady persa—pensa quante mancate opportunità per lisciare qualcuno” sospirò. “Che peccato”.





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Matt e Claire impareranno ad avere fede uno nell'altra abbastanza a lungo per scoprire un amore indissolubile? Matt e Claire impareranno ad avere fiducia l’uno nell'altra abbastanza a lungo da scoprire un amore indissolubile? Matthew Price perde la vista dopo essere stato coinvolto in un incidente d'auto che gli sconvolge la vita. Dipendere dagli altri è frustrante, e un colpo al suo orgoglio. Allontana tutti, specialmente la donna a cui ha sempre tenuto. In quanto disabile, Matt non crede di avere il diritto di confessarle ciò che prova. Claire Jackson è da tempo innamorata segretamente di Matt, e da quando è rimasto ferito, il suo cuore ha sofferto. Lo aiuta, anche quando lui fa di tutto per allontanarla, fino a quando un giorno accade qualcosa di orribile che minaccia di distruggerli per sempre. Il pericolo si cela all'orizzonte; potranno fidarsi reciprocamente ed accettare finalmente l'essere fatti l'uno per l'altra?

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