Книга - Il Ricordo Di Te

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Il Ricordo Di Te
Sara Ingardia






IL RICORDO DI TE



Sara Ingardia


Citazione

« Amore desta le cose che dormono;

le tenebrose illumina;

dà vita alle cose morte;

forma le non formate e dà perfezione alle imperfette »

(Ficino)


Introduzione

12 settembre 1981- Mérida (Yucatan)- Messico

Il sole spiccava alto nel cielo e la tonaca scura sembrava attirare ancora di più i raggi cocenti sulla sabbia dorata. Stretto tra le mani il rosario che suor Mariette recitava sottovoce invocando nella preghiera l’aiuto Divino in quella cittadina remota dove c'era la necessità di ritrovare la legge di Dio ovvero l’Amore in tutte le sue forme, ostacolato e messo all’angolo dagli interessi di persone che avevano abbandonato i loro valori, rimanendo intrappolati nell’invitante e peccaminoso mondo della corruzione.

Le religiose si prodigavano ad accogliere giovani donne afflitte da scelte imposte e da convenzioni antiquate che le vedevano spose-schiave di uomini senza scrupoli.

La guerra tra poveri incrementava un tasso di criminalità sempre più cospicuo, spingendo disperati in cerca di un futuro migliore ad affidarsi nelle mani dei trafficanti di schiavi che invogliavano con false promesse i malcapitati nell’illusione di una felicità possibile al di là della frontiera.

Il gracchiare improvviso di un gabbiano la fece sobbalzare. Alzò lo sguardo e venne abbagliata dalla luce solare, socchiuse gli occhi ed improvvisamente si accorse che qualcosa giaceva sulla riva.

Con cautela si avvicinò spaventata all'idea di trovare un cadavere.

Voltò il corpo esanime di una donna e ne tastò il polso con la speranza di avvertire un accenno del battito cardiaco. Sospirò profondamente quando sentì le flebili pulsazioni “ Grazie al Cielo!”

sussurrò.

Indossava una sottoveste nera ridotta in brandelli. Notò che il braccio sinistro era segnato da una brutta ferita sanguinolenta e profondi ematomi violacei marcati sulle gambe. Le balzò subito alla mente un terribile pensiero e rabbrividì all'idea che un uomo avesse potuto ridurla in quello stato.

I lineamenti del viso non avevano la fisionomia di una donna messicana, la preziosità della sua sottoveste in seta faceva pensare più ad una nobildonna d'altri tempi.

Al collo pendeva una collana alla cui estremità era infilato un ciondolo a forma di cuore in madreperla ed inciso sul retro il nome Vivienne.

“ Il tuo nome ha tracciato il tuo destino" esclamò.

Iniziò a correre in direzione del Convento ma la sabbia appesantiva i suoi passi e l’abito talare la fece cadere in un tonfo sordo. Rialzandosi senza batter ciglio, prese tra le mani i lembi della gonna e li alzò leggermente per impedire di nuovo una rovinosa caduta. Affrettò la marcia raggiungendo il luogo religioso senza fiato.

Raggiunse le Consorelle che si mobilitarono per accogliere la sventurata nella loro congrega.



***

Uno spiraglio di sole fece capolino dalla finestra dove la sconosciuta giaceva ancora dormiente, accanto a lei suor Mariette, vegliò per tutta la notte il suo sonno tormentato.



Il bisbiglio sussurrato delle preghiere recitate dalla monaca le fecero aprire gli occhi. Batté le palpebre cercando di mettere a fuoco e realizzò di essere sdraiata su una branda in una stanza color salmone che odorava di incenso e Choisya ternata, fiori dalla fragranza dolce.

Confusa, scostò il lenzuolo che adagiato al suo corpo la copriva sino alla vita. Ebbe una vertigine che la fece sprofondare di nuovo sul cuscino come una calamita, venne attratta dalla forza magnetica del suo organismo che stava combattendo contro l’infezione delle ferite cosparse sull'intero corpo.

“ Non si deve affaticare” disse sussurrando “ Ha la febbre molto alta”. La temperatura sfiorava i 39°

e la testa le doleva pesantemente in parte per il trauma cranico dovuto all’impatto con l’acqua gelida e in parte per la stanchezza ma nonostante questo ricordava benissimo cosa era accaduto. La memoria era rimasta intatta, limpida come le acque di un ruscello che mostra ogni piccolo sassolino presente sull’alveo. Parte di quel vissuto avrebbe voluto farlo morire senza pietà nelle acque di quell’oceano e trattenere a sé solo il ricordo di Nathan.

Improvvisamente la consapevolezza che lui non era sopravvissuto a quel naufragio si fece sempre più concreta.

Sussurrò il suo nome illudendosi per un breve attimo che potesse materializzarsi accanto a lei, stringendole la mano e facendola sentire amata come solo lui sapeva fare ma bastò lo sguardo rammaricato della religiosa a farle comprendere che lui le era stato strappato via, risucchiato dalle torbide acque dell’oceano nemico in una notte che avrebbe dovuto segnare la svolta concreta verso la felicità auspicata.

Spaventata, iniziò a parlare, ma il suono della voce era totalmente assente. A cause del trauma cranico era diventata muta.

Vivienne venne ospitata per lungo tempo nel Convento delle Religiosas de la Cruz del SagradoCorazón de Jesús a Mérida, nello Stato dello Yucatan situato nel sud-est del Messico, dove il tempo sembrava non passare mai e la vita scorrere a ritmo di clessidra, granello dopo granello, lentamente e seguendo una via a senso unico, dove il nascere del sole portava ad una nuovo ed imprevedibile inizio e il tramonto infiammava i sentieri percorsi durante il cammino del giorno lasciando con sé una scia di frammenti vissuti.

Trascorsero settimane, e le condizioni fisiche della donna sembravano migliorare, ma dentro di lei, la solitudine era diventata sinonimo di mancanza chiusa nel suo animo e visibile nei suoi occhi lacrimosi di tristezza. La sua mente vagava in un senso di smarrimento dove il buio delineava un unico sentiero. Tutto riconduceva a Nathan.

Convinse se stessa che il peccato commesso innamorandosi di un altro uomo, aveva condotto il fato vendicatore a riprendersi la felicità che attraverso sguardi lussuriosi e parole d’amore era riuscita a conquistare, abbandonandola nella più profonda solitudine in un segno di castigo.

Quella mancanza rappresentava più uno stato mentale, ed era molto diversa dalla sensazione di desolazione che provava quando stava accanto a Christopher; una parte di lei si era dissolta e ora la realtà incombeva prepotentemente avanzando in una solitudine malinconica. Era rimasta sola, l’unica certezza della quale fu certa era che Nathan sarebbe vissuto nei suoi ricordi.

Suor Mariette occupandosi con premura di lei, le aveva fatto recapitare una serie di quaderni con delle biro che le avrebbero permesso di comunicare. Aveva così tanto da raccontare e il volto compassionevole della religiosa le era di conforto.

Ogni mattina, veniva accompagnata sotto il portico, insieme ad altre giovani che cercavano di recuperare il loro stato di salute. Ad accudirle vi erano volontarie e donne che giorno e notte svolgevano il loro lavoro di solidarietà.

L’inchiostro cominciò a scorrere sulla pagina bianca ed imprimere quella storia era diventato per lei l’unico legame che la tenesse ancorata a Nathan.

Cantilene fuse in un unico cinguettio ravvivavano la macchia selvaggia, risuonando per chilometri, animando le folte chiome di arbusti erette al cielo tinto di celeste. Maschi di scimmie urlatrici saltavano da un ramo verso l'altro, rincorrendo le proprie compagne esibendo rituali di corteggiamento insoliti e a tratti buffi.

La zona presentava un problema assai comune in quella stagione, le piogge torrenziali che incessantemente tormentavano per giorni e giorni, impedendo lo svolgimento delle attività comunemente effettuate. I più avventurieri, si addentravano nella foresta per continuare il loro lavoro di taglialegna e trasportare il carico presso la cartiera a pochi kilometri di distanza con vecchi pick-up, altri invece rimanevano al Convento ad aiutare le monache e le donne si dividevano i compiti: c'era chi aiutava a medicare le ferite, chi cucinava per la missione e chi invece aiutava i bambini nei compiti scolastici.

Improvvisamente, versi fragorosi e striduli provenirono ai timpani della donna deconcentrando la sua mente da un ricordo angoscioso.

Era sopravvissuta allo spietato potere dell'oceano che inghiotte ogni cosa che si posa sul suo ventre, saziandosi senza commiserazione o pietà alcuna. La morte l'aveva chiamata a sé nelle gelide acque del Golfo del Messico, un vortice prese possesso del suo corpo spingendolo negli abissi e impedendo la sua risalita in superficie.

Precipitò in un oblio tra la vita e la morte, spinta in un tunnel dove la luce diventava sempre più intensa e attirava la sua anima in una dimensione di beatitudine.

L’anima di Vivienne sembrava ansiosa di staccarsi definitivamente da quel corpo martoriato per ricongiungersi a Dio e trovare la pace eterna lasciandosi alle spalle una vita terrena fatta di insoddisfazione.

Cosa l’aspettava? Non era certa di ciò che avrebbe trovato. Forse il Dio saggio e benevolo l’avrebbe accolta nel suo Giardino oppure sarebbe rimasta in attesa in compagnia di altre anime nel Sheol 1impazienti di conoscere la loro sorte. Inferno o paradiso? Cosa le sarebbe toccato? Nella sua vita commise uno dei peccati la cui gravità era tale da spingerla alla dannazione eterna come Dante narrava nella “Divina Commedia” ma solo il Creatore aveva il potere di giudicare e se avesse dovuto affrontare delle prove di purificazione per poter accedere al riposo eterno nell’Eden avrebbe accolto tale condanna.

In quegli attimi di oblio pensò che la legge della morte segna il mistero che l’avrebbe accompagnata verso l’ignoto come un’onda travolgente spinta in un nuovo contesto della quale non ebbe mai tracce visibili, se non quelle descritte nella Bibbia, alla quale saldamente cercava di aggrapparsi nella speranza di trovare una continuità dopo il suo cammino avvenuto sulla Terra, ritrovando chi aveva amato e godendo del suo sentimento eternamente. Nutriva fiducia nell’attesa di ricongiungersi a Nathan anche se talvolta il pensiero religioso entrava in conflitto con la razionalità.

Inaspettatamente venne respinta di nuovo nella realtà, lottando per la sua sopravvivenza tra le acque tormentate.

Una spinta verso il basso la riportò a galla, respirando a fatica tra le onde agitate, fece un paio di bracciate, ma la stanchezza prese il sopravvento. Quando le forze stavano per cedere, da lontano vide una tavola di legno galleggiare alla deriva. Quello fu un segno del destino, non poteva trattarsi d’altro.

Con le poche energie che le rimanevano a disposizione, cominciò a nuotare, senza fermarsi, determinata a raggiungere quell’ultimo tentativo di salvataggio. Forse non sarebbe stato sufficiente, non era nemmeno sicura che quel legno potesse sorreggerla ma doveva provarci.

Si avvicinò sempre più, fino a toccare il bramato legno. Era abbastanza spesso e sembrava poter reggere, ma l'insicurezza gravò sulla sua ragione per cui decise di adagiarvi solo le braccia nella speranza che una linea di terra ferma o una nave potesse accogliere una donna distrutta.

1 nell’ebraismo antico fa riferimento al regno delle tenebre.

Navigò alla deriva per giorni lasciandosi trasportare dalle correnti oceaniche, che cullavano il suo corpo quasi esanime, scottato dal bruciante sole che infliggeva i suoi raggi di fuoco sulla cute.

Uno stormo di gabbiani volteggiavano sopra la sua testa in una baraonda di stridulo vociare.

L’abbandono delle forze prevalse sulla realtà catapultandola in uno stato di incoscienza ed oscurità.

Sforzandosi di non cedere nell’oblio di una dimensione ultraterrena che prepotentemente si stava impadronendo del suo essere.

Il corpo stremato della donna giaceva sulla spiaggia, abbandonato nella solitudine di un mattino limpido di settembre. Le onde sfioravano la battigia colorando il manto sabbioso di un marrone intenso, cancellando ogni traccia presente sulla riva.

Riversa supina sentì il calore del sole bruciargli la pelle raggrinzita dall'acqua, non aveva più sensibilità, riusciva a percepire solo il battito delle sue ciglia. Il suo fisico non reagiva a nessuno stimolo, la sua mente voleva ribellarsi allo stato di immobilità ma il suo corpo non recepiva il comando.

Sentì l'impulso dominante di urlare, ma la stanchezza che cingeva l'intero corpo impediva al fiato di venir fuori, come intrappolata in una stanza eretta da pareti insonorizzate dove la voce non fuoriesce e si arresta al suo interno; ebbe la sola forza di piangere, guardando i minuscoli granelli di sabbia si rese conto che era viva, sofferente e sfinita, ma il destino o la volontà Divina le aveva concesso una seconda possibilità.




Prima Parte


“Inaspettatamente”

22 gennaio-1981 -2nd Avenue Downtown- New York

Guardò l'orologio. Erano le 09.00, “Accidenti!” mormorò tra sé e sé. Aveva quindici minuti di ritardo e il traffico stava aumentando attimo dopo attimo.

Era in coda a “Le petite café " un frequentatissima Caffetteria dove servivano dell'ottimo caffè accompagnato da deliziosi dolci. Ma quella mattina era di fretta e avrebbe ordinato solo una tazzina di caffè italiano dall’aroma deciso. In attesa del suo ordine, il telefono cominciò a vibrare in borsa per qualche istante, dall'altro capo del telefono c’era Christopher, il marito, che innervosito lasciò un messaggio in segreteria:

“Vivienne, sto andando in aeroporto a recuperare mia madre. La riunione di questa mattina è statarimandata alle 11.00”.

Il chiasso nel locale si mescolava alla musica di Bob Dylan che veniva trasmessa alla radio. Era quasi arrivato il suo turno, quando una signora di fronte a lei cominciò a prendere un numero smisurato di ordini che la fece spazientire ancora di più. Picchiettava le dita esili sulla 24 ore che aveva tra le mani cercando di stemperare il nervosismo che cresceva al solo udire la voce roca della donna, incurante della coda che stava creando.

“ Mi scusi Signora vado di fretta, le dispiacerebbe cedermi il posto?” chiese cortesemente mostrandole un sorriso.

La donna la osservò da capo a piedi e notò i preziosi anelli che portava al dito sinistro.

“ Oh.. mia cara credo che una donna come lei possa attendere qualche minuto in più”

“ Cosa sta insinuando?”

“ Deduco dal suo stile elegante, dall'impeccabile modo di porsi e dai suoi gioielli costosi che se solo volesse potrebbe comprarsi l'intera caffetteria” maleducatamente le voltò le spalle infischiandosene della sua gentile richiesta.

Vivienne si infuriò a tal punto che non riuscì a trattenne le critiche e riversò un velenoso commento.

“ Già potrei farlo e potrei anche limitare il numero di ordinazioni che lei sta sfacciatamente richiedendo senza un briciolo di cortesia”

“Sta dimostrando di essere lei la maleducata. Inveire così contro una povera vecchia. Ora credo che possa tornare in fila e aspettare il suo turno. Potrei chiederle di farmi le sue scuse ma visto che è così in ritardo, non le farò perdere altro tempo prezioso”.

Vivienne si sentì profondamente in imbarazzo sapendo che molte persone avevano ascoltato la sua discussione con la vecchia signora. Nonostante il suo tenore di vita non si sentiva una privilegiata ma una donna perspicace che era stata in grado di costruirsi la sua vita cavandosela da sola e senza dover chiedere aiuto a nessuno. Sposò Christopher Cox all’età di ventisette anni, dopo tre anni di

fidanzamento. Si erano conosciuti in un locale di Manhattan dove una serie di sguardi aveva fatto nascere una simpatia reciproca ma questo di certo non bastava per una relazione. Vivienne manteneva una distante cortesia e a Christopher questo suo atteggiamento intrigava molto.

Galeotto fu un libro di poesie di Walt Whitman che entrambi adocchiarono su una bancarella durante un Festival della letteratura americana che li portò ad una serie di lunghe uscite terminate tutte in una piacevole passeggiata per Central Park dove le carezze si alternavano ai dolci baci.

Amava Christopher ma in un modo tutto suo. La vita che aveva vissuto sin da bambina era stata a dir poco fuori dal comune. Non aveva mai conosciuto realmente cosa fosse l'amore, lo aveva desiderato cercando conforto tra le braccia materne, ma rimase sempre delusa per la poca affettività che la madre provava nei suoi confronti.

Spesso si domandava se nel suo corpo si celasse qualche anima oscura, perché negare un gesto d'affetto ad una figlia? Dentro la sua mente abitò per lunghissimo tempo questo tarlo del quale non ebbe mai risposta, solo ipotesi vaghe alle quali poter dare spiegazioni poco chiare.

Vivienne prese la tazza di caffè bollente facendo attenzione a non scottarsi le dita e uscì scuotendo la testa. Riprese il suo ombrello e lo aprì. Una pioggerellina sottile si posava sulla strade e i marciapiedi. Respirò affondo, ma l’aria pesante della città le fece salire alle narici un cattivo odore di smog.

Bevve un sorso di caffè e con lo sguardo cercò di adocchiare un taxi libero. Ne avvistò uno e con un cenno della mano impegnata a trattenere l'ombrello lo fermò.

Corse per un breve tratto, quando improvvisamente si scontrò con un uomo rovesciando il bicchiere di caffè sui suoi vestiti.

“Dannazione cos'altro deve succedere questa mattina!”.

Il telefono squillò nuovamente, questa volta in modo più insistente. Chiuse l'ombrello e lo gettò nel taxi infradiciando i sedili.

“Ora chi diavolo sarà?”. Esclamò con tono d’ira.

L'uomo la guardò sentendosi in colpa per l'incidente “ Sono mortificato”, la donna non badò alle sue scuse lanciandogli uno sguardo spazientita. Salì sul taxi.

“ Mi porti alla W8th Street”.

Una serie di auto della polizia viaggiavano con le sirene accese al massimo volume. L'uomo abbassò il volto come se volesse nascondersi e si sistemò il cappuccio del giubbotto sulla testa per evitare di bagnarsi il capo. La pioggia si fece sempre più fitta e il traffico era diventato ancora più caotico. Clacson che rumoreggiavano, le chiacchiere confuse dei passanti che parlavano per lo più ai cellulari, discutendo di chissà quali problemi.



***

Christopher e la madre Danielle, furono i primi ad arrivare in ufficio. Sanchez, il nuovo socio, li stava aspettando da qualche minuto. Mostrò anticipatamente le sue idee di modo tale che i due potessero prendere visione ed essere preparati alla riunione che si sarebbe tenuta a breve.



Inserire un nuovo investitore sarebbe stato utile ad entrambi, avere maggiore capitale avrebbe permesso di azzardare qualche passo in più per poter così raggiungere obiettivi che si erano prefissati.

Un’aria di preoccupazione si celava nei loro volti. Christopher si sentiva sottomesso nel suo incarico di amministratore delegato perché il nuovo socio aveva preso una decisione senza consultarlo e oltretutto non aveva idea di chi fosse questo Nathan Johnson, non ne aveva mai sentito parlare. Avrebbe dovuto fidarsi di un estraneo che nemmeno aveva visto in faccia?

Danielle era dello stesso parere, ma si limitò soltanto a vagliare i pro e i contro che avrebbero potuto far fallire o portare al risuccesso la loro azienda. Era combattuta perché le possibilità di scelta non erano negoziabili. Sanchez fu chiaro per arrivare ad un accordo, Nathan doveva essere incluso.

La mattinata frenetica portò Vivienne ad arrivare in ufficio con qualche minuto di ritardo.

“ La città stamattina è invivibile! Sono dovuta tornare a casa perché un idiota mi ha versato una tazza di caffè addosso” notò il silenzio che incombeva nella stanza. “Ma che succede?” disse chiudendo la porta.

“ Questa sarà una riunione di grandi cambiamenti, aspettati di tutto Tesoro!” esclamò sconfortato Christopher mentre accendeva il suo computer portatile.

Danielle non disse una parola, rimase in silenzio tra i suoi pensieri. Rappresentava la tipica donna in carriera. Aveva trascorso quasi l'intera esistenza ad amministrare l’economia della famiglia.





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Messico 1990: una monaca passeggiando sulla spiaggia trova una sconosciuta ridotta in fin di vita. Da qui inizierà una storia struggente che spiegherà come il destino abbia ricondotto la povera Vivienne su quel bagnasciuga.

Sopravvissuta ad un naufragio, Vivienne perde l'uso della parola. Accolta nel Convento di Mérida nel sud-est del Messico; inizierà un percorso introspettivo che le permetterà, attraverso la scrittura, di elaborare la perdita di Nathan, facendo rivivere il suo ricordo nelle pagine bianche che giorno dopo giorno portano alla luce un legame destinato a spezzarsi

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