Книга - La Cattura

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La Cattura
Sandra Carmel


Un genetista dal forte senso etico scopre un complotto per eliminare completamente il gene vampiro, deciderà d rivelare le atrocità che durano da generazioni rischiando di perdere l’amore della sua vita?

Cancellare il passato è l’unico modo per sopravvivere al futuro...



Nel momento in cui il genetista Richard Hall posa gli occhi sulla segretaria Eva Fjelstad si scatena una reazione che va oltre l’amore a prima vista. Hanno molto in comune: l’amore per bistecche particolari, per il vino rosso e la musica; ed entrambi lavorano per il famoso, ma enigmatico centro di ricerca Sub Rosa.



Il bello di essere un giovane e brillante genetista è che Richard ha accesso a tecnologie all’avanguardia, incluso un siero per trovare l’anima gemella appena messo a punto. Un sorso del siero e un rossore sulle mani conferma che Richard e Eva sono destinati a stare insieme.



Ma c’è un problema.



La Sub Rosa dei travolgenti anni ‘60 non è tutta pace e amore come sembra, e quando Richard scopre che il nucleo stesso della compagnia trasuda corruzione e un segreto legato alla scomparsa dei suoi genitori, si trova di fronte a una decisione che nessun uomo vorrebbe dover prendere.



Per generazioni, i clan vampiri Jade e Violet avevano vagato per il mondo senza rappresentare una grossa minaccia per l’ignara popolazione umana. Ma è proprio Richard a scoprire il progetto genocida della Sub Rosa di sradicare la specie vampira dalla faccia della terra.



Deve Richard rimanere fedele al suo senso morale e rischiare la sua relazione con Eva per svelare la crudeltà e la menzogna così profondamente radicate nell’agenzia? O deve semplicemente seguire la linea aziendale, lasciare che i vampiri spariscano dal pianeta e tenere la sua anima gemella al sicuro al suo fianco per sempre?









Table of Contents


Title Page (#u7c7f7716-6ed6-5707-b3ec-3100fccc610b)

Legal Page (#u2b2524cc-e56f-57b6-b407-fd5cf94ae96f)

Book Description (#u7e3475c4-ae37-5f0a-be1e-9d08613e946e)

Dedica (#u45a84bf9-9ebd-5de2-ae37-963f646f3be2)

Riconoscimenti (#ud627cf82-ad15-5043-ba4e-5a18e65e2e6d)

Marchi registrati e riconoscimenti (#ub91d03e9-dad7-5131-a080-a6d67c27a323)

Capitolo Uno (#u3301ea18-e8f7-5a6c-9d94-847c2c230249)

Capitolo Due (#u793bdd25-7bd3-57e3-9c98-2585d5018be3)

Capitolo Tre (#u0ad76531-734a-5814-97ec-53c1fb87a697)

Capitolo Quattro (#ue335e886-11e8-5ecf-bfe3-eb54f013139f)

Capitolo Cinque (#u2d7ed8ad-bade-5b1f-b63c-b1e2a8cdc146)

Capitolo Sei (#u8138e432-d5fb-5fe6-a7d3-4932f8ac248a)

Capitolo Sette (#u89f75886-41ef-5338-b0af-033057aeb1b5)

Capitolo Otto (#uf08adfec-cd9f-5ade-a785-f7802b605d56)

Capitolo Nove (#u5c156628-2478-5857-8672-e0cd98b84634)

Capitolo Dieci (#u604b8618-3f11-558c-8a6d-e9d06c09a41f)

Capitolo Undici (#u5491c5af-7c4f-5918-bc9b-ae5ef9a07e4a)

Capitolo Dodici (#uc1d906d2-06b4-5e3a-ae8d-bb87cfde4f06)

Capitolo tredici (#u57e4fe0a-4501-52c1-82e7-2800e41a6f60)

Capitolo quattordici (#u6abfb70f-4527-5592-84c6-10620fb37d90)

Capitolo quindici (#u3750d0f7-a7b9-5429-a1a3-197d8e979fe4)

Capitolo sedici (#u11ba2d12-f51e-5e1c-a8d6-e54c39f3c9a0)

Capitolo diciassette (#u260b2bce-30ad-5f56-9d1c-9946814c5a1f)

Capitolo Diciotto (#ud1b4f337-4804-51b6-a0e6-84502f39a003)

Capitolo diciannove (#u868c2ddb-84d9-55fe-89f8-26dee2467756)

Capitolo Venti (#ubf4c8b58-58b9-52e5-8159-6143af88bdf7)

Capitolo ventuno (#u5512ba13-1c38-5530-9305-d9cec44e2bc4)

Capitolo Ventidue (#u084c0953-56dc-52b3-8ae7-8d97fd300664)

Capitolo Ventitré (#u7a4dbc82-871d-50ca-ba0f-91f819f7779a)

Capitolo ventiquattro (#ube331ef6-f94b-586b-a562-da4ee5e20bd2)

Capitolo Venticinque (#u87502022-8299-5297-ba1b-1f2535195945)

Capitolo ventisei (#u436472a8-ab3c-57b2-9ac9-f31fbb825473)

Capitolo Ventisette (#u89821cec-4855-5021-8bcd-d99e0bd8bf10)

Capitolo Ventotto (#u2ee59687-25de-520e-ac5d-aad837b4ea20)

Capitolo Ventinove (#u0eed43df-afa8-52c4-91b6-6bb73c72f82b)

Capitolo Trenta (#u128ab89c-ebc6-5e66-9f55-2f56e6be037a)

Capitolo trentuno (#u6291fc9a-769a-5b3f-aba5-8af59747148f)

Capitolo trentadue (#u09c8c86d-d8d8-50a1-b5f6-dbd25a2fc436)

Capitolo trentatré (#u360264b3-2013-504a-a0a5-95235712c68e)

Capitolo trentaquattro (#uaf0849e9-d753-59e2-8c6f-e484b02d7e6c)

Capitolo trentacinque (#ub6a2e33b-9965-5781-81a6-a11e63771301)

Capitolo trentasei (#u37c624b2-ce6b-550f-9a05-3f392ba686f5)

Capitolo trentasette (#u0ea722a6-c2c6-55bc-905e-e3a54ffc67c6)

Capitolo trentotto (#u1aa94e1d-e601-5d7c-82be-a1d47c422daf)

More exciting books! (#ud4a6b56f-e36f-56ef-beb5-269f922f969e)

L'autore (#ue5cd9395-507f-5a5c-8b3a-5c6c6142a337)


La cura trilogia

LA CATTURA

SANDRA CARMEL


La Cattura

ISBN # 978-1-80250-058-5

©Copyright Sandra Carmel 2019

Cover Art di Erin Dameron-Hill ©Copyright Agosto 2019

Tradotto nel 2021 da Stefania De Liberato

Interior text design by Claire Siemaszkiewicz

Totally Bound Publishing



Questa è un'opera di finzione. Tutti i personaggi, i luoghi e gli eventi sono frutto dell'immaginazione dell'autore e non devono essere confusi con i fatti. Qualsiasi somiglianza con persone, vive o morte, eventi o luoghi è puramente casuale.



Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in qualsiasi forma materiale, sia tramite stampa, fotocopia, scansione o altro senza il permesso scritto dell'editore, Totally Bound Publishing.



Le richieste devono essere indirizzate in prima istanza, per iscritto, a Totally Bound Publishing. Atti non autorizzati o limitati in relazione a questa pubblicazione possono comportare procedimenti civili e/o penali.



L'autore e l'illustratore hanno fatto valere i loro rispettivi diritti ai sensi del Copyright Designs and Patents Acts 1988 (e successivi emendamenti) per essere identificati come l'autore di questo libro e illustratore dell'opera.



Pubblicato nel 2021 da Totally Bound Publishing, Regno Unito.



Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, scannerizzata o distribuita in qualsiasi forma stampata o elettronica senza permesso. Si prega di non partecipare o incoraggiare la pirateria di materiale protetto da copyright in violazione dei diritti degli autori. Acquistate solo copie autorizzate.



Totally Bound Publishing è un’etichetta del Totally Entwined Group Limited.



Se avete acquistato questo libro senza copertina dovete sapere che questo libro è proprietà rubata. È stato segnalato come "invenduto e distrutto" all'editore e né l'autore né l'editore hanno ricevuto alcun pagamento per questo "libro sottratto".


Libro primo della serie La Cura

Un genetista dal forte senso etico scopre un complotto per eliminare completamente il gene vampiro, deciderà d rivelare le atrocità che durano da generazioni rischiando di perdere l’amore della sua vita?

Cancellare il passato è l’unico modo per sopravvivere al futuro...



Nel momento in cui il genetista Richard Hall posa gli occhi sulla segretaria Eva Fjelstad si scatena una reazione che va oltre l’amore a prima vista. Hanno molto in comune: l’amore per bistecche particolari, per il vino rosso e la musica; ed entrambi lavorano per il famoso, ma enigmatico centro di ricerca Sub Rosa.



Il bello di essere un giovane e brillante genetista è che Richard ha accesso a tecnologie all’avanguardia, incluso un siero per trovare l’anima gemella appena messo a punto. Un sorso del siero e un rossore sulle mani conferma che Richard e Eva sono destinati a stare insieme.



Ma c’è un problema.



La Sub Rosa dei travolgenti anni ‘60 non è tutta pace e amore come sembra, e quando Richard scopre che il nucleo stesso della compagnia trasuda corruzione e un segreto legato alla scomparsa dei suoi genitori, si trova di fronte a una decisione che nessun uomo vorrebbe dover prendere.



Per generazioni, i clan vampiri Jade e Violet avevano vagato per il mondo senza rappresentare una grossa minaccia per l’ignara popolazione umana. Ma è proprio Richard a scoprire il progetto genocida della Sub Rosa di sradicare la specie vampira dalla faccia della terra.



Deve Richard rimanere fedele al suo senso morale e rischiare la sua relazione con Eva per svelare la crudeltà e la menzogna così profondamente radicate nell’agenzia? O deve semplicemente seguire la linea aziendale, lasciare che i vampiri spariscano dal pianeta e tenere la sua anima gemella al sicuro al suo fianco per sempre?


Dedica

A Simon, la cui idea mi ha dato l’ispirazione per completare il puzzle della fisiologia vampira.


Riconoscimenti

Scrivere un romanzo non è semplice. Se non fosse stato per il contributo di altissima qualità delle persone elencate qui sotto, questo libro così come lo vedete non avrebbe mai visto la luce. Un enorme e sentito ringraziamento a:



Famous Five Write Now, per le brillanti chiacchierate da scrittori e per il supporto e incoraggiamento continuo;



Melbourne Romance Writers Guild (MRWG), per la vostra assistenza, in particolare riguardo allo sviluppo delle mie capacità come scrittrice e la competenza su marketing e promozione;



Romance Writers of Australia (RWA), per le informazioni aggiornate sul settore e sul lavoro di scrittore;



SavvyAuthors, per avermi dato l’opportunità di entrare in contatto con la casa editrice grazie alla partecipazione ai PitchFest;



The Totally Entwined Group, in particolare alla mia editor Jamie Rose per aver creduto nel mio lavoro;



Jane Routley, la mia mentore per la prima incarnazione del mio libro, per avermi suggerito l’idea di farne una serie e per avermi raccomandato di iscrivermi alla RWA;



Margie Lawson, per aver significativamente migliorato e rivoluzionato le mie capacità di scrittura e revisione;



Lily Malone, la mia generosa amica autrice, per le tue idee ispiratrici e per i commenti pratici e onesti;



David Speyer e Elisa Garzarella, per le indicazioni generali e per avermi messa in contatto col fantastico supporto legale;



Andrew Logie-Smith, dello Studio Logie-Smith Lanyon Lawyers, per i chiari consigli e raccomandazioni legali;



Damira Rogoznica, Margaret Midwood, Marie Riley e Raewyn Bright, le mie amiche lettrici delle “versioni Beta”, per i vostri commenti validi e costruttivi;



Jim Kane, il mio amico musicista e collega di lavoro, per il tuo incoraggiamento e per le utilissime e divertenti sessioni di brainstorming e per le discussioni creative sul settore che abbiamo avuto negli anni;



Karen Ingram, la mia amica autrice e collega di lavoro, per l’incoraggiamento e la fiducia in me come scrittrice;



Christine Smith, Jim e Helen Kirko e Johnny e Meri Tsiglev, miei buoni amici, per il supporto costante a me e alla mia scrittura;



Simon Damevski, mio marito, per le conversazioni stimolanti che mi hanno dato la sicurezza per affrontare nuove sfide e mi hanno aiutata a crescere e ad evolvermi nella persona che sono oggi;



e a mamma, papà e mia sorella Jai Simeone, per il vostro amore, la vostra generosità e il supporto che mi date da tutta la vita.


Marchi registrati e riconoscimenti

L'autrice riconosce lo status di marchio registrato e i proprietari dei seguenti marchi denominativi citati in questa opera di finzione:



Leave It to Beaver (Il carissimo Billy): MCA TV

Nobel Prize (premio Nobel): Nobelstiftelsen—Fondazione Nobel

Hold Me, Thrill Me, Kiss Me: Harry Noble

Baby I’m Yours: Van McCoy

MG: MG Car Company Limited

North and South: Elizabeth Gaskell

The Sound of Music: 20th Century Fox Film Corporation

Golden Gaytime: Streets Confectionary Company

Excalibur: Warner Bros.

Le Morte d’Arthur (La morte di Artù): Sir Thomas Mallory

James Bond: Ian Fleming

Theatre Royal: Theatre Royal Management Board

La Sonnambula: Vincenzo Bellini

Dracula: Bram Stoker

Miss Universo: IMG Universe LLC

Levi’s: Levi Strauss & Co. Corporation

Romeo and Juliet (Romeo e Giulietta): William Shakespeare

Holden: General Motors - Holden

Pride and Prejudice (Orgoglio e pregiudizio): Jane Austen

TASER: Taser International Inc.

Tim Tam: Campbell Soup Company

Teflon: The Chemours Company FC, LLC

Chevrolet: General Motors Corporation

Prince Charming (Principe Azzurro): Disney Enterprises Inc.

Superman: DC Comics General Partnership

Brylcreem: The Unilever Group

The God Particle (La particella di Dio): Dick Teresi e Leon M. Lederman

Teledex: Teledex LLC

Vasellina: CONOPCO Inc.

BMW: Bayerische Motoren Werke Aktiengesellschaft Corporation

Tootsie: Columbia Pictures

Tonight I Celebrate My Love for You: Gerri Goffin, Michael Masser

Precious to Me: Phillip Seymour

We Close Our Eyes: Peter Cox, Richard Drummie

Pulp Fiction: Miramax Films

The Matrix (Matrix): Warner Brothers, Roadshow Entertainment

Total Recall: TriStar Pictures

Baby One More Time: Max Martin

Smells Like Teen Spirit: Kurt Cobain, Krist Novoselic, Dave Grohl

Bittersweet Symphony: Richard Ashcroft, Keith Richards, Mick Jagger

Truly Madly Deeply: Darren Hayes, Daniel Jones

PowerPoint: Microsoft Corporation

Versace: Gianni Versace S.P.A.

YouTube: Google Inc.

CODIS: Federal Bureau of Investigation

iPod: Apple Inc.

Spooks: BBC One, BBC Three

Sleeping Beauty (La bella addormentata): Disney Enterprises Inc.

Armani: Giorgio Armani S.p.A.

Google: Google Inc.

Outlook: Microsoft Corporation

Flake: Cadbury, Mondelez International

Bob the Builder (Bob aggiustatutto): BBC, DHX Media

This Is Your Life: Ralph Edwards


Capitolo Uno

La dea bendata?

Hobart, maggio 1965



“Devo conoscerla”.

Richard Hall si avvicinò alla bellissima donna in attesa vicino agli ascensori della Sub Rosa Corporation. C’era qualcosa in quei suoi occhi di una strana tonalità che mescolava blu e viola... Simili a quelli di Elisabeth Taylor, ma più blu. Quegli occhi lo attiravano a lei, lo stuzzicavano e affascinavano, fino a che tutto il suo essere, mente e corpo, non si fusero presi da un desiderio insaziabile

che lo dominava completamente. Dannazione.

Lei si voltò verso i finestroni oscurati, la lieve luce del mattino autunnale catturava il viola delle sue incantevoli iridi. Sembrava circondata da un’aura magica, come se fosse una musa e lui un nomade evocato dalla sua chiamata.

Una targhetta della Sub Rosa appuntata sul seno coppa C rivelava il suo nome, ma la tracolla della borsa lo nascondeva alla vista. Doveva avvicinarsi e parlarle. Lei era lì in piedi che ascoltava la sua amica, la sua silenziosa ma affascinante presenza lo rendeva un paroliere a corto di parole... L’unica che non sfuggiva alla sua mente era ‘ciao’.

Ciao. Una parolina semplice eppure così potente da far partire il flusso della conversazione. Incitò se stesso a fare la prima mossa, ma le porte improvvisamente si aprirono e la magnifica donna e la sua amica chiacchierona si infilarono nell’ascensore pieno di uomini, troppo pieno perché potesse entrare anche lui.

L’ipnotica rosa dai capelli scuri sparì nel mucchio di fortunate spine. Mentre le porte si chiudevano, non poté non notare le occhiate che i suoi colleghi lanciavano alla meravigliosa creatura, il loro linguaggio del corpo che invitava gli altri ad accorgersi della presenza della pura bellezza.

Doveva incontrare quella ragazza. E avrebbe trovato un modo. Le cose non erano mai state facili per Richard, nulla gli era mai stato regalato, ma alla fine otteneva sempre quello che voleva.

Il sapere che anche lei lavorava alla Sub Rosa avrebbe sicuramente semplificato la sua indagine. Ma in quale reparto? Non nella ricerca. Un reparto pieno di maschi, il club per soli uomini che irradiava un campo di forza che invitava a stare alla larga.

Donne. Esattamente ciò di cui aveva bisogno il loro dipartimento. Ma non sarebbe successo, non nell’Australia del 1965 e sicuramente non a Hobart, in Tasmania e specialmente non grazie a lui che era l’ultimo arrivato.

Come fare per trovare una ragazza fantastica in un grattacielo di trenta piani pieno di maschi sudaticci? Mmm... Doveva lavorare come assistente o come segretaria. Questa considerazione assottigliava il numero delle opzioni, ma avrebbe dovuto ancora fare molte domande. Già immaginava la conversazione...

“Posso aiutarla?” gli avrebbe chiesto la receptionist.

“Sto cercando di trovare una ragazza che ho visto in ascensore. Ha gli occhi blu-viola e lunghi capelli castano scuro, e mi sono preso una cotta per lei”.

La receptionist gli avrebbe rivolto un bel finto sorriso professionale e avrebbe premuto il pulsante di chiamata. “Sicurezza?”

OK, quindi non poteva darle la caccia all’interno dell’edificio, a meno che non volesse rischiare il lavoro dei suoi sogni e di farsi una bella reputazione da stalker. Fortunatamente per lui, le possibilità di imbattersi di nuovo in lei erano buone, persino ottime. La situazione richiedeva pazienza.

Richard tirò via la sciarpa che lo soffocava infilandola nella borsa nera. “Io, paziente? Ah!” Quando voleva qualcosa o qualcuno, non poteva rilassarsi finché non lo avesse ottenuto.

Arrivarono altri colleghi che si misero in attesa dell’ascensore. Uomini, uomini e ancora uomini trasudanti un nauseante miscuglio di dopobarba che parlavano col tono sicuro tipico del testosterone. L’alto, il basso, il magro, il grasso... Il panorama che lo circondava era fatto di uomini in completo e da un numero esiguo di donne in minigonna in stile mod e taglio bob. Ma la sua mente si era incagliata sulla sua singolare, elegante bellezza.

“La mia”.

Richard scosse la testa, nel tentativo di riportare un po’ di buon senso nel suo cervello fissato su loro due, insieme, come una coppia. “Che diavolo mi è successo?” Fissarsi su una donna non era proprio da lui, soprattutto su di una donna che non conosceva.

Il desiderio a prima vista era l’unica spiegazione possibile, una passione che gli faceva battere il cuore all’impazzata, che gli scombussolava la mente, che gli faceva tremare le gambe. Il suo uccello aveva bisogno di compagnia... Così come il suo cuore.

Il fuoco ardeva lentamente nelle sue viscere. Lei non gli era entrata solo nel pensiero. Gli aveva scavato il cuore, la testa, l’anima. Cosa avrebbe provato quando le avesse parlato davvero, quando l’avesse toccata? “Ma ho 25 anni o 14?!”

Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro “riprendi-il-cazzo-di-controllo-di-te-stesso”.

Le porte dell’ascensore si aprirono e lui gettò uno sguardo agli ingranaggi dorati del suo orologio skeleton. Le 8:31. Era ora di mettersi al lavoro... E di fare un po’ di ricerche.



* * * *



Eva entrò nell’ufficio open space, inquinato dal solito miscuglio di profumi e rumori e lasciò cadere la borsa accanto alla macchina da scrivere elettrica. I suoi occhi si fissarono sulla lettera che le aveva spezzato il cuore, quella che avrebbe dovuto accartocciare e gettare come aveva fatto con tutte le altre.

“Ehi Eva, hai visto il fusto che ti fissava stamattina?” La voce di Greer Circe tagliò il brusio dovuto al chiacchiericcio costante, allo squillo dei telefoni e al suono dei tasti premuti sulle macchine da scrivere. La sua migliore amica non si lasciava mai sfuggire un uomo attraente. Se solo lei avesse avuto una briciola del talento di Greer per scovare i fusti...

“Dove?”

Greer si avvicinò con la sedia. “Quello che aspettava l’ascensore. Ben vestito. Capelli castano-dorati. Bellissimi occhi verdi”.

Eva ripercorse la scena di quella mattina, dell’atrio pieno di uomini. “No”.

Greer scosse la testa senza che si muovesse un solo capello dalla sua acconciatura castano-cioccolato. “Non posso credere che tu non l’abbia notato... Giacca di pelle nera, sciarpa scozzese rossa e verde, pantaloni neri attillati, belle chiappe...”

“Com’è che me lo sono perso? Sembra divino”. Eva cercò di concentrarsi sulla conversazione, ma la sua testa era ancora su quella lettera, l’ultimo rapporto dell’investigatore privato attirava il suo sguardo come un'eclissi solare. Nessun detective era mai riuscito a trovare il padre che non aveva mai incontrato, neanche una piccola traccia della sua esistenza.

Era come se qualcuno avesse preso una gomma e lo avesse cancellato dal suo passato, come se non fosse mai esistito. E lei lo avrebbe anche creduto possibile, se non fosse per quel biglietto che le aveva mandato tanti anni prima, quel biglietto ormai ingiallito e fragile, conservato come una reliquia.

“Ti senti bene?”

Merda. Eva non poteva rivelare alla sua amica che stava cercando suo padre. Non ancora. Greer non avrebbe capito, non con quell’infanzia perfetta stile protagonista della serie Il carissimo Billy che aveva avuto. Non avrebbe potuto comprendere quel suo bisogno di scovare uno sconosciuto, un assente, disinteressato sconosciuto con cui condivideva solo il patrimonio genetico.

“Sì, sono solo un po’ stanca, mi sto ancora sistemando nel nuovo appartamento”. Un appartamento tutto suo. In affitto, d’accordo, ma era il primo luogo che sentisse come casa sua.

“Bene, perché hai bisogno di uscire con qualcuno. Ad esempio con il tizio di stamattina. Lui ti ha notata, molto più che notata”. Lo sguardo di Greer si fece sognante e zuccheroso. “Vorrei che avesse notato me”.

“Tu hai già un ragazzo”, disse Eva nascondendo il rapporto investigativo sotto a una pila di documenti. Niente più detective, almeno non per il momento. I soldi le servivano per pagare l’affitto e per concentrarsi su cose importanti su cui aveva più controllo, come trovare un marito e farsi una famiglia.

Greer sistemò le penne e le matite di Eva in modo da formare un cuore un po’ sbilenco. “Siamo usciti qualche volta, non è niente di ufficiale. E comunque non c’è niente di male nel guardare le vetrine”.

“È più che guardare le vetrine, ti piace provare, provare e riprovare prima di acquistare”. A differenza della sua amica, Eva non voleva passare da un appuntamento all’altro, era più il tipo da Principe Azzurro.

“Mi fai sembrare una sgualdrina”.

Eva sorrise. “Questo lo hai detto tu...” Prendere in giro la sua collega aggiunse un po’ di spensierato divertimento alla loro chiacchierata, anche se in realtà lei aveva bisogno proprio di un’amica estroversa e pronta a correre rischi come Greer che la spronasse, altrimenti rischiava di rimanere sola e patetica.

“Molto divertente. Smettila di cercare di cambiare argomento, dobbiamo trovare un bel gattone per te, Dobbiamo trovare il signor Fantastici Occhi Verdi”.

“Non l’ho neanche visto quel tizio! Che succede se non mi piace?” Sembrava proprio che l’universo e Greer si fossero coalizzati contro di lei. Eva si voltò e iniziò ad archiviare documenti,

ma Greer la raggiunse vicino all’alto archivio grigio. “Dai Eva, dagli una chance. Ti sei sbaciucchiata con un paio di sfigati e non ha funzionato. Capita. Passa oltre, il passato è passato. Hai quasi ventun’anni, se non trovi presto qualcuno, ti ritroverai ad essere una zitella”.

Eva sistemò l’ultimo documento, quindi chiuse il cassetto dell’archivio. Il suo anulare sinistro stava lì, nudo e pallido. Senza anello. Portò le mani sui fianchi. “E chi lo dice?”

“La società”.

Il suo sguardo si fissò su Greer. “E da quando ti importa di ciò che pensa la società?”

“A me non importa, ma a te sì”. Un sorriso compiaciuto piegò le labbra rosa glossy di Greer.

Eva lasciò cadere le mani e le sue spalle si incurvavano. La collega aveva fatto centro, a Eva importava eccome... Della sua reputazione, di trovare la sua anima gemella, di essere troppo vecchia per formare una famiglia.

I grandi occhi di Greer si illuminarono di uno sguardo ‘ho una fantastica idea che non ti piacerà’. “Lo so. Venerdì verrai a ballare con me. E non cercare scuse”.

Gli occhi di Eva si spalancarono così tanto che l’aria fredda che li investì per poco non le ghiacciò le pupille. Sbatté le palpebre, poi le sbatté di nuovo. “No, no, lo sai come mi sento a quei balli”.

“Tu ci vieni. Me lo devi, ho trascorso l’intero fine settimana ad aiutarti col trasloco. Ricordi?”

Una serie di scuse si susseguirono nella sua testa. L’aprire i pacchi e la stanchezza non l’avrebbero salvata dalla missione cerca-marito di Greer questa volta. Merda. Era stata incastrata in un modo che neanche Houdini sarebbe riuscito a liberarsi.


Capitolo Due

La rottura

Salvator Aalem sollevò la provetta contenente un liquido di un blu brillante verso la luce accecante del laboratorio. Chissà se i farmaci per la memoria funzioneranno come ci aspettiamo...

“Come procede?” Chiese Harry ‘ficcanaso’ Kennedy dall’ingresso al laboratorio. Il tormentone tipico dell’alto dirigente della Sub Rosa e il suo pancione tondo erano inconfondibili. Trascorreva le sue giornate gironzolando fra il suo lussuoso ufficio e il dipartimento di ricerca, cercando di apparire importante e inquisitorio mentre delegava.

Era raro che Salvator avesse molti visitatori, lavorava da solo in un laboratorio all’avanguardia riservato ai progetti speciali. Cella di isolamento, lo definiva lui, magari poteva sentirsi un po’ solo ma c’erano dei vantaggi.

Mise un tappo alla provetta e la ripose in un apposito supporto in legno. “La buona notizia è che il cancella memoria e i farmaci riempitivi sono finalmente pronti per essere testati. La notizia non troppo buona è che ho tentato di selezionare degli animali adatti al trial, ma sembra che nessuno possa dare risultati utili”.

“Perché no?” Chiese Harry.

“Posso testare le modifiche nella memoria in topi, ratti e persino scimpanzé, ma il test non è sufficientemente sensibile per determinare se le loro memorie sono state effettivamente cancellate del tutto. Per non parlare dei riempitivi. Non posso fare nulla finché non verrà ratificata la sperimentazione su umani”. Salvator tirò via i guanti in lattice e li gettò nel secchio di metallo sotto il banco da lavoro.

“Sfortunatamente non abbiamo budget per quella, e anche se lo avessimo, dove potremmo trovare dei volontari?”

Salvator si tolse gli occhiali protettivi e si strofinò gli occhi. Il protocollo della Sub Rosa prevedeva test sugli animali prima di poter considerare quelli sugli esseri umani. Di norma era d’accordo, ma in questo caso non era proprio possibile. Avrebbe dovuto fornire argomentazioni cliniche inattaccabili per passare direttamente alla sperimentazione umana e aveva appena identificato il gruppo di soggetti che avrebbe potuto beneficiarne.

“La Returned and Services League, (organizzazione australiana di supporto alle persone che hanno prestato o prestano servizio nella Defence Force, ndr.). I militari di ritorno in patria, o quelli affetti da affetti da stress post-traumatico o che hanno subito un trauma importante potrebbero desiderare di dimenticare”. Salvator aveva vissuto sulla sua pelle gli strascichi devastanti della guerra.

Suo padre si era suicidato l’anno in cui Salvator aveva compiuto diciassette anni e sua madre era morta di crepacuore poco tempo dopo. Tutto perché un soldato in prima linea non riusciva a dimenticare gli orrori a cui aveva assistito, le memorie ricorrenti che lo costringevano a rivivere quegli eventi in ogni momento, contagiando l’intera famiglia con la sua afflizione come se fosse un cancro.

Nessuno meritava una tale sofferenza. I farmaci per la memoria che Salvator stava sviluppando erano un mezzo per fermare il dolore, per restituire alla gente un po’ di qualità della vita.

“Buona idea, ma dobbiamo ancora ottenere l’approvazione del comitato etico”, disse Harry.

Aveva già visto quell’espressione sul volto di Harry. Stava prendendo tempo. Molto probabilmente per rimetterlo in riga con qualche altra proposta dettata dall’agenzia.

“Potrebbero volerci dei mesi!” E in quel momento, con la guerra in atto in Vietnam, era ancora più urgente mettere a disposizione dei soldati che rientravano un farmaco per dimenticare sicuro e clinicamente testato.

“E lo farà. Per cui, per velocizzare il processo, mandami i documenti il prima possibile così che possa inoltrarli al comitato etico e quindi al board e agli alti dirigenti per l’approvazione”.

“E nel frattempo?”

Un sorriso apparve sul triplo mento sudaticcio del suo superiore. “Puoi iniziare a lavorare su un progetto di criogenesi”. Harry avanzò lentamente e gli mise fra le mani un pacco di carte stampate, mentre le suole in gomma delle sue scarpe scricchiolavano sul linoleum.

“Criogenesi?” Il grande titolo in grassetto spiccava sulla prima pagina, il programma dell’agenzia veniva precisato senza possibilità di fraintendimenti. Salvator diede un’occhiata alle carte. Roba da favolette, più rischiosa persino dei farmaci per la memoria. “Ho letto qualcosa sull’argomento in una rivista scientifica. La definiscono l’ultima frontiera, ma non mi convince”.

“Pensala come un’opportunità di testare le tue ipotesi. Abbiamo alcuni finanziamenti ricorrenti dedicati allo sviluppo della criogenesi e dei suoi utilizzi. In questo stadio vogliamo focalizzarci sul potenziale per lo stoccaggio di campioni e se una volta scongelati possono essere riportati in vita”.

“Quindi avete il budget per la criogenesi, ma non per i farmaci per la memoria?” Salvator non voleva rischiare di mandare all’aria la sua ricerca, ma porca miseria!

Harry si voltò avanzando verso la porta. “Non ti preoccupare, sto ancora facendo pressioni sul governo, tornerà utile una volta che avremo l’approvazione del comitato etico”.

Salvator sbatté l’enorme plico di documenti sul tavolo da lavoro e fissò sprezzante la schiena di Harry. “Ma sono felici di riempirci di soldi per qualcosa come la criogenesi anche senza approvazione, vero?” Pur mantenendo come sempre un tono cordiale, la sua rabbia soffiava come da uno pneumatico troppo gonfio.

Harry si fermò e lo guardò. “Così pare”.

Non aveva alcun senso. In ogni caso era ciò che accadeva quando chi stava al vertice, lontano dagli esperti, prendeva decisioni su cosa fosse importante e cosa no. Non ne capivano nulla e buttavano soldi su progetti basati su interessi e motivazioni personali, su interessi economici e sui conti correnti personali.

La furia provocò una reazione chimica nel sangue di Salvator, trasformandolo in un fluido vischioso e freddo. In qualche modo ingoiò la sua frustrazione. Non aveva alcun potere, era solo lo scienziato. “Bene. Compilerò i moduli per la richiesta di approvazione per il comitato etico e una volta finito inizierò a lavorare sulla criogenesi...”

“Eccellente. Lascerò il resto dei documenti sulla criogenesi nel tuo armadietto della posta”.

Il resto? Harry gli aveva appena dato centinaia di fogli. “Suppongo di dover continuare il consulto sull’Esperimento Norvegia”.

“Esatto”.

Inoltre Salvator aveva il suo piccolo progetto segreto, quello su cui lavorava fino a tardi. Uno dei vantaggi dell’essere un ricercatore in un impianto di alta tecnologia era che aveva accesso a grandi risorse e poteva lavorare fino a tardi senza che nessuno gli facesse domande, perché si supponeva che lo facesse per passione e dedizione al lavoro.

Ed era così, almeno per la maggior parte del tempo. Doveva per forza agire in questo modo se voleva avere qualche possibilità di salvare delle vite, o di raggiungere il suo obiettivo di vincere il premio Nobel per la scienza. Il suo progetto privato gli ridava motivazione ed energia, specialmente quando aveva a che fare con le politiche aziendali e la conseguente spazzatura generata dall’ignoranza.

Salvator si sforzò di sfoderare il suo sorriso più convincente. Doveva chiudere questa conversazione prima di dire qualcosa di cui si sarebbe pentito. “Grazie per l’aggiornamento”.

Harry lasciò il laboratorio col pavimento che cigolava sotto il suo peso.

Salvator sentiva dolore alla mascella per lo sforzo di sorridere e afferrò con cautela la fialetta cancella memoria, cercando di non frantumarla con la pressione delle dita. Entrò nell’area di stoccaggio dei campioni buia e priva di finestre e sistemò la fiala in un piccolo scaffale con altre cinque ampolle di farmaco cancella memoria nella cella frigorifera.

“Di questo passo potrei andare in pensione prima di poterti testare”. Una fila di provette contenenti i riempi memoria rosa era sullo scaffale sottostante. “E questo vale anche per te”.

Chiuse la cella frigorifera, la stanza tornò al solito buio da camera oscura e lui si bloccò con la maniglia della porta in mano. Forse, dopo aver presentato la richiesta di approvazione al comitato etico, poteva prendersi un po’ di tempo per il suo progetto speciale.

Poteva dire di stare lavorando sulla ricerca per l’Esperimento Norvegia, il che non era esattamente una bugia. Salvator stava studiando le opzioni di eradicazione genetica da applicare ai soggetti vampiri che avevano catturato, quando trovò l’antica formula alchemica.

Era stata sviluppata nel Medio Evo da un missionario norvegese che viveva fra i clan vampiri Jade e Violet. Le note trascritte dal missionario sull’impatto di metalli preziosi e di varie erbe e fiori, come rosa, lavanda, timo, basilico, chiodo di garofano e calendula sulle emozioni e sulla chimica organica erano affascinanti. Stimolanti. Per cui Salvator aveva fuso quelle informazioni con le sue conoscenze sui feromoni che gli venivano dalle aziende profumiere e aveva sviluppato la sua formula speciale.

Aprì nuovamente la porta della cella frigorifera e, mentre uno spicchio di luce gialla illuminava la stanza buia, andò in fondo e tirò fuori una piccola scatola bianca. Dentro c’erano quattro piccole ampolle piene di un liquido rosso intenso, il Siero dell’anima gemella. Una volta aggiunto un pizzico di patchouli sarebbe stato pronto per la sperimentazione... E lui sarebbe stato il primo soggetto umano a testarlo.

Una scarica di adrenalina diede una scossa al suo sistema nervoso. Lo avrebbe testato quella sera stessa... Sui ratti per cominciare. Poi, se tutto fosse andato come doveva, lui sarebbe stato il prossimo.

Salvator ripose il suo prezioso pacchetto in fondo alla cella frigorifera, andò alla scrivania e iniziò a lavorare sulla richiesta di approvazione per il comitato etico, includendo un aggiornamento sommario sul progetto per la direzione.



Cancella memoria - farmaco iniettabile di colore blu che si infiltra nel flusso sanguigno per arrivare al cervello. Invade i centri nervosi della memoria ed elimina le immagini, i pensieri e le emozioni immagazzinati lasciando una tela bianca, un ricettacolo pronto ad essere reinventato.

Gruppo di soggetti proposto - coloro che soffrono a livello mentale ed emotivo per un’angoscia o per un trauma, in particolare le persone affette da stress post-traumatico.



Riempi-memoria - farmaco iniettabile di colore rosa che si soffonde nel flusso sanguigno per arrivare al cervello. Riempie il vuoto lasciato dal Cancella memoria nei centri nervosi adibiti alla memoria. Il principio è quello di rendere i riceventi aperti alla suggestione e di permettere la fissazione di nuovi ricordi immessi. Il meccanismo è simile a quello dell’ipnosi, ma lega le nuove informazioni negli spazi senza sbavature, in modo che il soggetto creda veramente di aver vissuto quegli eventi.

Gruppo di soggetti proposto - lo stesso del Cancella memoria.



Inserì le informazioni, insieme a una nota riguardante le opzioni di trial e la richiesta formale per l’approvazione del comitato etico in una busta gialla di sicurezza che infilò nell’armadietto della posta di Harry, in una nicchia nascosta vicino agli ascensori.

Un paio di ricercatori dietro di lui camminavano a passo svelto, destreggiandosi con grosse pile di documenti mentre rientravano nel bianco corridoio sterile che portava al labirinto di laboratori.

Salvator inserì il codice per aprire il suo armadietto della posta e c’era una spessa busta A4 sigillata con sopra il suo nome e la dicitura ‘confidenziale’ in rosso che occupava quasi tutto lo spazio interno. Fece una deviazione alla mensa, prese un caffè nero forte, si sedette al lungo tavolo vuoto e iniziò a leggere l’informativa sulla criogenesi.

Il documento era destinato al piano interrato della Sub Rosa e doveva essere convertito in un laboratorio con una sezione dedicata alla criogenesi. In un’area ad accesso riservato avrebbero installato una grossa vasca cilindrica per ospitare quattro campioni insieme a tutto l’equipaggiamento necessario a quel tipo di esperimenti. Un lento sorriso affiorò sulle labbra dello scienziato. Sarebbe stato il posto perfetto per portare avanti anche i suoi piccoli progetti extracurricolari.

Salvator si versò un altro caffè e continuò a sfogliare l’informativa. Una volta che la Sub Rosa avesse installato la vasca e lui avesse preso confidenza con i meccanismi della criogenesi, il suo ruolo consisteva nell’esplorare le migliori opzioni per il suo utilizzo e proporre un’applicazione commerciale illustrando fino a quattro diversi trial di ricerca.

Dei passi.

Spostò lo sguardo verso la porta e un ragazzo nuovo, più o meno della sua età, entrò nella stanza. Doveva essere un collega ricercatore, ma coi suoi capelli castano-dorati, i vestiti alla moda e l’aspetto da modello, sembrava più una star del cinema.

Salvator ficcò l’informativa segreta nella sua busta e per la fretta urtò la tazza versandosi il caffè bollente sulla gamba.

“Ahi!” Saltò in piedi tirando la stoffa bollente lontano dalla pelle bruciata. Genitali deturpati, proprio quello di cui ho bisogno. Sicuramente non era il tipo di impressione che voleva fare alla sua fidanzata. E come se non bastasse, avrebbe dovuto andare in giro con mutande e pantaloni di lana bagnati per il resto della giornata. Fortunatamente era troppo giovane perché i suoi colleghi potessero pensare che soffriva di incontinenza.

“Va tutto bene?” gli chiese il ricercatore fotomodello. La voce roca e profonda dalle perfette note tenorili dava un tono aggraziato alla sua prorompente mascolinità.

Salvator fissò i preoccupati occhi verde chiaro dell’uomo e sorrise nonostante il dolore e l’imbarazzo. “Dovrebbe”. Speriamo. “Non ci siamo mai incontrati, io sono Salvator. Ti stringerei la mano, ma...” Entrambi abbassarono lo sguardo sui pantaloni macchiati di caffè e le mani bagnate.

Il ragazzo rise come se fossero vecchi amici. “Sono Richard”, disse passandogli alcuni tovaglioli di carta.

Salvator tamponò l’umidità in eccesso che bagnava le sue parti intime. “In che settore lavori?”

“Genetica. Sono il nuovo sguattero della genetica. Tu?” L’assenza del camice da laboratorio stava a significare che Richard non aveva ancora superato il livello di scribacchino. Se i primi mesi di Salvator potevano servire da indicazione, la direzione aveva seppellito il pover’uomo di carte, l’iniziazione standard della Sub Rosa per mettere alla prova la sua dedizione e il suo valore.

“Al momento sto lavorando a un paio di progetti di ricerca. Vado dove c’è bisogno di me”. Dove i dirigenti possono stuprare e saccheggiare le mie conoscenze scientifiche per il loro tornaconto. Salvator si fermò prima di esprimere ad alta voce le frustrazioni riguardo all’organizzazione.

Richard incarnava l’entusiasmo del novellino, era meglio non bombardarlo con la sua amarezza. “Se ti dovesse servire una seconda opinione, un consiglio generico o anche solo una mano per stilare un rapporto, la porta del mio laboratorio è sempre aperta”.

“Grazie. Ah...” Richard accartocciò un tovagliolo di carta appallottolandolo con le mani. Avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro. “Mi potrebbe servire un consiglio generico, se hai un minuto”.

Salvator smise di tamponare i pantaloni dando a Richard tutta la sua attenzione. “Certamente. Come posso aiutarti?”

I chiari occhi di giada di Richard sembravano penetrare nella sua anima. “Sto cercando una bellissima donna...”

Salvator sorrise. “Come tutti”. Non poteva lamentarsi, non sul serio perlomeno. Era fidanzato con una donna meravigliosa, o almeno questo era ciò che continuava a dire a se stesso. Se tutto fosse andato secondo i piani, lo avrebbe scoperto presto.

Richard rise e lasciò cadere la palla che rotolò fino al suo piede e lo costrinse a chinarsi per raccoglierla. “Lavora alla Sub Rosa, ma non ho la più pallida idea del dove”.

“Sfortunatamente non la troverai qui. Non ci sono impiegate donna su questo piano. Proverei a uno dei piani amministrativi”.

“Lo sospettavo, ma volevo un’altra opinione, assicurarmi che non mi fosse sfuggito qualcosa”.

Salvator raccolse i tovaglioli di carta inzuppati e li gettò nel cestino sotto il lavello della cucina. “Buona fortuna con la tua ricerca”. Si voltò verso Richard, mentre l’aria gelava le sue parti basse. “Quando la trovi, e vale per qualsiasi donna ti piaccia, se vuoi sapere se si tratta della tua anima gemella fammelo sapere”.

Salvator si guardò intorno, si sporse e sussurrò: “Sto cercando dei volontari per testare un siero che ho sviluppato che dovrebbe fornire una risposta certa”.

“Impressionante. Lo terrò a mente”. Sembrava che Richard lo intendesse sul serio. Sembrava un tipo aperto, disposto a correre rischi se si trattava della ricerca. L’eccitazione per quella nuova possibilità rimpiazzò il bruciore residuo sulla pelle di Salvator.

“Oh, e se hai bisogno del punto di vista genetico per uno qualsiasi dei tuoi progetti, sarò felice di assisterti”. Richard guardò il suo orologio skeleton, le lancette dorate risplendevano sotto le luci al neon. “Farò meglio a tornare indietro”.

Non solo Richard era un campione di maschio superbo, ma era anche gentile e coscienzioso, e ovviamente intelligente. Del resto la Sub Rosa era rinomata per assumere solo i migliori. Ma doveva per forza esserci qualcosa che non andava in lui, nessuno poteva essere tanto perfetto. O sì?

Salvator tornò al laboratorio, lesse il resto del lunghissimo documento e portò avanti un altro po’ di lavoro in modo da arrivare alle sei del pomeriggio. Sentiva un leggero pizzicore lì in basso, probabilmente era riuscito a evitare il disastro.

Si alzò dalla scrivania e si intrufolò in ciascun ufficio, laboratorio e bagno su quel piano. Deserto. Era arrivato il momento. L’energia che lo pervadeva gli rivoluzionava lo stomaco. Era finalmente arrivato il momento di testare il Siero anima gemella.

Nel laboratorio, Salvator approntò quattro gabbie ciascuna con una coppia di ratti in calore, un maschio e una femmina. Correvano, si arrampicavano, giocavano e si annusavano l’un l’altra la parte posteriore, aumentando le aspettative e l’emozione di Salvator.

Contagocce alla mano, somministrò tre gocce del siero rosso a ciascun ratto. Trascorsi alcuni secondi dal loro rientro nelle gabbie, tre coppie su quattro si mantenevano distanti, agli estremi della loro prigione, con le pellicce bianche che spingevano sulle sbarre come se al centro vi fosse una spessa barriera invisibile, come se non potessero più sopportare di stare vicini, figuriamoci toccarsi.

Al contrario, la coppia numero quattro ci stava dando dentro, un vero e proprio porno per ratti. Salvator osservava, il suo sguardo era incollato a loro, osservava ogni mossa. Fortunatamente una delle quattro coppie di ratto campione era risultata essere formata da anime gemelle, altrimenti si sarebbe potuto pensare che il siero servisse in realtà ad ottenere il risultato opposto a quello sperato: spegnere l’attrazione l’uno per l’altra.

Il rapporto uno a quattro si sarebbe ripetuto anche negli esseri umani? Il rumore dell’aspirapolvere che si sentì all’improvviso lì vicino lo riportò sulla terra. L’impresa di pulizie era arrivata, la mezzanotte doveva essere già passata.

Riportò i topi indietro, uno alla volta, lasciando la coppia di innamorati per ultima. Dall’espressione ipnotica nei loro occhietti rosa intuiva che non gli avrebbero permesso di separarli, non senza morderlo almeno. Avrebbe fatto meglio a salvare la sua mano curiosa lasciandoli insieme per la notte.

La curiosità gli divorava la mente, le domande senza risposta erano ancora troppe. Per quanto a lungo avrebbe funzionato il siero? Il corpo era in grado di scomporlo? Gli effetti sarebbero svaniti o avrebbero modificato permanentemente il DNA del soggetto come un tatuaggio? Erano tutte cose che avrebbe dovuto testare prima di tuffarsi in una piscina potenzialmente piena di rimpianti.

O in realtà lo aveva già fatto?

Raggiunse il fondo della cella frigorifera e afferrò la scatolina bianca, selezionò una provetta fresca di siero color rosso sangue e la strinse nella mano sudata. La sua fidanzata poteva essere la sua anima gemella oppure no. E c’era solo un modo per scoprirlo.


Capitolo Tre

Danzare con il destino

Sembrava che l’universo avesse delle richieste da esaudire.

Appena pochi giorni dopo il fortuito incontro di Richard con la pantera dagli occhi blu-viola, eccola lì, sull’affollata pista da ballo della fighissima serata del venerdì all’Hobart.

Stava ballando un valzer con un partner che le pestava i piedi, mentre i suoi capelli sbatacchiavano sul vestito scampanato viola.

Un sorriso educato era fisso sulle sue labbra rosa e carnose, senza dare a vedere la sofferenza.

Così dolce.

Gli piaceva ancora di più.

Finì il ballo, scambiò qualche parola sempre trasudando gentilezza e tornò dalla sua amica pettoruta, che stava flirtando con alcuni dandy con vestiti costosi in stile Beatles.

Con un ampio sorriso, la sua amica fece le presentazioni, ma dopo qualche breve chiacchiera la bellissima dagli occhi blu-viola fece un passo indietro tornando nell’ombra. Una meravigliosa e ammaliante tappezzeria.

Non riusciva a distogliere lo sguardo da lei, desiderando ardentemente che finisse per ricambiarlo.

E dopo qualche secondo lo fece.

Tentò di mantenere il contatto visivo, ma lei distolse lo sguardo spostandolo nervosamente sui suoi piedi.

Richard doveva assolutamente cogliere quell’occasione o avrebbe rischiato di perderla un’altra volta.

Fece qualche respiro profondo, scosse le sue dritte spalle d’acciaio e si avvicinò a lei.

Il suo cuore batteva così forte che temeva che la cassa toracica gli sarebbe esplosa nel petto.

Lei stava ancora fissando le sue scarpe, il respiro che sembrava allineato a quello di lui, come se sapesse che stava arrivando.

La sottile cintura nera avvolgeva la sua vita sottile, accentuando la sua forma a clessidra.

Il pisello di lui si mosse con apprezzamento.

Richard si allentò la cravatta.

“Ciao, ehm...” Da quando era così nervoso e a corto di parole vicino a una donna?

Da molti anni sicuramente no.

Non da quando aveva compiuto sedici anni e aveva accarezzato il suo primo seno nudo.

L’aria fra di loro crepitava, centuplicando l’intensità, come se lei fosse un filo scoperto e lui un conduttore in attesa della scossa dovuta all’eccitazione una volta che l’avesse toccata.

I brillanti occhi blu-viola di lei si sollevarono e incontrarono il suo sguardo.

Lui asciugò la mano sudata contro i pantaloni neri e gliela porse.

“Ti piacerebbe ballare?”

Un sorriso timido giocò con le sue labbra sensuali.

“Uhm...”

“Ti prometto che non morderò... A meno che tu non lo voglia”.

Il suo tentativo di essere simpatico creò una patina traslucida che copriva un nucleo di malizia, un pizzico del vero Richard.

Ogni muscolo del suo corpo era teso nell’attesa della sua risposta.

C’erano solo due possibilità:

poteva schiaffeggiarlo e andarsene o rimanere creando una connessione.

Gli occhi di lei si spalancarono.

Ho rovinato tutto?

Poi lei rise e afferrò la sua mano.

Una scossa potente risalì lungo il suo braccio, molto più potente di quanto lui non si aspettasse che per poco non gli fece perdere l’equilibrio.

Una mistura tossica di gioia, desiderio e sollievo s’impossessò della sua anima.

Il suo non era stato un semplice rimanere e creare una connessione,

suggeriva un qualcosa di molto, molto più speciale.

Lo sentiva anche lei?

Col sangue che scorreva follemente nelle sue vene, Richard la condusse sulla pista da ballo e la tenne stretta, coi loro corpi che danzavano a tempo con Hold Me, Thrill Me, Kiss Me di Mel Carter.

“Adoro questa canzone”, disse lei, e la sua voce arrivò dritta al suo cazzo.

Il suo battito cardiaco accelerò follemente.

Io adoro il tuo corpo sensuale.

Si chiese se la sua mente non fosse stata sequestrata da un uomo delle caverne in calore.

Era così lontana dalla sua solita risposta controllata al desiderio e dal suo concentrarsi sulle connessioni mentali profonde.

Certo, sbavava anche lui dietro alle donne attraenti, ma sentiva che stavolta era diverso, come se i feromoni di lei si fossero sincronizzati coi suoi creando una combinazione altamente esplosiva che alterava la sua mente e la risposta del suo corpo.

“Anch’io”.

Normalmente detestava che ci fossero altre coppie che affollavano la pista da ballo, ma non questa volta.

Non quando grazie a loro il seno di lei strusciava contro il suo petto, facendolo quasi impazzire di desiderio.

Trattenne un gemito e la strinse ancora più forte.

Lei non oppose resistenza.

Il suo profumo di rosa e cannella acuì ancora di più il desiderio di lui, dandogli il coraggio di accarezzare i suoi capelli lunghi e lucenti e di baciare le sue morbide labbra rosa.

L’erezione premeva sempre più forte contro i suoi pantaloni, così tirò indietro il bacino.

Detestava il pensiero che lei potesse considerarlo un viscido.

“Comunque sono Richard”, facendola volteggiare sulla pista da ballo luccicante.

Lei lo guardò attraverso le lunghe ciglia.

“Mi chiamo Eva.

Eva Fjelstad.

Piacere di conoscerti”.

“Lavori alla Sub Rosa, giusto?”

Lei si irrigidì, fissandolo mentre chiaramente si stava chiedendo se non fosse una specie di stalker.

“Sì, ma come...”

“Ti ho vista mentre aspettavi l’ascensore qualche giorno fa.

Lavoro lì anch’io, nel reparto ricerca”.

“Oh...” disse rilassandosi finalmente fra le sue braccia.

“Sono la segretaria del responsabile capo del personale”.

Lo sapevo!

La canzone finì.

No!

Non poteva lasciarla andare.

Trattenendo la sua mano la condusse attraverso la nube di fumo verso un tavolino libero in una zona tranquilla della sala.

“Ho pensato che potremmo parlare un po’... Se per te va bene”.

Lei sorrise abbassando timidamente lo sguardo.

“Sì”.

“Uhm... Posso offrirti un drink?”

“Un bicchiere di vino rosso sarebbe perfetto, grazie”.

Al bar, Richard ordinò un paio di bicchieri di merlot e prese alcuni sottobicchieri di carta.

Potevano tornare utili per scambiarsi i numeri di telefono, se fosse stato fortunato.

Ne ficcò un po’ nella sua tasca posteriore e tornò al tavolo.

Eva sedeva su una sedia con le spalle al muro, rivolta verso la pista da ballo, le gambe incrociate mentre il suo piede delicato andava su e giù a tempo di musica.

O tremava forse con impazienza?

Forse entrambe le cose.

Non montarti la testa adesso.

Ma era difficile non farlo...

Con quella pelle così pura e morbida, desiderava ardentemente esplorarne ogni centimetro.

Richard cacciò indietro i suoi pensieri lascivi e si sedette di fronte a lei.

“Il suo drink, signora.

Spero che ti piaccia il merlot”.

Eva prese il bicchiere di vino e nel farlo con la sua mano delicata sfiorò quella di Richard.

“Adoro il merlot”.

Lui sollevò il bicchiere per brindare con la pelle che formicolava ancora per quel lieve contatto.

“Anch’io.

Salute”.

Bevvero un sorso senza lasciare lo sguardo l’uno dell’altra.

“Da quanto tempo lavori alla Sub Rosa?”

Richard prese un paio di sottobicchieri dalla tasca e li posò sul tavolo.

“Da due anni.

Ho iniziato come assistente e ho iniziato l’incarico attuale circa sei mesi fa.

E tu?”

Lei abbassò il bicchiere, mentre una goccia di vino color rosso sangue cadeva sulla carta bianca andando a formare una macchia a forma di cuore.

O forse era una... Frena.

Il suo personale test con le macchie sembrava essere rivelatore, estremamente rivelatore, tanto che non serviva uno psicologo per scoprire cosa gli frullasse per la testa.

Richard smise di fissare l’interpretazione a luci rosse della macchia di vino e scacciò il desiderio residuo dalla sua gola.

“Ho iniziato solo sei settimane fa, si può dire che sia ancora in luna di miele”.

Non gli sarebbe dispiaciuto essere in luna di miele con lei in quel momento...

L’immagine di se stesso e di Eva nudi si aggrovigliò nel suo cervello e si allentò la cravatta per avere un po’ di sollievo dalla temperatura sempre più alta.

Eva sorrise, apparentemente ignara dei suoi pensieri osceni.

“Il tuo settore sembra interessante,

non riesco a immaginarlo come un ambiente noioso”.

La brillantezza setosa del gloss che le copriva le labbra era un’esca perfetta che lo invitava a leccare e assaggiare... Non pensare al sesso.

O se ne sarebbe accorta

e sarebbe fuggita.

Gattini e cagnolini, gattini e cagnolini, gattini e cagnolini.

“Hai ragione,

la cosa bella della Sub Rosa è che offre molta scelta e possibilità di ricerca, per cui perdere interesse è molto difficile”.

Lui prese un bel sorso di vino, quindi il suo sguardo tornò a lei, come se i suoi occhi fossero una bussola e lei il nord.

“Sei veramente bellissima, lo sai?”

Le parole gli sfuggirono dalle labbra prima che potesse fermarle.

E non poteva dare la colpa al vino,

non ne aveva ancora bevuta la metà.

Eva afferrò il bicchiere e bevve ciò che rimaneva del suo rosso.

La sua bellezza, in combinazione con la sua vicinanza fisica, funsero da ariete abbattendo le inibizioni di lui.

“Scusa,

forse sto correndo troppo”.

“No. Sì.

Ma grazie”.

Le guance di lei divennero rosse come il vino.

E deliziosamente sexy.

Come se la musica volesse sottolineare i suoi pensieri, iniziò Baby I’m Yours di Barbara Lewis.

Un inarrestabile desiderio di stringerla nuovamente a sé lo rese impaziente, così si alzò porgendole la mano.

“Posso avere questo ballo?”

Lei sfiorò il palmo con il suo ed entrambi rabbrividirono.

Chissà se anche lei sentiva la potenza della loro connessione.

Richard la condusse nuovamente verso la pista da ballo.

Il sorriso sul suo volto doveva apparire come se fosse in un qualche viaggio erotico.

“Anch’io adoro questa canzone”, disse lei con le labbra a portata di bacio.

“Non è solo una grande canzone, ma un sentimento bellissimo se dimostrato con le azioni e non solo con le parole”.

Lui la strinse a sé, anche più di prima, come se fossero due pezzi di un puzzle 3D che si incastravano alla perfezione.

“Sì...” Lei lo guardò come se avesse appena detto la cosa più rivoluzionaria e allo stesso tempo poetica del mondo.

Era il volume della musica ad essere aumentato o era la sua consapevolezza di lei ad essersi amplificata?

La fisica della situazione suggeriva entrambe le cose.

Si avvicinò all’orecchio di lei per farsi sentire al di sopra del suono della band.

“Come torni a casa?”

Con mano tremolante, lei indicò la sua amica accerchiata da un gruppo di ragazzi.

“Con Greer,

mi ha dato un passaggio”.

Dannazione.

Anche se la sua amica non aveva smesso di flirtare, come se non le dispiacesse l’idea di appartarsi per la notte.

Forse poteva offrirsi di accompagnare Eva a casa, testare il terreno.

Ora che avevano parlato, si era completamente invaghito.

“Uhm...” Esitò, con le parole sulla punta della lingua.

I grandi e brillanti occhi di lei lo incoraggiarono a proseguire.

“Potrei accompagnarti a casa.

Se ti fa piacere”.

Lei distolse lo sguardo, ma non si allontanò.

“Oh... Uhm...”

“Se non vuoi lo capisco,

è solo... Ecco, non sarebbe un problema.

Anzi, sarebbe un piacere”.

Continuavano a ballare, ma lei non gli rispondeva.

Ci stava ancora pensando o il suo non rispondere significava semplicemente no?

Se solo avesse potuto leggere la sua mente.

La canzone finì e lei lo guardò negli occhi.

“Ok”.

Aveva detto di sì?

“Ok?” le chiese, giusto per essere sicuro di aver capito bene.

“Sì, mi piacerebbe che mi accompagnassi a casa.

Grazie”.

Lei inghiottì nervosamente.

“Aspetta qui,

vado a dirlo a Greer”.

Richard rimase a lato della pista gustandosi il dondolare dei fianchi di lei che correva ad avvertire la sua amica.

Eva richiamò la sua attenzione battendole sulla spalla, scambiarono qualche parola e infine lo guardò.

Greer strillò, sussurrò qualcosa nell’orecchio di Eva - molto probabilmente la stava mettendo in guardia contro i pericoli dello sbaciucchiarsi e accarezzarsi nell’abitacolo di un’automobile - facendola arrossire e, qualche attimo dopo, Eva era tornata al suo fianco.

I suoi ormoni continuavano a creare scompiglio nel suo solitamente razonale cervello, ma doveva mostrare almeno un po’ di controllo. A ogni costo.

Doveva mostrarle la sua natura rispettosa, che incarnava il genere d’uomo con cui lei avrebbe desiderato stare, il tipo d’uomo che di solito lui effettivamente era, l’uomo che era orgoglioso di essere.

Persino le sue ex ragazze sarebbero state d’accordo.

“Pronta ad andare?”

“Sì”.

La voce di lei risuonava di nervosismo.

Esattamente la stessa sensazione che provava lui.

Avvicinò le dita alle sue, facendole intendere che desiderava prenderla per mano, silenziosamente chiedendo il suo permesso.

E lei silenziosamente glielo diede, aprendo la mano e avvicinandolo al suo nella maniera più delicata e allo stesso tempo erotica che lui avesse mai sperimentato.

Eva non aveva alcuna idea del suo potere di seduzione.

Richard intrecciò le dita con quelle di lei, godendosi il rinnovato contatto con la sua pelle, e la condusse verso la strada trafficata.

Il marciapiede era affollato di gente - sobri, ubriachi, civettuoli, timidi, imbranati, tipi tosti - che fumava e limonava.

La nebbia si raccoglieva attorno agli antichi lampioni di ferro, diffondendo un’aura di luce dorata abbagliante.

Camminarono accanto ai piccoli assembramenti di partecipanti al ballo e girarono l’angolo verso i motori ruggenti.

Una gang di rockabilly appoggiati alle loro motociclette, beveva, fumava con sguardo malizioso.

Richard fece scivolare il braccio attorno alla vita di Eva, attirandola a sé come un fidanzato protettivo.

Non solo lei lo lasciò fare, ma si strinse ancora più vicina a lui,

facendogli trattenere un sospiro.

Il profumo di spezie esotiche che emanavano i suoi capelli stimolava il suo appetito per un banchetto non composto da cibo.

Mmm...

Trattenersi si preannunciava difficile, più difficile di quanto non fosse mai stato.

Chissà se la vicinanza scatenava lo stesso desiderio in lei, o se voleva semplicemente sentirsi sicura...

No, non era solo per sentirsi sicura.

Nulla del tocco di lei trasmetteva sicurezza.

Richard si fermò accanto alla sua MG rossa dal lato del passeggero, restio a lasciarla andare.

Esitò un attimo, quindi estrasse la chiave dalla tasca e aprì lo sportello.

Lei si sedette e passò una mano sul cruscotto.

“Bella macchina”.

Se solo avesse potuto prendere il posto di quel cruscotto...

Datti una calmata.

Ma il suo corpo, ormai distante da quello di lei, si raffreddò, ma pulsava ancora di eccitazione al pensiero che si sarebbero toccati ancora.

“Grazie”.

Si sedette al posto del guidatore e avviò il motore.

“Dove devo dirigermi?”

“Seven Swan Street, Sandy Bay.

Ti indicherò io la strada”.

“Non ce n’è bisogno,

so esattamente dove si trova.

Non è lontano dal lavoro,

una bella zona”.

In cinque minuti, aveva parcheggiato di fronte alla casa bianca a un solo piano, con prato verde, steccato e tutto il resto.

L’accompagnò fino all’imponente porta di legno bianco e si fermarono nell’ombra, illuminati appena dal fioco bagliore di un lampione sulla strada.

“Mi chiedevo... Vuoi darmi il tuo numero?

Ti chiamerò domani”.

Lei spostò il peso da uno dei suoi piedi delicati all’altro.

“Oh, ehm... Sì, è...”

“Aspetta”.

Tirò fuori un sottobicchiere pulito e una penna dalla tasca interna della giacca, quindi utilizzando la sua coscia come supporto disse:

“Ok, dimmi”.

“Due due tre, diciannove quarantaquattro”.

Richard lo appuntò e ripose il prezioso pezzo di carta nuovamente nella tasca.

“Grazie”.

Poi su un altro sottobicchiere pulito scrisse, Eva sei inebriante, e sotto scarabocchiò, Richard Hall, 223, 1939.

“E questo è il mio numero”, disse porgendole il foglietto.

Eva lesse il messaggio e sorrise a testa bassa, la sua mano tremava mentre riponeva il biglietto nella borsa.

La timidezza che mostrava nei suoi confronti era la cosa più dolce del mondo.

In combinazione con l’impetuosa tensione sessuale che c’era fra loro stava portando Richard verso la combustione.

Non aveva mai desiderato così tanto baciare una donna nella sua vita.

Lo avrebbe considerato troppo sfrontato?

Non si trattava neanche del loro primo appuntamento.

Avevano trascorso a malapena un paio d’ore insieme.

“Uhm, suppongo che dobbiamo dirci buonanotte”.

Era buono a sapersi che la sua coscienza vinceva sempre facendogli fare la cosa giusta, anche se poteva essere frustrante.

Come in quel momento, in cui avrebbe voluto assaporare le sue labbra tentatrici.

“Sì...” disse lei, senza guardare in alto, ma senza muoversi.

La speranza esplose nel cuore di lui, accelerando gli sporadici battiti.

Lo desidera anche lei?

“Eva...”

Il suo sguardo ammaliatore si riconnesse con quello di lui, quindi si spostò verso le sue labbra e, prima di potersi fermare, Richard la baciò.

Anziché allontanarlo, lei modellò la bocca su quella di lui, calda, morbida e accogliente.

Eva sospirò, il profumo del vino rosso del suo respiro lo fecero passare direttamente da brillo a ubriaco... Di lei.

Richard afferrò il viso di lei e approfondì il bacio, mentre le loro lingue si intrecciavano aumentando la passione fra loro..

Lei premette i palmi contro il suo petto e si appoggiò a lui, facendo scatenare i suoi ricettori del piacere.

Lui fece scorrere le mani lungo la schiena di lei fino ad arrivare al suo sontuoso di dietro.

Che cosa sto facendo?

I pensieri razionali bloccarono il suo desiderio e così riuscì a tirarsi indietro.

“Non avrei dovuto, ti chiedo scusa”, disse mentre l’erezione tradiva le sue parole.

Ce l’aveva così duro...

Eva afferrò le chiavi di casa, aprì la porta e si girò verso di lui con un sorriso timido.

“Non ce n’è bisogno”, disse mentre spariva all’interno della casa.

Un ampio sorriso si aprì sul suo volto.

Era piaciuto anche a lei.

Sì!

Ora doveva pensare al loro appuntamento.

Doveva decidere dove portarla, cosa fare e quando, con l’intenzione di mantenere la biancheria intima di entrambi addosso, a costo di indossare una cintura di castità.


Capitolo Quattro

Un appuntamento con il destino

Aveva fallito.

La pozione d’amore di Salvator aveva miseramente fallito.

Aveva baciato la sua fidanzata, ma dopo pochi secondi si era tirato indietro dalle sue labbra maledette.

“Non posso farlo”, disse apprestandosi a lasciare la sua abitazione, mentre si riprendeva dal cambiamento del suo tocco.

Il risultato era assolutamente affascinante dal punto di vista scientifico.

La sua pelle era passata dal formicolio dato dall’anticipazione del piacere alla repulsione in pochi attimi.

Il termine ‘repulsione’ poteva suonare un tantino estremo, ma gli era sembrato di baciare sua sorella, anziché la sua ragazza.

Sbagliato, sbagliato, sbagliato.

Non avrebbe più goduto delle labbra di lei sulle sue, dei seni che premevano contro il suo petto e i fianchi che strofinavano contro le sue pelvi facendolo eccitare.

Ogni grammo di passione e di tutto quello che il suo cuore definiva amore gli era stato strappato via, annientato, lasciandogli un romantico vuoto.

Sembrava che lei glieli avesse succhiati via completamente, come un vampiro che si nutriva di emozioni.

Lei afferrò il suo braccio, un calore pungente mordeva la sua carne.

Quando si voltò verso di lei, cercò di non indietreggiare.

“Che intendi dire?” chiese lei, cercando con le parole di aprire il suo cuore ormai chiuso.

Salvator arrancò lontano da lei tentando di ingoiare ciò che rimaneva della sua saliva senza sentirsi male.

Si sforzò di sorridere, ma l’espressione sul suo viso gli fece capire che lei riusciva a vedere la verità dietro la maschera che stava indossando.

Le cose erano diverse.

Le cose si erano mutate in un abisso fra di loro e lei non riusciva a capire il perché.

Anche se i suoi sentimenti erano completamente cambiati, sembrava che lei riuscisse comunque a leggergli dentro.

Anche di più, se possibile.

Dal fondo degli scalini davanti alla porta anteriore, lui guardava lei, ancora in piedi davanti all’ingresso.

“Mi dispiace,

devo annullare il matrimonio.

Non ha niente a che vedere con te,

è colpa mia... solo mia”.

Lei distolse lo sguardo mentre le sue labbra si aprivano e chiudevano mormorando parole inudibili e lacrime silenziose le scendevano sulle guance.

Una parte di lui era felice.

Grazie a questo esperimento, aveva permesso a entrambi di andare avanti e di incontrare la persona giusta..

Ho fatto la cosa giusta.

Non è vero?

La devastazione sul viso di lei gridava che non era così, ma forse lui stava confondendo la sua reazione con lo shock e il cordoglio.

L’avrebbe superata.

Doveva farlo.

Lui non avrebbe mai più potuto stare con lei.

Come poteva sposare una donna le cui carezze lo disgustavano?

Non poteva più neanche tenerle la mano adesso, figuriamoci condividere il suo letto.

Salvator entrò nella sua auto, la testa piena di sentimenti conflittuali, il suo viso sconvolto aveva marchiato a fuoco la sua mente.

Era valsa davvero la pena assumere il siero?



* * * *



Eva mise la mano sulla cornetta del telefono, come per chiedere telepaticamente a Richard di chiamarla.

Richard.

Il suo stomaco era pieno di farfalle e stava scatenando un tonfo nel suo cuore, tanto che dovette mettersi la mano sul petto.

Battiti forti e veloci le facevano tremare le costole.

Bum-bum-bum-bum-bum-bum.

Quindi era lui il tizio, quello che secondo Greer non era riuscito a toglierle gli occhi di dosso neanche per un attimo mentre aspettavano l’ascensore l’altro giorno.

E la sua osservazione non avrebbe potuto essere più giusta.

Richard era ‘l’uomo dei sogni’ in persona.

E lei gli piaceva.

L’aveva persino baciata.

Lei chiuse gli occhi e si toccò le labbra, mentre ogni singolo dettaglio risvegliava i suoi sensi riportandoli a quel magico momento.

Il suo respiro affannoso, la sua voce profonda e carezzevole, l’intensità dei suoi magnifici occhi verdi e quelle incredibili labbra e quelle mani che l’avevano trasportata verso una sensualità che lei non aveva mai sperimentato prima, che continuava a esplodere dentro di lei persino adesso.

La sua mente riviveva il loro bacio di continuo, accompagnandola nel sonno, nei suoi sogni e poi ancora al suo risveglio.

Il suo corpo desiderava schiacciare il bottone di stop, ma la mano si rifiutava, mentre il polso le doleva a causa delle diverse sedute di autoerotismo.

Ma nonostante tutto, il desiderio non si spegneva.

La famosa Miss Prim era così diversa da lei, sempre la perfetta brava ragazza.

Il calore dell’imbarazzo le bruciava le guance.

Se lui sapesse...

Il telefono squillò.

Eva sussultò talmente che il cuore a momenti le usciva dalla testa.

Era Richard?

Era riuscito a captare i suoi pensieri lascivi?

Il telefono squillò di nuovo e lei portò il ricevitore all’orecchio col braccio che tremava come se fosse in overdose da espresso.

“Pronto?”.

“Ciao, Eva?

Sono Richard.

Noi” - si schiarì la gola - “ci siamo incontrati ieri sera”.

Come se lei potesse dimenticare quel bel volto, quella voce strappa mutande e il modo in cui aveva attivato il suo interruttore del piacere... “Ciao Richard”.

“Scusa se ti chiamo così tardi,

ho dovuto partecipare a un seminario straordinario al lavoro e...”

“Non ti preoccupare”.

Chissà se la sua voce suonava troppo ansimante.

O peggio, disperata.

“Speravo che stasera potessimo andare a cena fuori”.

“Stasera?”

Eva si appoggiò al muro in cerca di un sostegno.

“Se non hai altri piani... e se ti fa piacere”.

Ma certo che lo voglio!

“Uhm... sì.

Grazie.

A che ora?”

“Vengo a prenderti alle sei e mezza così dopo potremmo vedere un film”.

“Un film?

Al drive-in?”

“Sì.

Come ti suona?”

Perfetto.

Favoloso.

Fantastico.

Solo che... Cosa avrebbe detto la gente vedendola al drive-in con un tizio appena conosciuto?

Non che le importasse, non aveva una famiglia per cui mantenere una certa reputazione.

Nessuna madre, né fratelli, zii, zie o cugini.

Solo un’ombra di padre, per quanto ne sapeva.

Ma la sua reticenza non riguardava la posizione sociale.

Cosa sarebbe accaduto se la connessione con Richard non fosse andata oltre l’attrazione fisica?

Come avrebbe potuto troncare la serata facendosi riportare a casa senza urtare i suoi sentimenti?

Non avevano parlato molto, per cui non sapeva se fossero compatibili a un livello più profondo.

Ma nonostante tutto, ogni cellula del suo corpo gravitava attorno a lui, come se in qualche modo inesplicabile sapessero che erano sulla stessa lunghezza d’onda.

Doveva fidarsi del suo intuito?

Non importava cosa sentiva, solo la realtà conosceva la verità e Richard poteva essere la persona sbagliata.

In ogni caso, il sabato sera il drive-in era piuttosto affollato, se lui avesse tentato di andare troppo oltre avrebbe sempre potuto attirare l’attenzione di qualcuno, giusto?

“Eva?”

Qualcosa nel suo timbro di voce la diceva fidati di me.

“Sì... Ok, va bene.

Mi sembra una buona idea”.

Poco dopo, Eva si stava guardando nel grande specchio del bagno mentre applicava l’eyeliner nero, un po’ di mascara e un tocco di gloss sulle labbra, sorpresa della stabilità delle sue mani, dato che avrebbe incontrato Richard nel giro di pochi minuti.

Il campanello infine suonò e una marea di suspense le invase lo stomaco.

“Arrivo!”

Corse in camera da letto, afferrò il cappotto nero nel guardaroba e diede uno sguardo alla sveglia: le sei e venticinque.

“Affidabile e puntuale”, mormorò correndo lungo il corridoio.

Aprì la porta trovando Richard in piedi sotto il portico, con indosso una giacca di pelle nera, una camicia rossa, jeans neri e un sorriso bagna mutande.

“Sei pronta?”

Per l’appuntamento o per lui?

Eva spostò gli occhi pieni di desiderio da quel corpo da urlo verso il suo sguardo magnetico.

“Sì”.

Per entrambi.

Raggiunsero l’auto, e Richard aprì lo sportello per lei, un vero gentiluomo.

“Grazie”.

Si sedette sul freddo vinile e allacciò la cintura di sicurezza.

Aveva intenzione di fare il gentiluomo tutta la sera o aveva in mente di arrivare in seconda base?

Lei non ancora poteva credere che fossero già arrivati alla prima!

Il ricordo di quelle labbra fameliche sulle sue, la sua lingua tentatrice e le mani che le accarezzavano il fondoschiena invase la sua mente per la millesima volta.

Un piacevole calore le si diffuse fra le gambe e salì fino alle sue guance.

Si spostò sul sedile, alla ricerca di un punto freddo che l’aiutasse a spegnere il fuoco che ardeva nel suo nucleo centrale.

Eva non voleva che lui smettesse di baciarla la notte precedente e il suo corpo reagì con delusione quando lui lo fece.

Quindi forse gli avrebbe permesso di essere fortunato.

Ma non troppo... ancora.

Richard si voltò verso di lei dal lato del guidatore, con gli occhi verdi che brillavano nella luce fioca.

“Metterò la capote,

spero non ti dispiaccia,

ma fa un po’ troppo freddo per tenerla aperta”.

La vicinanza di lui fece schizzare il suo termostato interiore su cocente rendendole facile dimenticarsi del freddo che c’era all’esterno.

In effetti in quel momento una fresca brezza che le raffreddasse un po’ la temperatura corporea le avrebbe fatto comodo.

“Per non parlare il disastro che farebbe dei miei capelli”, scherzò, cercando di distrarre entrambi da quella fortissima tensione sessuale.

Lui ridacchiò.

“Esattamente.

Dunque, ho prenotato al Café Destino per cena.

È l’unico posto in città dove cuociono la bistecca come piace a me.

Per te va bene?”

“Di nessun tipo.

Adoro una buona bistecca”.

Qualcosa di rosso, raro e al sangue,

Quando arrivarono al ristorante, un cameriere li guidò verso un angolino intimo, accanto a una finestra che si affacciava sul mare color smeraldo.

Eva studiò il menù e quando sollevò gli occhi, lo sguardo di Richard era puntato su di lei.

“Scusa se continuo a fissarti, ma i tuoi occhi sono incredibili.

Quel blu-violetto è così straordinario, così insolito, così bello”.

“Oh... Ehm, grazie”.

Eva guardò in basso, con le guance che passavano da calde a bollenti.

Di nuovo.

“Quindi... Cosa ti piacerebbe assaggiare?” chiese lui, come se avesse sentito il suo bisogno di cambiare discorso.

Te.

Eva fissò così intensamente il menù che quasi poteva vedere del fumo spuntare fuori.

Ma le parole erano sfocate, a causa della sua mente invasa da immagini vietate ai minori di Richard e lei, nudi, impegnati in ogni tipo di posizione erotica.

Ma che diavolo...?

I suoi pensieri dovevano aver imboccato la strada dell’immoralità.

Per lei era normale fantasticare su un uomo, ma mai a livello ho-bisogno-di-un-bagno-freddo-che-mi-distragga-da-certe-sconcezze.

“Eva?”

Resistendo all’impulso di detergersi la fronte con il tovagliolo rispose:

“Oh, scusa.

Per un attimo mi sono persa nei miei pensieri”.

Pensieri osceni, per la verità.

“Qualcosa che desideri condividere?”

Le guance di lei andarono completamente a fuoco, come una fornace a pieno regime.

“No, non per il momento”.

Richard sorrise e lei avrebbe giurato che le leggesse nella mente.

“Che c’è di tanto speciale nelle bistecche qui?” chiese, tentando disperatamente di cambiare argomento.

“Beh, mi piace al sangue, al contrario della maggioranza che la preferisce ben cotta.

Gli chef qui riescono ad assecondare la mia richiesta.

Ho scoperto che in molti posti non lo fanno”.

“Non ci credo!

Sei la prima persona che incontro a cui piace la bistecca esattamente come piace a me. Normalmente la cucino a casa perché la maggior parte delle persone pensano sia insolito mangiarla al sangue”.

“So esattamente di cosa parli”.

Lo sguardo di lui indugiò nel suo mentre si leccava le labbra.

“Ok, ordiniamo.

Tutto questo parlare di carne al sangue mi ha fatto venire fame”.

Affamato in più di un senso, a quanto pareva.

Esattamente come me.

Richard attirò l’attenzione del cameriere e ordinò una bistecca al sangue con verdure al forno e un bicchiere di merlot per entrambi.

Il suo sguardo si fece indagatorio.

“Dimmi qualcosa in più su di te.

Hai una famiglia?”

“Sfortunatamente non c’è granché da dire”.

Sentendo gli occhi riempirsi di lacrime, abbassò lo sguardo verso il tavolo.

“Il giorno del mio settimo compleanno ho ricevuto un baule con alcuni oggetti e una lettera da mio padre, ma questo è tutto.

Non ho idea di dove sia, o se sia ancora vivo.

Ho speso tutti i miei risparmi per ingaggiare quasi ogni investigatore privato della città per trovarlo... Ma niente”.

Si tappò la bocca con la mano.

Merda.

Non aveva mai raccontato a nessuno questa storia, ma con Richard, praticamente uno sconosciuto, le parole le erano fuoriuscite come un’emorragia.

“Ti senti bene?”

Lui si avvicinò, le prese la mano e con un movimento dolce la tolse dalle sue labbra.

Non riuscendo a parlare, lei annuì, pronta a esplodere in lacrime.

Con la punta del pollice lui accarezzava la sua pelle formando dei piccoli circoli.

“Neanch’io conosco mio padre.

Non l’ho mai incontrato, ma mi piacerebbe, sempre che sia ancora vivo.

Quindi ti capisco”, disse lui con voce avvolgente, arginando il flusso del suo intimo dolore.

Lei si avvicinò, con la curiosità che vinceva sul dolore.

“E tua madre?

Io non ho idea di chi sia la mia.

Mio padre mi lasciò in un orfanotrofio da piccola e sono cresciuta in collegio”.

“Sono cresciuto anch’io in un collegio”.

Un sorriso diabolico affiorò sulle labbra di lui.

“E fammi indovinare... Odi l’aglio, preferisci il freddo e il tramonto è il tuo momento preferito della giornata”.

Eva lo fissò con gli occhi pieni di sorpresa.

È una specie di indovino?

“Sì”.

Richard si sporse verso di lei, coi riflessi dorati nei suoi capelli castani che brillavano come tizzoni sotto la luce bassa del locale.

“Lo sai, se qualcuno ascoltasse la nostra conversazione penserebbe che siamo vampiri”.

Lei rise.

Con poche semplici parole l’aveva distolta dalla tristezza.

“Abbiamo veramente un sacco di cose strane in comune”.

“Non mi meraviglia che tu mi piaccia così tanto”.

Cosa?!

Il cuore di Eva perse un battito, poi un altro, e un altro, per poi tornare a battere furiosamente.

Il cameriere lasciò i due bicchieri di vino sul tavolo e si diresse verso la cucina.

Richard sollevò un calice con la mano libera e la guardò negli occhi.

“Alle molte piacevoli serate insieme che ci attendono”.

Una scossa di desiderio attraversò i nervi di lei facendole tremare la mano mentre sollevava il bicchiere per brindare.

“Salute”.

Eva mandò giù un bel sorso di vino.

“Basta parlare di me,

dimmi di te”.

Richard appoggiò il calice sul tavolo a distanza di sicurezza.

“Versione punti salienti... Ho studiato nel collegio di Launceston e ho lavorato duro per vincere una borsa di studio per l’Università di Melbourne e quindi ho preso un master in scienze con specializzazione in genetica”.

Sollevò il calice, fece decantare un po’ il vino e bevve un altro sorso.

“Non molto tempo dopo aver terminato gli studi, ho ricevuto una lettera dal fratello di mio padre, Bram, in cui mi chiedeva di incontrarlo a Hobart.

Fino a quel momento non sapevo di avere uno zio.

Pensavo di non avere una famiglia.

Ovviamente, ho accettato.

Ci siamo trovati così bene che mi ha invitato a stare da lui a Fern Tree.

All’inizio ho rifiutato, ma poi mi ha convinto che era la soluzione perfetta per entrambi”.

Una punta di invidia si insinuò nel cuore di lei.

“Siete davvero fortunati ad esservi trovati.

Anche se è un peccato che non si sia messo in contatto prima”.

“Penso non volesse darmi troppe speranze.

Non sapeva se sarebbe rimasto in Tasmania, qualcosa riguardo una relazione che era andata male.

Però sono felice che ora sia nella mia vita.

Meglio tardi che mai, come si suol dire”.

Eva fissò le loro mani ancora unite, col legno scuro del tavolo che contrastava con la sua pelle chiara.

“Vorrei avere anch’io qualcuno vicino.

Voglio dire, Greer è fantastica, ma...” Cos’è che la spingeva a confidarsi con Richard?

Era come se le avesse iniettato un siero della fiducia, liberando i suoi sentimenti prigionieri del suo cuore indurito.

Bevve un altro bel sorso di vino.

Lui accarezzò la sua guancia facendole sollevare lo sguardo fino ai suoi occhi.

Una verde irremovibile intensità.

“Hai me”.

Cosa?!

L’elettricità le bruciò la carne e le si bloccò il respiro.

Sembrava veramente serio.

Come poteva credere così tanto nella loro relazione così presto?

Come poteva farle una promessa così intima?

“Sei davvero gentile, ma non pensi sia un po’ presto?

Voglio dire, ci siamo appena incontrati”.

Richard si avvicinò e chiuse la mano di lei fra le sue.

“Eva,

sarò onesto.

Ho venticinque anni e ho avuto qualche ragazza,

ma non mi sono mai sentito così con loro.

mai.

E non riesco a immaginare di potermi sentire meglio di come sto con te”.

Forse era una strategia per arrivare in seconda base, o in terza, questo leggere la vulnerabilità di una donna per sfruttarla a suo vantaggio.

Le stava dicendo ciò che voleva sentirsi dire?

Le stava tendendo una trappola emotiva?

O era sincero e parlava dal profondo del cuore?

“A volte le cose sembrano magnifiche, ma poi si spengono”.

“Certamente.

Ma c’è qualcosa”, le disse portando una mano di lei sul cuore, “che mi dice che non è il nostro caso”.

La sua mano sentiva il cuore di lui batteva forte e solido.

Noi?

Tutto ciò che aveva detto sembrava sincero e il suo sguardo che non aveva mai abbandonato i suoi occhi sembrava volerlo confermare.

In ogni caso, avrebbe dovuto essere un bugiardo di prim’ordine, un seduttore spezza cuori.

Non importava quanto lei volesse credergli, quanto le parole di lui facessero vibrare le sue emozioni, quanto lei fosse attratta da lui, era necessario che mantenesse la mente lucida.

Doveva rallentare le cose per assicurarsi di conoscerlo, prima di fare qualcosa di cui si sarebbe pentita.

Il cameriere portò le loro pietanze e Richard lasciò andare la sua mano, interrompendo quel flusso di energia che si scatenava tra loro creando dipendenza.

Shock.

Senso di abbandono.

I classici segnali c’erano tutti.

Frustrazione, pensieri ossessivi, bisogno fisico... E tutto perché era lì seduto davanti a lei come un raro pezzo di carne fuori della sua portata.

Rallentare le cose sarebbe stato molto difficile.

Non appena il cameriere si allontanò dirigendosi verso un altro tavolo, Richard la scosse dalle sue riflessioni dicendo: “Ti piacerà moltissimo”.

Eva tagliò la bistecca che sanguinò sul piatto.

Perfetto.

Tenera, rossa, succosa, così come lui le aveva promesso.

Assaporò il crudo sapore metallico nella sua bocca.

“Mmm... Hai ragione.

È squisita”.

Richard finì il vino e la guardò fisso negli occhi.

“Tu sei squisita”.

Le guance di lei passarono dal rosa al rosso fuoco.

“Grazie.

Sei molto gentile”.

Segnali contrastanti?

Non ce n’erano.

Non stava cercando di nascondere l’attrazione nei suoi confronti.

Un buon inizio, davvero un buon inizio, ma lui doveva trovare desiderabili anche la sua mente e il suo carattere, bagaglio, difetti e insicurezze inclusi.

“Sto solo dicendo la verità”.

Lei scrutò nei suoi occhi alla ricerca di uno scorcio della sua anima, della sua essenza.

“Davvero?

Come faccio a esserne sicura?”

“Non puoi. Devi solo fidarti di me.

Perché una relazione funzioni è necessario che ci sia fiducia, non trovi?”

Senza dubbio.

Doveva fidarsi fino a che non avesse tradito le sue aspettative.

“Sì”.

Lui sorrise strofinandosi le mani.

“Ok, ora che ci siamo chiariti, finiamo le nostre bistecche così da poter passare al dessert”.

Finirono il loro pasto in un silenzio carico di tensione dovuta all’attrazione, con occasionali sguardi infuocati tra un boccone e l’altro.

Le tornò in mente il bacio incandescente della sera precedente e i suoi sensi si riaccesero.

Presto sarebbero rimasti soli nella macchina di lui al drive-in, lontani dai curiosi occhi indiscreti della polizia, e il solo pensiero delle intime attività in cui avrebbero potuto indulgere le accelerò il battito.

Una volta che il cameriere ebbe rimosso i loro piatti, Richard la guardò negli occhi.

“Ora, riguardo al dessert...”

Eva si batté sullo stomaco.

“Ho mangiato più che abbastanza,

forse giusto un caffè”.

“Ma dai,

prendiamone almeno uno in due.

Non mi abbandonare”.

Abbandonare?

Chi ha detto che lo voglio abbandonare?

I brividi attraversarono il retro del suo collo.

Aveva davvero un talento naturale per identificare e sfruttare un punto debole.

Eva gettò uno sguardo verso la vetrina dei dolci sopra la spalla di lui.

“La meringa al limone sembra deliziosa”.

“Presa.

Adoro la meringa al limone”.

“Davvero?”

Fece il segno di croce sul cuore sul suo petto vigoroso.

“Lo giuro”.

“Cos’altro ti piace?”

chiese Eva.

Lo sguardo che le lanciò non era semplicemente infuocato,

qualcosa di più profondo brillava nei suoi occhi, una sorta di adorazione, e per un momento lei desiderò che lui rispondesse tu.

“Mmm... A parte la compagnia eccellente e il buon cibo, l’osservare e l’interpretare il comportamento degli altri e le sue cause...”

Questa non è una sorpresa.

“La genetica, risolvere i rompicapo, la poesia, leggere romanzi e andare all’opera”.

“Wow.

Abbiamo veramente moltissime cose in comune.

Anche se io non sono troppo ferrata in genetica e nel risolvere criptici rompicapi”.

“Scommetto che sei più brava di quanto pensi”, disse.

Lei sollevò le sopracciglia in un’espressione ‘io non dubiterei’.

Lui ridacchiò e la sua voce sensuale scorse nelle sue vene come stuzzicante champagne pieno di bollicine.

“Ok, non ti metterò alla prova... Non ancora.

Continuerò con qualcosa di rassicurante, qualcosa nella tua comfort zone”.

Lei sollevò gli occhi al cielo, una risposta che nemmeno anni di cinghia in collegio erano riusciti a estirpare da lei.

“Sei così premuroso”.

“Lo sono, vero?”

ghignò lui.

“Dimmi, qual è il tuo libro preferito?”

“Di sempre?

Questa è difficile”.

Nel frattempo lei scorreva nella sua mente il catalogo dei libri che aveva letto.

“Attualmente sto attraversando una fase in cui mi piacciono i classici... Se dovessi sceglierne uno direi Nord e Sud, di Elizabeth Gaskell”.

“Oh, ottima scelta”.

“L’hai letto?”

Quest’uomo era una sorpresa continua.

Le labbra di lui si curvarono in un sorriso orgoglioso.

“Certo che l’ho letto.

Non mi dispiace leggere i classici,

mi aiutano con la poesia”.

Intelligente, bello, gentile e creativo.

Richard incarnava il suo Cupido in terra.

“Scrivi poesie?

Mi piacerebbe leggerne qualcuna”.

Una sottotraccia sensuale lampeggiò nei suoi occhi.

“Potrei anche ispirarmi a te”.


Capitolo Cinque

Messaggi contrastanti

Dopo che Richard ebbe saldato il conto, afferrò la mano di Eva, inviando un delizioso brivido direttamente al suo sesso.

Tornati alla macchina, lui si diresse verso il vicino drive-in di Elwick, dove in programmazione c’era Tutti insieme appassionatamente.

Richard parcheggiò nelle ultime file e si voltò verso di lei.

“Ti va qualcos’altro?

Una bibita, dei popcorn, un gelato?

Io mi prendo un Croccante,

non posso resistere a quei dannati gelati!”

Eva rise.

Aveva sempre un po’ di spazio per quelli. “Ok, ne prendo uno anch’io.

Grazie”.

Un carrello di gelati passava lì vicino, Richard acquistò due Croccanti e tornò a sedersi accanto a lei.

Gliene porse uno e poi montò l’altoparlante del drive-in sul finestrino tirandolo subito su per chiudere fuori l’aria ghiacciata della notte.

Eva aprì l’incarto dorato e diede un morso al gelato alla vaniglia con cuore di cioccolato.

“Mmm... Erano secoli che non ne mangiavo uno”.

“Allora dobbiamo farlo più spesso”, disse lui, con uno sguardo che rivelava tutti i piani che aveva in mente per lei.

Un brivido scorse lungo la schiena di lei.

“Gelato.

Probabilmente non è la scelta migliore in una serata fredda come questa, vero?”

Aveva scambiato la risposta del corpo di lei per un brivido di freddo dovuto al gelato.

E lei non lo avrebbe corretto, altrimenti avrebbero finito per saltarsi addosso in men che non si dica.

“Sì, qualcosa di caldo sarebbe stato più sensato”.

“Posso prenderti qualcosa di caldo se vuoi”.

Il sorriso di lui indicava che ogni briciolo di insinuazione era intenzionale.

“No, grazie, sto bene così”.

Se bene vuol dire completamente eccitata.

Le sue mutandine si inumidivano a ogni movimento che faceva.

Eva si concentrò sul suo Croccante, succhiando la granella di nocciole e leccando ciò che rimaneva del gelato sullo stecco di legno.

Sentiva gli occhi di lui su di sé e sollevò lo sguardo con la lingua pronta a dare una leccata.

Richard la stava osservando con uno sguardo che prometteva lo stesso trattamento a lei.

“Sembra che ti sia davvero piaciuto”, disse con un sorriso malizioso che pareva in grado di scioglierle i vestiti.

Un’ondata di calore la travolse facendole leccare le labbra.

“Mi è piaciuto”.

Potevano anche giocare in due a stuzzicarsi.

Lui si sistemò sul sedile, svelando esattamente ciò che gli passava per la testa, i pensieri più sporchi che avesse mai fatto.

Lei non poté fare a meno di sorridere.

Ora anche lui sapeva come ci si sentiva a stargli intorno, con quel profumo mascolino e sensuale, quegli irresistibili occhi verdi e quel seducente corpo muscoloso.

Un piccolo gemito sfuggì alle sue labbra e lei tentò di nasconderlo con un colpo di tosse.

Richard si avvicinò.

Stava per fare una mossa?

L’avrebbe baciata di nuovo?

Fra il suo cuore martellante e il respiro affannato, era a pochi secondi da un esplosivo attacco di desiderio.

Lo spazio fra di loro iniziava a ridursi e lui si fermò ridacchiando.

“Che c’è?”

La voce di lei suonava affannosa, mentre il suo corpo tentava di riprendersi da quella silenziosa e non mantenuta promessa di un bacio.

Richard le accarezzò l’angolo della bocca, togliendole una granella di nocciola.

Che imbarazzo!

Le prese il viso fra le mani.

“Ce lo conserviamo per dopo?”

Il cuore di lei batté così forte che probabilmente lui l’aveva sentito nonostante l’altoparlante montato sul suo finestrino.

Le sollevò il mento, mentre il suo sguardo passava dai suoi occhi alle sue labbra e affondò la bocca sulla sua.

Il suo bacio gentile le bruciava le labbra, timido questa volta, come se volesse assicurarsi che lei lo desiderasse quanto lui.

E lei lo desiderava, forse più di quanto non facesse lui.

Eva aprì le labbra accogliendo la lingua di lui e mettendogli le braccia intorno al collo.

Un gemito risuonò nella gola di lui e lei gli si strinse addosso, nel disperato tentativo di sentirlo ancora.

E lui gemette di nuovo, più a lungo, più profondamente.

Richard immerse una mano fra i capelli di lei e tirò quel tanto che bastava a innescare un’ondata di brividi caldi lungo il suo collo.

La lingua di lui si infilò ancor più in profondità, accarezzando e succhiando la sua finché non gemette di nuovo.

L’altra mano scendeva lentamente lungo le sue curve fino a fermarsi sulla gamba nuda.

Ciascuna delle sue terminazioni nervose iniziò a formicolare, come se fosse un flipper su cui un giocatore esperto, lui, aveva appena segnato un punto.

Eva desiderò di disfarsi dei suoi vestiti e giacere nuda insieme a lui.

All’improvviso non le interessava più di quel che pensava la gente.

Vivere quel momento sensuale insieme a Richard contava molto di più.

Da dove usciva questa Eva super sensuale?

Ovviamente era nascosta da qualche parte nella sua psiche, così in profondità che non si era neanche resa conto che questo alter ego esistesse.

Era come se lei fosse Excalibur e Richard Re Artù, l’unico uomo in grado di liberare il suo sesso dalla pietra.

Lei fece cadere le scarpe e allungò le gambe sul sedile anteriore in modo che lui potesse mettersi sopra di lei, col vestito aggrovigliato intorno ai suoi collant.

I ruvidi jeans di Richard graffiavano la sua pelle e, facendo scorrere le mani lungo la schiena di lui, sentì i suoi muscoli muoversi sotto la camicia.

Richard esplorò le sue orecchie e quindi il suo collo con le labbra e continuò a scendere fino alla scollatura del suo vestito.

“Oh...” gemette lei portando una gamba intorno alla sua vita e premendo il bacino contro quello di lui.

Non aveva mai sentito un uomo così... duro.

Il respiro di lui si fece ancora più affannoso mentre strofinava il suo pene turgido contro le mutandine di lei, facendole passare da umide a bagnate e infine inzuppate.

Il loro respiro accelerò accordandosi con le spinte di lui, come un treno diretto a tutta velocità verso la destinazione finale.

Il piacevole pulsare del suo sesso si intensificò fino a farla arrivare a un passo dal gridare.

Stavano per farlo... Al primo appuntamento... E a lei non importava.

In quel momento, lo voleva più di quanto avesse mai desiderato qualcosa o qualcuno.

Richard fece scivolare le lunghe dita sotto la stoffa del vestito e accarezzò il suo seno nudo e il capezzolo si inturgidì sotto le sue mani esperte.

Quindi rimosse l’ostacolo della stoffa e lo prese fra le labbra.

Lei tirò indietro la testa e digrignò i denti nel tentativo di prolungare ogni singolo secondo di ebrezza.

Lui succhiava, leccava e baciava trattenendo un gemito di approvazione in gola.

Boccioli di estasi spuntarono nel clitoride di lei e sbocciarono nel suo nucleo.

“Richard!” gridò rannicchiandosi contro di lui mentre veniva.

“Eva!” grugnì lui fermandosi e seguendola all’apice del piacere.

Poi, all’improvviso, si sedette districandosi da lei e aprì lo sportello lasciando entrare l’aria fredda nel loro spazio intimo.

“Scusami” disse uscendo dall’auto senza guardarla negli occhi.

L’esperienza che avevano appena condiviso annoverava fra i momenti più incredibili della vita di lei e questa era la sua reazione?

Linee di confusione apparvero sulla sua fronte.

Si stava pentendo di quel che era accaduto?

Qualche minuto dopo Richard uscì dalla toilette del drive-in e rientrò in macchina con la testa che penzolava in avanti.

Si buttò sul sedile del guidatore nascondendo il viso fra le mani.

“Scusa.

Mi dispiace così tanto.

Non so cosa mi sia successo”.

Richard fece una pausa e abbassò le mani, gli occhi pieni di rimorso.

“In realtà lo so. Non posso resisterti”.

“Conosco questa sensazione”, disse lei.

Lui sorrise, ma questo non cancellò le linee della vergogna apparse sul suo viso.

“Non è una ragione sufficiente.

Questo comportamento da cavernicolo non è accettabile.

Avrei dovuto controllarmi”.

Eva sistemò il vestito e i capelli, in disordine dopo il sesso.

“Va tutto bene,

non sentirti in colpa.

Anch’io avrei potuto fermare le cose e non l’ho fatto”. Non volevo farlo.

Greer sarà molto orgogliosa.

Volse lo sguardo verso il film e la famiglia stava correndo un grosso rischio, lasciando il comfort della propria abitazione per andare sulle montagne incontro all’ignoto.

Anche Eva quella sera aveva scelto il percorso più rischioso.

Era la prima volta che un uomo vedeva e toccava il suo seno nudo, la prima volta che aveva concesso a se stessa di lasciarsi andare e la prima volta che veniva davanti a un uomo, eppure non si sentiva consapevole o strana.

Stare con Richard sembrava così giusto.

Sembrava essere l’unica chiave che potesse aprire il lucchetto che chiudeva il suo cuore... E liberare la sua libido.

Ciononostante, dopo la reazione di lui, le sue emozioni erano un mix contrastante di euforia e senso di colpa.

Non riesco a credere che siamo quasi andati fino in fondo!

Avevano quasi fatto sesso con i vestiti ancora addosso... Col sottofondo di Tutti insieme appassionatamente per di più.

Le luci si fecero più forti mentre i titoli di coda scorrevano.

“Dovrei accompagnarti a casa”.

Guardava fisso davanti a sé, senza gettare nemmeno uno sguardo nella sua direzione.

“Sì...”

Dopo venti minuti erano davanti alla casa di lei.

“Vuoi entrare a bere qualcosa?”

Che cosa sto facendo?

Penserà che sono una di quelle.

Ma era troppo tardi per rimangiarsi le parole ormai.

E le sue azioni?

La sua risposta a lui nell’auto era stata il compendio della cattiva ragazza.

Lo sguardo di lui, chiaramente in conflitto, incontrò finalmente il suo.

“Mi piacerebbe, ma non credo sia una buona idea”.

Le prese il viso fra le mani.

“Se ti portassi a pranzo fuori lunedì?”

Eva espirò, lasciando andare l’aria che stava trattenendo da un po’.

Voleva vederla ancora.

Ottimo segno.

La sua sfrontatezza evidentemente non lo aveva scoraggiato.

“Mi sembra un’idea carina”.

Quindi si avvicinò e baciò la sua bocca deliziosa.

* * * *

Il lunedì mattina, Eva trovò un foglio nel suo armadietto.

Lo aprì ammirando l’elegante grafia inclinata all’indietro.

“Ciao Eva,

sfortunatamente sono costretto ad annullare il nostro pranzo di oggi.

Scusa per il poco preavviso.

Mi farò sentire presto,

Richard

Il cuore di lei si sgonfiò come un soufflé rovinato.

Annullato?

Con la testa bassa, tornò alla scrivania, col peso del suo rifiuto come piombo fra le sue mani.

Avrebbe sicuramente fatto la pausa pranzo.

Quella buffonata era la classica frase di addio, detta su carta anziché di persona.

Evidentemente sabato sera aveva lasciato che le cose andassero troppo avanti.

Forse l’aveva etichettata come un tipo da amore libero e questo lo aveva allontanato.

Chiuse gli occhi, cercando di reprimere l’ondata di preoccupazione che stava montando in lei.

Forse era solo sommerso di lavoro.

Eva si gettò sulla poltroncina e prese a giocherellare col blocco per le lettere sulla sua scrivania.

Doveva assolutamente dargli il beneficio del dubbio e non saltare a facili conclusioni.

Greer roterellò accanto a lei.

“Ehi, cos’è quella faccia triste?”

“Richard ha dovuto annullare il pranzo”.

Greer afferrò il suo braccio forzandola ad alzare lo sguardo.

“Peggio per lui.

Pensa al lato positivo, ossia che pranzerai con me”.

Il tentativo della sua amica di tirarla su aveva quasi funzionato.

“Sì...”

“Non preoccuparti,

sembrava che tutto fosse andato bene sabato sera”.

“Così pensavo”.

Eva scansò il blocco degli appunti.

Gli occhi di Greer assunsero il suo tipico sguardo ‘non dire sciocchezze’.

“È andato tutto bene”.

Eva scrollò le spalle non del tutto convinta.

“Ma dai,

sorridi.

Non ti farà male”.

Gli angoli della bocca di Eva si sollevarono in un sorriso rassegnato.

Quando Greer si metteva in testa di tirare su qualcuno, non si fermava finché non otteneva un qualche risultato.

E con Eva ci riusciva sempre.

Prima o poi.

Il resto del lunedì e il martedì trascorsero senza che vi fossero notizie da Richard.

Il mercoledì sera, Eva smise di sperare che si sarebbe rifatto vivo.

Eva stava cucinando quando il telefono squillò.

La speranza riemerse nel suo cuore che batteva a mille.

Richard?

Pensieri razionali invasero il suo cervello scacciando la gioia.

Dubitava che fosse lui, dato che l’aveva evitata fin dal loro appuntamento.

L’insicurezza l’affliggeva, punzecchiando la ferita emotiva che pensava fosse già guarita.

Prima l’aveva abbandonata suo padre, poi Richard.

Tolse la padella dal fuoco e andò nel corridoio per fermare lo squillo incessante.

“Pronto?”.

“Eva, ti senti bene?

La tua voce sembra un po’ giù”.

Richard.

La gioia le dava le classiche farfalle nello stomaco.

La sua voce profonda e sensuale le riportava alla mente la sua canzone preferita, innescando ricordi nostalgici.

Aspetta.

Può stravolgere il mio umore solo con una parola?

“Sto bene, grazie”.

Una specie.

“Come stai tu?

Che hai fatto di bello?”

“Lavoro, lavoro e ancora lavoro, sfortunatamente”.

“Capisco”.

Ora arriva il discorso ‘mi dispiace ma non credo che la nostra relazione potrebbe funzionare’, oppure la classica stronzata ‘non sei tu, sono io’.

“Mi dispiace veramente di aver annullato lunedì.

Cosa fai sabato sera?”

“Niente, perché?”

“Mi piacerebbe portarti fuori”.

Davvero?

“Dove?”

“È una sorpresa.

Fatti bella, ti vengo a prendere alle cinque e mezza”.

Oh.

Che fosse ancora interessato?

Oppure voleva semplicemente comportarsi da gentiluomo, portarla fuori un’ultima volta e poi rompere con lei di persona.

L’unico modo per scoprirlo era accettare.

Eva faticò a dormire quella notte, troppo nervosa ed eccitata per il loro prossimo appuntamento.

Quando tornò a casa dal lavoro il giorno seguente, davanti alla porta trovò un pacco avvolto in carta marrone con un biglietto e una rosa rossa.

Richard.

Dev’essere da parte sua.

Non aveva altri corteggiatori.

Con un sorriso così grande che immaginava potesse essere visto fin dalla luna, afferrò il pacco, prese la rosa e annusò il suo meraviglioso profumo.

Andò dritta nel salotto, si sedette sul divano e tirò fuori il biglietto dalla busta rossa.

La calligrafia inclinata all’indietro di Richard scorreva in linee pulite lungo quel piccolo spazio.

Cara Eva,

mi sei veramente mancata questa settimana.

Non vedo l’ora di rivederti sabato sera.

Richard

P.S.:

Non ho resistito e ti ho preso questo.

Spero che ti piaccia.

Eva aprì il pacco svelando una copia in edizione speciale di Nord e Sud.

Liberò il prezioso libro, passò la mano sulla copertina color nero e oro e sfogliò le pagine dal bordo dorato.

Aveva quell’inebriante odore di libro antico.

Un regalo davvero premuroso, per non parlare del dolcissimo messaggio che lo accompagnava.

Doveva implicare un interesse romantico, vero?

Le sue parole erano una cosa, ma per dimostrare che intendeva sul serio ciò che aveva scritto, avrebbe dovuto confermarle con azioni coerenti, inclusa l’intimità fisica, sempre che lui considerasse se stesso come il suo ragazzo.


Capitolo Sei

Il decifratore

Trondheim, Norvegia 1937

Il compagno di stanza di Abe spinse il libro di testo via dalla scrivania facendolo cadere sul pavimento.

“Ma dai!

Lo sai che sei un genio coi codici.

È semplicemente una serata fuori,

non ti farà male.

Potrai finire la revisione domani”.

Il ragazzo aveva ragione.

Abe era sempre stato un mago della matematica e adorava creare e risolvere rompicapi.

Se la parola ‘crittografo’ avesse avuto una foto accanto sul dizionario, sarebbe stata la sua.

Una notte lontano dallo studio avrebbe potuto persino fargli bene.

Avrebbe potuto servire a calmargli i nervi, che erano il suo vero problema.

Si prepararono e andarono a un club sotterraneo, molto popolare, apparentemente frequentato da bellissime donne - o almeno era quanto asseriva il suo compagno di stanza.

Quello era stato l’argomento decisivo.

Lo swing martellava contro le doppie porte chiuse, sorvegliate da due massicci buttafuori.

Il suo amico strinse loro le mani, scambiò qualche parola e lo condusse dentro attraverso un muro di fumo.

Gli occhi di Abe si abituarono all’oscurità.

Gruppi di uomini in tiro e di donne in abiti attillati riempivano la vasta area.

Un gruppo suonava sul palco che sovrastava la pista da ballo piena di gente, con rivoli di fumo che si diffondevano nell’aria allegra.

Sulla sinistra c’era un piccolo guardaroba, mentre un bar luccicante occupava il resto della parete di sinistra.

“Prendiamoci una birra”, disse il suo amico guidandolo lungo un tortuoso percorso diretto al barista più vicino.

“Offro io”.

Abe prese alcune corone dal suo portafogli e ordinò i loro drink.

E poi la vide.

La più bella creatura che avesse mai visto.

I suoi occhi verde giada tagliarono il fumo e incrociarono i suoi dall’altra parte del bar e fu come se delle piccole mani invisibili lo spingessero in avanti.

“Scusa, devo andare”.

Abe passò le birre al suo amico senza distogliere gli occhi da quelli della donna e iniziò ad andare verso di lei.

“Abe?”

La voce del suo compagno di stanza gli arrivò attraverso il rumore,

ma Abe non si fermò, come un treno su un binario diretto a una nuova eccitante stazione.

“Ci rivediamo al dormitorio allora”.

O almeno così interpretò le parole soffocate del suo amico.

Più si avvicinava a quella donna intrigante, più il suo corpo canticchiava con risoluta armonia, come se l’aura di lei lo avesse avvolto in una calda coperta escludendo il resto del mondo.

Dei magnifici capelli biondi incorniciavano il viso della ragazza, le cui onde cadevano sulle sue spalle slanciate.

“Non ti ho mai visto qui prima”.

Il suo accento la identificava come nativa norvegese, un’alta, magra e sexy autoctona.

Roba da stella del cinema.

Il suo cuore iniziò a battere al ritmo della big band.

“N-no”, balbettò.

“No. Studio all’università.

Facoltà di Scienza e tecnologia a Gløshaugen”.

Non aveva neanche risposto alla sua domanda.

Doveva pensare che fosse un idiota di prima classe.

“Uhm... Non mi sono avventurato fuori un granché.

Ho una borsa di studio,

mi sto concentrando sullo studio

perché non posso permettermi di perderla”.

Ok, ora suonava meglio.

Dieci e lode per aver fatto una grandiosa prima impressione.

Ora probabilmente pensava anche che fosse un nerd fifone.

Lei sorrise come a dire ‘ha perfettamente senso’, oppure ‘ non so perché ma ti darò un’opportunità’, e porse la mano candida.

“Capisco.

Mi chiamo Rhoda, sono anch’io una studentessa e vivo in fondo alla strada”.

È un invito?

Lui strinse la sua mano mentre brividi deliziosi saltavano da sinapsi a sinapsi.

“Sono Abe.

Piacere di conoscerti”.

Molto piacere.

I suoi lombi erano d’accordo.

Le coppie si radunavano sulla pista da ballo.

Doveva chiederle di ballare e poi offrirle da bere.

Era così che il rituale di corteggiamento iniziava in Australia.

In Norvegia, così straniera per lui per tanti versi, non aveva idea.

L’etichetta poteva essere molto diversa, giusto?

Si schiarì la gola.

“Quindi... “

“Ti piacerebbe accompagnarmi a casa?”

La speranza che traspariva dai suoi occhi li faceva luccicare come torce.

Cosa?!

“Ma sono appena arrivato.

Ci siamo appena incontrati.”

“Si tratta solo di una piccola passeggiata.

Possiamo conoscerci meglio sulla strada.

È difficile parlare qui”.

O aveva una mentalità estremamente aperta o l’aveva fraintesa completamente.

Di norma era bravissimo a inquadrare le persone, le situazioni, i codici.

Ma fino a quel momento niente era normale in quell’interazione.

“Uhm...”

“Dai,

vivi un po’”.

Lei afferrò la sua mano e lo condusse verso l’uscita.

L’aria ghiacciata sferzava la pelle come se la volesse scorticare.

Abe rabbrividì e tirò su il colletto del cappotto, mentre Rhoda sembrava non risentirne affatto, neanche un po’ di pelle d’oca sulla pelle nuda, come se fosse immune al freddo.

Girarono a sinistra e fecero una passeggiata sul lungomare.

“Sono tutte così coraggiose le ragazze norvegesi?”

Lei rise e la sua risata era ricca e melodiosa come un canto di sirena.

“Hai un forte accento.

Da dove vieni?”

“Dalla Tasmania, in Australia.

Ma non hai risposto alla mia domanda”.

“Dipende dalla ragazza.

Gli uomini australiani sono tutti così pronti a fare supposizioni?”

“Fare supposizioni?

Non sto supponendo nulla”.

Lei si fermò, i suoi magnetici occhi verde giada fissavano quelli di lui.

“Una ragazza ti invita ad accompagnarla a casa e tu non hai in testa supposizioni e aspettative?”

Lui ridacchiò, quindi continuarono a camminare.

“Mi hai beccato.

Più che altro sono curioso”.

“Di quel che potrebbe accadere”.

“Sì,

ma sto cercando di mantenere una mentalità aperta a riguardo”.

“È la maniera migliore”.

Lui guardò il profilo equilibrato di lei.

“Chiedi spesso agli uomini di accompagnarti a casa?”

“Importerebbe qualcosa se lo facessi?”

“No, quello che fai sono affari tuoi”.

“No”.

“No?”

“Normalmente non chiedo agli uomini di accompagnarmi a casa.

Questa è la prima volta”.

“Davvero?”

Questa donna era un enigma che neanche lui riusciva a districare.

Sanguigna, attraente, provocante, e tuttavia innocente?

“Perché è così facile per te credere che lo abbia già fatto prima, ma non che sia la prima volta?”

Lui sfregò il mento ben rasato con la mano ghiacciata.

“Sembri così sicura di te”.

“Lo sono... Di te.

Sembri retto e affidabile”.

“Ora chi è che fa supposizioni?”

Lei scoppiò di nuovo in quella musica che era la sua risata.

Arrivarono a una villa gotica imponente, un palazzo in arenaria, con una fontana che raffigurava Psyche e Eros che rumoreggiava sul davanti.

“Wow.

Vivi qui?”

“Sì,

questa casa appartiene alla mia famiglia da generazioni”.

Percorsero i gradini consumati fino a una grande porta in quercia con sinuosi cardini e battente neri.

Lei lasciò andare la sua mano, cercò nelle tasche e tirò fuori un’antica chiave di ottone che sembrava uscita direttamente da un museo.

Rhoda entrò e proseguì lungo l’oscuro corridoio.

“Non entri?”

Anche se a distanza, lui era rimasto nella sua bolla ammaliatrice.

Abe la seguì, come un cucciolo adorante tirato da un guinzaglio invisibile.

Sulla sinistra si ergeva una scalinata e lei andò verso una stanza buia sulla destra, con piccole fiamme gialle e arancioni che crepitavano nel camino.

Rhoda afferrò un attizzatoio, sistemò la legna e aggiunse qualche ciocco rinvigorendo la fiamma.

Si sedette su un delizioso divanetto intagliato mentre riflessi d’ambra e oro danzavano sul suo viso e sul suo corpo come se fosse un dipinto astratto.

Con un gesto della mano lo invitò a raggiungerla.

Il calore irradiava dalla sua vicinanza e dalle fiamme, facendo aumentare il desiderio di lui.

Aba combatté l’urgenza di far scivolare le mani sulla pelle di lei sotto il suo morbido vestito bianco.

Ma quegli occhi non gli facilitavano affatto le cose.

Lo sguardo predatorio che vi coglieva rivelava che lei voleva divorarlo in maniera piacevole, in maniera molto piacevole.

“Non c’è nessuno in casa?”

“Probabilmente no.

La cena di solito non viene servita prima delle nove e non sono ancora le otto”.

Un sorriso nervoso si incastrò negli angoli delle labbra di lui.

“Giusto... Uhm... Dimmi qualcos’altro di te e della tua famiglia”.

“Sei sicuro che ti interessi?”

Chiese lei con un tono che suonava come un avvertimento.

“Certamente.

Non è questo il punto?”

Quindi venne colpito da un’improvvisa consapevolezza.

Forse lo aveva rimorchiato solo per il sesso.

Non lo aveva mai fatto al primo appuntamento, anche se la bellezza di lei la rendeva quasi irresistibile.

Abe distolse bruscamente lo sguardo e si sedette sulle mani.

“Sembri... Qual è la parola in inglese?

Ansioso?” disse lei.

“Probabilmente perché lo sono”.

Lei rise.

“Non ti morderò, a meno che non sia... una cosa che ti piace”.

Rhoda lo fissava dritto negli occhi.

“Ti andrebbe qualcosa da bere?”

Il cervello sovreccitato e pieno di domande di lui non aveva bisogno di esercitarsi ulteriormente con la disinibizione.

Doveva cercare di ragionare, cosa che diventava sempre più difficile man mano che rimaneva seduto lì con lei.

“No. Sto bene così.

Grazie”.

“Ok, allora raccontami di Abe.

Fammi un riassunto su di te”.

L’invitante voce rauca e i suoi occhi ipnotici erano irresistibili.

Abe abbassò gli occhi sul suo grembo.

Se avesse continuato a guardarla non era sicuro di riuscire a rimanere un gentiluomo.

“Non dovresti essere prima tu a raccontarmi qualcosa di te?”

“L’ordine è così importante?”

“A volte.

Se ti scrivessi una lettera e tu la leggessi da destra a sinistra non avrebbe alcun senso”.

Lei rannicchiò le gambe sul divano, mise il gomito sullo schienale e appoggiò la testa sulla mano.

“Cosa studi all’università?”

“Crittografia.

Si tratta della scienza...”

“So di cosa si tratta Signor Codifico Tutto... O è Decodifico?”

“Entrambe le cose”.

“Numeri”.

Le labbra di lei si strinsero come se si stesse sforzando di trattenere un sorriso.

Sta ridendo di me?

“Scusa?” disse lui, raddrizzando la schiena.

“Hai capito la mia battuta?

Codice... numeri?”

Astuta.

L’autodifesa che si ostinava a mantenere scivolò dal suo corpo.

“Sei così carino quando tiri fuori l’orgoglio”, disse lei.

Lui ghignò.

“Solo in quel momento?”

“No, hai veramente, qual è la parola inglese, sexy?

Hai anche un sorriso molto sexy”.

Senti chi parla.

“Grazie”.

Lei colpì la coscia di lui col suo ginocchio affusolato.

“Sto ancora aspettando il tuo riassunto”.

Abe fece fatica a riprendersi da quel tocco che gli aveva accelerato il battito.

“Come ho detto prima, ho una borsa di studio, per questo sono qui”.

“Quindi sei intelligente... Quantomeno per quel che riguarda il lavoro accademico”.

Un sorriso impertinente curvò gli angoli della sua bocca.

Abe proseguì a fatica, tentando di impedirsi di piantare un bacio su quelle labbra tentatrici.

“Adoro lo scambio di culture...”

“Quindi ti piace viaggiare”.

“La campagna è da togliere il fiato...”

“Quindi sei un amante della natura, un uomo che ama la bellezza semplice e incontaminata”.

Bellezza incontaminata.

Si riferiva a se stessa o al paesaggio?

La fissò negli occhi di giada, così vicino al punto di seduzione che bastava un minimo per farlo precipitare.

“Sì”.

Senza alcuna avvisaglia, lei chiuse le labbra sensuali su quelle di lui togliendogli il fiato, e si fece più vicina, passando le braccia attorno al suo collo.

Lui passò le mani intorno alla vita sottile di lei, infilando la lingua nella bocca di lei per esplorarne i piaceri nascosti.

Non sapeva nulla di questa donna, ma una la sapeva...

Che sapeva baciare... Beh, da dio.

Si ritrasse per inspirare un po’ d’aria.

“Lo hai fatto per distrarmi, vero?”

La sua voce suonava roca a causa dell’eccitazione.

“La domanda è, ti è piaciuta la distrazione?”

Se fosse stata seduta su di lui, avrebbe saputo la risposta senza che lui avesse a proferire parola.

“Molto.

E a te?”

“Una signora non rivela certe cose”, disse con un sorriso malizioso.

Lui ridacchiò.

“Mi sembra giusto.

Ma come minimo mi devi rivelare i punti salienti di Rhoda”.

Lei lasciò cadere le braccia dal suo collo e guardò in basso. La sua gamba tremava.

Ora era il suo turno di essere nervosa.

“Sto aspettando”, disse lui.

Lo sguardo di lei tornò a incontrare il suo.

Aprì la bocca ma tutto ciò che ne uscì fu un sospiro.

Era come se avesse qualcosa da nascondere, come se fosse un’agente segreta o una femme fatale.

“Io... “ Fece un gran respiro come a voler prendere ancora un po’ di tempo per raccogliere i pensieri.

“Sono una studentessa di musica,

il pianoforte è il mio strumento.

Spero di entrare nell’orchestra sinfonica ma sto prendendo il diploma per insegnare come piano di riserva”.

“Quindi sei un’artista e una creativa”.

“Vivo in Norvegia da tutta la vita e non sono mai stata all’estero...”

“Quindi ti piacciono le comodità di casa e sei vicina alla tua famiglia":

“E... “ esitò.

“Come posso dire... “

Batté con dita tremanti sul mento delicato.

“La mia...” si percepiva chiaramente che era indecisa se rivelare o meno qualcosa.

“La mia discendenza è... complicata.

Sono una mezzosangue... ”

“E quindi?

Se tu sei una mezzosangue io sono un meticcio, praticamente un delinquente”.

Lei evitò il suo sguardo e scosse la testa.

“Non capisci.

Sono una mezza Jade”.

Jade?

Che diavolo significa?

“Mi dispiace,

non conosco i gruppi etnici scandinavi”.

“Non sono in molti a conoscerli.

Pensavo che ci fossero pettegolezzi all’università.

Alcuni studenti sono molto... intelligenti”.

Abe le prese la mano.

“Pettegolezzi su cosa?

Cosa c’è di così speciale in questa tua discendenza dai Jade?”

Lo sguardo di lei si fece supplichevole.

“Te lo dico solo se mi prometti che dopo non scapperai via”.

Lui fece uno scatto indietro.

“Scappare?

Ma certo che non lo farò.

Quanto può essere brutta?

Sono una famiglia di assassini scandinavi colpevoli di omicidi di massa?”

Ma l’espressione mortalmente seria di lei smorzò il suo tentativo di scherzare.

“Prometti”.

“Sì, lo prometto”.

Accarezzò la morbida pelle pallida della mano di lei.

Rhoda prese un gran respiro e fissò le loro dita intrecciate.

“Esistono due clan, i Jade e i Violet.

E non vanno d’accordo, fin dal Medioevo”.

“Fammi indovinare, è ancora così”.

“Sì.

Personalmente non ho problemi coi Violet, ma non è questo il punto”.

Abe le strinse la mano.

“E qual è?”

Lo sguardo di lei catturò nuovamente il suo.

“I Violet e i Jade sono”, esitò, “creature della notte”.

“Creature della notte?

Intendi dire che a loro piace” disegnò due virgolette con le dita “divertirsi?”

Quindi non si trattava di conservatori che rifiutavano il sesso prima del matrimonio.

Caspita.

Ma non gli dava fastidio.

I tempi stavano cambiando comunque.

Lei scosse la testa, coi suoi bellissimi capelli biondi che frusciavano sulle spalle.

“No, intendo dire... vampiri”.

Lui rise.

“Ti piace veramente scherzare, eh?

È una caratteristica molto attraente”.

Ma l’espressione seria di lei non mutava di una virgola.

“Non sto scherzando stavolta”.

“Stai tentando di dirmi che sono seduto qui fra le grinfie di un vampiro?

Mi hai attirato qui per cena?

Per fare di me il piatto principale?” disse cercando di trattenere la risata che gli saliva lungo la gola.

Lei sbuffò e lasciò andare la mano di lui.

“Non sta andando come mi aspettavo”.

Non stava andando neanche come lui si era aspettato.

“Come posso convincerti?” chiese lei.

“Spero non facendo di me un pasto”.

Lei chiuse gli occhi per un lungo attimo, come se stesse mettendo insieme i pensieri per mostrargli che ciò che diceva aveva senso.

“Il clan Jade si distingue per gli occhi verde giada e i capelli chiari.

Più geni vampiri hanno, più profondo è il colore degli occhi e più chiari sono i capelli.

Mentre i Violet hanno i capelli scuri e gli occhi viola.

“Devi comprendere che la maggior parte di noi non beve sangue umano.

I mezzosangue come me hanno una dieta simile a quella umana, eccetto il fatto che devo aggiungere un po’ di sangue animale una volta la settimana altrimenti mi stanco facilmente e divento irritabile”.

La paura si diffuse come un cancro aggressivo dal suo cervello fino al resto del suo corpo.

C’era qualche possibilità che fosse vero?

Di sicuro certe cose non esistevano, non nella realtà.

Ma sembrava così sincera.

“Dovrei crederti?”

“Perché mai dovrei inventarmelo?”

Lui scrollò le spalle.

“Non lo so, una psicosi?

Forse hai deciso che dopo tutto non ti piaccio e vuoi spaventarmi per farmi andare via?

Forse hai fatto una scommessa con un’amica?”

Lei lo fissava con espressione immutata.

“Giuro che ti sto dicendo la verità”.

Hai detto che non molti sanno dei Jade e dei Violet.

Quindi se è un segreto, perché lo stai dicendo a me?”

“Perché mi piaci ed è importante che tu sappia come stanno le cose e le implicazioni se io... ti piaccio.

E penso di piacerti”.

Sembrava e suonava seria.

Significava che i vampiri non erano solo una leggenda?

Che esistevano veramente?

E anche se ha detto di non cibarsi di esseri umani, dovrei comunque preoccuparmi?

Le probabilità suggerivano che lei fosse fisicamente più forte e invincibile.

Che succede se le viene fame?

Lui si chiuse e si allontanò da lei con la testa che gli girava.

Aveva appena baciato una vampira.

Beh, una mezza vampira, comunque era la stessa cosa.

Gli occhi di lei si riempirono di tristezza.

“Avevi promesso che non saresti scappato”.

Abe sussultò, la paura gli suggeriva di tenersi pronto a fuggire.

“Non lo farò.

Ma è una cosa grossa da assorbire. Ho bisogno di tempo per pensare”.

Lui arretrò verso la porta.

“Devo studiare per gli esami finali.

Ho bisogno di concentrarmi su questo per il momento.

Scusa.

Ti contatterò non appena mi sarà possibile”.

Gli occhi di lei luccicavano per via delle lacrime che stava trattenendo perché non credeva alle sue parole.

“Me lo prometti?”

Ci proverò.

Il ragazzo esitò, non convinto che lo avrebbe fatto una volta che fosse stato fuori della sua portata, una volta che fosse stato al sicuro.

“Sì.

Ehm... buonanotte”.

Abe percorse la strada verso il dormitorio dell’università come se fosse stato ubriaco,

ma non lo era, quantomeno non a causa dell’alcol.

La sua mente non faceva che saltare da un pensiero all’altro, da un sentimento all’altro, come vestiti sporchi sballottati dalla lavatrice.

In che diavolo di paese mi trovo?

L’incontro con Rhoda aveva capovolto il suo intero sistema di convinzioni.

Gli aveva aperto gli occhi.

Glieli aveva spalancati!

Là fuori esisteva un mondo di cui non sapeva assolutamente nulla.

Aveva vissuto nella sua piccola realtà protetta, plasmata dalla sua educazione borghese e dalle sue associazioni.

Rhoda aveva aperto la sua mente oltre i suoi confini sicuri e autocostruiti.

Lo aveva sfidato e turbato e lui amava le sfide, se ne nutriva.

Era naturalmente portato a correre dei rischi, ma si chiedeva se lei fosse una sfida troppo grande, un rischio troppo grande...

Abe si buttò sul letto e iniziò a fissare il soffitto pieno di ombre.

Le sue labbra formicolavano ancora per il bacio di lei.

Che fosse davvero in parte vampiro o no, condividere quel momento intimo con lei era stato incredibile.

E non solo le sue labbra ne avevano sentito la forza, le sensuali conseguenze continuavano a scorrere nel suo corpo sconvolto.

Aveva bisogno di dormire.

Il suo subconscio aveva bisogno di tempo per mettere insieme i pezzi prima di poterle rispondere.

E anche il suo corpo aveva bisogno di ricalibrare.

Desiderava ancora Rhoda nonostante la sua confessione.

Assolutamente ridicolo.

L’attrazione sessuale non dovrebbe mai avere lo stesso peso del pensiero razionale e pratico.

Era già stato colto in fallo, quindi avrebbe dovuto saperlo bene.

In questo caso sembrava diverso, però.

Più intenso, più divorante.

Basta!

La sua mente intervenne cercando di respingerla… panico o autoconservazione? Non voleva essere il tipo di persona che reagiva per paura e ignoranza. Se lei avesse voluto succhiargli il sangue, aveva avuto molte opportunità, ma non ne aveva sfruttata nessuna. Forse era davvero innocua.

A giudicare dalla sua reazione al bacio che si erano scambiati, lui le piaceva; ma a livello romantico o nutrizionale? Come posso scoprirlo? Non aveva nessun amico vampiro con cui confrontarsi. O forse li aveva e semplicemente non lo sapeva.

Abe premette i palmi delle mani sugli occhi chiusi. Cosa fare... Dimenticarla o darle una possibilità? Aveva lanciato un incantesimo su di lui, facendolo impazzire? No. Analizzando razionalmente la situazione, anche lei aveva corso un grosso rischio, confidandogli così presto un segreto così grande. Doveva significare che lei si fidava di lui, eppure lui era ben lontano dal concederle lo stesso trattamento.

Abe si mise a sedere e guardò la notte scura fuori dalla finestra, le luci che costeggiavano la strada verso casa sua. Doveva darle il beneficio del dubbio, no? Lui da lei se lo sarebbe aspettato. Ma valeva la pena rischiare la vita per darle fiducia?


Capitolo Sette

Pensando al peggio

Hobart, maggio 1965



"Wow!" Lo sguardo di Richard studiò su Eva non appena lei aprì la porta. "Sei" - sospirò - "incantevole, con la 'I' maiuscola".

Il suo cuore non si limitava a battere, martellava come se un paio di colombe fossero state liberate nelle sue viscere. "Grazie." Anche lui appariva piuttosto sexy, con un suadente completo nero, camicia bianca e cravatta a motivo cachemire. Molto cool, molto James Bond.

Tirò fuori il suo sorriso sexy e accattivante facendo un gesto verso la sua macchina. "Andiamo".

"Dove mi stai portando?" Lei studiò ancora un po' il suo abbigliamento, sperando che le desse un indizio. In un posto elegante, ovviamente, ma a parte questo, non riusciva a farsi un’idea. Tuttavia, notò una piccola e divertente coincidenza. Il blu elettrico della sua cravatta corrispondeva alla tonalità del suo vestito di velluto aderente, come se si fossero chiamati prima del loro appuntamento per coordinare i colori.

Aprendo la porta dal del lato passeggero, i suoi occhi verde chiaro brillavano. "Te l'ho detto. È una sorpresa".

Hmmm... Nessun bacio o stretta di mano per salutarla, anche se lui sembrava felice di vederla. E poi le aveva mandato quel regalo premuroso e, a quanto pare, costoso. Lei non riusciva a capirlo. Era come uno di quei cruciverba criptici con cui lei aveva sempre difficoltà.

Raggiunsero presto la città e Richard posteggiò nel parcheggio del Theatre Royal. Era ancora un po' presto per vedere uno spettacolo. Il suo misterioso e cavalleresco comportamento suggerivano che aveva pianificato qualcosa di più di una semplice cena di apertura.

Invece di entrare nel teatro proseguirono oltre, attraversarono la strada e si fermarono davanti a una solitaria porta di legno intagliato.

"Eccoci qui", disse Richard con un sorriso sornione aprendole la porta.

L'aroma accogliente della carne marinata le entrò nelle narici e scatenò le sue ghiandole salivari. Inghiottì un improvviso eccesso di saliva mentre il suo stomaco brontolava.

"Dopo di te", disse, insistendo un po’ troppo nel fare il gentiluomo. Ancora una volta avrebbe avuto l’occasione di dare uno sguardo al suo lato B. Dal lampo pieno di desiderio nei suoi occhi a fessura, lei optò per l'opzione 'di dietro'.

Arrivata in cima alle scale, si ritrovò in una sala da pranzo elegante, decorata in oro, crema e rosso, con un grande lampadario incandescente appeso al centro della stanza. Un pianoforte a coda si stagliava in un angolo e uno strano miscuglio di persone, da ragazzi on chiodo e brillantina e ragazze rockettare a modaioli, da hippie a membri dell’alta borghesia, si muoveva intorno, tenendo in mano drink e chiacchierando nei loro gruppi chiusi.

Il palmo caldo di Richard contro la parte bassa della schiena di Eva la fece trasalire come se fosse stata colpita da un fulmine di desiderio. Lui la guidò verso il bar, ordinò un bicchiere di vino per entrambi e infine un cameriere li accompagnò al loro tavolo. Richard le porse una sedia dorata decorata con seduta di velluto rosso e si sedette di fronte.

Finestre a tutta altezza delimitavano il perimetro della stanza, offrendo una spettacolare vista a trecentosessanta gradi sulla città color malva, rosa e oro.

Lui la guardò negli occhi e alzò il bicchiere. "A un'altra meravigliosa serata".

Proprio come l'ultima volta. Eva strinse le gambe nel tentativo di arginare il pungente desiderio che stava nascendo tra di loro e spinse il suo bicchiere contro quello di lui. Almeno spero. "Alla salute."

Entrambi bevvero un sorso e posarono i loro bicchieri sulla tovaglia rossa e oro.

"Suppongo che andremo a cena e poi a vedere uno spettacolo".

Un sorriso si diffuse sulle sensuali labbra di lui. "Pensavo avessi detto che non eri brava con gli indovinelli".

"Con gli enigmi criptici", disse lei, correggendo la sua affermazione troppo generica. "Come hai trovato questo posto?"

"Ho visto un annuncio sul giornale che pubblicizzava una cena speciale che sembrava perfetta per noi. La tengono una volta al mese in diversi locali e ho notato che questo sembrava essere vicino al teatro, così ho preso i biglietti per la stessa sera".

"Hai pensato bene. Amo il teatro e questo posto è... " Sospirò. "È davvero incantevole".

Il fuoco del desiderio divampò nei suoi occhi. "Esattamente come te".

Il suo sguardo cadde immediatamente sul tavolo, un improvviso calore le pulsava nelle guance. Quello che le aveva appena detto gridava sono totalmente preso da te, per poi negarlo con la sua riluttanza a toccarla. Richard era davvero un enigma avvolto in un paradosso.

Bevve un altro sorso di vino. "Il posto è fantastico ma... penso che apprezzerai l'intera esperienza".

"Non ne dubito, grazie. Anche se devi smettere di spendere così tanti soldi per me. Lo splendido regalo che mi hai mandato ieri e questa serata devono esserti costati una fortuna!".

"Volevo farlo. Volevo prendermi cura di te".

Toccami allora! Questo era tutto ciò che voleva, insieme al suo amore e alla sua devozione eterna. Non molto, eh? rise tra sé e sé. "Mi basta passare del tempo con te. Sul serio. Del tempo di qualità per me significa molto di più delle cose materiali".

Lui sorrise come se avesse appena vinto a un telequiz e lei fosse il gran premio. "Anch'io."

Allora mostralo! "Anche se questo posto è piuttosto sorprendente".

Rise. "E unico. Aspetta di vedere cosa c'è sul menu".

Carne, carne e ancora carne. Aveva sentito parlare di sontuosi menu degustazione dei ristoranti francesi di lusso, ma mai di qualcosa a tema carne cruda e rara. La selezione era un vero paradiso per i feticisti della carne. E a giudicare dalla cinquantina di commensali presenti, c'erano molte più persone con quel tipo di gusti di quanto avesse pensato. Una percentuale di questi si trovava sicuramente lì solo per la novità, ma non le importava. Era semplicemente bello sapere che esistevano eventi come questo.

Gli antipasti consistevano in una serie di tartine colorate di carne cruda, seguite da un carpaccio di bistecca, da una tartare di bistecca come primo piatto, un filetto al sangue con verdure arrostite come piatto principale e tortini di frutta fatte alla vecchia maniera, ossia con carne vera, come dessert.

Richard non avrebbe potuto fare una scelta migliore. Tutto era perfetto, nella quantità giusta e delizioso. Si dice che la strada per il cuore di un uomo passi per il suo stomaco, beh, questo pasto aveva il sapore della seduzione pura. Se Richard avesse voluto baciarla a tavola in quel momento come digestivo post-pasto, lei non sarebbe riuscita a fermarlo.

Ma no. Lui mantenne il suo proposito di non toccarla se non per qualche breve istante, pagò il conto e si diressero verso il teatro. Avrebbe dovuto cercare di farsi baciare sulle labbra più tardi. A giudicare dal suo comportamento durante la cena, un bacio sarebbe stata la cosa più vicina a finire la serata con un botto.

L'aria frizzante da lenzuola di caldo cotone invernale peggiorò fino a diventare gelida. Soprattutto senza il calore del corpo di Richard a riscaldarla. Eva rabbrividì, concentrandosi sulla piazza illuminata e sull'edificio color crema con finiture verde bosco a pochi passi di distanza. Delle colonne ornavano l'arco che conduceva all'affollato foyer anteriore, dove gli uscieri, su un paio di piattaforme rialzate, vendevano i programmi dell'opera, La Sonnambula di Bellini.

"I nostri posti sono al piano di sopra", disse Richard, afferrando la sua mano e facendosi strada attraverso la folla.

La pelle di lui sulla sua, la elettrizzava e allo stesso tempo calmava le sue terminazioni nervose. "Hai già visto quest’opera?"

"No, e tu?" Raggiunsero la cima delle scale, lui le lasciò la mano e tirò fuori i biglietti dalla tasca interna della giacca.

"No. Ma adoro il Bel Canto, e Bellini era un vero maestro", disse.

"Sono d'accordo".

Dai loro posti in prima fila, lei osservò l'ambiente circostante. L'arredamento a tema oro-crema, rosso e verde proseguiva all'interno del teatro, con un grande sipario di velluto rosso che nascondeva il palco. Erano nella posizione perfetta per guardare l'azione in scena senza che le teste degli spettatori interferissero con la loro vista.

Durante il primo atto, Eva fu assorbita dalle elaborate scenografie, dal canto e dalla trama, ma non così tanto da non notare i frequenti sguardi di Richard verso di lei, seppure continuasse a evitare il contatto fisico.

Lui si appoggiò al bracciolo in mezzo a loro sfiorando il suo braccio, ma subito lo ritrasse, dandole non più di un istante di piacere. Forse avrebbe dovuto prendere la sua mano e vedere cosa sarebbe successo. No, non ancora. Poteva pazientare ancora. Avrebbe conservato la sua piccola strategia per il secondo atto, quello culminante.

Fecero una pausa per bere qualcosa e andare in bagno durante l'intervallo e passarono il resto del tempo a parlare dell'imponenza della produzione. Poi suonò la campanella che avvisava gli spettatori che era il momento di tornare ai loro posti, e così cominciò il secondo round della campagna pro-contatto fisico di Eva. La folla che si agitava aveva i suoi vantaggi. Eva contò che ben cinque volte il corpo di Richard finì premuto contro il suo, facendo schizzare la sua eccitazione alle stelle.

Prendergli la mano era il primo passo del suo piano di seduzione. Lei lo guardò di sottecchi, cercando un'occasione per fare la sua mossa. Tuttavia, lui si sedette dritto con le mani in grembo, lo sguardo fisso sullo spettacolo, e rimase in quella posizione per tutto il secondo tempo. Alla faccia del momento culminante. Sembrava aver anticipato le sue intenzione assicurandosi che lei non avesse alcuna opportunità.

Il piano A poteva non aver funzionato, ma c’erano ancora i piani B e C. Proporre un caffè post-spettacolo in un piccolo chiosco dove poteva scivolare accanto a lui, oppure irrompere nel suo spazio personale quando lui l'avrebbe accompagnata a casa.

Con il suggerimento per il caffè andato a vuoto, si preparò a mettere in atto il piano C. Si fermarono davanti a casa sua e lei fece un respiro lungo e profondo. Ecco... "Vuoi entrare per un caffè?".

Il tentativo di sorriso le si congelò sulle labbra, con l'agitazione che imperversava nei suoi occhi. "Mi piacerebbe, ma non posso".

Lei si avvicinò, deglutì, e gli mise una mano sul ginocchio. "Sì che puoi. È ancora presto".

Lo sguardo di Richard si posò sul suo ginocchio e poi di nuovo sugli occhi di lei; fece per parlare ma si bloccò, come se il suo cuore e la sua testa fossero in guerra tra loro e lui non riuscisse a decidere da che parte stare. "Eva, grazie, ma non posso".

Rughe di disapprovazione le attraversarono la fronte come crepe in un muro, mentre afferrava la mano fredda di lui. "Per favore."

Lui fece scivolare la mano da sotto la sua, si chinò e le diede un rapido bacio sulle labbra. "Ti chiamo domani".

Solo che non lo fece. Delusa e confusa, Eva si tirò il piumone sulla testa e si rannicchiò in una palla informe come per proteggersi dal mondo esterno. Richard sta solo giocando con me? Lui non sembrava il tipo, ma lei aveva poca esperienza con gli uomini. Doveva parlarne con lui al loro prossimo appuntamento, in modo da sapere a che punto erano una volta per tutte.



* * * *



Dovevano vedersi il venerdì sera. Stasera. Quando Eva arrivò in ufficio, trovò un biglietto ripiegato nella sua buchetta della posta. Da Richard. Annulla l’appuntamento. Di nuovo. Chiamò il suo numero al lavoro, ma lui non rispose. Molti altri tentativi infruttuosi dopo, il mal di testa da tensione che l’attanagliava si trasformò in un'emicrania vera e propria e il suo capo la mandò a casa.

Eva andò subito a letto e si svegliò nel buio. Cercò a tentoni l’abatjour e l'accese, un frammento di luce artificiale trafisse il suo cervello sensibilizzato. Con gli occhi socchiusi guardò l’orologio d'oro in marcasite: nove e quindici. Era troppo tardi per chiamare Richard? No. Doveva provare a parlargli, finché ne aveva il coraggio.

Compose il suo numero di casa e attese con i nervi a fior di pelle, ascoltando il telefono che suonava e suonava e suonava.

"Salve, residenza Hall". Una voce di donna. Una donna giovane e allegra.

"Chi è?" gridò Richard in sottofondo.

Eva sbatté il telefono a terra e si allontanò barcollando, le sue emozioni la sballottavano come una barca a remi su un fiume in piena. Cosa ci faceva Richard a casa con una donna?

Lascia perdere. Sapeva esattamente cosa stava facendo, l’aveva bidonata per un altro appuntamento. La sua peggiore paura era fondata. Richard l'aveva abbandonata come tutti quelli che avevano affermato di tenere a lei.

Lacrime silenziose e pungenti sgorgarono dai suoi occhi e scivolarono lungo le guance. Meglio che lo abbia saputo subito piuttosto che scoprirlo più tardi. Ma razionalizzare la situazione non servì a calmare la sua angoscia. Inciampò di nuovo nel letto, con i piedi pesanti come piombo. Avrebbe dovuto sapere che Richard era troppo bello per essere vero. Una passione come la loro non poteva che spegnersi e, nel loro caso, istantaneamente come era iniziata.

Delusione e tristezza le si aggrapparono addosso come una nebbia fredda e pesante per tutto il fine settimana, e il lunedì mattina si ritrovò che aveva dormito a malapena. Durante tutto il viaggio verso il lavoro, l'imminente confronto con Richard le risuonò in loop nella mente e le fece contorcere lo stomaco.

Le porte dell'ascensore si aprirono al livello del suo ufficio, ma lei non riuscì a vederlo. Il cuore le sprofondò in fondo allo stomaco. Era stata nervosa tutto il tempo immaginando che lui la stesse aspettando. Ora la disillusione ristagnava nelle sue vene come un fango denso. Invece di scegliere di incontrarla di persona, aveva lasciato un altro biglietto nella solita buchetta della posta.



Cara Eva,

Mi dispiace molto per venerdì. C’è stato un imprevisto da cui non sono riuscito a liberarmi. Ho provato a chiamarti per tutto il fine settimana ma non hai risposto. Non sei arrabbiata con me, vero? Mi è mancato molto vederti e sentire la tua voce.

Ti chiamo più tardi.

Con amore,

Richard



Il suo cuore sussultò e un'ondata di gioia attraversò il suo corpo. Con amore. Era la prima volta. Non aveva mai firmato 'con amore'.

Smettila!

Amore era solo una parola: quella giusta, certo, ma non era abbastanza. Il modo migliore per testare la forza del suo sentimento sarebbe stato parlargli di persona. Se il linguaggio del corpo fosse corrisposto alle sue parole, avrebbe avuto la prova che stava dicendo la verità. Tuttavia, lui aveva detto che l’avrebbe chiamata. Stava a lei decidere se rispondere o meno.





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Un genetista dal forte senso etico scopre un complotto per eliminare completamente il gene vampiro, deciderà d rivelare le atrocità che durano da generazioni rischiando di perdere l’amore della sua vita?

Cancellare il passato è l’unico modo per sopravvivere al futuro…

Nel momento in cui il genetista Richard Hall posa gli occhi sulla segretaria Eva Fjelstad si scatena una reazione che va oltre l’amore a prima vista. Hanno molto in comune: l’amore per bistecche particolari, per il vino rosso e la musica; ed entrambi lavorano per il famoso, ma enigmatico centro di ricerca Sub Rosa.

Il bello di essere un giovane e brillante genetista è che Richard ha accesso a tecnologie all’avanguardia, incluso un siero per trovare l’anima gemella appena messo a punto. Un sorso del siero e un rossore sulle mani conferma che Richard e Eva sono destinati a stare insieme.

Ma c’è un problema.

La Sub Rosa dei travolgenti anni ‘60 non è tutta pace e amore come sembra, e quando Richard scopre che il nucleo stesso della compagnia trasuda corruzione e un segreto legato alla scomparsa dei suoi genitori, si trova di fronte a una decisione che nessun uomo vorrebbe dover prendere.

Per generazioni, i clan vampiri Jade e Violet avevano vagato per il mondo senza rappresentare una grossa minaccia per l’ignara popolazione umana. Ma è proprio Richard a scoprire il progetto genocida della Sub Rosa di sradicare la specie vampira dalla faccia della terra.

Deve Richard rimanere fedele al suo senso morale e rischiare la sua relazione con Eva per svelare la crudeltà e la menzogna così profondamente radicate nell’agenzia? O deve semplicemente seguire la linea aziendale, lasciare che i vampiri spariscano dal pianeta e tenere la sua anima gemella al sicuro al suo fianco per sempre?

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