Книга - Il Fascino Di Medusa Tra Arte, Mito E Leggenda

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Il Fascino Di Medusa Tra Arte, Mito E Leggenda
Andrea Piancastelli


Due analisi, una artistica, l'altra storica, ci porteranno su percorsi diversi, entrambi affascinanti, dalle ampie valenze simboliche e psicologiche, per ricondurci infine alla stessa conclusione - la Gorgone mostruosa cela un primigenio mistero.

Vediamo quale.

La criptica figura dai capelli di serpente e lo sguardo che pietrifica continua ad affascinare per la sua ambiguità e il suo mistero: un saggio di mitologia che esplora i simbolismi della gorgone Medusa in un'analisi storico-artistica focalizzata principalmente sul mondo antico. Un flash back a sorpresa conduce il lettore in un tempo antecedente, in cui sui aprono interpretazioni alternative.



“Non guardare ciò che vedi, ma il suo riflesso”. Questo dice Atena a Perseo. Per traslato, non guardare l’interezza delle cose, non considerarle – e non considerarti – nella totalità, perché potresti morire per quello che vedi, specie per quello che vedi dentro di te, e finché non ti addentri oltre al tuo riflesso ti proteggerai da te stesso.



Un piacevole viaggio nel tempo, e al contempo un saggio specialistico, accompagnato da fonti storiche, artistiche e letterarie, in un percorso di ricerca su simboli, miti, storie e ricordi lontani legati al personaggio mitologico di Medusa dalla Preistoria ai giorni nostri.








Andrea Piancastelli


L'AUTRICE





Andrea Piancastelli è una traduttrice italiana indipendente specializzata in testi dall’inglese, francese e tedesco e laureata in archeologia presso l’Università di Bologna. Nel 2000 vince il III premio per il concorso di scrittura di storia dell’arte ‘Italia Nostra’ e il I premio ad un concorso letterario di Lidia Ravera. Attualmente scrive regolarmente un blog su antichità, arte e collezionismo e traduce libri di vario genere. Originaria della provincia di Ravenna, viaggia, studia e lavora all’estero dal 1999 e ora vive a Londra, dove ha avuto modo di collaborare con Christie’s, Sotheby’s ed enti inglesi per il patrimonio storico-artistico come l’English Heritage.













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Copyright Andrea Piancastelli 2017

I edizione 2017

Tutti i diritti sono riservati.

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Copertina: design dell'autrice

Foto di copertina: copyrights Marie-Lan Nguyen, fonte Wickimedia Commons

Tavole: immagini dal web libere da copyright

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Indice




MEDUSA TRA ARTE E MITO (#ufece6f54-d110-5550-8361-0f3d1e3530e6)

I. GORGONI ARCAICHE (#uba90168d-54c7-55ef-8bf5-52a29204c0dd)

1. Maschera terrifica (#uae426ca9-a4ea-5c1c-97fc-11fb810370bb)

2. Il terrore della morte (#u3987b114-5a30-5fd7-8d61-02cb849476b0)

3. La guerra di Medusa: oltre il terrore (#u354d56f4-4139-5974-90e5-11f0136a2d22)

4. Distruzione e protezione: Medusa e l’egida di Atena (#uc3d786bc-b48e-5242-b475-476154398064)

II. SVOLTE ARTISTICHE (#litres_trial_promo)

1. Medusa tra Babilonia e Corinto (#litres_trial_promo)

2. Medusa e l'ambiguità dell'acqua (#litres_trial_promo)

III. L’ETÀ CLASSICA (#litres_trial_promo)

1. La fonte della conoscenza: metamorfosi di uno sguardo (#litres_trial_promo)

2. L’arte della vista: uno sguardo d’insieme (#litres_trial_promo)

3. Lo specchio di Medusa (#litres_trial_promo)

IV. GORGONI ELLENISTICHE E ROMANE (#litres_trial_promo)

1. Medusa dominata (#litres_trial_promo)

2. Medusa smembrata: i pezzi di Medusa (#litres_trial_promo)

Conclusione: Medusa immortale. Il fascinum dell’ambiguo. (#litres_trial_promo)

PRIMA DI MEDUSA: TRA STORIA E MITO (#litres_trial_promo)

1. Computazione del tempo: dal matriarcato al patriarcato (#litres_trial_promo)

2. Perdere la testa (#litres_trial_promo)

3. Medusa usurpata (#litres_trial_promo)

4. Realtà o leggenda? (#litres_trial_promo)

5. Atena e Medusa, la trasformazione interiore (#litres_trial_promo)

6. Medusa e i misteri femminili (#litres_trial_promo)

7. Il potere di Medusa, il potere della Dea (#litres_trial_promo)

8. Medusa e il sangue (#litres_trial_promo)

Conclusione: la forza di Medusa. Il fascinum del mistero (#litres_trial_promo)

Bibliografia (#litres_trial_promo)





MEDUSA TRA ARTE E MITO

Introduzione


Esiste un legame tra la parola e l’immagine, entrambe portatrici della voce e della vista umana. Si può vedere il mito nell’arte e si può leggere l’arte nel mito. Mi accingo a parlare di un mito da vedere, da guardare negli occhi, un mito che col suo sguardo ha lasciato i poeti greci quasi senza parole per descriverlo. La sola vista del personaggio di Medusa è sufficiente: un mito che lascia la parola all’arte, data la scarsità di informazioni che ricaviamo dalle numerose fonti scritte.





Tante e diverse sono le definizioni del mito secondo gli innumerevoli studiosi che lo hanno trattato: seguiamo in questa sede l’analisi di R. Otto (1) (#ulink_9e9a57ee-4931-5887-84a6-22948af7f64d). In greco, mythos ha il senso fondamentale di “elocuzione”, cosa detta. Il primo autore a usare il termine mythologia è Platone, e per il filosofo significava “raccontare storie o parlare di esse”. In questo modo la parola mythos viene a significare una cosa detta in forma di racconto, una storia. Ma naturalmente non tutte le storie sono miti: per miti si intende comunemente “storie tradizionali”, così come gli antichi Greci con la parola mythoi alludevano alle storie tradizionali degli dei e degli eroi.





Nascono allora gli dei greci: la tradizione mitologica narra i racconti delle loro gesta attribuendo loro un nome e le relative funzioni, un’apparenza fisica e un insieme di atteggiamenti ordinati intorno al loro aspetto umano. E i poeti, con i loro inni e le loro teogonie, canti che celebrano la generazione degli dei, allestiscono un pantheon destinato a diventare “tradizionale” quanto il mito.





Tenendo in considerazione lo studio di K.O. Müller (2) (#ulink_55953424-285e-5abf-a781-f59bf807ad90), la creazione del pensiero e la realtà, l’ideale e il reale, appaiono spesso strettamente connessi in una narrazione mitica, e quanto più antico è il mito, tanto più intimamente in esso l’elemento reale è fuso con la creazione del pensiero. Questo è dimostrato anche dal fatto che notizie del tutto storiche parlano spesso delle stesse circostanze che vengono menzionate nei miti. Il mito, secondo K.O. Müller, dunque, deriverebbe dalla storia; ma sarebbe anche l’espressione della fede negli dei della Grecia, della religione, dal momento che in questi racconti l’influsso esercitato dalle divinità è costante. Alla storia e alla religione poi, fin dai tempi antichi, si sarebbero aggiunte idee “etiche”, che costituiscono il fondamento del costume e del diritto e che si trovano espresse nei miti. Avendo origine dalla realtà e dalla religiosità, il mito assume valore anche per ogni attività poetica e di pensiero, come mezzo per comunicare in modo efficace.





Il mito nasce dalla realtà, ma dal punto di vista dell’uomo: per questo i miti non sono né uniformi, né logici, né internamente coerenti; sono multiformi e mutevoli come l’animo umano che li produce. Ed è vero anche il contrario: seguendo lo sviluppo dell’uomo greco, il mito si misura con il processo di razionalizzazione della realtà e del mondo; simboleggiando concetti, fa emergere un mondo che esso stesso crea e fa essere attraverso il suo stesso racconto, attraverso la parola. Si configura così un universo ordinato, fatto di dei dalle competenze e sfere d’azione ben delineate e delimitate, parallelo a quello umano ordinario; una sorta di livello sovrumano del reale, un mondo che, creato dall’uomo, serve come mezzo per “autocertificare” il proprio statuto di persona razionale e reale.





Tuttavia resta all’uomo la coscienza, soffocata, dell’irrazionalità e della mutevolezza del proprio animo. Questa cosa spaventa, terrorizza, perché non c’è mai la certezza di averla dominata del tutto. Così attorno alla grande famiglia olimpica continuano a esistere costellazioni di figure minori difficilmente classificabili come divinità. Esse coprono spazi marginali e talvolta traducono l’incubo inquietante e incombente del disordine nella forma di una frastagliata serie di collettività mitiche, come i Giganti e i Ciclopi; figure collocate al margine del pantheon e comunque escluse dal culto.

Tra queste si colloca Medusa. Un daimon ambivalente che provoca uno sconvolgimento, un sussulto interiore nel momento in cui lo si guarda. E laddove la parola non può descrivere questo mostro, l’arte può raggiungerlo con più efficacia, dal momento che ciò che provoca tale scossa può essere sì il suo nome, ma associato inestricabilmente al suo aspetto. Medusa è da vedere, Medusa ci guarda. Un percorso iconografico sulla paura dell’affermazione di qualcosa di incontrollabile, di indescrivibile; è l’arte del “doppio”, dell’ambivalente.





[1] (#ulink_d778f2ca-3946-5aa2-873e-f3e1c64575ac) R. OTTO, Das Heilige. Über das Irrazionale in der Idee des Göttlichen und sein Verältnis zum Rationalen, München 1936 (trad. it. Il sacro. L’irrazionale nella idea del divino e la sua relazione al razionale, Milano 1976).

[2] (#ulink_637e9410-2ec6-5f57-b0f3-8a23817ef179) K.O. MÜLLER, Prolegomeni zu einer wissenschaftlichen Mythologie, Göttingen 1825 (trad. it. Prolegomeni ad una mitologia scientifica, Napoli 1991).




I. GORGONI ARCAICHE







Tav. 1 Medusa, rilievo di anfora cicladica da Tebe, 670 a.C., Parigi, Museo del Louvre.




1. Maschera terrifica







Tav.2 Maschera in terracotta della Gorgone Medusa, VI–V secolo a.C., dal tempio di Palaikastro di Zeus Diktaian, Creta, Museo Archeologico di Heraklion.

Le fonti figurative documentano in un primo momento la sola testa delle Gorgoni ( gorgoneion). L’iconografia del mostro non presenta sin dall’inizio uno schema iconografico preciso, ma tipi diversi, genericamente mostruosi, caratterizzati dalla visione frontale e dai grandi occhi. Alla fine dell’VIII secolo a.C. deve essere datato un tipo di maschera fittile da Tirinto, identificato come quello di una Gorgone, che presenta grandi orecchie aperte, occhi a globo, bocca fornita di zanne ferine. La maschera è stata trovata insieme ad altre in un pozzo sacrificale associato al santuario di Hera e si trova al Museo Archeologico di Napoli (1) (#ulink_fb3d1653-994e-5fc1-9b66-1395a6b688f1).





Valutando queste prime raffigurazioni della Gorgone si deduce facilmente che Medusa nasce come maschera. Ma chiariamo ora il concetto di maschera. Se usiamo la definizione di H. Pernet, maschera è “nel senso stretto e usuale del termine, una falsa faccia dietro la quale ci si nasconde allo scopo di travestirsi” (2) (#ulink_f0fee7e0-5369-550f-bb3c-bd7f27161e7a). E’ cioè un mezzo per cessare di essere se stessi: indossando una maschera, si incarna la potenza di cui si prendono le sembianze per giungere alla possessione. Una possessione che sovrappone la divinità all’uomo, fa sì che questa si impadronisca del celebrante rendendolo irriconoscibile e producendo un’alienazione in rapporto alla sua identità. In questo modo si stabilisce tra l’uomo e il dio uno scambio, un’identificazione che allontana l’uomo dalla sua natura per avvicinarlo all’alterità incarnata dalla divinità.





Ma se osserviamo attentamente la maschera recuperata a Tirinto, una delle prime produzioni artistiche della Gorgone, potremo notare che sono assenti i fori degli occhi: infatti la faccia di Medusa è una maschera, ma non la si porta su di sé per mimare la divinità; non si conoscono culti legati a Medusa.

Approfondendo la nostra analisi noteremo un’altra funzione della maschera: quella di spaventare. Pindaro ci descrive la Gorgone come una figura terrificante, con un potere mortifero che da essa si irradierebbe (3) (#ulink_149b09e7-cd20-56d5-bd65-b74ef9d23132). Con ciò, però, la funzione particolare della Gorgone non è più semplicemente di spaventare: è la morte per irrigidimento davanti alla vista terribile. La rigidità è propria di tutte le maschere; nel mitologema di Medusa tale funzione, intensificata, appare come effetto di un essere sovrumano, di un volto che esercita questo effetto anche dopo essere staccato dal corpo. Maschera e Gorgone non vanno separate, esse sono identiche. Medusa è la maschera, essa inizialmente poteva esistere per se stessa, senza portatori umani. Attribuire una figura alla paura è un modo di darle corpo, di oggettivarla e di conseguenza di renderla sopportabile. Si può forse dire che le prime opere d’arte, quindi, non sono nate dal bisogno di venerare divinità o ingraziarsi potenze invisibili, bensì dalla necessità di scongiurare la potenza dei morti. La religione e l’arte avrebbero quindi un’origine comune: l’esigenza di assicurarsi la protezione dell’aldilà (4) (#ulink_337c763b-7898-5fe9-8c66-58575f68f847).










Tav.3 Maschera in terracotta della Gorgone Medusa, VI–V secolo a.C., dal tempio di Palaikastro di Zeus Diktaian, Creta, Museo Archeologico di Heraklion.

La maschera nasconde, la maschera spaventa, soprattutto, però, essa crea una relazione tra l’uomo che la porta e l’essere che essa rappresenta. Così la maschera, per la sua stessa rigidità, viene messa in connessione anzitutto con i morti nella sua applicazione arcaica. Essa crea un rapporto tra i vivi e i morti: gli uni si trasformano negli altri; è lo strumento di una trasformazione unificatrice: lo è in senso negativo, in quanto essa elimina i limiti divisori, in questo caso quelli tra vivi e morti, facendo apparire ciò che era nascosto; in senso positivo, in quanto tale liberazione del nascosto, dimenticato o trascurato, comporta, da parte del portatore della maschera, una identificazione con esso; nel caso di Medusa, però, la trasformazione unificatrice si fa unificazione trasformatrice. Si tratta di una identificazione che, invece di sovrapporsi, si cristallizza nell’attimo in cui gli sguardi si incrociano, e avviene come nel riflesso di uno specchio (5) (#ulink_6a1de097-2716-560a-9828-0231666025b8). Lo sguardo gorgonico ha la stessa funzione che la maschera ha nei riti religiosi; nel contatto che avviene guardandola si realizza la possessione.





La maschera di Medusa presenta due caratteristiche costanti: innanzitutto la frontalità. Contrariamente alle convenzioni figurative che regolano lo spazio pittorico in epoca arcaica, la Gorgone è sempre rappresentata di faccia, frontale rispetto all’osservatore. Medusa guarda dritto negli occhi di chi la guarda, coinvolgendolo così in una sorta di contagio mimetico, immergendolo nel proprio sguardo.










Tav.4 Applique, gorgoneion. lastra di bronzo con decorazione repoussé, fine VII secolo a.C., dalla Kabeirion di Tebe.

In secondo luogo la mostruosità. Se prendiamo in esame le maschere gorgoniche di età arcaica noteremo che nel corso del tempo, pur subendo mutazioni, l’aspetto di Medusa rimane, nella distorsione espressiva, una commistione sistematica di interferenze tra l’umano e il bestiale, tale da farla sconfinare nella categoria del “diverso”, dell’ “altro”. La distorsione espressiva prevede una testa allargata e arrotondata, che ricorda un muso leonino; gli occhi sono sbarrati, con uno sguardo fisso e penetrante; i capelli diventano serpenti o sono trattati come una criniera animalesca. Le orecchie ingrandite e deformate si collocano in un cranio che talvolta presenta corna; la bocca, ghignante, si allarga fino a occupare tutta l’ampiezza del volto, scoprendo zanne ferine o di cinghiale. La lingua fuoriesce, protesa in avanti; il mento è peloso o barbuto e la pelle solcata talvolta da rughe profonde (6) (#ulink_4a095d9d-0774-5989-bc05-09e52d95511a). La dimensione antropomorfa e la dimensione teriomorfa sono in Medusa costantemente mescolate e la pongono in bilico tra umano e ferino collocandola in una zona di confine. La sua stessa natura sembra ricacciarla nel mondo dell’inerte e dell’inanimato, tanto che, sull’anfora protoattica del Museo di Eleusi, attribuita al pittore detto di Polifemo, le sorelle Gorgoni offrono allo sguardo una faccia a forma di terracotta primitiva (7) (#ulink_3266e99c-c7a4-52fc-8f39-680ff531b6a9).






Tav.5 Una delle sorelle di Medusa, anfora protoattica da Eleusi, Pittore di Polifemo, 670-650 a.C., Eleusi, Museo di Eleusi.

Non è un volto: è un’ hydria, un paiolo mostruoso e ridicolo al tempo stesso. Siamo nel registro dell’arguzia popolare, che ricorre alla burla per esorcizzare il terrore. La testa si presenta così come un vaso derisorio e bonario sui cui fianchi sono dipinti gli attributi della ferocia: gli occhi a mandorla, ingranditi e confinati ai lati del viso, le zanne diligentemente allineate. Si allontana la paura negando ciò che di umano queste creature potrebbero avere. Il volto della Gorgone è orribile, ma anche grottesco: suscita paura, ma poiché si è a sua volta obiettivato, pietrificato in una maschera, è ostentazione di sé: è il ridicolo.














Tav.6 Kotyle con Gorgone, Pittore del Lupo Cattivo, ca. 600-585 a.C., Pontecagnano.

[1] (#ulink_390abeaf-4d37-55be-b518-d9177dab2274) S.R. WILK, Medusa, Solving the Mystery of the Gorgon, Oxford 2000, pp. 35-36.

[2] (#ulink_84c7b5d7-f52d-5485-bc77-7d4846564f99) H. PERNET, Masks, Theoretical Perspectives, in M. ELIADE (cur.), The Encyclopedia of Religion, I-XVI, IX, New York 1987 (trad. it. Maschere rituali. Prospettive Teoretiche, in Enciclopedia delle religioni, II, pp. 342-46, Milano 1994).

[3] (#ulink_3bbf38ad-73ad-57db-a3af-b675c04c1308) PINDARO, Pitica, X 47; XII 12.

[4] (#ulink_3bbf38ad-73ad-57db-a3af-b675c04c1308) J. CLAIR, Méduse. Contribution à une anthropologie des arts du visuel, Paris 1992 (trad. it. Medusa : l’orrido e il sublime nell’arte, Milano 1992).

[5] (#ulink_a48c99b8-2ff5-5834-b92c-5729521c6724) Si ricordi che lo specchio dei Greci permetteva di vedere solo la faccia, la testa.

[6] (#ulink_337bc40f-5bf7-5219-9302-617b398b1137) J.P. VERNANT, La mort dans les yeux, Paris 1985 (trad. it. La morte negli occhi, Bologna 1987).

[7] (#ulink_337bc40f-5bf7-5219-9302-617b398b1137) J. CLAIR, Méduse. Contribution à une anthropologie des arts du visuel, Paris 1992 (trad. it. Medusa: l’orrido e il sublime nell’arte, Milano 1992).




2. Il terrore della morte







Tav. 7 Antefissa con testa di Grogone, VI secolo a.C., da Murlo, Murlo, Antiquarium di Poggio Civitale.





Ora torniamo alle prime rappresentazioni del demone. Come le fonti figurative così quelle letterarie descrivono inizialmente il solo capo della Gorgone: Omero ci presenta Medusa come immagine terrificante (1) (#ulink_c8261dab-285f-58da-aa38-4e9a5f5b9424) o come ornamento dello scudo di Agamennone (2) (#ulink_f4c21c8a-4b2a-573e-92c7-80d3c3f2e313).















Ulisse si trova nell’Ade e teme che Persefone possa porlo di fronte alla testa orribile di Medusa. L’ Odissea ci presenta dunque una Gorgone infernale, costituita da una testa-fantasma, la maschera di cui si serve Persefone per presiedere al mondo sotterraneo.

Nel canto XI Ulisse racconta:









[…] E verde orrore mi prese

Che il capo della Gorgone,

Il mostro tremendo, dall’Ade

Mandasse la lucente Persefone (3) (#ulink_bcc9ba8b-e94b-547d-a018-2aa6fce01735).





(Trad. M. Giammarco).









Una Gorgone mostruosa, caratterizzata dalla sola testa fluttuante nel mondo degli Inferi, sotto l’autorità di Persefone. Ulisse qui retrocede. Medusa è a casa propria nel paese dei morti, di cui vieta l’entrata a ogni essere vivente. Questa Gorgone è presentata come un’ombra, un’ombra rappresentabile ma mai presentabile; sotto la maschera ambigua, Medusa conserva il suo segreto. Ella vive tra i morti, descritti da Omero come teste vuote, senza forza, incappucciate di tenebre, che non hanno nulla da ricordare perché abitano uno spazio fuori dal tempo. La sua testa, il cui sguardo tramuta in pietra, segna il limite tra i morti e i vivi, e vieta di superare la soglia a chi appartiene ancora al mondo della luce e del ricordo (4) (#ulink_7cd8e588-872e-5b30-991a-0d52eae307aa). In questo senso è la guardiana dell’Ade, il luogo dell’oblio. Il suo ruolo è simmetrico a quello di Cerbero: lei impedisce al vivo di penetrare nel regno dei morti, Cerbero impedisce al morto di ritornare nel mondo dei vivi (5) (#ulink_0657fa2f-68aa-5a37-9e75-900b23cfbbf3). Una maschera, quindi, che esprime e conserva l’alterità radicale del mondo dei morti, cui nessun essere vivente può avvicinarsi. Per valicarne la soglia bisognerebbe aver affrontato la faccia di terrore ed essersi trasformati in quello che sono i morti: teste, teste vuote prive di forza e di ardore (6) (#ulink_2e095015-6c2c-59ac-ab36-17728196e7ad). Questo terrore orribile che la maschera della Gorgone ispira, Ulisse l’aveva già provato all’inizio del racconto, e l’aveva espresso con gli stessi termini: “verde orrore mi prese” (7) (#ulink_3a5e9645-43c1-5cea-80d3-54b2a131f9b1). Ciò che allora lo sconvolgeva d’orrore non era la maschera di Medusa, ma la mostruosa alterità che si manifesta attraverso di essa. Questo “verde orrore” che il volto di Medusa provoca nell’uomo è dato dalla sua mostruosità, che rimanda direttamente all’alterità che esso incarna: guardare i suoi occhi significa affrontare la morte, essere strappati dalla vita per essere proiettati verso il basso, nella confusione e nell’orrore del caos e dell’inafferrabile. Vernant (8) (#ulink_40d97a37-cf06-58d4-9fdb-78f1184156f8) definisce la morte greca come una morte a due facce: in un senso appare come il colmo dell’orrore, il male umano irrimediabile; ma d’altra parte pone le basi per una morte eroica che tenta di sconfiggere la morte stessa e che in parte vi riesce nel momento in cui l’eroe, morendo, rimane vivo in eterno nel ricordo degli uomini. Ma una cosa è certa: orribile o gloriosa, reale o ideale, la morte riguarda sempre esclusivamente coloro che sono in vita. E’ questa impossibilità di pensare la morte dal punto di vista dei morti che la rende così spaventosa: quando ci siamo noi non c’è la morte, e quando c’è la morte non ci siamo noi (9) (#ulink_8440fb3c-bf72-5953-9595-807696f0aa5f). Nella morte il mutamento è così profondo e completo che colui che lo ha compiuto non è più quello che era prima. Essere morto significa essere del tutto diverso. La direzione della morte è la direzione che conduce al “completamente altro”. All’uomo vivente resta il turbamento di fronte a questo stato di non-essere, che può essere riconosciuto solo nella morte altrui. La mancanza di essere insita nella morte provoca una naturale paura per essa (10) (#ulink_9e72b1b1-1ee1-5603-b0df-242daa74b860). Così, nella sua funzione di memoria collettiva, l’epopea non è fatta per i morti; quando parla di loro o della morte, è sempre ai vivi che si rivolge. Della morte in se stessa, dei morti tra i morti, non c’è niente da dire. Essi sono al di là di una soglia che nessuno può varcare senza sparire, che nessuna parola può raggiungere senza perdere significato. E in questo l’idealità della morte eroica greca dimostra il tentativo di rigettare il più lontano possibile, al di là della soglia invalicabile, l’orrore del caos e affermare la continuità sociale di questa individualità umana che, per natura, deve necessariamente corrompersi e sparire (11) (#ulink_8892e309-58a2-5afe-8c2c-95d2362ab75e).










Tav. 8 Coppia di sarcofagi in bronzo, testa di Gorgone in rilievo sulle ginocchia, ca. 550-500 a.C., da Ruvo, Puglia.

[1] (#ulink_785ecaff-08a6-595b-8298-751afb44662e) OMERO, Odissea, XI 634.

[2] (#ulink_785ecaff-08a6-595b-8298-751afb44662e) OMERO, Iliade, V 741; XI 36.

[3] (#ulink_de63a55d-f458-5145-8c6f-24f340bc1977) OMERO, Odissea, XI 633-35.

[4] (#ulink_1c0ae239-7b85-5784-b3fb-9b7ba752f274) J.P. VERNANT, La mort dans les yeux, Paris 1985 (trad. it. La morte negli occhi, Bologna 1987).

[5] (#ulink_1c0ae239-7b85-5784-b3fb-9b7ba752f274) ESIODO, Teogonia, 770-73.

[6] (#ulink_1c0ae239-7b85-5784-b3fb-9b7ba752f274) OMERO, Odissea, X 521 e 536; XI 29 e 49.

[7] (#ulink_1c0ae239-7b85-5784-b3fb-9b7ba752f274) OMERO, Odissea, XI 43.

[8] (#ulink_1c0ae239-7b85-5784-b3fb-9b7ba752f274) J.P. VERNANT, La mort dans les yeux, Paris 1985 (trad.it. La morte negli occhi, Bologna 1987).

[9] (#ulink_1c0ae239-7b85-5784-b3fb-9b7ba752f274) EPICURO, Lettera a miceneo, 125.

[10] (#ulink_1c0ae239-7b85-5784-b3fb-9b7ba752f274) K. KERÉNYI, Miti e misteri, Torino 1950, 2000.

[11] (#ulink_1c0ae239-7b85-5784-b3fb-9b7ba752f274) J.P. VERNANT, La mort dans les yeux, Paris 1985 (trad. it. La morte negli occhi, Bologna 1987).




3. La guerra di Medusa: oltre il terrore







Tav. 9 Scudo con Gorgoneion, ceramica a figure nere, Il suicidio di Aiace di Exekias, Museo Château-musée di Boulogne-sur-Mer.





Ma il ruolo di Medusa nell’epica omerica non si esaurisce qui. Nell’ Iliade la scena si fa guerresca. Medusa figura sull’egida di Atena e sullo scudo di Agamennone.





Sull’altro fronte, quando Ettore, portando la morte nella mischia, fa girare in tutti i sensi i cavalli, “i suoi occhi hanno lo sguardo della Gorgone”. In questo contesto, la Gorgone è ancora una potenza di terrore. Ma questo terrore di cui incarna la presenza e che in qualche modo mobilita, non è normale; non dipende dalla situazione particolare di pericolo in cui ci si può trovare. E’ il terrore allo stato puro, il terrore come dimensione del soprannaturale. In effetti, questa paura non è motivata, come quella che provocherebbe la coscienza di un pericolo. Viene prima. Di primo acchito e di per se stessa Medusa produce un effetto di spavento perché appare sul campo di battaglia come un prodigio, un mostro in forma di testa orribile e spaventosa, con il volto dall’occhio terribile, con lo sguardo terrificante. Maschera e occhio gorgonici, nell’ Iliade, operano in un contesto ben definito; essi appaiono integrati all’attrezzatura bellica, alla mimica, alla smorfia stessa del guerriero posseduto dal ménos, il furore guerresco; esprimono la potenza di morte che irradia dalla persona del combattente pronto a sfidarla nel campo di guerra. La folgorazione dello sguardo di Medusa agisce congiuntamente allo splendore del bronzo rilucente dell’armatura e dell’elmo, i cui barbagli salgono fino al cielo e diffondono il panico. La bocca del mostro, spalancata, evoca il terrificante grido di guerra che Achille lancia a tre riprese prima del combattimento (1) (#ulink_bf84dcef-b594-5991-869d-8954ab92f4e1). “Si direbbe che si tratta della voce sonora della tromba che squilla” e questa “voce di bronzo”, nella bocca dell’Eacide, basta a far tremare di terrore le file nemiche (2) (#ulink_d4386899-b062-5593-a73d-012c9fb369fd).





In effetti il carattere terrificante del gorgoneion ne fa l’ornamento prediletto delle armature, in modo particolare degli scudi, nei più antichi dei quali la testa gorgonica decora tutta la superficie.

Lo scudo è uno strumento di guerra con funzione protettiva, nasce come barriera per difendere, non per attaccare. Ma la testa della Gorgone lo trasforma in un’arma offensiva e ne rafforza l’originale funzione profilattica. La Gorgone deve intimidire il nemico attraverso lo sfavillio insostenibile della testa e degli occhi, nel bagliore folgorante delle armi, ancora una volta in una sorta di possessione: la faccia mostruosa di Medusa trasmette il furore della carneficina nell’azione di guerra (3) (#ulink_25956a45-5d02-519c-8224-c73813c2afbc). Così viene descritto lo scudo di Agamennone nell’ Iliade:









Sollevò lo scudo grande e possente, riccamente ornato, stupendo: dieci cerchi di bronzo vi correvano intorno e al centro c’erano venti borchie di stagno, bianche, con una nel mezzo di smalto nero; lo incoronava una Gorgone dal volto tremendo, dallo sguardo crudele, con accanto Deimos e Phobos (4) (#ulink_6f79e907-47d4-5d81-ac6a-963b00ae0794). (#ulink_6f79e907-47d4-5d81-ac6a-963b00ae0794)





(Trad. M.G. Ciani)










Tav. 10 Prosternopidion in bronzo e avorio, inizi del VI sec. a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 5715.

Ma non solo gli scudi riproducono la maschera gorgonia. Un prosternopidion di bronzo, il pettorale che serviva a proteggere e ornare il petto dei cavalli, databile agli inizi del VI secolo, presenta un gorgoneion in rilievo al centro come decorazione (5) (#ulink_5ff8a2b8-bc5f-5d83-9f7c-014c0d56bd45): sulla fronte la chioma forma una serie di ricci a chiocciola, alle cui estremità sono le orecchie; gli occhi, obliqui, hanno le ciglia segnate sulla palpebra superiore con una serie di trattini incisi; dalle labbra, aperte in un ghigno, esce il blocco eburneo della lingua tra quattro zanne aguzze; dalle orecchie al mento il volto è inquadrato da ali. Da notare il bulbo e l’iride in avorio che enfatizzano il carattere malefico e sovrannaturale dello sguardo della Gorgone.

E' interessante l’associazione di Medusa a una bardatura per cavalli: infatti il legame tra le due è più stretto di quello che si pensi. Se si tiene conto dell’analisi di Vernant, anche il cavallo, per come agisce e per le sonorità che gli sono proprie, può tradurre la presenza inquietante di una potenza degli Inferi che si manifesta in forma animale: la sua nervosità, la sua tendenza a imbizzarrirsi di colpo per effetto di un improvviso terrore che lo porta a diventare frenetico e selvaggio. Nel lessico riferito al cavallo, gorgòs assume un significato quasi tecnico. Riferito a tale animale, infatti, gorgoumai significa scalpitare. Senofonte nota, nell’ Equitazione, che il cavallo nervoso e impetuoso è terribile a vedersi ( gorgos idein), che le sue nari spalancate lo rendono gorgòteros, che i cavalli, quando si uniscono in torme, con il battito degli zoccoli, i nitriti, gli sbuffi moltiplicati dal numero, sembrano più ardenti e focosi ( gorgòtatoi) (6) (#ulink_e9c0e554-20d8-5f83-9af2-20c92c0d8613). Altri aspetti del mito rimandano inoltre all’elemento equino: quando Perseo recide la testa gorgonea di Medusa, dal suo collo balza fuori il cavallo prodigioso Pegaso. Lo stesso Poseidone, amante di Medusa, viene spesso associato al cavallo, ed è nota la storia in cui il dio, gareggiando con Pallade Atena, donò agli uomini il primo cavallo.










Tav. 11 Placca in terracotta rappresentante Perseo a cavallo che sostiene il capo reciso di Medusa, 490-470 a.C., dall’isola di Melo, British Museum, Londra.

[1] (#ulink_2a25d921-31f9-5593-8f68-f81ba076b791) J.P. VERNANT, La mort dans les yeux, Paris 1985 (trad.it. La morte negli occhi, Bologna 1987).

[2] (#ulink_2a25d921-31f9-5593-8f68-f81ba076b791) OMERO, Iliade, XVIII 214-21.

[3] (#ulink_17263f6f-3518-51ca-ac0a-3f94eb107dbc) J.P. VERNANT, La mort dans les yeux, Paris 1985 (trad.it. La morte negli occhi, Bologna 1987).

[4] (#ulink_70979399-94c4-599a-8f67-8b61ab813efc)b (#ulink_70979399-94c4-599a-8f67-8b61ab813efc) OMERO, Iliade, XI 36.

[5] (#ulink_0c85035b-1150-5482-b764-f3f3178f8db5)www.sbvibonese.vv.it (http://www.sbvibonese.vv.it/)

[6] (#ulink_60dac58b-3779-50d9-86ce-bb05dc2dd75a) SENOFONTE, Equitazione, 10 17.




4. Distruzione e protezione: Medusa e l’egida di Atena


Si diceva che la testa della Gorgone appare nell’ Iliade anche sull’egida di Atena; come questo avvenne si apprenderà dalla storia di Perseo, ben documentata da numerose raffigurazioni a partire dal principio del VII secolo. Una grande anfora protoattica da Eleusi (1) (#litres_trial_promo), del secondo venticinquennio del VII secolo, rappresenta Perseo che, dopo aver tagliato la testa di Medusa, fugge mentre Atena lo protegge da Stheno e Euriale (2) (#litres_trial_promo).

Protettrice e guida di Perseo nella lotta per ottenere la testa di Medusa, Atena insegnò a Perseo come procedere contro la Gorgone in modo da non vederne il volto, ma soltanto l’immagine riflessa nella superficie del suo scudo (3) (#litres_trial_promo)





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Due analisi, una artistica, l'altra storica, ci porteranno su percorsi diversi, entrambi affascinanti, dalle ampie valenze simboliche e psicologiche, per ricondurci infine alla stessa conclusione – la Gorgone mostruosa cela un primigenio mistero.

Vediamo quale.

La criptica figura dai capelli di serpente e lo sguardo che pietrifica continua ad affascinare per la sua ambiguità e il suo mistero: un saggio di mitologia che esplora i simbolismi della gorgone Medusa in un'analisi storico-artistica focalizzata principalmente sul mondo antico. Un flash back a sorpresa conduce il lettore in un tempo antecedente, in cui sui aprono interpretazioni alternative.

[…] “Non guardare ciò che vedi, ma il suo riflesso”. Questo dice Atena a Perseo. Per traslato, non guardare l’interezza delle cose, non considerarle – e non considerarti – nella totalità, perché potresti morire per quello che vedi, specie per quello che vedi dentro di te, e finché non ti addentri oltre al tuo riflesso ti proteggerai da te stesso.

Un piacevole viaggio nel tempo, e al contempo un saggio specialistico, accompagnato da fonti storiche, artistiche e letterarie, in un percorso di ricerca su simboli, miti, storie e ricordi lontani legati al personaggio mitologico di Medusa dalla Preistoria ai giorni nostri.

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