Книга - Visione D’Amore

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Visione D'Amore
Dawn Brower


Lady Anya Montgomery si trova improvvisamente in un altro tempo e in un altro corpo, nonché fidanzata a un uomo odioso. Non ha idea di come sia finita lì e come potrebbe tornare a casa, ma col passare del tempo inizia a chiedersi se quello non sia realmente il suo posto...mentre comincia ad innamorarsi.

Lady Anja Montgomery si ritrova improvvisamente venti anni indietro nel tempo, in un altro corpo, con un padre oppressivo e un fidanzato odioso. Ogni giorno che passa scopre cose nuove, ma ha un solo obiettivo: tornare al tempo da cui è venuta. Ma, a mano a mano che comincia a innamorarsi, riflette se non si trovi  già a casa. La situazione si complica e un pericolo sembra incombere su di lei. A un certo punto Anya deve sacrificarsi per salvare la vita di due bambini e il prezzo di tutto ciò potrebbe essere enorme, tale da condizionare il suo stesso futuro.Ciò su cui dovrà fare luce è perché sia stata mandata indietro nel tempo e se ha davvero una missione da compiere. Ben presto incontrerà una persona che potrebbe aiutarla a capire e dare finalmente un senso a ciò che le è successo. La verità però può essere dura da accettare per Anya, che dovrà fare i conti con delle rivelazioni sorprendenti.








Visione d'Amore




Indice


Ringraziamenti (#u06fdb7fc-45bf-58f5-9a9c-66775334e2a9)

1. CAPITOLO PRIMO (#u0e0e985f-3d33-584c-ae8d-ae690b096acc)

2. CAPITOLO SECONDO (#u38b562ff-b176-500c-84bb-ff67c50a5f24)

3. CAPITOLO TERZO (#uc847d52b-324f-5ac1-8606-842e05d8fcfe)

4. CAPITOLO QUARTO (#ueb7a02ba-b5cb-570e-aae3-a43961a166a7)

5. CAPITOLO QUINTO (#u7229e069-3f53-52e5-b2b5-5ca85c0397ed)

6. CAPITOLO SESTO (#u3bc448d2-6902-5302-a05b-28d46a1956f8)

7. CAPITOLO SETTIMO (#ud09ef898-5dfb-5eba-a7a0-eeead10f5ebb)

8. CAPITOLO OTTAVO (#u0b8250a2-2835-547d-bc2d-41f970d0d8c0)

9. CAPITOLO NONO (#u8850c5bf-26fd-59ec-8081-cbffde8b14b3)

10. CAPITOLO DECIMO (#ud2fdeecb-bb04-5800-8999-484c88b4d63d)

11. CAPITOLO UNDICESIMO (#u929dd757-fce8-5539-a294-84f2ba22abb8)

12. CAPITOLO DODICESIMO (#ue567d4d6-61f3-5ca9-a562-c22302c0808e)

13. CAPITOLO TREDICESIMO (#u7d4d08ca-5213-5155-879d-0d8616edab5e)

Epilogo (#u98d9dcfa-5624-5853-b613-e564e90954ce)

QUALCHE INFO SU DAWN BROWER (#u9e9ab224-7637-545f-bf09-ca3774fbe382)

LIBRI DI DAWN BROWER (#u49c2a32b-ce7b-5bce-a586-5b15fca9a192)

ESTRATTO: Uno Scandaloso Conte In Meno (#u36d1f878-ee94-5647-825d-d05f6f94dbf7)

Capitolo Primo (#u26c48ea5-895c-57fe-94fb-fd46f33a30d1)

ESTRATTO: SEMPRE IL MIO VISCONTE (#u417324a6-3684-5424-91e7-ca2795029e92)

Prologo (#u5d5c4e23-81a7-5a3e-9b61-4bee3989a331)


Questa è un’opera di finzione. Nomi, persone, luoghi, eventi e avvenimenti sono incidentali, usati in modo fittizio o frutto della creatività dell’Autore. Ogni riferimento a luoghi, organizzazioni o persone, vive o morte, è puramente casuale.

Visione d’Amore Copyright © 2020 Dawn Brower

Grafica di copertina e Edizione a cura di Victoria Miller (https://victoriamillerartist.com/)

Tutti i Diritti Riservati. Nessuna parte di questo libro può venire utilizzata o riprodotta elettronicamente o stampata senza il permesso esplicito dell’autore o dell’editore, fatti salvi alcuni stralci a uso promozionale o per recensioni.


Alla mia famiglia: probabilmente, senza il vostro sostegno, avrei perso l’ispirazione già molto tempo fa. A volte sono stata scontrosa con voi, ma vi amo tanto. Grazie per avermi supportato. Non ci sono parole per dirvi quanto vi sono grata.




Ringraziamenti


Vorrei rivolgere un sentito ringraziamento al mio editore e grafico, Victoria Miller. Lei mi è d’aiuto molto più di quanto posso esprimere a parole. Le sono grata per il sostegno che mi dà ogni giorno e che mi spinge a migliorare sempre di più…. Mille volte grazie.

E voglio ringraziare anche Elizabeth Evans. Grazie per la tua presenza costante e per il dono della tua amicizia. Sei molto importante per me. Dirti grazie non è abbastanza, ma è tutto ciò che posso fare, quindi grazie di esistere, amica mia.




CAPITOLO PRIMO


5 Maggio, 1951

Il tempo era stato di gran lunga migliore di quanto Lady Anya Montgomery si aspettasse. Tra poche ore sarebbe iniziato il Festival of Britain e lei doveva assicurarsi che tutto andasse bene e senza intoppi. IL suo futuro lavorativo poteva dipendere da questo. D'accordo, forse era un'esagerazione. Grazie a suo padre, il conte di Parkdale, era già abbastanza ricca di suo, ma non per questo non aveva obiettivi o ambizioni. Lavorava al British Film Institute da quasi un anno come assistente regista. Anya aveva anche seguito diversi corsi alla BFI Film Academy. Sperava che un giorno, avrebbe diretto e prodotto un suo film...

Si precipitò in ufficio con una tazza di caffè per il suo capo. Lady Vivian Kendall era al telefono, seduta davanti alla sua scrivania. Lanciò un'occhiata ad Anya e le fece cenno di entrare. Non era molto più vecchia di lei, ma era una donna di polso. I suoi capelli scuri erano ben lisciati, e acconciati in una crocchia sulla nuca. Indossava un completo jacquard in raso cobalto di ottima fattura, con giacca e gonna a ruota, con un pizzo nero che le conferiva una bella lucentezza. Completava il suo outfit una cintura nera in pelle, scarpe con tacchi con cinturino a T e un paio di guanti. Anya al confronto si sentiva molto sciatta, con la sua semplice gonna rossa con camicetta bianca, e le ballerine ai piedi, ma non avrebbe resistito tutta la giornata vestita così elegantemente: le piaceva stare comoda, quando lavorava. Chiaramente, Lady Vivian non doveva sbattersi e andare avanti e indietro come lei. Se ne stava tutto il giorno in ufficio.

"Non transigo su questo! - stava urlando Lady Vivian al telefono - E non accetto scuse. Sapete bene quanto sia importante questo festival, e non possiamo permetterci che qualcosa vada storto. È già stato politicizzato più del dovuto, e l’evento è su tutti i giornali come l’espressione massima della cultura Britannica!” Sospirò. “E’ fondamentale che tutto vada bene. La guerra è stata lunga e penosa, e un evento come questo risolleverà gli animi di tutti.”

Anya non voleva nemmeno sapere contro chi si stava scagliando oggi il suo capo. Probabilmente, si trattava dell’ennesimo problema in grado di rovinare il festival. Si augurò che anche questa volta la cosa si potesse risolvere; aveva lavorato tanto, per quell’evento, e non sopportava l’idea di veder andare in fumo tutta la sua fatica. Si fissò la mano con l'anello di opale che le aveva regalato sua nonna. Un disegno floreale era stato inciso sulla fascia argentata e circondava la pietra, tonda e levigata, nella parte superiore. Quando sua nonna glielo aveva regalato, le aveva detto di ascoltare il suo cuore. Aveva seguito alla lettera quel consiglio, quando aveva accettato l’incarico al British Film Institute.

"Va bene!” stava concludendo Lady Vivian. Il suo tono era molto frustrato. "Tenetemi aggiornata. Verrò a South Bank il prima possibile. " Posò il telefono sul ricevitore e rivolse la sua attenzione ad Anya. "Vi prego, ditemi che quello è caffè." disse.

"E’ caffè." rispose Anya, e le porse una tazza. “Ho pensato che vi avrebbe fatto piacere. Ma se preferite un the…”

Lady Vivian scosse la testa. “No, il caffè va benissimo. Mia madre è americana, quindi ho imparato ad apprezzare più il caffè che il the.” Ne fece un lungo sorso e sorrise. "Già pronta per una nuova estenuante giornata di lavoro?"

"Certo!" Anya le sorrise. “Tra poco devo correre al Telecinema. Qui ho finito. C’è qualcosa che posso fare, prima che me ne vada?”

Lei scosse la testa. "No. Vi raggiungo tra poco, non appena avrò finito il mio caffè. Dite a Ben che devo parlargli subito. Ci sono delle modifiche urgenti da fare al padiglione di proiezione entro stasera.”

"Bene." Anya annuì. Dei cambiamenti? Discutevano tutto in dettaglio da mesi, e i padiglioni non erano venuti su dall'oggi al domani. Qualche nuovo problema burocratico? "Comunque spero che non si debbano cambiare anche i film."

"No, quelli no. Ma forse ci saranno modifiche nell’ordine di proiezione. E quello dovrete farlo voi, cara. Il problema è che i programmi sono già pronti e non c’è tempo per stamparne altri. Dovrete farvi venire in mente qualcosa. Magari, potremmo affiggere sui padiglioni il nuovo orario di proiezione, in modo che la gente sappia prima di entrare cosa sta andando a vedere.”

Anya non era molto contenta, ma abbozzò. Fece per andarsene, quando Lady Vivian la chiamò di nuovo. "Aspettate un attimo."

"Che c’è?” chiese Anya.

"Avete finito quel promemoria che vi avevo chiesto di preparare?"

"Ovviamente. Volete dargli un’occhiata? Ve lo porto?" Avrebbe dovuto immaginare che Lady Vivian avrebbe voluto vederlo. Era un po’ asfissiante, a volte. Se non controllava e ricontrollava la stessa cosa più volte non era contenta.

"Sì, ve ne prego. - rispose infatti Lady Vivian - Portatemelo prima di andarvene, così gli do un’occhiata e vedo se ci sono modifiche da fare. Quando ci vedremo al Telecinema vi dirò se va bene, e potrete spedirlo urgentemente a tutti i reparti.”

Anya andò alla sua scrivania e tirò fuori il promemoria da una pila di pagine dattiloscritte. La maggior parte di loro doveva essere ancora inserita nelle buste e spedita per posta. Mancava la firma di Vivian, ma lei di sicuro l’avrebbe messa solo all’ultimo momento, una volta sicura che era tutto a posto e che null’altro avrebbe potuto invalidare l’evento. A suo avviso, le lettere potevano aspettare ancora un poco. Anya prese il promemoria e lo portò a Vivian. "Ecco qui." disse.

"Fantastico. Potete lasciarlo sulla scrivania, per favore?” rispose Lady Vivian, già occupata a leggere dei documenti.

"Serve altro?"

"No, grazie cara." Lady Vivian alzò lo sguardo e le sorrise. "E rilassatevi. Insieme faremo di questa giornata un evento epocale. Se ne parlerà in tutta la Gran Bretagna!"

"Farò del mio meglio." le disse Anya. Lasciò l'ufficio di Lady Vivian, questa volta definitivamente, e uscì dall'edificio. Il cuore le batteva forte nel petto. Non sapeva perché, ma era tormentata da una specie di ansia, come se avesse la sensazione che stesse per succedere qualcosa di brutto. Che stupidaggine: cosa doveva andare storto, quel giorno? Tuttavia si sentiva…turbata.

Si scrollò di dosso come meglio poté quella sensazione e si affrettò in strada. Se si fosse sbrigata, avrebbe potuto prendere il prossimo autobus per South Bank. Corse alla fermata del pullman, proprio mentre l’autobus rosso a due piani stava arrivando. Salì e per fortuna trovò anche posto a sedere. Presto sarebbe arrivata al Telecinema e avrebbe visto per la prima volta nella sua vita cosa significava proiettare un film a centinaia di persone tutte in una volta.






Anya guardò fuori dal finestrino mentre l'autobus attraversava alcune delle strade più importanti di Londra. Il viaggio dall'edificio in cui lavorava con Lady Vivian, alla riva sud del Tamigi, era breve. L'appartamento di Anya si trovava a mezza strada tra entrambi. I suoi genitori avrebbero preferito che lei vivesse ancora con loro, ma arrivare in ufficio da Mayfair era lungo e faticoso, e lei non aveva ancora voglia di acquistare un'automobile. Non quando poteva raggiungere a piedi la maggior parte dei posti o prendere un autobus per i viaggi un po’ più lunghi. Come nobildonna poteva sembrare strana, dato che non le piaceva ostentare il suo denaro e utilizzava il suo titolo solo se ci era costretta. Lady Vivian, chiaramente, sapeva da che famiglia altolocata veniva Anya, ma rispettava il suo desiderio di privacy. Anche lei la presentava agli altri menzionando il suo titolo solo quando ci era costretta.

L'autobus si fermò vicino al fiume. Anya dovette farsi largo tra tutta la gente che si era radunata davanti ai cancelli in attesa che aprissero. Beh, almeno l’evento aveva richiamato un sacco di persone. Lady Vivian sarebbe stata felice di vedere tutta quella folla. Il festival era stato pubblicizzato in tutta la Gran Bretagna, ma i padiglioni e tutto il resto si trovavano a South Bank. Quell’enorme spazio era stato diviso in varie aree: c’erano quelle dell’arte, della musica, della scienza e dei film. Tutto era stato progettato esclusivamente per quell’evento, anche l’architettura del luogo. E non si era badato a spese.

Anya mostrò il suo passi e scivolò dentro dall’entrata apposita per gli addetti ai lavori: era così orgogliosa della sua parte al British Film Institute per quel festival! Il Telecinema era un cinema all'avanguardia da quattrocento posti completamente gestito dal British Film Institute. L’idea era di unire cinema, televisione e la sofisticata tecnica del 3D, per cui molti programmi si sarebbero visti a tre dimensioni con degli speciali occhiali che sarebbero stati distribuiti a tutti gli spettatori. Era la prima volta al mondo che la gente avrebbe usato quella tecnica, e Anya non stava più nella pelle di vedere la reazione di tutti. Quel giorno il Festival of Britain avrebbe aperto la strada a un nuovo modo di fare cinema e televisione!

Andrò dritta dietro uno dei maxi schermo approntati per l’occasione. Ben era lì e parlava con delle guardie di vigilanza del festival. “Voi ragazzi dovete stare in fondo alle sale e assicurarvi che nessuno crei problemi o metta in pericolo la vita delle persone. Ci sono tanti matti in giro! Assicuratevi dell’identità degli spettatori, controllate i documenti e state con gli occhi aperti. Qualsiasi imbecille crei scompiglio deve essere immediatamente allontanato dalla sala. Ok?”

Le guardie annuirono. “Va bene. Lo diremo a tutti.” dissero.

"Bene. Tra un’ora si comincia. Vi voglio tutti pronti alle entrate.” continuò Ben.

A breve ci sarebbe stata la cerimonia inaugurale dell’apertura del Festival. Solo a sera sarebbero cominciate le proiezioni, ma le varie aree con le curiosità e le esposizioni delle Arti erano già aperte al pubblico. Un mucchio di gente si stava già aggirando per l’enorme parco che circondava i padiglioni, e il chiasso era indescrivibile. Due enormi file erano pronte davanti ai bagaglini per acquistare un biglietto e riservarsi il posto alle prime file dei cinema. Chioschi di conforto e venditori ambulanti già servivano numerosi clienti, mentre i tv e fotografi scalpitavano davanti all’entrata. Lady Vivian sarebbe stata lì a momenti, pronta per fare il discorso di apertura e illustrare alle tv il programma e gli obiettivi del festival. L’eccitazione collettiva era alle stelle. Poi il sindaco della città e gli organizzatori avrebbero tagliato il nastro e la folla si sarebbe riversata dentro. Un gran bel lavoro per le guardie!

Quando le guardie cominciarono a sparpagliarsi fuori, Anya si avvicinò a Ben e gli mise una mano sulla spalla. Lui sobbalzò. "Cristo, Anya, volete farmi venire un infarto?"

Lei ridacchiò. “Pardòn, non volevo spaventarvi. Lady Vivian mi ha chiesto di portarvi un messaggio."

"Ok, oggi ho i nervi a fior di pelle! Cosa vuole il capo?”

Anya riferì mentre lui segnava tutto sulla sua agenda. “Ok, sarà fatto. Ma Lady Vivian non è un po’ in ritardo?” disse Ben, guardandosi intorno.

“Problemi dell’ultimo minuto, ma vedrete che tra poco la vedremo spuntare da qualche parte.”

Ben sembrava in ansia, e invecchiato prematuramente. Tutto quello stress non gli faceva bene. In fondo, non era molto più grande di lei. Forse aveva cinque anni più dei suoi ventuno, ma visto da vicino sembrava quasi un quarantenne. Era pallido, e due brutte occhiaie gli solcavano gli occhi. Inoltre era dimagrito, in quegli ultimi giorni. Avrebbe dovuto riposarsi di più…ma come si poteva, con tutto quello che c’era da fare? Ben si fece scorrere le dita tra i capelli e sospirò. "Guardatevi intorno, Anya: siamo nel caos completo."

Anya si guardò intorno ma non la vide allo stesso modo di Ben. “A me sembra che funzioni tutto per bene, Ben. Siamo pronti. Vedrete che quando apriranno quelle porta andrà tutto bene.”

"Ah, che il Cielo vi ascolti!” esclamò Ben, alzando gli occhi al soffitto.

"Non credo che oggi il Suo sguardo sia puntato sul festival!” ridacchiò Anya, che non era particolarmente devota. Non credeva in un potere superiore o all’ineluttabilità del destino. Voleva farsi strada nel mondo, e le piaceva pensare che sarebbe stato merito suo se ci fosse riuscita, e non di un Essere soprannaturale.

"Oggi chiederei aiuto perfino ai marziani! - sospirò Ben - Non immaginate quanto mi sento nervoso!”

Come dargli torto… "Andrà bene." Non aveva un tono molto convinto, ma era il massimo che riuscì a fare. Fremeva dalla voglia di andare a curiosare in giro. Non poteva certo starsene lì a consolare Ben.

"Io ..." Stava per dire qualcosa ma la voce le si spezzò in gola. Ben stava guardando in su e agitava freneticamente le mani. “Che cavolo fate? Ferma!” gridò. E balzò in avanti, forse per cercare di salvare la situazione.

Anya non capì subito quello che stava succedendo. Per qualche secondo rimase interdetta a guardare Ben, poi quando lo vide balzare alle sue spalle si voltò e scorse un operaio sul palco a pochi passi da lei con un enorme proiettore in mano. L’uomo procedeva di spalle e ed era ignaro del groviglio di cavi contro cui stava andando a sbattere. Ben si lanciò verso di lui…ma non fece in tempo. L’operaio inciampò e il proiettore gli sfuggì dalle mani, piombando proprio su Anya, che provò all’ultimo istante a schivarlo…senza riuscirci. Il proiettore le crollò rovinosamente addosso, sbattendola con la testa per terra.

Anya sentì un lancinante dolore, vide la sala girarle vorticosamente attorno…e poi più nulla. Il mondo scomparve completamente ai suoi occhi, e ogni suo pensiero venne ingoiato dal vuoto.




CAPITOLO SECONDO


Anya si svegliò con un violento mal di testa. Sentiva tanti piccoli martelli batterle allegramente per tutto il cranio, ma in particolar modo sulla fronte e gli occhi. Aveva paura di aprire le palpebre, per paura di peggiorare le cose. Che cosa era successo? Non riusciva a ricordare come si era fatta male e nemmeno voleva saperlo.

Una luce intensa le fluttuava addosso, costringendola a pararsi la faccia con le mani. Voltò la testa e socchiuse lentamente gli occhi.

"Chi ha acceso le dannate luci?" borbottò.

"È ora di svegliarsi, Miss Ana. - esclamò la voce di una donna - Il duca e la duchessa tra poco saranno in sala da pranzo per la colazione, e vostro padre si aspetta che vi comportiate come una vera signora."

"Ma io sono una vera signora!" si adirò Anya. Era una Lady a tutti gli effetti, con un gran bel titolo alle spalle! "Non mi sento bene. Vi prego di porgere loro le mie scuse.” mugolò, e si rannicchiò di nuovo nelle coperte, seppellendovisi dentro. Ma di colpo le parole della donna accesero una luce, nella sua mente confusa: "Quale duca e duchessa?" Ancora più importante: chi diavolo era quella, e che ci faceva nella sua stanza da letto senza il suo permesso? Qualcosa non quadrava.

Lentamente, abbassò la coperta e aprì con cautela un occhio. La donna indossava una specie di uniforme di color grigio opaco che la copriva interamente, dal collo alle caviglie. Era di una foggia... antica. Non c’era altro modo per descrivere…quell’abito. "Chi siete voi?" farfugliò.

"Ora basta, signorina Ana,- la rimproverò la donna, agitandole un dito davanti agli occhi - Fingere di essere indisposta non vi solleverà dai vostri doveri.” Posò sul letto un abito di un certo lusso, di un tristissimo blu scuro, e dalla foggia fuori moda, come la sua divisa.

“Ho già preparato il vostro abito da colazione. Stamane dovrete recarvi al porto e imbarcarvi. Il viaggio fino in Germania è lungo, e non vi resta molto tempo per prepararvi.”

Ma perché continuava a chiamarla Ana? Qualcosa le sfuggiva. L’aveva scambiata per qualcun’altra? Se era così, che ci faceva lei in quella stanza…e in quel letto? Si mordicchiò il labbro inferiore, assolutamente confusa. La testa le pulsava ancora tremendamente. C'era una sola cosa che poteva fare, per sciogliere la matassa: adattarsi alla situazione.

Lentamente, si mise a sedere. Che strana camicia da notte, che indossava. Avrebbe dovuto chiamare i suoi genitori e scoprire perché l’avevano spedita a casa di questo duca e di questa duchessa. Anya lanciò un’occhiata alla donna che le stava davanti e che la fissava con quei suoi occhi di fuoco: non le piaceva affatto. Guardò l’abito e arricciò il naso.

"Devo proprio indossare questa roba?” domandò.

La donna la guardò, torva. "Cosa c'è che non va in quest’abito?" chiese. Poi aggrottò la fronte. Anya la guardò meglio: aveva i capelli castani striati di bianco e due occhi grigi più freddi dell’acciaio. La innervosiva. "È fatto della seta più fine. Avete scelto proprio voi il modello.”

Non si sarebbe mai sognata di fare una cosa del genere, ma non aveva senso discutere con la donna. Invece, sospirò e tese la mano. "Bene. Lasciate qui, che mi lavo e mi vesto.”

"Da sola?” esclamò la donna, sgranando gli occhi.

“Certo. Mi vesto da sola da quando ero piccola!” Ma in che posto stava? Quella donna si comportava come una istitutrice d’inizio secolo. Ormai nessuno aveva più istitutrici, in casa!

"Ma...vi sentite male davvero?" esclamò la donna, e le si avvicinò. Le mise una mano sulla fronte. “Eppure, non mi sembra che abbiate la febbre.”

Al tocco di quelle mani fredde Anya si ritrasse. "Per favore, non toccatemi!" sibilò. Afferrò il vestito e si alzò. "Ora, per cortesia, lasciatemi sola."

"Hmmph. - mugolò la donna - Oggi siete di pessimo umore! Non sareste così acida se andaste a dormire presto, la sera, invece di starvene a leggere chissà cosa alla luce della lampada fino a notte inoltrata! Comunque, sbrigatevi. Ai Duchi non piace aspettarvi per colazione, lo sapete.” Ciò detto, uscì brontolando dalla stanza.

Ma come si permetteva? Lei era Lady Anya Montgomery, diamine, e nessuno le aveva mai parlato a quel modo! Si sfilò quell’assurda e pesantissima camicia, armeggiando a lungo coi laccetti, e si mise a frugare per la stanza cercando la sua stanza da bagno…ma non ne trovò. Pensò che forse in quella casa il bagno si trovava nel corridoio…o in un’ala apposita…ma sinceramente non aveva voglia di uscire e aprire ogni porta per cercarlo. Scavò disperatamente in tutti gli armadi alla ricerca della sua biancheria intima, il suo reggiseno…ma ancora niente, tranne scomodissimi e antiquati corsetti, e mutandoni di pizzo che non avrebbe nemmeno saputo come indossare.

Guardò affranta l’abito appoggiato sul letto. Era abbastanza largo, forse nessuno avrebbe notato che non portava biancheria intima. Con un sospiro lo indossò, ma abbottonarsi dietro fu una vera impresa…con quel mal di testa, poi! Non riuscì che abbottonarsi sommariamente, ma pensò che sarebbe bastato. Tremava dalla testa ai piedi. Se quell’odiosa donna con cui aveva parlato si fosse accorta del suo abbigliamento trasandato cosa le avrebbe fatto? Sperò di non incontrarla più…

Sospirò. Non aveva ancora idea di dove fosse, ma l'avrebbe scoperto presto. Si sedette alla sua vanità per truccarsi…ma quando si guardò allo specchio quasi urlò per la drammatica sorpresa: non era lei, quella che la guardava dall’altra parte dello specchio! Si passò freneticamente le mani sugli occhi, sperando che fosse tutto un incubo, poi si premette disperatamente le dita sugli zigomi, con tanta energia che per poco non si graffiò con le unghie. Ma quando riaprì gli occhi quell’immagine estranea era ancora lì, davanti a lei, che la guardava con la sua medesima angoscia. Dio, ma cosa le stava succedendo? Quella non era lei! Si passò una mano tra i capelli, mentre gocce di sudore le imperlavano la fronte. Non poteva essere reale. Stava sognando…o stava galleggiano in un limbo da cui non riusciva a svegliarsi…

La donna l'aveva chiamata Ana, non Anya. Il nome suonava quasi uguale, per questo non ci aveva subito fatto caso…ma se lei non era più Anya chi era quella ragazza che la guardava dallo specchio?

Cominciò a tremare: si era svegliata nel corpo di un’altra donna? Questo, benché assurdo, forse poteva essere una spiegazione…ma perché? Dio aveva voluto punirla per qualcosa? Era morta e si era ritrovata in un altro corpo? Eppure dentro…era lei, sì, era ancora lei! Le sembrava di trovarsi in uno di quei film angosciosi che le avevano sempre fatto paura. Forse, se fosse tornata a letto e si fosse riaddormentata, tutto sarebbe tornato a posto. Desiderò con tutte le sue forze di chiudere gli occhi e ricominciare tutto daccapo. Ma capì che non era possibile.

Guardò il letto con ansia: e se si fosse fatta solo un sonnellino? Al risveglio si sarebbe accorta che si era trattato solo di un brutto sogno. Sarebbe tornata se stessa, e al diavolo quella brutta arpia in cui si era imbattuta poco prima!

Si alzò di scatto dalla specchiera, si gettò sul letto e si coprì con le coperte fino alla cima dei capelli. Provò a dormire…ma niente.

Non ci riusciva.

Era troppo in ansia per dormire. L’unica era comportarsi come se niente fosse. Alzarsi, scendere giù da quei dannati duchi e vedere se ci capiva qualcosa. Quell’incubo sembrava davvero reale. Rimase completamente immobile per un po’, sperando di svegliarsi da un momento all’altro…ma non accadde nulla. Ormai era chiaro: doveva stare al gioco, far finta di essere questa Ana e vedere dove voleva andare a parare quell’incubo. Non poteva fare altro...

Questo duca e questa duchessa, chiunque fossero, si aspettavano che qualcuno di nome Ana scendesse a colazione. Ma, se si fossero accorti che lei non era la ragazza che aspettavano…che sarebbe successo? Quella specie di serva che l’aveva svegliata ci era cascata, quindi era presumibile che ci avrebbero creduto anche loro. Forse, parlandoci, avrebbe capito che ci faceva là, in quel corpo…e in quella casa…che più guardava più le sembrava simile a un castello.

Anya fece un respiro profondo e si spazzolò i capelli. Se li acconciò in una lunga treccia che poi appuntò sulla nuca come uno chignon. Non era bella, ma almeno la sua acconciatura si adattava all’abito: era vecchia come lui. Trovò un paio di scarpe, lanciò un’ultima occhiata alla stanza e uscì cautamente nel corridoio. Aveva un disperato bisogno del bagno…ma decise di sorvolare, per il momento. Sarebbe già stata un’impresa trovare la sala a colazione, in quell’ambiente enorme. Figuriamoci un bagno...






La fortuna era dalla sua parte ... Aveva un forte intuito e individuò abbastanza velocemente la sala della colazione. Non appena vi entrò scorse quattro persone sedute ad un immenso tavolo, riccamente addobbato, circondate da uno stuolo di valletti: a capotavola era accomodato un uomo di una certa età, presumibilmente il duca. Dall’altro capo del tavolo, ad una bella distanza da lui, c’era una donna, sicuramente la duchessa. A metà del tavolo una bel ragazzo adolescente, forse sui sedici anni. Proprio di fronte a lui era stato apparecchiato per un ospite…cioè lei. Confusa, Anya rimase sulla soglia finché un valletto non sussurrò qualcosa alle orecchie della duchessa, che le stava di spalle. Probabilmente l’avvertiva della sua presenza in sala. Infatti la duchessa si voltò e si alzò per riceverla.

"Miss Ana!” le disse gentilmente, porgendole una mano e invitandola a entrare. “Mi auguro che abbiate dormito bene. Avete l’aria un po’ stanca. Preoccupata per il viaggio?” Dolcemente le indicò il suo posto a tavola, e un valletto si affrettò a scostare la poltrona per farla accomodare. La duchessa voltò lo sguardo verso il ragazzo, che non si era alzato in segno di cavalleria.

"Mathias! - lo rimproverò - Salutate la nostra ospite e smettetela di giocare con la colazione."

Anya trattenne un sorriso, mentre prendeva posto a tavola. Due camerieri con un grande vassoio si affrettarono a servirla della sua colazione: delle uova strapazzate e servite con un goccio di panna, guarnite da grandi strisce di bacon fritte e pane tostato con burro. A parte le vennero servite le verdure grigliate e i funghi, e i fagioli in salsa di pomodoro. Ma Anya rifiutò gentilmente il suo black pudding, troppo speziato per lei a quell’ora di mattina. Lasciò invece che il valletto la servisse abbondantemente di the nero e fumante.

Alla duchessa il rifiuto del black pudding non sfuggì. Amabilmente le chiese:

“Preferite una colazione dolce, mia cara? Avete l’aria di non star bene. La marmellata d’arancia stamane è una vera delizia.”

Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei. “Molto meglio di questo stupido porridge che mi costringono a ingollare ogni mattina!” esclamò, con un luccichio malizioso negli occhi. La duchessa lo fulminò con lo sguardo. “Tacete e mangiate. Il porridge era amato perfino dal Re di Francia!”

Anya scrutò il ragazzo. Aveva occhi blu argentei che lasciavano senza fiato. Anche il ragazzo la fissò, per lasciarsi poi sfuggire un timido: “Non mi sembrate molto in voi, milady.”

Anya deglutì a fatica, innervosita dalla sua domanda. Si era accorto che lei…non era la ragazza che stavano aspettando? Temette che quel ragazzino lo avrebbe spifferato davanti a tutti, mettendola in difficoltà. Ma non successe nulla. Il ragazzo tornò con la testa sul suo piatto e lei abbassò il capo sul suo: Dio mio, le veniva la nausea solo a guardare quel quintale di roba che aveva davanti! Quei tizi mangiavano…come i suoi nonni ai pranzi di gala! Trattenne un gemito. La testa le faceva ancora male e ora le girava anche lo stomaco. Si guardò bene intorno…e rimase senza fiato.

"Lady Vivian!” esclamò. C’era anche una ragazzina, seduta al tavolo, ma un po’ in disparte. Forse era per questo che non l’aveva notata prima. Non l’aveva riconosciuta subito…ma forse si era sbagliata. Non poteva essere lei…o forse sì?

La ragazza alzò lo sguardo su di lei, ma non rispose. Sembrava…stizzita. "Sì, mia cara? - rispose la duchessa per lei - C’è qualcosa che non va? La nostra Vivian è di nuovo in punizione, come spesso negli ultimi tempi, e non le è permesso di parlare con nessuno.”

L'ultima volta che Anya ricordava di avere visto Vivian era in ufficio, al British Film Institute. Ma…era molto più vecchia di quella ragazza! Sembrava lei…e forse era lei, ma in un’altra epoca e ad un’età diversa. Che cavolo stava succedendo? Dove si trovava? E soprattutto: QUANDO? Abbassò lo sguardo.

“Nulla, mi spiace. E’ che oggi…non mi sento molto bene.” mormorò. Diavolo, se Lady Vivian era così giovane…lei non doveva nemmeno essere nata! In che anno erano? A fiuto non si trovavano affatto nel 1951…ma qualche decennio prima.

"Povera cara - disse la duchessa, gentilmente - Vi farò portare subito un buon infuso per il mal di testa. O forse è meglio un cachet.” Fece segno a un valletto che, dopo poco, tornò con due piccole compresse di aspirina. Fortemente grata, Anya le ingollò in un sol colpo. Finalmente sorrise alla duchessa. “Molte grazie, sono sicura che a breve starò meglio!” esclamò.

Nel frattempo il duca, che era rimasto sempre zitto, finito il suo the aprì il giornale del mattino, che un valletto gli aveva messo sul bordo del tavolo. Anche se era seduta lontano, Anya intravide i titoli di prima pagina, e ciò che lesse la fece sussultare di paura: si parlava della Germania e della sua campagna di militarizzazione! Non riuscì a leggere la data dell’articolo, ma gli accenni alle leggi razziali erano ben chiari. Si parlava di…anti-semitismo? Ma in che anno erano? Per fortuna il duca, inconsapevolmente, le venne in aiuto.

“Ancora questo Hitler. - borbottò - Ha tutta l’aria di voler dichiarare guerra al mondo intero. Qualcuno dovrebbe fermarlo. E dire che siamo nel 1933, diamine!” esclamò. Il 1933? Ma lei non era ancora nata! O meglio: era nata, sì…ma avrebbe dovuto avere non più di tre anni! Come faceva invece a trovarsi nel corpo di una giovane donna? E di lei bambina…che ne era stato? Il cuore le si fermò nel petto, a questo pensiero.

"Non avete ancora mangiato nulla, ma forse è meglio così. A breve v’imbarcherete, e se soffriste di mal di mare…Ma sulla nave sarete servita di tutto punto. I vostri bagagli sono già pronti, Ida ha provveduto a tutto! Siete pronta per partire, mia cara?” disse la duchessa. Ida. Doveva essere l’arpia che aveva conosciuto. Dio, se non le facesse tanto male la testa…

"Credo di sì…vostra grazia." Aveva detto giusto? Se non ricordava male era così che bisognava rivolgersi ai Duchi…almeno a quelli di una volta. Nel 1951 le cose erano un po’ diverse…ma non di tanto. E quella donna? Forse era la madre di Vivian, per questo le somigliava. Come si chiamava? Brianne, le sembrava.

"Ida mi ha informato quando è venuta a svegliarmi. Partirò per la Germania…giusto?” Il posto più terribile del mondo! Se era davvero piombata nel 1933…la Germania era in piena epoca nazista e si stava preparando davvero per dichiarare guerra! Una tragedia orribile, con la deportazione e l’assassinio di milioni di Ebrei, zingari, disabili, gay…Oh Dio! E lei…ci si trovava giusto in mezzo!

"È una donna molto efficiente.” La duchessa sorrise. “È stato un piacere avervi nostra ospite. Abbiamo un debito di riconoscenza nei confronti di vostro padre, da quando siamo arrivati a New York due anni fa. Sapete che la mia famiglia è originaria della Carolina del Sud e ha una tenuta a New York.”

Certo che lo sapeva ... solo che se l’era dimenticato. La duchessa lanciò uno sguardo di rimprovero alla figlia. “Fu quando perdemmo nostra figlia. Senza l’aiuto del vostro caro padre non l’avremmo mai ritrovata a Central Park.”

Hmmm. Interessante. Un aspetto di Lady Vivian che non conosceva affatto. Quindi, da piccola il suo capo era un po’ ribelle. Un momento: ma era la Lady Vivian che conosceva, quella? E che ci faceva da piccola a Central Park…da sola?

“Mio padre è sempre molto gentile.” mormorò, tenendosi neutra. Sperò di non stare dicendo cretinate.

“Edward Wegner è un brav'uomo. Spero che gli piaccia il suo nuovo incarico di vice Ambasciatore in Germania.” esclamò a sorpresa il duca. Ripiegò il giornale e lo mise da parte. "Ma credo che non resisterà a lungo, laggiù. Presto l’atmosfera si farà calda, in Germania. Abbiamo già sofferto tanto per una guerra, ma temo che se ne scoppierà un’altra sarà anche peggio.”

Parole sante! Il duca non sapeva quanto avesse ragione. Anya deglutì a fatica e cercò di mangiare qualcosa. Fece un boccone delle sue uova strapazzate sperando che, se fosse stata impegnata a mangiare, nessuno le avrebbe fatto altre domande.

"Oh Julian, siete sempre il solito! - esclamò amabilmente la duchessa - Non la spaventate con le vostre farneticazioni. Il viaggio sarà già lungo di suo. Non mettiamole in testa altri pensieri! Siete stato in Germania e me lo avete descritto come un paese adorabile, molto ben organizzato e ricco. Perché dovrebbe covare un’altra guerra?”

C'era qualcosa che le sfuggiva, nel tono della duchessa. Era stata in Germania? Se Anya ricordava bene, il duca era stato una spia durante la prima guerra mondiale. Probabilmente era stato anche in Germania, ma la duchessa era Americana. Di sicuro lei se n’era rimasta tranquilla a casa. Cosa ne pensava del regime nazista?

Anya ingoiò il suo boccone, che le scese dolorosamente in gola come se raspasse sulla carta vetrata.

"Non credo di farle paura. In fondo, va a trovare il suo fidanzato.” disse il duca.

"Davvero?” pensò Anya. Non era una domanda, quella del duca, ma un’affermazione. Quindi doveva essere così, era fidanzata. Che ci faceva il suo fidanzato in Germania?

La duchessa sorrise. "Sempre che Anya non abbia ripensamenti. Vostro padre ha detto che è nell'esercito tedesco ... un ufficiale di alto rango. "

Un ufficiale…nazista? Ma che cosa aveva in testa il suo…presunto padre? “Non saprei…ma non credo.” mormorò. Decise di far credere che era una figlia obbediente e rispettosa. Magari amava davvero il suo fidanzato, chissà…

"Bene. - disse la duchessa, sempre con quello strano tono - In ogni caso, avete tutta la vita davanti a voi. Ci sono decisioni che richiedono tempo…e fidanzamenti che non possono essere spezzati tanto facilmente.”

Anya sorrise con cortesia. Non capiva ancora dove volesse arrivare la duchessa. Intendeva…dissuaderla da quel matrimonio? Si pulì la bocca con il tovagliolo e si alzò.

“Se Vostra Grazia vuole scusarmi, ho bisogno di preparare le ultime cose, prima di partire.” disse.

"Certamente, mia cara. - rispose la duchessa, senza alzarsi - Odio gli addii, quindi non verrò fuori a salutarvi. Ricordate comunque che in questa casa siete sempre ospite gradita. Fate buon viaggio.”

Avrebbe dovuto inchinarsi? Per tranquillità Anya optò per una graziosa riverenza ai duchi, poi uscì dalla sala. Aveva bisogno di calma per riflettere. Tutto quello che aveva scoperto non andava affatto bene…Anzi, da quel poco che aveva capito era proprio in un mare di guai.




CAPITOLO TERZO


Ottobre 1933

Anya guardò fuori dal finestrino dell'auto che dalla stazione ferroviaria la stava portando alla sede transitoria dell’ambasciata Americana. Era all’oscuro di tutto. O almeno, di ciò che la riguardava direttamente. Sapeva solo che tutti la credevano Anastasia Wegner, figlia di un membro dello staff dell'ambasciatore William Dodd.

Da quello che aveva intuito, non somigliava per niente a questa Anastasia. Dall’idea che si era fatta, Ana era una ragazza un po’ succube e senza alcuna ambizione. Aveva persino accettato di fidanzarsi con un ufficiale Tedesco! Si sentì il sangue al cervello, al pensiero di dover sposare un nazista. Lei non avrebbe mai potuto farlo! Era tutto così…strano. L’unica cosa che era rimasta uguale era quell’anello di opale che teneva al dito: era sempre quello che le aveva regalato sua nonna, preciso in tutto, dalla foggia al disegno floreale all’opale rotondo.

All'inizio non ci aveva fatto caso, tra il mal di testa e tutta quella serie di cose che l’era capitato tra capo e collo…

Eppure, eccolo lì, come sempre. Poteva trattarsi di una coincidenza, ma qualcosa le diceva che non lo era affatto. Era probabile, invece, che fosse l'anello di fidanzamento di Ana. Solo per questo provava il forte impulso di strapparselo dal dito e buttarlo chissà dove. Ma si trattenne. La dolce Ana non avrebbe mai fatto una cosa del genere. S’impose quindi di mantenere il controllo.

Sospirò e chiuse gli occhi. Presto sarebbero arrivati all'ambasciata e avrebbe dovuto incontrare il padre di Ana. Quel poco che aveva scoperto su di lui non le aveva fatto per nulla una buona impressione. Forse, aveva conquistato i duchi di Weston con i suoi modi, ma di sicuro sembrava avere un pugno di ferro con la propria famiglia. Tuttavia, lei avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa e fingere di essere la dolce e obbediente ragazza che il padre si aspettava. Altrimenti era sicura che avrebbe dovuto subire pesanti punizioni.

Più o meno, era questo che aveva capito in quel lungo viaggio con Ida che, sfortunatamente, le faceva da dama di compagnia.

Dopo che avevano lasciato la casa del Duca e della Duchessa, Ida si era mostrata per quello che era davvero: una brutta acida arpia che intendeva tenerla al guinzaglio, sotto la minaccia di raccontare a suo padre ogni piccola trasgressione. Più di una volta le aveva rinfacciato la maleducazione di quella mattina, quando l’aveva svegliata, e l’aveva ammonita di non permettersi mai più di trattarla a quel modo. Insomma, quella donna era come un mastino, sempre attaccata a lei. Anya avrebbe dovuto trovare un modo per levarsela dai piedi, se sperava di ottenere un minimo di libertà.

Ma come uscire da quel corpo e tornare nel suo tempo?

"Siete tornata la brava ragazza di sempre. - le stava dicendo Ida, con grande soddisfazione - Continuate così, signorina. Vostro padre ripone grandi speranze in voi.” Le accarezzò un braccio. “La vostra permanenza a Londra è stata una necessità, ma adesso siete a casa. Questa sarà la vostra nuova patria. Tra pochi mesi vi sposerete e diverrete proprietà di vostro marito. Com’è giusto che sia.”

Anya si morse la lingua. "Sì, Ida. - rispose Anya, dolce come un agnellino - Farò quello che mi comanda papà. Sarà orgoglioso di me.” Dio, avrebbe voluto uccidere quella brutta arpia! Invece doveva fingere il più possibile, se voleva allentare la presa su di lei. Più imparava a conoscere il suo presunto padre, Edward Wegner, più lo odiava.

Dopo un lungo tragitto, l’auto si fermò davanti al cancello di un grande edificio completamente recintato con filo spinato. L’autista parlò un attimo con le sentinelle armate, poi una di loro fece cenno all’altra di alzare la sbarra del cancello e di farli passare. L’auto entrò nel grande viale. Anya cominciò a tremare di paura. Il momento di incontrare il suo terribile padre era arrivato.

Scese dall'auto e si fermò per aspettare Ida. Poi, insieme, entrarono all’'ambasciata. Adesso sì che la presenza di Ida le faceva comodo: altrimenti non avrebbe proprio saputo dove dirigersi.

Una volta dentro, una guardia le salutò e venne ad accoglierle. L’uomo indossava una divisa nera, quasi della stessa tonalità dei suoi capelli, e i suoi occhi blu argenteo erano davvero magnifici. Ad Anya sembrò una figura familiare. Non riusciva a distogliere lo sguardo da lui, ipnotizzata dalla sua bellezza.

"Buongiorno, signore. - le salutò il soldato - Signorina Ana, benvenuta. Ho avuto l’incarico da vostro padre di occuparmi di voi. Vi farò da guardia del corpo e vi proteggerò. Vi ricordo che non potrete uscire dall’edificio se non scortata da me o accompagnata da vostro padre o il vostro fidanzato.”

Cosa? Prigioniera di…quegli uomini? Anya andò su tutte le furie, ma mantenne il controllo. Dopotutto, quella sua guardia del corpo non era affatto male. Forse, avrebbe cercato di entrare nelle sue grazie, per godere di un po’ di libertà.

Deglutì a fatica e annuì. "Capisco ... signor ..." Si era presentato? Non riusciva a ricordare il suo nome.

"Arthur Jones. Al vostro servizio, signorina.” disse l’uomo, facendo il saluto militare. Grandioso, quel tipo la trattava come se fosse un colonnello! Sorrise timidamente, continuando a impersonare la dolce Ana.

Era un soldato, quell’uomo. E, se la Germania non era ancora in guerra, si stava comunque preparando per questo…anche se il resto del mondo non lo sapeva.

"Sig. Jones - disse - non ho intenzione di mettermi in pericolo. Seguirò i vostri consigli. Grazie.”

Lui la fissò per un attimo, in silenzio. Poi annuì.

“Molto bene.” mormorò. Che cosa si aspettava? Che lei si mettesse a piangere e a strepitare? Anastasia era comunque una signorina di nobili origini, se aveva ben capito; avrebbe comunque fatto buon viso a cattivo gioco. Anya si sentì ancora più confusa: cosa ci si aspettava veramente da…Ana? Ida le aveva farcito la testa durante il viaggio con il panegirico sulla Germania, e su quanto fosse bello tornarci. Ma adesso…dubitava di aver capito tutto.

Si girò verso la sua carceriera. “Se non vi dispiace, vorrei andare a riposarmi. E’ stato un viaggio lungo e stressante, e avrei bisogno di dormire un po’.”

Cioè di rintanarsi da qualche parte a riflettere. Se fosse andata in camera sua, Ida l'avrebbe lasciata in pace. E Anya avrebbe potuto trovare un modo per liberarsi di lei definitivamente.

"Certo.” disse l’arpia. E fece cenno alla guardia di accompagnarle nei loro alloggi. L’uomo annuì e le precedette, dopo aver lanciato un’ennesima occhiata ad Anya. Beh, non è bello, ma ha decisamente del fascino, pensò Anya. In altri momenti, ci avrebbe fatto un pensierino.

Avrebbe voluto scrutarlo meglio, ma si costrinse a guardare fisso davanti a sé. Se Ida avesse solo sospettato un suo minimo interessamento nei confronti di Arthur Jones l’avrebbe spifferato a suo padre, e probabilmente le avrebbero messo al fianco uno spietato nazista. Inoltre, non ci poteva essere niente, tra loro. Lei non apparteneva a quell’epoca, e Ana…era anche fidanzata.






Anya guardò fuori dalla finestra della sua stanza. Si trovava in Germania da una settimana ormai e non aveva ancora capito se le sarebbe mai stato possibile tornare nel suo tempo. Cominciava a temere che si sarebbe dovuta rassegnare a vivere lì. Forse l’avevano spedita nel 1933 perché aveva una missione da compiere. Tra poco sarebbe scoppiata la guerra più sanguinosa di tutti i tempi, e milioni di persone sarebbero morte. Se fosse stata coraggiosa e abbastanza intelligente, forse avrebbe potuto fare qualcosa per salvare qualcuno…degli Ebrei, forse. In fondo si trovava all’ambasciata Americana.

E se Dio, o il destino, avesse proprio quello in serbo per lei?

Sospirò. Se voleva cominciare a programmare qualcosa, per prima cosa doveva lasciare l’isolamento in cui l’avevano relegata. Nascondersi non avrebbe aiutato nessuno, nemmeno se stessa. Magari, poteva cercare di uscire e andare da qualche parte, scortata dal quell’affascinante Arthur Jones: essere la fidanzata di un gerarca nazista le avrebbe concesso qualche beneficio, no? Inoltre, nessuno poteva sospettare che lei si adoperasse per la causa Ebrea, visto che la guerra non era ancora stata dichiarata. Da quel che sapeva, per adesso c’erano le leggi razziali, ma di deportazioni non se ne parlava ancora. Ma come fare per scovare qualcuno in pericolo e metterlo in guardia? Se avesse fatto un passo falso era sicura che l’avrebbero incarcerata…o peggio. C'erano anche cose peggiori della morte ...

Con un sospiro, si allontanò dalla finestra, andò verso la porta e l'aprì. Se voleva cominciare a fare qualcosa, doveva innanzitutto uscire da quella prigione.

Percorse il corridoio e si diresse spedita verso l'ufficio di suo padre…cioè del padre di Ana. Pensare a lui in quei termini l’aiutava a rendere tutto più reale e a lenire quella brutta sensazione di stare vivendo in un incubo. Quell’uomo la disgustava: era la persona più odiosa e viscida che avesse mai conosciuto. E doveva ancora conoscere il suo fidanzato! Ma era sicuro che non le sarebbe piaciuto. Le avevano detto che adesso si trovava a Buchenwald, per…organizzare qualcosa. Di sicuro il campo di concentramento, che sarebbe poi divenuto il più terribile della storia. A pensarci, le si rizzavano i capelli in testa!

Bussò alla porta dell'ufficio di Edward Wegner. Dopo un attimo lo sentì gridare: "Avanti!”

Anya entrò e aspettò che lui le prestasse attenzione. Era seduto dietro una grande scrivania di mogano e scriveva. Dopo alcuni imbarazzanti momenti di silenzio, alzò lo sguardo.

"Cosa volete, Anastasia? Sono molto impegnato." disse l’uomo, rudemente.

"Vorrei il permesso di assistere all'opera stasera." Le si formò un nodo in gola e deglutì, ma si sentiva la gola strozzata dall’ansia. "Stasera il Teatro di Stato di Berlino darà il bis di Die Meistersinger von Nürnberg di Richard Wagner."

L’aveva sentito dire dalla moglie dell'ambasciatore. Lei e suo marito avevano giusto ricevuto un invito per quella sera, ma lo avevano rifiutato.

L’uomo la ignorò completamente e si rimise a scrivere. Poi, senza nemmeno alzare gli occhi dal suo taccuino, disse:

“Dierk non è ancora tornato e non potrebbe accompagnarvi, e io ho troppe cose da fare. Per cui non ci andrete.” La guardò di nuovo, con insofferenza. “Qui si lavora, mia cara, e nessuno di noi ha tempo per queste…frivolezze. Trovate un altro modo per passare tempo. Sono sicuro che, quando il vostro fidanzato tornerà, avrà piacere di accompagnarvi dove volete.”

Doveva riuscire a convincerlo. Andare all'opera era il primo passo per entrare in quella maledetta società e capire come andavano realmente le cose. Doveva ingraziarsi i Tedeschi che contavano e guadagnarsi la loro fiducia, altrimenti non avrebbe mai potuto combinare nulla. In quale altro modo avrebbe potuto scoprire i piani sulla deportazione degli Ebrei, se non diventare amica di quelli che contavano? Decise di insistere.

"Non potrebbe accompagnarmi il signor Arthur Jones? Con lui sarò protetta…e mi piacerebbe tanto vedere quell’opera, padre! Sono qui da una settimana e…mi annoio!” In fondo si trattava di un’opera Tedesca, e la figlia di un alto funzionario Americano che si recava a vedere uno spettacolo di un artista considerato un genio nella sua patria doveva risultare gradito ai nazisti! Si augurava che suo...padre lo capisse: era convinta che simpatizzasse per il nazismo.

Edward alzò lo sguardo e finalmente si concentrò su di lei. “Davvero volete andare a vedere quell’opera? Non avrei mai pensato che i compositori Tedeschi v’interessassero.” Sì! Bersaglio centrato!

Anya si vestì da timido agnellino. “Sto imparando tante cose, negli ultimi tempi. Dicono di Wagner che sia un artista illuminato."

Ottimo! Non avrebbe potuto trovare parole più azzeccate! Dopotutto, a un uomo come il padre di Ana poteva far comodo una figlia che simpatizzasse per gli ideali nazisti. Non l’aveva forse fidanzata a uno dei gerarchi Tedeschi?

"Dubito che in quella deliziosa testolina possa entrare qualcosa di diverso da abiti e fronzoli. Cosa sperate d’imparare andando all’opera? Siete una femmina.” disse l’uomo, con aria beffarda.

Anya strinse i denti. Quanto l’odiava! "Avete ragione, padre. Ma mi piacerebbe davvero avvicinarmi alla cultura Tedesca. In fondo…diventerò la moglie di un ufficiale, dovrei pur condividere i suoi interessi e le sue ideologie.” In questo non mentiva. Voleva davvero toccare con mano la follia nazista, altrimenti non avrebbe avuto armi sufficienti per combatterla.

L’uomo sembrò colpito. Il discorso di sua figlia non faceva una piega. “Va bene. - capitolò - Voglio accontentarvi.“ Posò la penna. “Dirò al signor Jones di accompagnarvi. Ma dovete tornare subito a casa, non appena finito lo spettacolo. D’accordo?”

"Vi obbedirò, padre." rispose Anya, puntando discretamente lo sguardo verso il pavimento. Non era così che si comportava una brava bambina che aveva appena ricevuto un regalo? L’uomo infatti apprezzò, e si rimise a scrivere soddisfatto.

Bene. Se lo avesse guardato con sfrontatezza, quell’uomo non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Non era lei ad avere vinto con la sua insistenza, ma lui ad averle concesso qualcosa per la sua magnanimità. Almeno così ragionava quell’uomo, stando ai discorsi che aveva fatto con Ida. E di certo quella non era una donna che mentiva. Povera Ana! “Tornerò subito dopo lo spettacolo, senza attardarmi a parlare con nessuno.” aggiunse.

"Perfetto. - disse l’uomo - Ora andate. Ho già perso troppo tempo con voi e le vostre fantasie infantili.”

Che persona disgustosa! Si rivolgeva alla figlia come se lei non contasse proprio niente, come se fosse un grazioso cagnolino senza cervello da esibire per i propri interessi e basta! Anya pensò che avrebbe dovuto adoperarsi per cambiare l’immagine femminile nel collettivo maschile…ma non prima di avere fatto qualcosa per gli Ebrei. Quella era la sua priorità.

Anya annuì e lasciò la stanza, tra la completa indifferenza di suo padre. Comunque, non avevano nient'altro da dirsi, e lei doveva assicurarsi che il suo piano proseguisse senza intoppi. Per fortuna, il suo fidanzato era lontano, altrimenti le sarebbe stato difficile ingannarlo. Ma ben presto avrebbe avuto il piacere di conoscere Dierk Eyrich. L’idea era di riuscire a manipolarlo, entrare nelle sue grazie per farsi raccontare dei segreti, o comunque ottenere informazioni importanti per la sua causa. Sarebbe stata una fidanzata dolce e devota, e gli avrebbe carpito nell’intimità tutto quello che voleva sapere. Non era certo un’attrice…ma aveva visto tanti di quei film, nella sua epoca!

Rifece all’indietro tutto il corridoio e tornò nella sua camera da letto. Ora che aveva ottenuto il permesso, doveva prepararsi per la serata. Per prima cosa, avrebbe dovuto scegliere l’abito adatto. Poi si sarebbe fatta un bel bagno e infine…l’Opera, con quel fusto di Arthur Jones. Andava allo spettacolo per fini sociali, ma ciò non significava che non dovesse farsi bella e divertirsi un po’…





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Lady Anya Montgomery si trova improvvisamente in un altro tempo e in un altro corpo, nonché fidanzata a un uomo odioso. Non ha idea di come sia finita lì e come potrebbe tornare a casa, ma col passare del tempo inizia a chiedersi se quello non sia realmente il suo posto…mentre comincia ad innamorarsi.

Lady Anja Montgomery si ritrova improvvisamente venti anni indietro nel tempo, in un altro corpo, con un padre oppressivo e un fidanzato odioso. Ogni giorno che passa scopre cose nuove, ma ha un solo obiettivo: tornare al tempo da cui è venuta. Ma, a mano a mano che comincia a innamorarsi, riflette se non si trovi già a casa. La situazione si complica e un pericolo sembra incombere su di lei. A un certo punto Anya deve sacrificarsi per salvare la vita di due bambini e il prezzo di tutto ciò potrebbe essere enorme, tale da condizionare il suo stesso futuro.Ciò su cui dovrà fare luce è perché sia stata mandata indietro nel tempo e se ha davvero una missione da compiere. Ben presto incontrerà una persona che potrebbe aiutarla a capire e dare finalmente un senso a ciò che le è successo. La verità però può essere dura da accettare per Anya, che dovrà fare i conti con delle rivelazioni sorprendenti.

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