Книга - Il Clan Del Nord

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Il Clan Del Nord
Jessica Galera Andreu


Rapito da un clan di licantropi e costretto a confrontarsi con il loro leader; in gioco, molto più della leadership.

Jaren è il figlio del re di Isalia, un ragazzo semplice e amichevole, nonostante la sua posizione, che trova il suo posto tanto agognato nell'umile villaggio di Vianta. La sua amicizia con Erik e la sua gente lo rende riluttante a tornare a casa una volta che la sua missione di soldato del re sarà finita lì; soprattutto quando l'oscura minaccia di enormi lupi che fanno a pezzi alcuni abitanti incombe sul villaggio. La conversazione del principe di Isalia con un vecchio contadino, la cui moglie è morta tra le fauci di una di quelle creature terrificanti, lo pone sulle tracce di un'antica confraternita che un tempo cacciava una strana razza di lupi. Durante una delle notti terrificanti che vivono i suoi abitanti, Jaren incontra una misteriosa giovane donna che aiuta a fuggire da quegli animali. Incapace di smettere di pensare a lei, le loro strade si incrociano di nuovo quando Jaren viene rapito da un misterioso clan che vuole metterlo alla prova. Per questo, ha una settimana in cui sarà allenato dalla bella Dayrsenne. Ma la giovane donna non è l'unica che è disposta ad aiutarlo a sconfiggere Andras, leader del clan. Nella sua vittoria o sconfitta, c'è molto di più in gioco di quanto si aspettasse.



Translator: Alessandra Marchese







Il clan del Nord

La croce di Argana

Libro 1

Jessica Galera Andreu

Tradotto da Alessandra Marchese

jessi-ga.wixsite.com/fantepika

Tutti i diritti riservati

© Autor: Jessica Galera Andreu

©Traduttore: Alessandra Marchese

© Portada: Pixabay

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Dedicato a tutti quelli che perseverano nella lotta

per realizzare i propri sogni


Vianta (#u4deb90af-e473-50a6-90e0-eb705ff627f8)

Dayrsenne (#u1db78d8b-fadc-51a8-ac6d-b306faa5a551)

Gli eredi della confraternita (#u9f569b05-542b-50d0-92da-fb5609962672)

Licantropi (#u4b5971c2-21d0-5699-93bd-2ed81fc7e79f)

Il clan del Nord (#uf8161f91-a8d4-533a-b08d-45db9cbb4119)

La liberazione del lupo (#uf48fc200-16b3-59af-85ed-ad8905b3c7dd)

Clan rivale (#uce31674f-5ec8-584b-af39-26c8d6e33e0a)

Le antiche leggi (#u96ecd774-8222-5461-9c60-217b13b080e1)

Sotto controllo (#u1cdc908d-0a3c-5554-bdcd-52c835f3eb63)

L'inizio della fine (#u8c09350e-8757-5be5-9c57-e493f86c9a6e)


Prologo

Si svegliò all'improvviso, avvertita da un forte impatto. Tornò a sedersi sulla vecchia sedia a dondolo da cui era scivolata e raccolse la coperta di lana che era caduta a terra. All'improvviso fu sopraffatta dall'angoscia di un fragoroso silenzio. Aveva smesso di sentire il crepitio del fuoco nel camino e presto si rese conto che la fiamma era quasi spenta. Tutto quello che doveva fare era alzarsi e fare un passo avanti per riaccendere il fuoco gettando un altro paio di tronchi, e smuoverli con l'attizzatoio. Il fuoco emerse come una piccola fenice e divorò insaziabilmente il legno di conifere che era caduto nelle sue fauci. La vecchia rimase immobile per qualche minuto ancora, come se il caldo bagliore arancione del caminetto nero l'avesse ipnotizzata. Si aggiustò lo scialle che portava sulle spalle e volse lo sguardo alla finestra, dalla quale udì un nuovo impatto, era un colpo secco, come quello che aveva sentito solo pochi secondi prima. Cercando di sopprimere una paura segreta, si alzò e si avviò lentamente verso la finestra, la cui tenda era tirata indietro. L'oscurità avvolgeva gran parte del panorama, e solo il disco argentato della luna, che coronava il firmamento, le offriva una vaga idea di quel paesaggio che di giorno sembrava idilliaco e di notte diventava inquietante e sinistro. Le sagome frastagliate delle montagne che si stagliavano davanti al vecchio casale rimanevano solenni e maestose, quasi altezzose, davanti alla paura di chi abitava nei dintorni. Quello non era un sentimento che poteva trasformarsi in abitudine, poiché risaliva solo ad un mese prima. Le foreste di Innoth erano sempre state popolate da lupi, ma questi nobili animali sembravano aver sempre conosciuto i limiti del loro territorio, cosa che avevano rispettato fino a tre settimane prima. Da allora in molti avevano affermato di incontrare i membri di alcuni branchi sulle vecchie strade del villaggio. Lora non poté fare a meno di dirigere il suo sguardo ad ovest. Di giorno, il vecchio ponte di pietra che portava al paese di Vianta era perfettamente visibile da lì, ma in quella notte buia solo le ombre contrastavano con l'oscurità assoluta. In lontananza , le luci del villaggio rendevano vagamente distinguibile il suo profilo. Hans, suo marito, era partito quella mattina per la città di Glosurg, a circa tre o quattro giorni di viaggio. Dopo duri giorni di lavoro ininterrotto erano riusciti a raccogliere buona parte dei raccolti, e l`uomo non aveva voluto aspettare un giorno di più per mettere in commercio quei frutti del suo orgoglio. Essi stessi e quella vecchia fattoria era tutto ciò che avevano, e proprio per questo Lora era preoccupata che Hans non avesse voluto aspettare per tornare e avesse rischiato di viaggiare di notte, all'abbandono di quell'oscurità, e dei pericoli nascosti in essa. La sua vecchia giumenta non era più pronta per quei trotti, e sebbene lei lo avesse ripetuto molte volte, Hans insisteva che vietare all'animale la sua attività abituale sarebbe stato un modo per condannarlo a morte, come sarebbe successo anche a lui. Ma la verità era che negli ultimi tempi le forze di quella giumenta erano calate più del solito, e Lora temeva che se fosse successo ai margini della foresta, sarebbe potuto accadere qualcosa di terribile. Gli aveva chiesto insistentemente di aspettare e viaggiare solo con la luce del giorno, cosa che le aveva promesso, ma che tuttavia temeva non avrebbe mantenuto.

Un terzo colpo la fece trasalire e la fece indietreggiare, emettendo un sussulto mentre lasciava la tenda. La persiana esterna della finestra si era staccata dalla staffa e batteva con insistenza sulla facciata e sui vetri per il forte vento che soffiava da nord. I ciuffi di nuvole squarciavano il cielo vellutato, nascondendo a intermittenza la luna d'argento e le cime dei pini torreggianti che formavano i pendii delle montagne, ondeggiavano come un sinistro pubblico in una tribuna immaginaria.

Lora aprì la finestra, e tenne fermo il cancello di legno. Una raffica di gelo penetrò nella stanza e fece oscillare violentemente la sottile tenda di garza che pendeva dalla dispensa. Sentì un brivido e perse di colpo il calore che l'aveva confortata fino a spingerla in un sonno profondo.

Non era del tutto chiaro il motivo, ma una sensazione angosciante gli si insinuò nella bocca dello stomaco. Scrutò disperatamente i dintorni, cercando di trovare il motivo della sua inquietudine. Non lo trovò, ma non era l'unica a sentirsi in quel modo. All'improvviso sentì i cavalli nitrire nella stalla, sembravano nervosi e turbati. Tuttavia, fu molto sorpresa che Black, un vecchio labrador retriever che accompagnava sempre Hans nei suoi viaggi in città, ma che negli ultimi mesi, afflitto dai dolori che lo facevano zoppicare, aveva smesso di farlo, non si fosse unito abbaiando ai nitriti di Tisa e Amber, i destrieri, più giovani della vecchia Yona, ma della cui lealtà Hans non si fidava ciecamente.

“Black!” Lora si voltò verso l'interno della casa, con la finestra ancora aperta e chiamò l'animale, pensando che forse si era addormentato in qualche angolo, ma la sagoma scura di Black non comparve. Di solito dormiva in casa, nonostante uscisse spesso dal portello che gli aveva costruito Hans nella porta sul retro.

Quando la donna volse di nuovo lo sguardo verso l'esterno, si sentì mancare il fiato. Il sentiero scorreva qualche metro più in là, al di là della vecchia staccionata in legno che circondava la proprietà, e non gli fu difficile distinguere la fiamma di alcune torce che avanzavano a ritmo cadenzato lungo il suo percorso, in direzione est.

Lora si portò la mano alla bocca e rimase in silenzio. Sembrava una processione; non riusciva a distinguere molto da li, ma il bagliore delle torce le dava un'idea approssimativa del numero di persone che sembravano avanzare in fila indiana, dovevano essere almeno dodici o quindici. Ma quali audaci viaggiatori sarebbero stati così imprudenti da camminare nell'oscurità ai margini della foresta di Innoth, di cui erano stati raccontati eventi così oscuri nelle ultime settimane? si chiese. Pensò che probabilmente si trattava di viaggiatori che la notte aveva sorpreso lontano dalla città.

Per un istante Lora lottò contro la necessità di correre ad avvertirli, cosa che tuttavia respinse con un insolito timore.

All'improvviso si sentì ridicola: faceva bene ad aver paura dei lupi, che nelle ultime settimane avevano distrutto raccolti, mandrie, e addirittura se l'erano presa con qualche camminatore solitario, ma per quale motivo avrebbe dovuto intimorirla la presenza di pochi viaggiatori che sicuramente non erano a conoscenza di tutto ciò e che probabilmente cercavano solo di procedere con meno pause possibili per arrivare quanto prima alla loro destinazione?

Chiuse velocemente le persiane e corse verso la libreria a prendere la lanterna. Che accese con estrema cura. Poi si voltò e usci dal cancello, attraversando a grandi passi la distesa di terreno che la separava dal recinto, verso la strada.

“Aspettate!”urlò mentre avanzava, “Aspettate un minuto, per favore!”.

La lenta marcia delle fiamme si fermò e lei capì subito che avevano sentito la sua voce. Quando arrivò al recinto riuscì a distinguere alcune delle facce che componevano quella curiosa processione. Trovarsi faccia a faccia con loro non la rassicurò affatto, ma piuttosto il contrario. Un uomo con i capelli grigi raccolti la osservava con indifferenza dall'alto di un oscuro destriero, La sua carnagione pallida contrastava con i suoi vestiti scuri, adornato da un lunghissimo mantello che gli cadeva sulla sella. Lora ebbe l'impressione che quest'uomo avesse molti anni alle spalle, ma a stento il suo volto era solcato da un paio di rughe sulla fronte e da una vistosa cicatrice che partiva dalla tempia destra fino al mento. Sorvegliando lo strano cavaliere, avanzavano altrettanti volti non meno privi di quell' inquietante alone che li faceva sembrare tutt'altro che semplici viaggiatori smarriti o frettolosi. Sembrava più una specie di strano corteo.

“C...ciao” balbettò Lora “Volevo solo avvisarvi...E' pericoloso percorrere le strade di notte.”

Quello che sembrava guidare il corteo sorrise senza che ciò variasse l'espressione del suo volto

“E che tipi di pericoli ci aspettano, mia signora?”domandò.

“Nelle ultime settimane sono stati avvistati dei lupi fuori dai confini della foresta. Hanno attaccato case, greggi e persino persone. Non voglio spaventarvi , ma...”

“Prenderemo in considerazione questi avvertimenti.”la interruppe l'uomo “Non sa quanto li apprezziamo”

La sua voce era grossa e profonda; i suoi occhi scuri e penetranti. La inquietò la confusa miscela di tonalità che sembravano fondersi in essi.

Il vento continuava a soffiare con forza e agitava con virulenza le fiamme delle torce portate da alcuni membri del quale sembrava il suo seguito. Lora sentì gli sguardi di tutti fissi su di lei, cosa che la fece sentire a disagio. Passò attraverso il suo corteo e vide che quest'uomo non era l'unico a viaggiare a cavallo. Dalla vicinanza delle luci riuscì a distinguere almeno altre due figure che montavano i rispettivi destrieri, mentre gli altri erano a piedi.

“Dovrebbe tornare a casa sua.” Un uomo di mezza età, che aveva le redini del primo cavaliere, le aveva parlato con una voce molto più dolce e vellutata. Lora lo guardò e non riuscì a trattenere un brivido, mentre si mordeva il labbro inferiore. La donna deglutì a fatica e si pentì immediatamente di essere uscita a cercare quegli strani viaggiatori. Pensò ad Hans ed alla serie di rimproveri che gli avrebbe fatto se fosse stato lì; l'avrebbe rimproverata per la sua impulsività, per il suo bisogno di aiutare persone di cui non conosceva le intenzioni, e per le poche volte che si era preoccupata di prendere delle precauzioni prima di “cacciarsi in mille guai”. Cominciò ad indietreggiare lentamente , di fronte agli intensi sguardi di quelle persone, e presto si voltò per affrettare il passo in direzione della casa. Anche voltando le spalle a quegli stranieri sentiva il peso dei loro sguardi. Perché non riprendevano la marcia? Pensò. Affrettò sempre più i passi e quasi iniziò a correre, spinta da qualcosa che lei stessa non capiva. Tale era la sua fretta di scomparire da lì che cadde faccia a terra e perse il candelabro, che rotolò qualche metro più avanti. Ancora distesa sull'erba, si voltò e guardò di nuovo quegli stranieri, che non si erano mossi. Sentiva il cuore salirgli in gola, con l'aiuto delle sue mani tremanti si rialzò e corse goffamente verso casa. Attraversò la soglia e, tirando un sospiro, appoggiò la schiena contro la porta non appena fu chiusa. Non aveva nemmeno sentito il cambio di temperatura rientrando, stava ancora tremando ed era irrigidita. Cercando di riprendere fiato, spostò lo sguardo sul caminetto: il fuoco era spento e non le ci volle molto per rendersi conto che il freddo che la avvolgeva non era solo un prodotto della paura. Si strinse le braccia intorno a sé e si avviò timidamente verso la cucina, la cui porta sul retro era aperta.

“Black!”esclamò con un filo di voce.

Immobile nel mezzo della stanza, si voltò e scoprì che dall'altra parte delle finestre non c'era più traccia di quegli strani viaggiatori. Rivolse di novo la sua attenzione verso la cucina e non poté più nemmeno pensare di gridare: un branco di lupi la braccavano ringhiando, con contenuta impazienza e accattivante desiderio. Gli oscuri animali che le si avventavano addosso fu l'ultima cosa che i suoi piccoli occhi riuscirono a vedere, prima che sentisse un dolore acuto e straziante, preludio dell'oscurità più assoluta.




Vianta


Il sole era già iniziato a calare sul firmamento del piccolo villaggio di Vianta, quando gli zoccoli di cavalli fecero rimbombare la terra e i mormorii tra gli abitanti del villaggio si accesero come polvere da sparo, di bocca in bocca. Le voci sull'arrivo del giorno più atteso per loro stavano per diventare una realtà palpabile e tangibile, ma tennero a freno le loro emozioni affinché non ne avessero avuto la totale certezza. I primi soldati entrarono al trotto nel villaggio, facendo si che la gente del posto si fermassero nelle loro faccende per non perdere i dettagli dell'accaduto. La moderazione era palpabile nell'atmosfera, e le risate nervose si combinavano con la paura e il sospetto per quello che alla fine sarebbe stato il futuro di quel luogo remoto.

A poco a poco i soldati si fermavano e accettavano i doni che gli abitanti del villaggio gli offrivano al loro arrivo, dopo cinque giorni di assenza, anche se nessuno di loro osò chiedere quanto accaduto. All'improvviso un destriero nero entrò velocemente nel villaggio, obbligando i soldati e gli abitanti a ritirarsi rapidamente, molti di essi trattennero le loro imprecazioni appena scoprirono di chi si trattava.

“Jaren!”gridò una voce tra la folla.

Il ragazzo rallentò e ritornò sui passi del cavallo, finché non fu accanto a colui che lo aveva chiamato.

“Erik” lo salutò, “Buongiorno”

Erik notò, poi, il sangue che macchiava il viso del suo amico dalla tempia sinistra al mento, tracciando un inquietante solco sulla sua guancia. Sembrava ancora fresca e si chiese se la ferita fosse grave, anche se il sorriso sul volto dell'altro giovane gli fece scartare la possibilità.

“Che è successo?”chiese il ragazzo, accigliandosi. “E' vero quello che dicono?”

Jaren scese da cavallo senza perdere il sorriso che gli illuminava il volto, nonostante i lividi e le contusioni.

“Quasi mai” rispose “Cos'è che dicono?”

Erik non disse nulla e continuò a scrutare il viso del ragazzo in cerca di una risposta, un indizio, che rivelasse ciò che avrebbe poi finito per raccontare.

Jaren si posizionò vicino al pozzo al centro della piccola piazza e si aggrappò alla fune che si aggrovigliava intorno alla carrucola per sollevare e abbassare i secchi.

“Signore e signori di Vianta” gridò “la guerra è finita. Likara si è arresa e non ci saranno più attacchi.”

La moderazione lasciò il posto a un'esplosione di gioia ed euforia; alcuni piangevano increduli dopo diversi mesi di sofferenza, morte e distruzione, mentre altri si abbracciavano e correvano a dare la bella notizia a coloro che non lo avevano ancora saputo.

Non furono in pochi che circondarono Jaren quando scese dal pozzo, riempiendolo di gratitudine, lacrime di gioia e abbracci.

Quando riuscì a liberarsi dal tumulto, tornò da Erik, che lo stava aspettando appoggiato alla sua stampella. A volte la sua lesione non gli dava problemi e poteva camminare senza alcun aiuto o sostegno; altre volte, invece, la gamba malconcia gli faceva male e soffriva al punto che non era nemmeno in grado di camminare. A Jaren sarebbe piaciuto che quel giorno fosse uno di quelli in cui poteva correre e saltare, perché nei tre mesi in cui era stato lì era arrivato ad apprezzarlo davvero e a sentirlo come un fratello.

“Non posso crederci!”disse Erik, mentre lo abbracciava, lasciando andare anche la stampella. “Non posso credere che questo giorno sia giunto alla fine.”

“Beh, credici Erik. E' finita.”Jaren raccolse di nuovo la stampella e la restituì al ragazzo.

“I messaggeri sono arrivati da mio padre nelle ultime ore. Likara si è arreso. Abbiamo espulso i suoi ultimi soldati e Vianta ha resistito. Adesso regna la pace.”

Un uomo si avvicinò per prendere le redini di Donko, il cavallo di Jaren, e portarlo via, dopo aver fatto una leggera riverenza davanti al ragazzo.

Erik aveva visto ripetersi quella scena da molto tempo, ma restava comunque incapace di abituarsi a uomini adulti del doppio dell'età di Jaren, che gli rendevano omaggio in questo modo e gli offrivano tali segni di rispetto. Non avrebbe dovuto essere strano, si ripeteva, poiché Jaren era il figlio del re di Isalia e nonostante fosse giovane, aveva accompagnato i suoi uomini in guerra in numerose occasioni, da quando suo padre l'aveva mandato per la prima volta quando aveva solo quattordici anni, come lui stesso gli aveva spiegato.

I ragazzi camminavano tra la gente, che continuava ad avvicinarsi per ringraziare il giovane principe per la difesa del loro villaggio e per la fine di quella guerra che li aveva flagellati per tanto tempo, e che aveva raccolto lì le loro ultime forze.

Avanzarono lentamente, mentre Erik zoppicava con la gamba sinistra, conseguenza, secondo quanto aveva raccontato, della caduta da cavallo.

“Suppongo che ve ne andrete adesso, giusto?”chiese Erik, guardando dritto davanti a sé.

Jaren lo osservò, portando la mano sul sangue che ancora sgorgava dalla tempia e che lo faceva sentire leggermente stordito.

“Si” rispose “Mio padre ha ordinato di tornare immediatamente. Come ho detto, qui abbiamo finito.”

“A mia sorella mancherai”, aggiunse Erik sorridendo. Questa volta il ragazzo lo guardò negli occhi.

“Anche a me mancherà Sylvaen, e tante cose a Vianta.”

“Stai scherzando!”rispose Erik “Nessuno sano di mente sentirebbe la mancanza di questo posto, tanto meno se si vive a Isalia, in un castello circondato da ogni sorta di lusso.”

“Lusso, responsabilità, doveri, cose che non mi interessano nemmeno.”disse Jaren. “Passo la vita ad accompagnare mio padre a incontri con persone che non conosco, ma che ucciderebbe pur di accontentare e compiacere. Questo è l'opposto, isolato dal mondo, lontano da tutto, libero. Tutto è così semplice, così facile, nonostante le difficoltà. Credimi, non esiterei a cambiarlo.”

“Solo qualcuno che ha sempre avuto tutto parlerebbe così.”

“Non è come pensi Erik.”

“Si...beh, che mi dici di Sylvaen?”

Jaren si fermò e si guardò intorno prima di riportare lo sguardo su Erik.

“Sai che sono fidanzato con la figlia del re di Esteona. Non posso offrire niente a tua sorella.”

“Ma pensavo che tu e lei...”

“Sono sempre stato sincero Erik, con lei e con te. Non ho ingannato nessuno.”

“Già...immagino sarebbe stato da ingenui pensare che avresti cambiato una principessa per una semplice contadina.”

“Non c'entra niente e lo sai perfettamente. Sai chi sono.”

“Vuoi quella principessa?”

“Non la conosco nemmeno , ma sai come funzionano queste cose. L'accordo sarà redditizio per Isalia ed Esteona e questa è l'unica cosa che conta. Mio padre ne ha bisogno. Ha troppi fronti aperti, e se non trova alleati non resisterà.”

“E' l'unica cosa che conta?”

“Non per me, Erik, ma in questa faccenda sono legato mani e piedi.”

“Non vuoi quella principessa perché non la conosci nemmeno. E Sylvaen?”

Jaren tirò un profondo respiro e non riuscì a incontrare lo sguardo del suo amico, che annuì comprendendo l'evasione del ragazzo.

“Dovresti almeno andare a salutarla, fare le cose come si devono, lo sai. Entro i limiti.”

Senza nemmeno salutare, Erik se ne andò zoppicando e si mescolò alla folla, che continuava a correre da una parte all'altra, immersa in un'attività insolita, diversa dalla quotidianità che Jaren aveva vissuto a Vianta sin da quando era arrivato. Si guardò intorno e tirò un profondo respiro. Anche se la guerra era finita, il villaggio avrebbe impiegato molto più tempo a cancellare i segni della sofferenza e della devastazione. Le capanne crollate, gli edifici distrutti, la polvere e la crescita del cimitero avrebbero dato mostra di tutto ciò che Vianta aveva sofferto, ma Jaren sapeva che sarebbe bastata la volontà del suo popolo per ricostruire quel luogo e instaurare una pace più che necessaria.

Ricordò poi il giorno in cui suo padre lo aveva informato della sua decisione di mandarlo lì per salvaguardare il passaggio alle più grandi miniere della zona, un obbiettivo prioritario nella guerra che Isalia stava combattendo contro Likara. Difendere un villaggio così insignificante era stato un fastidio per Jaren più che una sfida, persino un'umiliazione. Non aveva mai capito perché suo padre si sforzasse così tanto per mantenere un posto che rappresentava solo un grande fastidio a causa della lontananza stessa da Isalia, e in cambio non apportava quasi nulla che potesse essere di beneficio per lui. Nemmeno le miniere d'argento erano preziose per Isalia, che poteva importare quel minerale da qualsiasi altra parte, ma a quanto pare era un argento unico al mondo per le sue strane proprietà e questo era un motivo sufficiente per lottare per la sua salvaguardia. Nemmeno il fatto che il crescente regno di Isalia fosse troppo lontano rappresentava un ostacolo, non solo per il re, per inviare lì una difesa più che sufficiente, ma perché fosse guidato da suo figlio, dando una buona spiegazione dell'importanza che il sovrano conferiva a Vianta.

Tre mesi dopo l'incarico del re, Jaren era interiormente grato a suo padre che portasse cosi tanta stima verso quella piccola città. Andare in quel luogo gli aveva permesso di vivere in modo diverso rispetto a Isalia, mescolandosi tra la gente, sentendosi uno come tanti, chiamato per nome, trattato senza quel rispetto esacerbato, quasi al limite della paura con cui sembravano trattarlo i pochi cittadini di Isaia che avevano contatti con lui: solo i servi e alcuni mercanti o soldati.

Avanzò di qualche passo fino a raggiungere la umile casetta dove viveva Erik con sua sorella Sylvaen e sua madre Elessa, un luogo dove aveva trascorso molti pomeriggi, come aveva fatto in tante altre case, le più umili, i cui proprietari lo invitavano con le migliori intenzioni, nonostante il poco che potevano offrire. Bussò alla porta senza ricevere risposta e si sporse per guardare dentro, sul fuoco ribolliva una pentola di stufato. L'odore lo travolse, entrò chiudendosi la porta dietro di sé.

“Hey. Sylvaen!”chiamò “Elessa!”

Si avvicinò lentamente alla pentola ci infilò un dito per assaggiare il delizioso brodo che bolliva dentro. Esaminò con calma l'ambiente circostante mentre si appoggiava al tavolino a quattro posti che occupava la parte centrale della stanza. Il mormorio dalla strada arrivava fino a lì, un po più sommesso, e Jaren pensò allora che forse anche le due donne erano uscite. Nello stesso momento Sylvaen apparve dalla dispensa che si trovava sul retro e quando incontrò il ragazzo si fermò all'improvviso.

“Jaren!”esclamò. Lasciò la treccia che stava raccogliendo e corse tra le sue braccia.

“Oh Dio, ero così preoccupata! Quando sei arrivato?”

“Solo pochi minuti fa.”rispose. “Tutto è finito. Likara si è arresa e gli attacchi a Vianta non ce ne saranno mai più.”

Sylvaen afferrò Jaren per il viso e lo baciò intensamente, quasi disperatamente, come se in qualche modo avesse intuito quello che stava per accadere e volesse approfittare degli ultimi momenti di desiderio che si era scatenato dal primo momento. Ma Sylvaen non sapeva niente, e in quel momento per la felicità che appariva nei suoi occhi, non sembrava nemmeno prendere in considerazione l'opzione. Spostò la ciocca di capelli che le cadeva sul viso e fissò con i suoi occhi scuri quelli di Jaren, cercando di mostrare una calma che non sentiva.

“Sei ferito”mormorò, accarezzando il sangue che ancora colava sul viso del giovane. “Siediti, ti ricucirò quel taglio”.

Obbedì senza fare domande, cercando di trovare dentro di sé le parole per comunicarle ciò che era venuto a dirle. In numerose occasioni avevano discusso circa la questione, come lui stesso aveva ricordato ad Erik, ma Sylvaen fingeva che quelle conversazioni non fossero mai avvenute, omettendo quella parte della vita di Jaren che non gli piaceva e su cui non fantasticava.

Il principe la guardava mentre preparava gli strumenti per curare la sua ferita, come aveva fatto tante volte prima. Sylvaen non passava inosservata alla maggior parte dei giovani di Vianta, e l'aveva constatato lui stesso di persona nei tre mesi che era stato lì: occhi scuri, capelli rossi lisci, pelle chiara, labbra carnose, curve generose. “Cosa si può chiedere di più?”pensava. Ma al di là della semplice attrazione tra di loro, Jaren non aveva mai sentito quello che sentiva lei, quello che voleva Erik stesso. Sylvaen era sempre stata un angelo per lui, come il resto di Vianta. In numerose occasioni gli aveva offerto un piatto di cibo caldo e lo aveva tenuto sveglio nelle notti in cui era stato ferito e aveva la febbre dopo gli attacchi subiti nel villaggio. Rendersi conto di tutto questo e non riuscire ad innamorarsi di lei, come avrebbe voluto Erik, lo portò a chiedersi se fosse mai possibile che potesse provare qualcosa di sincero , importante e vero, non solo per Sylvaen stessa, ma per qualsiasi giovane donna, al di là della semplice attrazione e del divertimento che aveva cercato fino ad allora in loro, trovandolo un modo così facile che a volte lo faceva stare male con se stesso.

Cedevano al suo fascino, e non in poche, o cedevano solo al titolo che deteneva? Con dei bellissimi occhi verdi e capelli castani, Jaren si era guadagnato la predilezione di molte principesse come prima opzione alla pressione dei suoi genitori. I loro matrimoni sarebbero stati, come il suo, atti organizzati per soddisfare gli alleati e raggiungere obiettivi lontani dalla loro felicità, in modo che il minimo che potessero sperare fosse assegnarle a uno dei principi più desiderabili di quelle vaste terre. Forse, pensava, innamorarsi non era qualcosa di destinato a lui, e siccome era fidanzato con una ragazza che non conosceva nemmeno, forse era meglio così, perché come avrebbe poi portato avanti il suo fidanzamento se era innamorato di qualcun'altra? Non si era nemmeno curato di sapere come fosse quella giovane donna che non aveva mai visto in vita sua e che probabilmente avrebbe incontrato non appena fosse tornato a Isalia.

“Questo ti farà male.” la voce di Sylvaen lo ridestò dai suoi pensieri. Annuì e sentì immediatamente l'ago perforargli la tempia. Chiuse gli occhi per il dolore e sbuffò. “Mi dispiace”si scusò lei.

“Non preoccuparti.”

“Prometto di farmi perdonare. Domani possiamo passare la mattinata alla cascata, e poi ho pensato che potremmo mangiare al lago Issen.”La giovane donna lo guardò, fermandosi un attimo.

“Non ci basterà una vita per poterti ringraziare di tutto quello che hai fatto per noi, Jaren.”consluse, prima di baciarlo ancora sulle labbra.

“Sylvaen, devo tornare ad Isalia.”

Si fermò di nuovo e senza aprire bocca, senza fare il minimo gesto, Jaren vide che le sue parole furono come uno schiaffo, l'avevano fatta tornare a quella realtà che Sylvaen ignorava con tanto accanimento.

“Te ne vai?”

“Mio padre ci ha ordinato di tornare subito, ora che tutto è finito. Lascerò alcune guardie al confine finché tutto non si sarà sistemato, ma devo ritornare a casa.”

Con sollievo di Jaren, Sylvaen continuò a risanare la sua ferita fino a quando non ebbe finito in un paio di minuti. Poi incrociò le braccia davanti a lui e la sua espressione si trasformò in un blocco di ghiaccio, lottò con le lacrime che cercava di trattenere.

“E...noi?”alla fine osò chiedere.

Jaren si alzò.

“Mi dispiace. Ne avevamo già parlato prima. Devo tornare.”

“Chiederti...di portarmi con te sarebbe assurdo, vero?”

“Sylvaen lo sai cosa mi aspetta a Isalia.”

Lei sorrise e scosse la testa.

“Stai ancora pensando di sposarla?”

“Non ho scelta. Non è qualcosa che ho deciso io.”

“Ma tu lo accetti e basta.”

“E cosa potrei fare?”

“Non posso credere che tu sia così bellicoso in battaglia e così diligente con il re.”

“Non è in gioco solo il mio futuro, ma quello di Isalia. L'alleanza con Esteona conviene al regno di mio padre. La guerra si è complicata e ha bisogno di alleati che...”

Sylvaen si avvicinò a lui, che quasi inciampò con la sedia dietro di lei e lo abbracciò forte, coprendogli di baci il viso, le labbra, il collo. Jaren chiuse gli occhi e cercò dentro di sé un modo per troncare lì. Forse ascoltare Erik era stato un errore, e dare a Sylvaen l'opportunità di provare a convincerlo avrebbe finito per ferire di più la giovane donna.

“Sylvaen, ti prego...”

“Ti amo Jaren. Lo so che è una follia, tu sei un principe e io...io una contadina, ma ti amo. Non lasciarmi, ti prego.”

La porta si aprì in quel momento e Sylvaen si allontanò, davanti al muto ringraziamento di Jaren alla persona appena arrivata: Elessa, la madre della ragazza e di Erik, una donna dal corpo voluminoso, che aveva fatto perdere la testa a molti uomini di Jaren.

“Maestà!”esclamò con entusiasmo

In due lunghi passi la donna fu accanto al ragazzo e lo abbracciò forte dandogli una pacca sulla schiena con tanta veemenza, che le poche parti del corpo che non gli facevano male cominciarono a farlo.

“Mia signora...”

“Ho appena scoperto che è tutto finito!”esclamò con il suo vocione. “Congratulazioni, e che gli dei ti benedicano!”

“Grazie. Abbiamo solo fatto il nostro dovere.”

“Si, si...Lunga vita al re di Isalia, e a suo figlio, ovviamente, al suo glorioso esercito. Ho sentito che ve ne andrete a breve. Spero che almeno stasera rimanete a festeggiare.”

“Certo.”

“Sylvaen”urlò di nuovo. “E' pronta la cena. Jaren potrebbe restare con noi oggi.”

“Lo apprezzo, mia signora, ma vorrei fare un bagno e riposarmi un po'. Ceneremo durante la celebrazione, quindi Sylvaen non dovrà preoccuparsi di cucinare nulla.”

“Per lei non è un fastidio, ma un onore, vero, figlia?”

La donna mise un braccio intorno alla figlia e la strinse contro il suo petto, mentre guardava Jaren, con volto imperscrutabile.

“Esatto.”mormorò, quasi senza voce.

“Comunque”insistette”non ce n'è bisogno.”

“Va bene”concordò la donna”Ci vediamo stasera allora”.

Jaren indietreggiò lentamente e salutò con un silenzioso cenno del capo. Uscendo di casa, si appoggiò al muro e chiuse gli occhi. L'immagine di Sylvaen che lo supplicava di portarla con sé riecheggiava nella sua testa più e più volte. Avrebbe dovuto averlo previsto prima di accettare la richiesta di Erik di andare a salutarla, anzi, quello che non avrebbe mai dovuto accettare era di abbandonarsi tra le braccia di Sylvaen o di qualsiasi altra ragazza di quel luogo, dove solo il più severo dovere avrebbe dovuto portarlo. Non erano pochi i soldati che avevano fatto lo stesso con tante altre ragazze del paese, molte di loro ingannate solo dall'idea di farli innamorare e farsi portare a Isalia, lontano da Vianta e dalle poche possibilità che il villaggio offriva. Obiettivo che molte ragazze si erano proposte verso lo stesso Jaren. Lui lo sapeva, ma sebbene avesse cercato di essere chiaro con loro sin dall'inizio, pensava anche che fosse inevitabile per loro mantenere la speranza nel fare innamorare il principe e farsi portare a Isalia, affrontando il re e qualunque altra cosa necessitasse, o almeno, farsi portare a vivere nel castello o in qualsiasi altra bella casa, potendo usufruire del denaro necessario per garantire il loro benessere per il resto della vita. Inoltre non usciva vuoto da quegli incontri con quelle giovani donne, dalle quali aveva ottenuto momenti piacevoli e divertenti senza impegni, ma quando si era imbattuto nella sorella di Erik le cose erano cambiate. Il ragazzo era diventato come un fratello per lui, e trattare Sylvaen nello stesso modo di qualsiasi altra giovane sarebbe stato offensivo nei confronti di Erik, che inizialmente era sospettoso riguardo a ciò che sua sorella potesse aspettarsi dal principe. Jaren aveva rinunciato ad altre possibilità e prolungato troppo il suo divertimento con Sylvaen, qualcosa che lei aveva comprensibilmente interpretato in modo diverso.

Nel mezzo dei suoi pensieri, Jaren sussultò quando l'anta della finestra sbatté contro il muro a pochi centimetri dalla sua testa e poté udire le voci di Sylvaen ed Elessa.

“Domani partirà e lo farà da solo con la sua gente”esclamava quest'ultima, mentre la sua mano batteva furiosamente sul tavolo. “Era l'unica opportunità che avevamo per uscire da tutta questa miseria, per abbandonare tutta questa povertà e marciume, e tu l'hai sprecata. Non sei più brutta delle altre, ragazza, e non capisco perché non hai saputo mettere un po' più della tua parte invece di limitarti ad essere una di quelle che gli scaldano il letto.”

“Non sono stata una di quelle!”si difese Sylvaen.”Jaren ha avuto con me molto di più di quanto non abbia avuto con chiunque altra e questo è già un gran trionfo.”

“E a cosa servirà questo trionfo se non ti porta con sé o non ti prende come moglie?Non ti capiterà mai più un principe sotto il tetto di questa disgustosa capanna, capisci?Non fai nemmeno in modo che qualcuno ti prenda in moglie.”

“Madre, è determinato a sposare quella nobildonna. Non posso fare nient'altro. Ho sempre seguito le tue istruzioni ma...”

“Ma niente. Non te ne rendi conto?Lo faccio per te e tuo fratello. A Isalia potrebbero curarlo i migliori guaritori.

“Erik dice che Jaren glielo ha promesso e mio fratello gli crede sulla parola.”

“Sciocchezze!Credi che quando il principe se ne sarà andato da qui si ricorderà di noi?”

“Beh, se sei cosi disperata da voler lasciare Vianta e raggiungere Isalia, dovrai accontentarti di quell'altro soldato, Atsel. Pende dalle mie labbra, mamma, e potrebbe darci una bella vita.”

“Un soldato...quando abbiamo un principe. Stai abbassando di molto il livello, non credi? Abbiamo un'ultima opportunità. Digli che sei incinta, che aspetti un figlio suo, un nipote del re. Non potrà disinteressarsi così.”

“Madre, non è un idiota. Se ne accorgerà.”

“Come? Non hai fatto tutto ciò che deve esser fatto perché ciò accada? Una volta che ti accetta, se non sei incinta, vai avanti e se non ne vuole più sapere di te, rivolgiti al tuo soldato per darti quella prole.”

Jaren si raddrizzò e si allontanò lentamente e serenamente, disgustato da tutto ciò che aveva sentito. Poteva aspettarsi simili trucchi da tante giovani donne lì che, spinte dal bisogno cercavano di capire come procurarsi una vita migliore, ma da Elessa, Sylvaen e quindi da Erik non se lo sarebbe mai aspettato. Si scostò i capelli dal viso e accelerò il passo, non prestando più attenzione alle persone che ancora lo ringraziavano per la pace raggiunta passandogli accanto. L'accampamento era a nord del villaggio, e tutto ciò che voleva era sdraiarsi nella sua tenda, chiudere gli occhi e dimenticare il mondo per un pò.

Ma era riuscito a fare a malapena qualche passo quando la voce familiare di un bambino lo fece fermare e voltare.

“Jaren” gridava mentre correva”Jaren devi venire a vedere!.”

“Che c'è Phileas?”

“Lora è morta” rispose il ragazzo. Il suo respiro era ancora accelerato per la corsa che aveva fatto per arrivare fino a lì, probabilmente dalla vecchia fattoria di Lora, situata dall'altra parte del ponte, fuori Vianta. Le dicerie si erano diffuse rapidamente, come le voci della pace giorni prima, o all'arrivo del principe di Isalia in persona più di tre mesi prima. La felicità era durata solo pochi minuti e di nuovo un evento oscuro incombeva sul villaggio. Le donne si portarono le mani alla bocca, inorridite dalla notizia che quel ragazzo stava portando, e nemmeno gli uomini nascosero la loro espressione di grave preoccupazione.

“Avevi detto che la guerra era finita!” esclamò una voce dal tumulto che si era creato lì.

Jaren afferrò Phileas per il braccio e camminò, con lunghi passi, nella stessa direzione da cui era venuto.

“Porta il mio cavallo”disse.

*****

Stava davanti al corpo senza vita di Lora, la vecchia con cui aveva parlato solo un paio di volte, dato che la sua fattoria non si trovava nel villaggio, ma un po' più lontano, dall'altra parte del ponte. Tuttavia gli occhi verdi di Jaren si erano persi nel nulla, incapace com'era stato, di continuare a guardare. Andava in guerra da quando aveva quattordici anni, la prima volta che suo padre l' aveva mandato, ma nessun cadavere l'aveva impressionato in quel modo, perché non aveva idea di cosa potesse averla uccisa.

Giaceva supina in cucina, i suoi occhi vitrei rivolti al soffitto e una successioni di enormi morsi sul viso, sul collo e su tutto il corpo. Il sangue aveva sporcato tutto, nonostante alcune donne avessero cercato di ripulirlo. Jaren si mise a sedere e si guardò intorno, la piccola stanza dove lo scialle della vecchia, anch'esso macchiato di sangue, indicava che qualunque cosa fosse accaduta, l'avevano portata fino a lì. Tuttavia tutto era in ordine. Non dava la sensazione che qualcuno fosse entrato a rubare, e le ferite che avevano causato la morte di Lora lo confermavano. Doveva trattarsi di un animale, senza dubbio, ma come aveva fatto ad entrare in casa per fare tutto quello alla povera donna? Jaren entrò in soggiorno e si fermò sulla soglia della porta che era rimasta aperta. Notò allora che la fattoria si trovava sorprendentemente vicino alla foresta, ma in tutto il tempo che era stato lì non aveva mai incontrato lupi o altri animali che avrebbero potuto fare tutto ciò. Sette dei suoi uomini camminavano avanti e indietro, cercando di trovare qualcosa che li aiutasse a capire cosa fosse successo; alcuni abitanti del villaggio li avevano accompagnati, e sebbene fossero riusciti ad individuare alcune tracce nel fango, la pioggia persistente che era caduta durante la prima mattinata ne aveva cancellate una buona parte.

Goriath arrivò e si fermò accanto a Jaren, Era uno dei soldati più veterani, un generale dell'esercito di Isalia, a cui il re aveva affidato l'addestramento di Jaren in combattimento e il compito di guidare il proprio esercito. Il rapporto con lui non era facile per il giovane principe, poiché Goriath odiava dover finire per essere l'ombra di Jaren sul campo di battaglia, dove lo aveva più volte incolpato della morte di molti dei suoi uomini, per la particolare attenzione che doveva prestare alla sua sicurezza. Il re poteva accettare la morte di un soldato, ma non la morte del proprio figlio, almeno non mentre era sotto la tutela di Goriath.

“Lupi” disse l'uomo “E' già sciocco collocare qui la fattoria, ma se ci cammini di notte, stai gridando a gran voce di voler essere la loro cena.

“Dentro la casa? Pensi che un lupo avrebbe potuto farlo?”

“Uno o più.”rispose Goriath. Iniziò a camminare lentamente verso il recinto dove erano legati i cavalli, ci passò sotto e si avvicinò per preparare il suo cavallo.

“Sai che i lupi vanno raramente da soli. Ma in ogni caso non c'è nessun tipo di mistero qui. Una perdita di tempo la camminata fino a qui. Qualcuno dovrebbe dare a quel ragazzo qualche frustata.”

Jaren cercò con lo sguardo Phileas, il ragazzo che li aveva informati dell'accaduto e lo localizzò dall'altra parte, vicino agli uomini che stavano esaminando le impronte, attaccato alla recinzione e con lo sguardo lacrimante. Poteva vedere il tremito delle sue mani e la forza con cui le sue dita stringevano il legno. Goriath sciolse le redini del suo cavallo e lo montò.

“Ritorno all'accampamento”annunciò bruscamente. “Dirò ai ragazzi di fare le valigie e di prepararsi per la marcia. Il re ci ha esortati a tornare il prima possibile. Suppongo che i preparativi per il tuo matrimonio siano pronti.”

“Il matrimonio? Già!”.

“E' quello che diceva la lettera di sua Maestà.”Stavano per ritornare all'accampamento, ma purtroppo questo...sfortunato imprevisto è venuto fuori. “Tutto è programmato per il nostro ritorno, che non dovrebbe richiedere più di qualche giorno. Congratulazioni.”

Poi spronò il cavallo e tornò al villaggio. Jaren sapeva da diverse settimane del suo fidanzamento con la principessa di Esteona, ma fino a quel momento, l'evento era solo un atto prestabilito nella sua vita, una vita senza un proprio controllo, diretta a colpi di convenienza, d'obblighi. Tuttavia sentire la vicinanza della data del matrimonio gli provocò un disagio e un contenuto desiderio di ribellione. Inspirò profondamente ed assistette all'arrivo di un carro da cui discesero un uomo e una donna, che aiutarono poi a scendere un vecchio dall'aspetto debole e fragile: il vecchio Hans. Lo aveva incontrato solo un paio di volte, ma sapeva benissimo che era il vedovo di Lora, e dovette fare grandi sforzi per non sentirsi male vedendo l'espressione del vecchio mentre correva verso la casa. Ansimò sconsolato e chiuse gli occhi, aprendoli all'istante all'udire una nuova voce.

“Possiamo ritirarci Jaren?”chiese Atsel.

Jaren girò la testa, senza spostarsi e lo guardò con rammarico. Era uno dei soldati più giovani dell'esercito di Isalia, o almeno rispetto agli altri uomini che comandava, scelto da Elessa e Sylvaen per concepire quella creatura che in seguito avrebbero fatto passare per suo figlio.

“Hai scoperto qualcosa?”chiese, cercando di concentrarsi su altre questioni.

“Ci sono impronte di cavallo e anche impronte umane. Niente che possa essere collegato a quello che è successo a quella povera donna.”

“Goriath pensa che siano lupi. Ma come avrebbero potuto arrivarci senza lasciare impronte all'uscita del bosco?”

“Non lo so, Jaren. Ma ad essere sincero l'unica cosa che mi preoccupa a questo punto è tornare alla mia Isalia, dormire tre giorni di seguito, ubriacarmi fino a scoppiare nella taverna di Aurea e tornare alla prossima guerra che il re deciderà.”

Jaren fece un sorriso effimero.

“L'idea di sposarti e condurre una vita più tranquilla non ti passa mai per la testa?”

Atsel ricambiò il sorriso, sebbene la sua espressione fosse più aperta e sincera.

“No” rispose seccamente, “Non voglio mai più vedere una donna, nemmeno da lontano.”

L'effimero sorrise di Jaren era già svanito e il suo sguardo, fisso su Atsel, fece capire al ragazzo perché il suo principe gli aveva fatto quella domanda.

“Lei ha scelto te.”rispose “e io lo accetto. Basta. Non ho intenzione di drammatizzare.”

“Lei e io non...”

“Lo so, Jaren. Sei impegnato, ma in questo caso non è solo quello che vuoi o che smetti di volere che conta. Se Sylvaen sta con te è perché non mi ama. Non ho bisogno di sapere di più. E se sei determinato a tenere uno di quei discorsi che odio, ti dirò che sto bene. Non troverei nulla qui che non riuscirei a trovare anche ad Isalia. “

Jaren rimase in silenzio.

“Possiamo tornare all'accampamento?”

“Certo. Io vengo fra un attimo.”

Mentre lo guardava comandare il resto dei suoi uomini e poi andarsene a cavallo, Jaren non poté fare a meno di sentirsi un volgare traditore.

Non aveva la minima idea di cosa ci fosse tra Sylvaen e Atsel finché non aveva sentito la giovane donna parlare a sua madre, ma Atsel sapeva cosa c'era tra il principe e la ragazza che aveva risvegliato qualcosa in lui. Jaren odiava il fatto che il suo ruolo gli concedesse benefici che gli altri non potevano nemmeno sognare, e dovevano allontanarsi quando lui posava gli occhi su una ragazza su cui in precedenza l'aveva già fatto uno di loro. Se fosse stato uno come tanti, se lo vedessero come uno come tanti, combatterebbero con lui per attirare l'attenzione della suddetta, invece gli lasciavano via libera, e incapaci di vederlo come qualcuno di diverso dal figlio di un re, non avrebbero esitato ad accettare il cambiamento.

Inspirò profondamente, poi guardò l'uomo che gli si avvicinava. Era lo stesso che era arrivato sul carro poco prima con una donna e il vecchio Hans.

“Sua maestà”disse quando lo raggiunse “Mio nonno vorrebbe parlare con voi, se non è sconveniente.”

“Certo”

Jaren rientrò nella casa, controllando che il corpo di Lora non fosse più lì. Gli abitanti del villaggio si erano presi la briga di avvolgerlo in un lenzuolo bianco e prepararlo per la cremazione, che sarebbe avvenuta dopo che il corpo della sfortunata donna fosse stato vegliato nel tempio di Vianta. Hans sedeva sulla vecchia sedia a dondolo, fissando il caminetto che era spento.

“Mi dispiace molto per quello che è successo.”gli disse Jaren, senza fare un solo passo.

Il vecchio si voltò e lo guardò, poi gli fece cenno di avvicinarsi e Jaren obbedì. Gli si avvicinò e si accovacciò accanto a lui.

“Non mi hanno nemmeno permesso di vederla.”mormorò Hans come se parlasse a se stesso.

“E' meglio che tu non l'abbia vista, che la ricordi com'era in vita.”

“Dopo sessant'anni insieme avevo almeno il diritto di salutarla, non credi?”

“Mio padre tende a rimproverarmi perché non accompagno mai mio fratello al Pantheon a vegliare sul riposo di mia madre.”rispose Jaren dopo un lungo silenzio.”Non credo che lei sia lì, e né che tua moglie sia in quel lenzuolo, né in quel tempio, né credo sarà sulla pira che prepareranno per la sua cremazione.”

Il vecchio alzò lo sguardo e scrutò gli occhi verdi di Jaren.

“Allora dove pensi che stiano tua madre e mia moglie?”

“Non saprei dirti dove sia mia madre. Perché ero piccolo quando è morta e riesco a malapena a ricordarmela. Ma tua moglie è in questa casa, nel vostro carro, in lui”aggiunse indicando con la testa il cane che giaceva a terra con la testa china e gli occhi tristi, come se percepisse o come se avesse vissuto la tragica morte della sua proprietaria. “Tua moglie è in tutto ciò che avete condiviso, in ogni luogo in cui hai respirato la stessa aria, nei tuoi figli e nipoti, in ciò che resta, nei suoi ricordi. Credo che una persona sia un'essenza oltre al corpo, Hans. Soffermarsi sui resti significa scegliere la parte più insignificante, e questo non è giusto. Questo è quello che credo.”

L'anziano cercò invano di fare un sorriso con le sue labbra sottili, ma la tristezza che si irradiava dai suoi occhi oscurava ogni altro sentimento.

“Mi piace pensarlo.”rispose con un filo di voce. Jaren lo guardò, incapace di aggiungere altro, perché sapeva che in quel momento, con quel recente dolore, tutto quello che avrebbe potuto dire sarebbe stato formale, qualcosa di cui era già stufo. “Devi aiutarci.”aggiunse poi Hans.

“Cosa?”

“Non puoi andartene adesso. Guarda cosa hanno fatto a mia moglie.”

“Hans, sono sicuramente lupi. Tu...tua moglie avrebbe dovuto essere più attenta e se accetti un consiglio, dovresti trasferirti al villaggio. Questa fattoria è troppo isolata, vicino alla foresta”

“Per favore, ragazzo. Nessuno si preoccuperà per noi come te. Posticipa la tua partenza. Non abbandonarci.”

“Non posso. I preparativi per il mio matrimonio sono già pronti. Ho solo pochi giorni per arrivare ad Isalia e...”

Hans pose la sua mano su quella di Jaren; era fredda e tremava.

“Per favore. Ti prego. E' l'ultimo desiderio della mia vita, dammi la pace per aver fatto giustizia alla mia povera Lora. Verranno a prendermi.”

“Sono animali, Hans. Non sono venuti per lei deliberatamente e non lo faranno nemmeno con te.”

La lacrima che scivolò lungo la sua guancia rugosa cadde sulla mano di Jaren, che la guardò scivolare fino al bracciolo della sedia a dondolo, e si generò tra loro un silenzio complice. Il vecchio si voltò di nuovo in avanti e fissò il suo sguardo vuoto sul caminetto, mentre teneva in grembo lo scialle della moglie, ancora insanguinato.

“Un giorno.”concluse infine Jaren “Posticiperò la nostra partenza di un giorno. Domani mattina i miei uomini esamineranno la foresta, cacceranno o spaventeranno quegli animali e ce ne andremo. E' tutto quello che ti posso promettere.”

Hans annuì in modo appena percettibile. Jaren non sapeva se questo avesse soddisfatto la richiesta del vecchio, o se la sua offerta gli fosse sembrata insufficiente, ma non poteva fare di più per lui e se in soli tre mesi avevano fermato gli invasori, quanto avrebbero impiegato a fermare un branco di lupi?Stimava o sperava in non più di una mattinata.

Jaren si alzò e tornò fuori, dove l'aria fresca e il sole del mattino sembravano ignari di tutte le disgrazie che avevano scosso Vianta.

Sbuffò e dopo aver chiuso la porta dietro di sé, si diresse verso il recinto dove era ancora legato Donko, il suo cavallo. Mentre si preparava per montare, una moltitudine di pensieri lo assalì: sua madre, suo fratello. Raramente pensava a quello e a Isalia, soprattutto alla presenza del re, la questione era severamente vietata, ma era qualcosa che in un modo o nell'altro lo aveva sempre accompagnato. Col passare degli anni l'immagine di sua madre iniziava a sbiadire, era morta quando entrambi i fratelli erano soltanto dei bambini, a seguito dell'attacco di lupi mentre tornavano al castello di Isalia attraverso la foresta. Il coraggio di Zoran era servito a salvare la vita di Jaren, che era un anno più giovane, ma il prezzo da pagare oltre alla vita della regina, morta pochi giorni dopo, era stato eccessivo per il primogenito del re: un'imponente cicatrice gli solcava il viso da un lato all'altro in un ricordo perpetuo di ciò che era accaduto in quella notte piovosa, e quand aveva guardato il suo braccio senza mano, strappata dal morso di uno di quegli animali, aveva perso quasi i sensi . Anche Jaren stesso aveva subito ferite molto meno gravi di quelle che avevano gettato Zoran in una profonda amarezza.

Jaren si rimboccò la camicia e guardò il nome della regina Mara inciso sull'avambraccio, accanto alla ferita provocata dal taglio su cui, come anche per Zoran, più e più volte il guaritore di suo padre aveva fatto loro applicare un preparato per tenere lontana la malattia, perché secondo lui quei lupi potevano trasmettere tutti i tipi di male che avrebbero potuto mettere in pericolo la vita dei principi di Isalia, come era successo con la regina. Jaren era convinto che ciò non fosse necessario; era sano, come Zoran, ma il re insisteva sulla necessità di essere cauti, preoccupato com'era soprattutto per il trono di Isalia. Il pensiero del fratello gli restituiva anche una percezione egoistica di sé: Zoran doveva esser l'erede al trono, quello destinato a sposare la principessa di Esteona, quello scelto per guidare gli eserciti e quello che avrebbe accompagnato suo padre ad innumerevoli riunioni e incontri tutt'altro che interessanti; ma il carattere di Zoran si era completamente trasformato dopo l'incidente coi lupi, e il giovane era diventato cupo e scontroso,suo padre non poteva, appunto, esporlo come la migliore lettera di presentazione. Non si può nemmeno dire che il re non abbia avuto la sua parte nella depressione del figlio: relegato ad un piano secondario degli eserciti, dove la mancanza della mano destra gli aveva tolto un gran valore. Inoltre il suo volto deformato dalle cicatrici non lo rendeva la prima scelta del re quando cercava alleanze con altri regni attraverso matrimoni, in cui il prescelto era di solito Jaren. Tutti gli ripetevano che doveva sentirsi privilegiato, ma quei privilegi non facevano altro che pesargli sulle spalle come una lastra, la lastra che supponeva la disgrazia del suo fratello maggiore, al quale sentiva di spogliarlo di tutto ciò che gli apparteneva per diritto. L'attacco dei lupi a Vianta riportò in vita gran parte di quanto accaduto quella notte, di cui aveva un vago ricordo, di quando aveva appena otto anni.

Girò la testa e scorse una figura che avanzava a cavallo: era Erik, e contrariamente a quanto gli accadeva di solito, in quel momento era la persona che meno voleva vedere. Il ragazzo scese dal destriero e gli si avvicinò.

“Non posso crederci.”disse, guardandosi intorno nella fattoria. “Hai visto il corpo di Lora? Mi sono appena imbattuto in quelli che lo trasportano e non ci credo. Pensi che possano essere lupi?”

“Cos'altro sennò?”rispose seccamente.

“Pare che siamo maledetti.”

Jaren gli lanciò un'occhiata fugace mentre slegava Donko e camminava, tenendo le redini. Erik lo seguì con il suo cavallo.

“Non dire sciocchezze!”rispose il principe.

“Sciocchezze?Prima la guerra e ora questo. Cosa succederà dopo?”

Jaren sorrise scuotendo la testa.

“Scommetto che tu non vedi l'ora di andare via da qui, giusto? E che saresti capace di tutto pur di lasciarti alle spalle Vianta. Passeresti sopra qualunque cosa o chiunque.”

“So che ti sei innamorato di questo villaggio e di nient'altro.”rispose, non privo di meno sarcasmo.”Ma io la odio.”

Jaren si fermò e gli lanciò uno sguardo fulmineo, cosa che gli sarebbe costata molto. Sentì il sangue ribollirgli nelle vene quando si ricordò del trabocchetto che lui, sua sorella e sua madre gli stavano preparando, ma non potè fare a meno di vedere Erik, il primo che gli aveva parlato al suo arrivo a Vianta, quello che gli aveva aperto le porte di casa sua e presentato così tante persone che ora era grato di conoscere, lo stesso che gli aveva confidato mille segreti e che ne aveva ascoltati tanti di più, comportandosi infine come quel fratello maggiore che Zoran non voleva essere, perché a malapena scambiava qualche parola con Jaren, solo, rinchiuso come viveva in una camera da letto.

“Già!”

“Hai parlato con Sylvaen?chiese il ragazzo.”Sono stato a casa un attimo fa e non è uscita dalla sua stanza.”

“La tua pressione insopportabile affinché io stia con lei fa parte del vostro piano di cambiare vita?”

“Come?”

“Andiamo! Ho sentito tua madre e tua sorella parlare. Potrei aspettarmelo da molte persone in questo villaggio, Erik, e lo capirei sicuramente, ma da voi...da te...”

Erik lo prese per un braccio quando Jaren stava per andare via.

“Di cosa stai parlando?”chiese.

Il principe si liberò con un brusco movimento.

“Accetti che tua sorella cerchi di farmi credere che sia incinta in modo che io possa portarla a Isalia con me? Per prenderla in moglie o per mantenere lei, tua madre e te per il resto della mia vita?Non la amo, e anche se fosse il vostro piano mi disgusta. Sono disgustato da voi e da tutte le vostre bugie. Non accetterò alcun tipo di ricatto.”

L'espressione sul viso di Erik gli fece dubitare che fosse a conoscenza dei piani di sua madre e di sua sorella, anche se trovava difficile credere il contrario, data la sua testardaggine nel volere che Jaren prendesse sul serio Sylvaen e riconsiderasse il suo futuro con lei. Erik zoppicò per un paio di passi fino ad allontanarsi dalla strada che conduceva al villaggio e cadde a terra, voltando le spalle a Jaren.

“Se ti ho insistito con mia sorella è perché ha confessato di essere innamorata di te”. Jaren lo guardava in silenzio.”Non lo nego: il fatto che Sylvaen ti amasse...la possibilità che tu ricambiassi...Voglio una vita migliore per lei e per mia madre. E come posso ignorare il fatto che tu sia un principe. Ma da lì a...usare sporchi trucchi per costringerti...non lo permetterei mai e poi mai.”

“Immagini una realtà idilliaca che non esiste ad Isalia, Erik. Mio padre è un uomo estremamente retto e severo. La vita accanto a lui non è una favola. Nemmeno mio fratello rende le cose facili; lui...”

“Andiamo!Cosa ti mancherebbe?”esclamò Erik, voltandosi.

“Se intendi materialmente, niente. Se dai valore ad altro, sei molto più ricco di me.”

Erik distolse lo sguardo e dopo aver guardato attraverso la foresta tornò a fissarlo.

“Ascolta, tua sorella è una bella ragazza”aggiunse Jaren “coraggiosa, determinata. Può avere qualsiasi ragazzo lei voglia e...”

“Tranne te”lo interruppe Erik.

Jaren inspirò profondamente.

“Può innamorarsi e far innamorare praticamente chiunque lei voglia”continuò “condurre una vita veramente felice nonostante tutto. Non lasciare che si venda per poche monete d'oro, Erik, non ne vale la pena, te lo assicuro.”

Il ragazzo tirò un respiro profondo mentre Jaren si avvicinava e gli tendeva la mano. Erik la accettò e si mise a sedere.

“Mi dispiace. Ti giuro che non avevo la minima idea che lei e mia madre stessero...Sanno che non sarei mai stato d'accordo.”

“Ti credo”concluse Jaren, mettendo una mano sulla spalla del suo amico. Non poteva negare che quella necessaria conversazione avesse alleviato una strana sensazione che gli aveva stretto lo stomaco per molto tempo. Elessa e Sylvaen lo avevano deluso, ma non Erik, e questo era già qualcosa; a dire il vero era molto. Jaren tornò da Donko e lo montò.

“Erik” disse “ti ho promesso che quando tutto si sarà sistemato a Isalia, tornerò per portarti lì e mettere la tua gamba nelle mani dei migliori guaritori. Te l'ho promesso e lo manterrò. Qualunque cosa dicano, non dimenticarlo.”

“Lo so”

Il giovane principe sorrise.

“Ah, Erik!”esclamò voltandosi mentre se ne andava “Mi mancherai anche tu. Di più”.

Erik gli sorrise e prese una pietra che poi gli lanciò.”

“Hey!”si lamentò Jaren.

“Potrei ucciderti per avermelo detto davanti a tutte queste persone.”

“Non c'è nessuno qui.”

“A Vianta le foreste hanno occhi e orecchie.”

*****



“Non puoi parlare seriamente”esclamò Goriath Non possiamo prolungare la nostra permanenza qui un altro giorno.”

“Si tratta solo di poche ore, il tempo di far fuori quel branco o cacciarlo via da qui.”

“Jaren, no!”

Goriath balzò in piedi allontanandosi di qualche metro dal cerchio di Jaren e quattro dei suoi uomini che stavano masticando in silenzio.

“Quel vecchio ha paura, e anche le altre persone. Hanno appena messo fine alla guerra e ora si vedono minacciati da quegli animali.”

“Sono contadini”disse il soldato “cacciare i lupi non dovrebbe essere un problema per loro. Lo faranno.”

“Mi ha chiesto aiuto, Goriath, e io glielo darò.”

“Tuo padre non lo approverebbe.”intervenne Atsel per la prima volta.

“Sono io quello che risponde di questa situazione, quindi non dovete preoccuparvi di nulla.”rispose Jaren.

“Tu rispondi davanti al re, ma anch'io, e lui ha ordinato di ritornare” affermò Goriath dalla sua posizione.

In controluce al sole che stava già tramontando dietro le altissime colline, sembrava ancora più grosso di quello che era. Più alto degli altri, schiena larga e corpo muscoloso, nonostante non fosse più un ragazzo, la sua testa glabra mostrava la quantità di cicatrici che lo avevano segnato durante i numerosi anni di guerra. I suoi occhi scuri erano la caratteristica più evidente su un viso freddo come il ghiaccio e minaccioso, incapace di esprimere compassione, o un sentimento che non si avvicinasse alla rabbia perenne.

Ci fu un momento di silenzio dopo le parole di Goriath, assicurando che rispondeva davanti al re, allo stesso modo del principe.

“Che cosa vuoi dire con questo?”chiese Jaren.

“Chi mi comanda è il re, non tu.”ripeté Goriath.

“Il tuo re ti ha posto sotto il mio comando.”

“Per essere più precisi, mi ha messo sotto la tua tutela, non sotto il tuo comando. E lo ha fatto, in questo caso, per difendere questo villaggio maledetto dagli attacchi di Likara e tornare indietro, non per salvare queste persone da un branco di cani.”

“Mio padre mi ha messo al comando, ma se non sei d'accordo, allora vattene.”

Atsel sbuffò e abbassò la testa, mentre Goriath, questa volta si, obbedì ed entrò nel villaggio, dove quella notte Vianta avrebbe festeggiato la fine della guerra, ignara come la maggior parte degli abitanti del villaggio, di quello che era successo alla vecchia Lora.

“Vuoi davvero che restiamo a cacciare i lupi?”chiese Atsel.

“Me l'ha chiesto quel vecchio. Era l'immagine del dolore.”

“Posso immaginare ma...non credo che il re sarà molto contento.”

“Anche tu puoi andartene se è a mio padre che obbedisci.”rispose Jaren, mettendosi a sedere.

Gli altri quattro uomini, come tutti quelli che stavano nell'accampamento, si erano già alzati e diretti verso il villaggio. Anche Atsel si alzò.

“Io obbedisco al re, ma devo anche la mia obbedienza a te, mio principe.”disse “Combatto al tuo fianco da quando avevo quattordici anni. Giusto?”

Sul viso di Jaren si formò qualcosa di simile ad un sorriso. I suoi uomini erano stufi della guerra e, come gli aveva detto lo stesso Atsel quel pomeriggio, sognavano di tornare a casa e prendersi un meritato riposo, ma non poteva abbandonare tutti quelli che da tre mesi vedevano lui e il suo esercito come salvatori. Prima di allora, una domanda aleggiava insidiosa nella sua testa: sarebbe rimasto lì per quelle persone o per se stesso?Per entrambi? Tornare ad Isalia lo avrebbe catapultato in una vita che già conosceva perfettamente e che era arrivato ad odiare: doveri, protocolli, false adulazioni, apparenze, ostentazione, distanza dalle persone, un trattamento diverso. In confronto, Vianta, quel villaggio che Erik tanto detestava, rappresentava qualcosa di molto più piccolo ma allo stesso tempo più grande: la libertà. Tuttavia sapeva che non sarebbe stato giusto equipaggiare la sua gente li solo perché voleva fuggire dalla sua vita nel regno del padre.

“Jaren!”quando si rese conto che Atsel lo chiamava”Non vieni?”

“Non so come le persone abbiano voglia di festeggiare dopo quello che è successo!”

“Non lo sanno”rispose Atsel “Il corpo di quella donna resterà nel capanno fino a domani. Poi lo comunicheremo a tutti.”

“Ma cosa stai dicendo?”

“Dai, non è difficile capirli. Sono in guerra da mesi, subendo attacchi e devastazioni . Vogliono un po di gioia, e la morte di quella donna rovinerebbe tutto. Chiedono una tregua e non credo sia da pazzi concedergliela, visto che ci tieni tanto.”

“Ma come possono lasciare il suo corpo in quel luogo abbandonato! E' una mancanza di rispetto.”

“Dici sempre che i morti non stanno qui. No? Che sono solo resti.”

Jaren non rispose. Lui stesso aveva detto ad Hans che le persone erano qualcosa di più di un corpo, legato alle debolezze e alle difficoltà della vita, ma pensare al cadavere di Lora, sbranato, avvolto in un lenzuolo e nascosto affinché il resto dei suoi vicini, ad eccezione del marito e dei parenti più stretti, potessero godersi la festa, era un'altra cosa.

Si accorse che Atsel era già partito, e nonostante sentisse la testa scoppiargli e non avesse voglia di festeggiare, si ricordò anche che quelle sarebbero state le ultime ore a Vianta e che la notte gli offriva, appunto, tutto ciò che gli piaceva in mezzo a gente che, salvo eccezioni che vedevano in lui uno strumento verso una libertà ingannevole, lo apprezzavano per quello che realmente era, interessandosi più alla sua persona che al suo titolo nobiliare.








Dayrsenne






Erano rimasti seduti a lungo intorno al falò che avevano acceso in quella che era l'area del mercato. Le torce illuminavano tutto nella piccola Vianta, cercando di combattere l'oscurità, e nonostante la poca voglia di festeggiare di Jaren all'inizio della serata, dovette ammettere che i ragazzi e l'umorismo della vecchia Niara lo avevano coinvolto nella festa. Era la proprietaria della locanda più controversa del villaggio, con una dubbia reputazione, la permissività che vi concedeva le era valsa la migliore fama tra gli uomini e la peggiore tra le donne di Vianta. Tuttavia Jaren la trovava un'anziana cordiale, coraggiosa e sempre pronta a offrire buoni consigli. Innumerevoli erano state le occasioni in cui, mentre alcuni dei suoi uomini bevevano qualcosa nella sua taverna o erano distratti nel fare ciò che infastidiva così tanto gli abitanti del villaggio, passava le sue ore oziose a chiacchierare con lei di ogni genere di cose, poiché erano poche le cose di cui non potevi discutere con la carismatica Niara. Il suo corpo scheletrico era rimasto a lungo seduto sulle ginocchia di Jaren, deliziando i soldati, che scoppiavano a ridere per ogni follia raccontata dalla vecchia.

“...e quando arrivò qui”narrò entusiasta “la sua giumenta crollò davanti alla taverna.”

“L'animale era così stanco?”chiese uno dei soldati.

“No!”esclamò Niara “Il culo di quel povero bastardo pesava più di tre di voi messi insieme.”

Ancora una volta le risate, di cui Jaren non ne era estraneo, assordarono momentaneamente la musica che continuava a suonare.

“Nè lui né la giumenta riuscirono ad alzarsi e rimasero sdraiati lì per tre giorni. La mattina versavo un secchio d'acqua calda su ognuno di loro, ma non per quelli e alla fine...”

L'arrivo di Sylvaen mise a tacere la vecchia, che ne approfittò per dare un tiro all'erba che stava fumando nella sua pipa. Jaren percepì la tensione nel corpo di Erik, che era seduto accanto a lui.

“Possiamo parlare?”gli chiese la giovane donna.

Lentamente spinse Niara da parte e si alzò, poi diede il suo posto alla vecchia.

“Stai attento, principe”disse “Ricorda tutto quello di cui abbiamo parlato, ragazzo.”

Annuì debolmente, tenendo a mente le conversazioni che avevano avuto sul desiderio delle ragazze di Vianta di andarsene ad ogni costo. Niara scherzava dicendo che portarsela sarebbe stato più economico per il ragazzo, dato che mangiava poco e occupava poco spazio.

Gli uomini di Jaren sorridevano e chicchieravano, mentre la festa e il ballo continuavano a pieno ritmo, ignari del disagio del momento.

“Principe!”esclamò Niara.

Jaren si voltò e la donna si alzò in piedi come una molla, stampando un bacio sulle labbra del ragazzo, fatto che provocò un nuovo scoppio di risate tra i presenti. Non tanto in Jaren, abituato ai gesti spontanei e quasi scandalosi della donna, ma preoccupato in quel momento per altre questioni. Qualcosa nel suo stomaco si agitò, facendogli dubitare della necessità di accompagnare Sylvaen.

Una parte di lui implorava tutti i santi che la giovane donna si pentisse e voleva solo scusarsi per il semplice fatto di aver considerato un'opzione cosi orribile. L'altra, preferiva non andare e restare semplicemente col dubbio che gli avrebbe permesso di pensare bene riguardo a Sylvaen ed Elessa. Tuttavia, tra le varie possibilità sollevate in quel momento, nessuna corrispondeva a quello che veramente accadde. Erik si alzò e parlò quando Jaren e Sylvaen si erano già allontanati di una decina di passi dal gruppo.

“Sorella, non farlo!”esclamò davanti a tutti “Non sei come le altre, dimenticati di lui.”

Il viso di Sylvaen apparve sconvolto, e il suo respiro accelerato tradì il suo disagio di fronte a tutti. Gli uomini di Jaren la guardarono, alcuni confusi, altri indifferenti.

“Erik”balbettò Sylvaen poco prima di scappare.

Nessuno dei presenti sembrava dare troppa importanza a quanto era accaduto e la maggior parte di loro continuò a mangiare, bere e fumare senza grande preoccupazione; ma non Goriath, il cui volto imperscrutabile rimase fisso su Jaren.

Erik si rimise al suo posto e seppellì il viso tra le mani, ma il principe sentì che non poteva lasciarlo così. Sylvaen si era fatta trascinare dal bisogno e dalle necessità di sua madre, ma non era una cattiva ragazza. In quel periodo aveva avuto l'opportunità di parlare con lei molte volte riguardo alle sue preoccupazioni e ai suoi sogni, ai suoi desideri e delusioni. Avrebbe voluto vedere suo fratello riprendersi e poter comprare un cavallo per sostituire la vecchia giumenta che Erik cavalcava. Recuperare parte di quella giovane donna che era ormai diventata una ragazza fredda e avida era possibile, e doveva senza dubbio avvenire attraverso una conversazione coraggiosa, lungi dallo schivarla o evitarla. Inoltre, sapeva anche che se non fosse riuscito a calmarla, non avrebbe mai più parlato con Erik. Jaren si voltò e non riuscì a fare un passo quando Goriath parlò:

“Non andrai a cercarla, vero?Non dovresti complicarti la vita con le contadine. Ti sei già divertito abbastanza in questi tre mesi, e con quella, inoltre, l'hai fatto varie volte. E' davvero così brava?”

Jaren si voltò nel momento in cui sentì cadere un bicchiere e rompersi contro una roccia. Erik era in piedi, stringendo i pugni e trattenendo una rabbia che stava per divampare da un momento all'altro. Goriath continuava a stare seduto placidamente a bere.

“Scusati subito”esigette Erik

Jaren tornò sui suoi passi e mise una mano sulla spalla del suo amico, cercando di calmarlo.

“Non ti permetterò di rivolgerti a mia sorella in quel modo!”esclamò il ragazzo.”Chiedigli scusa.”

“Tu stesso hai evidenziato le sue intenzioni.”rispose Goriath.”Sarà pure tua sorella, ma non è migliore delle altre. Aspira davvero a diventare la regina di Isalia un giorno?”

Risate e scherni erano coperti dalla musica e dall'allegria. Erik tolse la mano di Jaren e fece alcuni passi in avanti finché Goriath finalmente si alzò. Erik si mise in mezzo ai due.

“Erik”mormorò

“Perché ti poni in questo modo?”disse Goriath.

“Fermati!”gli ordinò Jaren.

“Quante di voi non hanno cercato di farsi vedere come qualcosa di più di semplici contadine solo per farvi alzare la gonna da lui?”urlò, facendo cessare la musica.”Quante di voi non sono finite in un pagliaio con sua maestà. Dando per scontato che sarebbe stato il primo passo verso il castello di Isalia?”aggiunse, allargando le braccia come se stesse arringando la gente.”Quante femmine non...”

“Chiudi quella dannata bocca!”gli gridò Jaren. Il principe diede ad Erik una leggera spinta per allontanarlo e si pose faccia a faccia con Goriath.

“Chiedi scusa adesso!”

“Te l'ho già detto, io obbedisco solo al re.”ripeté l'uomo come gli aveva già detto poche ore prima all'accampamento. “Sei solo un ragazzino che ha sempre avuto tutto e che viene messo a capo di un esercito”sottolineò. “il mio esercito, per soddisfare un capriccio, come ai bastardi di questa gente viene dato un pezzo di legno con cui giocare. Le tue arie di grandezza ti trascinano verso il basso e tu intendi prolungare la nostra permanenza qui solo per cacciare i lupi. Non hai la più pallida idea di come si guidi un esercito. Pensi di averlo fatto in molte battaglie, ma non abbiamo fatto altro che seguire il tuo gioco mentre i veri capitani e generali vincevano le guerre in tuo nome. Ma per l'amor di Dio, sono la tua bambinaia!”Jaren sentì tutta la rabbia montargli dentro, fino a che scoppiò portandolo a colpire Goriath.

L'uomo si voltò, stupito del gesto del giovane, e si lanciò su di lui, afferrandolo per il petto e colpendolo forte sullo zigomo. Gli altri soldati si sedettero, confusi e sorpresi, quando Jaren prese a calci Goriath nell'inguine, che lasciò andare dolorante. Fece un paio di respiri profondi e ritrovò la calma per lanciarsi di nuovo contro il ragazzo, facendogli saltare alla fine uno dei punti della ferita che Sylvaen gli aveva ricucito, che sanguinò di nuovo. Gli altri soldati cercarono di trattenerlo, urlandogli contro e scuotendolo.

“Separali!”gridò qualcuno.

“Basta!”urlò furiosamente un altro.

“Vuoi che il re ti impicchi in piazza, Goriath? E' suo figlio, il principe di Isalia.”

“Non è nessuno!”rispose con rabbia.

“Goriath!”aggiunse un terzo.

“Chiudi quella dannata boccaccia!”gli ordinò Assynt, colpendolo.

Era uno dei generali più veterani, e sebbene non tanto quanto lo stesso Goriath, aveva preso parte a numerose battaglie con lui, e questo fece sì che il colpo di quest'ultimo ferisse soprattutto il generale, non per l'intensità del pugno, ma per il gesto stesso, per l'umiliazione pubblica di averlo fatto davanti a tutti, mentre gli altri lo sostenevano.

“Sei impazzito!”aggiunse Assynt “Il suo solo ordine potrebbe portare la tua testa alla ghigliottina. Stai mancando di rispetto al figlio del re, al tuo capitano, che ti piaccia o no. Faresti bene ad accettarlo.”

“E' solo un bambino”rispose Goriath, in un tono molto più basso di quello che aveva usato prima.

“Un bambino che ha combattuto molte battaglie con noi, Goriath. Devi rispetto già solo alla sua identità, e a tutto ciò che ti ha dimostrato ancor di più. Non è il “tuo”esercito. E' l'esercito di Isalia.”

Dopo un lungo silenzio, Goriath si liberò dalla presa dei cinque uomini che lo tenevano fermo e si perse tra le ombre di Vianta.

“E voi cosa avete da guardare?”gridò di nuovo Assynt “Tornate a quella dannata festa, visto che eravate così ansiosi di festeggiare.”

Poi si rivolse a Jaren.

“Mi dispiace. Sarà punito, te lo assicuro.”

Egli non disse nulla e si limitò a cercare Erik. Lo trovò in piedi, accanto ai suoi uomini, in silenzio. Ancora sconvolto da quello che era successo, Jaren si voltò e lasciò la festa. Senza una parola, raggiunse l'accampamento, prese le redini di Donko e si recò nella foresta.

In pochi minuti raggiunse le cascate, e la musica, che si sentì di nuovo, sembrava soltanto un rumore lontano e appena udibile. Salto giù da Donko e discese i ripidi pendii che portavano al fiume, il cui tracciato si allargava notevolmente in quella zona. Ad un certo punto si fermò, avendo notato una figura ai margini. Nemmeno la luce argentata della luna gli permise di capire chi fosse, ma in quel posto poteva solo trattarsi di un abitante del villaggio, quindi, deciso a restare solo, si voltò e si incamminò su per il pendio.

“Aspetta!”gridò una voce di donna.

Jaren si voltò e controllò se si trattava di Sylvaen, che probabilmente si era nascosta da tutti dalla vergogna, dopo che suo fratello l'aveva smascherata. Un gesto che faceva capire, se ci fosse stato ancora qualche dubbio, che Erik non sapeva nulla dei piani di sua madre e sua sorella, e che se lo avesse saputo non l' avrebbe mai accettato.

“Cosa vuoi?”chiese seccamente il ragazzo, incapace di identificare la misteriosa ombra.

“Ho bisogno di aiuto, per favore”.

Non era la sorella di Erik, alla fine ne fu sicuro quando udì di nuovo la voce e non la riconobbe. Inspirò, rassegnato a resistere all'ultimo tentativo di un'altra giovane donna di evadere dalla vita semplice di Vianta e collocarsi su un trono, e lentamente si fece strada lungo il sentiero verso il fiume. Quando arrivò, si fermò e vide che la giovane donna che era seduta per terra aveva un'enorme scheggia conficcata nella parte interna della coscia destra. Si avvicinò lentamente e si accovacciò di fronte a lei, fissando la ferita sanguinante.

“Come te lo sei fatto questo?”chiese. In quel momento il ragazzo abbassò la guardia, poiché era improbabile che qualcuno potesse farlo apposta solo per attirare la sua attenzione.

“Stavo correndo attraverso la foresta. Sono scivolata e sono caduta.”confessò.

Jaren si sporse in avanti e cercò di verificare a quale profondità potesse essere conficcata la scheggia e quanto potesse essere complesso estrarla.

“Correndo attraverso la foresta?Non dovresti farlo e ancor meno non...”

Quando alzò la testa per guardare il viso della ragazza per la prima volta, non solo constatò che era una perfetta sconosciuta, ma confermò anche che era la più bella sconosciuta che avesse mai visto. I suoi capelli scuri ondulati ricoprivano buona parte del suo viso, ma il color miele dei suoi occhi, che fissavano quelli di Jaren, ipnotizzandolo, aveva una carnagione scura, e la sua bocca semiaperta era come un invito immaginario che in quel momento dovette rifiutare, vista la delicatezza della situazione. Vide anche che i vestiti della giovane donna erano a brandelli e che non indossava quasi nulla che la coprisse, ma la cosa sembrava non importarle troppo, dal momento che non stava cercando di coprirsi.

“Vado a chiedere aiuto al villaggio.”disse Jaren, cercando di concentrarsi sulla ferita.

“No!”esclamò prendendogli la mano. “Non voglio l'aiuto di nessun altro. Ho solo bisogno che tu mi aiuti a tirarla fuori.”

“Non posso togliertela cosi!”

“Si che puoi. Un tiro rapido e secco. E' tutto quello di cui ho bisogno.”

“Poi bisognerà curare la ferita o potrebbe infettarsi. Potrebbero esserci delle schegge dentro e non...”

“Se non vuoi aiutarmi, vattene, ma se porti qualcuno. attento alle conseguenze.”

“Di cosa mi stai minacciando esattamente?”chiese. Lei non rispose e Jaren fece mille ipotesi, tra le più assurde: una ragazza scappata di casa? Una criminale? Una spia della guerra che credevano fosse finita?Perché non voleva che nessuno la vedesse? Perché aveva quell'aspetto?

Un sudore freddo gli inzuppava il viso e il collo. Jaren poteva sentire il suo respiro, che alzava e abbassava il suo petto. Non poteva essere di Vianta, perché era sicuro che l'avrebbe notata subito, e dubitava addirittura che sarebbe stata in grado di notarne un'altra.

“D'accordo”rispose alla fine, ignorando il motivo. Tra tutte le possibilità che valutò nella sua testa, quello che riteneva più giusto da fare era di portarla a Vianta. “Ti aiuterò”.

“Grazie”mormorò lei.”Ho bisogno....che tu me la tiri fuori. Deve uscire a primo colpo, intera.”

“Mi stai innervosendo. So come farlo, anche se so che questo non ha senso.”

“Ok, al tre.”insistette la giovane donna.

“Bene.”Jaren mise una mano sul ginocchio della ragazza e con l'altra tenne saldamente la scheggia, senza esitazione.”Pronta?Uno...due...e...”

“Aspetta!”esclamò lei

“Cosa'”

“Mi farà male?”

“Certo che farà male. Era proprio per questo che volevo andare a cercare aiuto.”

La ragazza negò con veemenza.

“No, va bene, basta, sono pronta.”

Guardandola di nuovo, Jaren si rese conto che una lacrima le scorreva lungo la guancia e non potette immaginare la sofferenza che stava passando.

“Va bene Allora vado. Uno...due...”

Le sue labbra si posarono su quelle di lei, prima che avesse il tempo di reagire e allontanarsi. Teneva il suo viso minuscolo e sudato tra le sue mani, e mentre godeva di quell'atto impulsivo, si sorprese della tranquillità della giovane donna. Jaren non sapeva se quel modo incauto di fare le cose potesse esser considerato in lui una virtù o un difetto, ma le sue ore stavano finendo e il giovane principe sentì che non voleva lasciare nessun desiderio in sospeso, un pensiero che sicuramente rispondeva al suo dubbio: in lui essere impulsivo era un difetto perché esaudiva tutti i capricci che gli passavano per la mente, senza considerare nulla. L'aveva vista, gli piaceva e voleva baciarla, e così fece. Il genere di cose che lo facevano odiare: il figlio del re, quello che otteneva tutto ciò che voleva, un'idea che detestava, ma che aveva appena riassunto il suo impeto irrefrenabile. Si staccò lentamente, incapace di distogliere lo sguardo da quelle labbra che aveva appena assaggiato, e dalle quali, voleva sorprendentemente di più.

“Cosa fai?”disse lei. Le era così vicino che sentì la miscela di gelsomino e di sudore fuoriuscire dal suo corpo caldo; così vicino che il suo respiro rimbalzò sulla bocca di Jaren, tentandolo. E alla fine con un forte tiro estrasse la scheggia, facendole sanguinare ancora di più l'interno coscia. Trattenne un grido, anche se il suo viso era la vivida espressione di dolore quando cadde all'indietro e si portò le mani al viso.

“Ti distraggo”rispose Jaren. Non sapeva fino a che punto fosse vero; immaginava che l'avesse fatto, anche se non era quello che stava davvero cercando di fare.

Senza perdere tempo, la giovane donna si mise a sedere e cercò di alzarsi.

“Aiutami.”

“Chi diavolo sei?chiese Jaren, tendendole la mano. llei gli mise un braccio sopra la spalla e lui la tenne per la vita, camminando verso l'acqua. La sua freschezza alleviò il calore della notte e immaginò che in lei avrebbe alleviato anche il dolore. Avanzarono lentamente finché il livello dell'acqua gli arrivò appena sotto i fianchi, il sangue tinse rapidamente l'acqua, circondandoli con un inquietante cerchio scarlatto. La giovane donna si spostò i capelli di lato e Jaren dovette fare grandi sforzi per non baciarla di nuovo; non aveva più una scusa ma sentiva anche di non averne bisogno. Confermò a se stesso che quella sconosciuta era la creatura più bella che avesse mai visto.

“Mi chiamo Dayrsenne, e quello che hai fatto ti sarebbe potuto costare la vita...se non fosse stato per il fatto che ha funzionato.”

Dayrsenne alzò lo sguardo, fissandolo e immergendolo di nuovo nel color miele dei suoi occhi che lo avevano completamente catturato. Jaren avrebbe detto per sempre, senza sapere perché gli sembrava cosi tanto tempo.

Lei era ancora aggrappata al suo collo, mentre con l'altra gli teneva la gamba.

“Suppongo che allora ti devo la mia vita.”rispose lui.

Lei si voltò a guardarlo.

“Suppongo...”

“Te lo assicuro”

Dayrsenne non rispose.

“Non sei di queste parti, vero?”insistette Jaren.

Lei alzò lo sguardo in direzione della foresta che circondava il fiume sui ripidi pendii. Il suo gesto allertò Jaren, che scrutò l'oscurità dell'ambiente.

“Che succede”chiese.

Dayrsenne si staccò da lui e zoppicò fino a riva.

“Devi andare.”disse soltanto.

“Cosa?”

“Dai, devi allontanarti da qui.”

“Perchè?”Jaren camminò lentamente dietro di lei; quando arrivò, Dayrsenne gli diede uno strattone sul braccio e lo tirò fuori dall'acqua; poi gli tirò la camicia, strappandogli un pezzo di stoffa con cui si avvolse la coscia, tappando la ferita. “Hey, in cosa ti sei cacciata?Ti stanno inseguendo? Ti posso aiutare.”

“Non ti importa. Vattene.”

“A Vianta è morta una donna per l'attacco di qualche animale, probabilmente un lupo. Non è sicuro stare in giro nel cuore della notte. Se qualcuno ti sta cercando, ti offro protezione.”

“E chi sei tu per offrirmi qualcosa, contadino?Vattene subito da qui!”Jaren non poté negare di essere felicissimo che lei non sapesse chi fosse, e questo confermava solo che non era di lì. Eppure come poteva una ragazza essere arrivata da sola in quel luogo remoto?Cercando di dissipare quei dubbi, Jaren guardò su per il pendio, quando sentì il nitrito di Donko, che vide scomparire nella boscaglia.

“Troppo tardi.”mormorò Dayrsenne”Non hai la sana abitudine di legare il tuo cavallo?”

“Donko non scappa mai.”

“Donko è appena scappato.”

La giovane donna prese la mano di Jaren e iniziò a correre zoppicando, portandolo con sé. Corsero il più velocemente che potesse, avendo lei una gamba ferita, e sebbene lui cercasse di aiutarla, non poteva negare a se stesso di essere agitato senza sapere da cosa stava scappando. Un lupo? I suoi inseguitori?Nonostante quanto gli costasse quell'avanzata, l'abilità con cui lei si muoveva era sorprendente, la ferita le inzuppò di rosso il brandello della camicia e le gocciolò fino alla caviglia. Si fermò, sul punto di cadere, e quando cercò di rialzarsi, Jaren la afferrò per il polso e la tenne stretta.”Se non mi dici di cosa diavolo si tratta, non mi muovo da qui. Da cosa stai scappando?”

“Te. Non devo badare a te.”

Dayrsenne si voltò, facendo un paio di passi in avanti, prima di fermarsi e voltarsi di nuovo. Sbuffò, mostrando la sua esasperazione per la testardaggine di Jaren. Non poteva semplicemente obbedirle?

“Ti fidi di me?”gli chiese allora.

“Ti ho appena conosciuta. Non ho motivo per farlo.”

“Hey, mi hai aiutato, e te lo devo. Sto cercando di restituirti il favore. Ti prego, fidati di me.”

Jaren le tese di nuovo la mano e lesse l'urgenza nel suo sguardo, la silenziosa supplica e qualcosa contro cui non poteva competere. Fece un respiro profondo, e anche se aveva ancora bisogno di un motivo per fare quello che stava facendo, finì per stringerle la mano e scappare di nuovo con lei, senza chiedere altro.

Affrettarono la marcia e lei gli lasciò la mano per correre più facilmente. Era a piedi nudi, ferita, con solo brandelli di vestiti che coprivano aree del suo corpo che in quel momento Jaren era grato di non vedere perché doveva stare concentrato; rami secchi e foglie le graffiavano la pelle, ma niente la fermò. Ciò che fermò la sua avanzata fu una leggero pendio che Jaren non vide, andando a urtare la schiena di Dayrsenne ed entrambi finirono per precipitare giù, sopra un pantano. Lo spinse via e si mise a sedere faticosamente.

“Dannazione...”esclamò.

Jaren si alzò in piedi e poi udirono uno strano ululato nelle vicinanze. Il ragazzo cercò il pugnale nella sua cintura e lo prese, impugnandolo con forza mentre scrutava i dintorni. Dayrsenne si voltò e lo guardò.

“Che cos'è?”chiese.

“Non hai mai visto un pugnale?”

“E cosa vorresti fare con quello?”

“Ti ho già detto che una donna è morta a Vianta a seguito di un attacco di un animale. Non l'hai sentito? Quel lupo è vicino.”

“Credi che un lupo ci sbranerà?”

Jaren la guardò da cima a fondo, perché gli sembrava ancora surreale. Anche le ragazze con cui aveva avuto un'intimità fingevano di vergognarsi di farsi vedere nude, ma questa giovane donna si muoveva con totale naturalezza, e sebbene non stesse mostrando nessuna parte del suo corpo eccessivamente compromettente, non aveva l'aspetto di qualcuna che potrebbe essere considerata una brava ragazza.

“Se fossi in lui lo farei”disse alla fine.

Dayrsenne lo guardò e Jaren avrebbe potuto giurare che stava cercando di trattenere un sorriso.

“Non otterrai niente con quell'arma.”disse.

“Beh, spero di si, perché in questo momento è tutto quello che ho.”

Sentirono di nuovo l'ululato, e lei alzò lo sguardo. Dayrsenne avanzò verso di lui come se stesse per attaccarlo, afferrandolo per il petto, o quello che riuscì a prendere, e sbattendolo sulle rocce da cui erano caduti come se cercasse di impedire a quel lupo di vederli se avesse seguito le loro orme, poiché non sarebbe saltato dall'altezza da cui erano precipitati. Erano così vicini che Jaren poteva sentire il respiro di Dayrsene sul suo collo e le mani della ragazza sul suo petto.

“Attirerò la sua attenzione qui.”disse la giovane donna”l'animale mi seguirà e tu te ne occuperai, ok?”

“Non ho intenzione di nascondermi qui mentre lo attiri. Sei ferita.”

“Hey, non so con che tipi di donne hai a che fare, ma non sono una damigella che devi salvare da tutto. Lo hai fatto prima con la mia gamba e ora ti ringrazio. Fidati di me. Lo porterò qui e tu ti occuperai di lui.”

“Ma se non...”

“Ascoltami.”

“Non riuscirai mai a...”

In quel momento fu lei a tenere Jaren per il viso e zittì le sue labbra con un bacio che fece dimenticare tutto al giovane: i lupi, la foresta, Vianta, la guerra, il suo matrimonio, suo padre, respirare. Intrecciò le dita nei suoi capelli scuri e la baciò intensamente finché Dayrsenne non si staccò, apparentemente sconvolta.

“E' un a buona tattica.”mormorò”Resta qui”aggiunse con un sussurro. Pochi secondi dopo si staccò e corse su per il pendio. Jaren fu lento a reagire e si svegliò dallo strano stato in cui quella giovane donna era riuscita a trascinarlo, ma non poteva restare lì mentre lei rischiava. Il suo onore glielo impediva. Lasciò il nascondiglio e corse dietro di lei, che si fermò quando lo vide.

“Non mi hai sentito?!”esclamò.

“Non lascerò che tu ti esponga al pericolo. Sei ferita.”

“Hey...come...come ti chiami?”

“Jaren”.

“Va bene, Jaren, non complicarmi le cose, per favore”.

“E' solo un lupo. Lascia che ci pensi io.”

Ma non c'era tempo per altre conversazioni. Un imponente animale dalla pelliccia grigia e le enormi zanne li inseguiva dalla cima della collina. I suoi occhi di un grigio metallico fissarono Jaren e Dayrsenne, come se volesse decidere se scegliere prima l'uno o l'altro. E finalmente decise: con un salto impressionante l'animale arrivò davanti alla giovane donna, che si voltò e iniziò a correre.

“Dayrsenne!”.

Jaren li seguì, col pugnale in mano, schivando gli ostacoli della foresta. Niente sembrava in grado di fermare lei o il lupo, né tanto meno lui poteva arrendersi davanti all'acqua, alle cadute, al fango e all'oscurità. Attraversano il fiume nella zona più stretta del suo corso e schivarono attentamente il sottobosco che chiudeva quella che doveva essere un'area poco o per niente trafficata. Jaren esitò a saltare per paura di una brutta caduta, ma vedendo l'animale correre e pensando che anche lei, una semplice ragazza gravemente ferita, lo aveva fatto, si convinse a imitarli e saltò, atterrando sulla sua spalla e soffocando un grido. Si rimise di nuovo in piedi, e mentre superava la curva che riportava al tortuoso corso del fiume, si fermò di colpo.

Due lupi, uno di fronte all'altro, ringhiavano minacciando una feroce lotta in qualsiasi momento. Esaminò disperatamente i dintorni, cercando di trovare le tracce di Dayrsenne, che sembrava essere svanita. Esaminò le cime degli alberi, sperando che fosse riuscita ad arrampicarsi su uno di questi, ma non la trovò nemmeno lì. Alla fine gli animali si accanirono in una feroce lotta di morsi, sangue, ringhi e acrobazie, una scena in cui la prudenza avvertì Jaren della necessità di scappare. Mentre indietreggiava, senza togliere la mano dalla spalla gravemente ferita, pregò in cuor suo che quella giovane donna fosse stata in grado di fuggire. Tuttavia, non negava di essere preoccupato per lei. Era sola, ferita ed era chiaro che stava scappando da qualcosa. Quanto tempo sarebbe potuta sopravvivere in quelle condizioni nella foresta? Dove sarebbe andata se fosse riuscita ad uscirne viva? I suoi piedi lo fecero tornare sui suoi passi, ma la sua testa voleva solo andare avanti oltre quei lupi che lottavano per trovare Dayrsenne, o almeno avere la certezza che stesse bene, e fosse sana e salva. Immerso in quei pensieri, si fermò in mezzo al fiume, udendo un nuovo ringhio.

Quando alzò lo sguardo, incontrò gli occhi gelidi di un'altra di quelle bestie. Si chiese allora quanti dovevano essere a popolare quella foresta, e come fosse possibile che non ne avessero visto nessuno da più di tre mesi. Un branco era arrivato lì, proveniente da altre terre più remote. La fisionomia dell'animale gli fece dubitare che fosse un lupo: avevano la stessa fisionomia del lupo, ma era molto più grande, incredibilmente grande, e per Jaren c'era qualcosa di inquietante nella sua espressione. Sollevò il pugnale e uscì lentamente dall'acqua, dove era più difficile muoversi.

“Dai bastardo, vieni qui se ne hai il coraggio.”

Il lupo emise un suono gutturale, e finì per voltarsi e andarsene. Jaren pensò che avesse già mangiato, e sentì di nuovo che la disperazione si impossessava di lui. Ma era anche sicuro che li da solo, in mezzo alla foresta, non poteva fare nulla.

***

Quando tornò al villaggio, la festa era finita. La musica non si sentiva più, e la gente correva avanti e indietro, sconvolta e urlando, e questo confermò ad Jaren che qualcosa non andava. Si affrettò fino a raggiungere la piazzetta dove si era svolta la celebrazione.

“Jaren!”esclamò Erik, “Santo cielo! Cosa ti è successo?”

“Sto bene”rispose. Aveva visto lo stesso sguardo da parte del suo amico per il sangue che solcava il suo volto nell'ultima battaglia, e ora era il fango e la sua camicia strappata quello che impressionava Erik.

“Che cosa ti è successo?”

Jaren non rispose, si fece strada tra la folla che circondava la giovane Sarah, seduta a terra che abbracciava il corpo insanguinato di suo fratello, Tordath.

“Un'altra vittima dei lupi.”mormorò Erik alle sue spalle.

“Non era un lupo”rispose lei con voce tremante. “Era un mostro.”

Jaren si accovacciò di fronte a lei.

“L'hai visto?”chiese.

Sarah annuì con veemenza.

“Era enorme, scuro e i suoi occhi...sembravano come accesi dalle fiamme.”

“Tu non sei stata aggredita?”

“Sono venuta di corsa al villaggio, quando è apparso, ma Tordah no...è caduto...e io...non ho potuto...”

“Che diavolo stavi facendo fuori dal villaggio?”chiese una voce dal tumulto. “E' pazzesco.”

“E' pazzesco che tu taci su quello che è successo a Lora.”urlò Sarah alzandosi. Lasciò cadere il corpo inerte di suo fratello e affrontò tutti. Anche Jaren si alzò in modo che la gente non gli saltasse addosso. “Avresti dovuto avvisarci. In quale altro modo avremmo dovuto saperlo?Un donna muore fatta a pezzi e tu taci?Bastardi! Accidenti a tutti voi!”

La giovane donna iniziò a picchiare alcuni uomini, mentre altri la trattenevano cercando di calmarla. Jaren abbandonò il tumulto e si affrettò in direzione dell'accampamento. Erik riusciva a malapena a stargli dietro.

“Jaren!”

“Hai ragione.”rispose senza fermarsi “Non avremmo dovuto tacere su quello che è successo, avremmo dovuto avvertire tutti all'istante.”

“Volevamo solo un po di calma, una tregua”cercò di giustificare Erik.

Questa volta Jaren si fermò.

“In tal caso spero ti sia piaciuto, perché è finita.”

Si voltò di nuovo e si fermò di colpo quando vide arrivare Donko, solo.

“Cosa diavolo è successo?”insistette Erik.

“Ho visto quell'animale”rispose Jaren. con uno sguardo vacuo. Si avvicinò al suo destriero e prese le redini, montando il cavallo.

“Lo hai...?Jaren cosa intendi fare?”

“C'è una giovane donna gravemente ferita nella foresta. Ha cercato di scappare, ma non andrà lontano, con quelle bestie in libertà. Ce n'è più di uno. Li ho visti, Erik, sono enormi, come afferma Sarah: non so se siano lupi o cosa, ma non ho mai visto niente del genere.”

“Non puoi andare da solo.”

“Jaren” Assynt arrivò lì correndo. “Cosa vuoi fare?”

“Sono qui, Assynt” rispose “Ne ho visti tre. Si deve dar loro la caccia e si deve fare prima che muoia qualcun altro. Riunisci tutti.”

Si voltò, e senza aspettare nemmeno la risposta del generale, cavalcò nella boscaglia. Mentre si allontanava udì la voce di Assynt che ordinava al resto dei soldati di prepararsi.

*****

L'oscurità della foresta inghiottiva tutto, mentre la luna iniziava a nascondersi dietro le grosse nuvole che minacciavano tempesta. Il vento agitava le fiamme delle torce portate dai soldati e dagli abitanti del villaggio. Molti di questi ultimi avanzarono a piedi, mentre i primi, per la maggior parte andarono a cavallo. Le inquietanti ombre che si proiettavano in controluce del fuoco non aiutavano ad alleviare la tensione, Jaren si occupò di Erik, credendo che fosse al sicuro nel villaggio. Conoscendolo, doveva aver immaginato che non avrebbe accettato di stare fermo e permettere agli uomini di Vianta di mettere in pericolo la propria vita per salvare lui e tutti i suoi concittadini. Si erano divisi in gruppi e stavano avanzando con tutta la furtività di cui erano capaci. Jaren scese da cavallo e avanzò lentamente fino a raggiungere il suo amico, che sussultò, sconvolto:

“Per l'amor di Dio, vuoi uccidermi?”disse, quasi senza voce.

“Al contrario, avrei preferito che restassi a casa, ma siccome non conosci ragioni, almeno monta Donko.”

“E tu?”

“Preferisco camminare.”

“Sei sicuro?”

“Certo, Erik. Sali.”

Il giovane obbedì senza fare domande e silenziosamente sollevato dal disagio che la sua gamba gli stava causando quella notte, come faceva quando il tempo cambiava, cosa che tuttavia odiava ammettere.

“Chi è la ragazza di cui hai parlato?” chiese, mentre scendevano dalla collina.

“Non la conosco , non l'avevo mai vista prima, ma era ferita, non può andare lontano.”

“Ed era sola?”

Jaren annuì. All'improvviso si fermarono, quando un'ombra fugace passò davanti a loro, a pochi metri di distanza.

“Che cos'era?”chiese Atsel.

Jaren alzò la spada e scrutò i dintorni con la massima attenzione. L'ombra passò di nuovo, come un'esalazione, schernendoli, finché alla fine, aizzata da uno dei soldati di Jaren, si fermò davanti a tutti loro. Di nuovo, quel lupo dalle dimensioni enormi e dallo sguardo sinistro era difronte a lui; i suoi occhi color ambra ardevano di rabbia mentre mostrava una fila di denti aguzzi con lunghe zanne e un'espressione affamata.

“Marlok!”gli gridò il ragazzo all'uomo che aveva aizzato il lupo.”Non provocarlo”

“E come potrebbe andarsene altrimenti. Sta qui. Andiamo a prenderlo.”

Marlok avanzò con la spada sollevata mentre l'enorme animale gli balzò addosso. Cadde a terra e rotolò, mentre gli altri attaccarono il lupo, impedendogli di nutrirsi di Marlok. Il piccolo corpo di un abitante del villaggio volò in aria quando il lupo lo afferrò tra le fauci e lo sbatté contro un albero. I cavalli si innervosirono e cercarono di fuggire davanti alle reticenze dei loro padroni, alcuni riuscirono a farlo, facendo cadere i loro cavalieri. Jaren afferrò le redini di Donko, cercando di calmarlo in modo da non buttare giù Erik, ma finì per liberarlo quando sentì la pelliccia di un lupo sfiorarlo mentre attaccava Atsel, che stava urlando.

Gli altri soldati correvano dietro all'animale, cercando di liberare il loro compagno, così come lo stesso Jaren. Il ragazzo riuscì ad affondare la sua spada nella dura pelle della bestia, anche se la lama alla fine si spezzò e cadde a terra quando il gigantesco lupo si voltò. Il suo muso era a pochi centimetri di distanza, quando il forte impatto di una pietra sulla testa dell'animale lo fece infuriare.

“Vieni qui, maledetto mostro.”gridava Erik.

L'animale gli saltò addosso, mentre era ancora a cavallo, prima del vano tentativo di Jaren di afferrare il lupo per la pelliccia e impedirlo. I colpi e le ferite indotte dai soldati finirono per indurlo a lasciare il ragazzo e accanirsi contro di loro, che si mantenevano a debita distanza dall'enorme animale. Jaren vide Erik che era caduto a terra, spaventato a morte, anche se apparentemente stava bene. Annuì in segno di ringraziamento, e si voltò alla vista di un secondo animale, leggermente più piccolo del primo, ma altrettanto impressionante. Vedendo che gli uomini picchiavano l'altro animale, ancora infuriato, il secondo lupo si lanciò contro di loro e strappò, con stupore di tutti, il collo di Marlok, che urlava. Un momento di titubanza fu sfruttato dagli animali per balzare su Atsel, che cercava di sottrarsi al morso del lupo, pugnalandolo ripetutamente. Grida provenienti in lontananza fecero voltare Jaren, che vide altri tre lupi inseguire un altro gruppo di soldati e abitanti del villaggio, che fuggivano terrorizzati. Reagì rapidamente e corse in aiuto di Atsel, prendendo a calci il lupo e affondando la lama del suo pugnale nella schiena dell'animale. L'animale gli ringhiò in faccia, facendolo cadere a terra, mentre si lanciava contro di lui, ferendogli la spalla con la sua zampa. Erik sfoderò in quel momento la sua spada con rabbia sull'animale, e nel momento in cui altri due soldati lo attaccarono, Jaren afferrò l'amico per il braccio e lo trascinò via.

“Ritirata!”gridò.

Quando ebbe allontanato Erik abbastanza dal combattimento, prese le redini di Donko, che stava vagando, disorientato, e aiutò il suo amico a rialzarsi.

“Va via!”gli gridò.

“E tu?”

Jaren non rispose e tornò giù per il pendio a cercare Atsel, che giaceva a terra, tremante. Anche il cavallo del ragazzo cercava di scappare in qualche modo, ma Atsel l'aveva legato a un ramo di un albero e l'animale era riuscito solo ad impennarsi nel suo tentativo di fuga. Jaren riuscì a rassicurarlo e trascinò il corpo di Atsel, che pesava un po, nonostante l'aspetto fragile del ragazzo. Poi alcune braccia lo aiutarono e Jaren fu colto di sorpresa quando si rese conto che si trattava di Goriath. L'ex generale non gli disse nulla, lo guardò e se ne andò una volta che il corpo di Atsel fu sul destriero. Jaren lo slegò e cavalcò accanto a lui.

“Andiamo, ragazzi!”disse, mentre spronava il cavallo.

*****

Al mattino, il villaggio era ancora nella più totale confusione. Le facce felici per la fine della barbarie erano durate a malapena poche ore. Erik aveva detto che Vianta era maledetta, e per quanto pazzo potesse sembrare, infondo Jaren stava cominciando a chiedersi se il suo amico avesse davvero ragione. La casa del guaritore non poteva fornire abbastanza aiuto e molte delle donne del villaggio si erano offerte volontarie per aiutarlo a guarire le numerose ferite che presentavano molti di loro. Per ora, il bilancio dello scontro era di quattro morti – tre abitanti del villaggio e Marlok – numerosi feriti e Atsel che stava tra la vita e la morte. Jaren si scostò i capelli dal viso e sussultò mentre muoveva la spalla sanguinante. Alla caduta della notte precedente si era aggiunto l'artiglio dell'animale, e non si era ancora fatto curare, preoccupato com'era per tutto quello che era successo. Di Dayrsenne non c'era traccia, i diversi gruppi in cui aveva diviso i suoi uomini e gli abitanti del villaggio che volevano aiutare, avevano ispezionato diverse zone della foresta con identica fortuna.

Dopo il dubbio iniziale di dover informare tutti dell'esistenza della ragazza che voleva passare inosservata per un motivo ancora sconosciuto, Jaren finì per informarli della ragazza ferita che stava fuggendo dai lupi, e che avrebbero dovuto metterla in salvo se l'avessero incontrata, ma nessuno fu capace di fornirgli alcuna informazione al riguardo. Inoltre, aveva perso uno dei suoi uomini, mentre un altro stava lottando tra la vita e la morte, un ragazzo di appena diciotto anni, proprio come lui. Marlok era più grande, ma a ventisei anni era sposato e aveva due figli che erano rimasti orfani. Pensava a come dare la notizia alla moglie, che era qualcosa che lo inorridiva. Ripensò alla ferocia di quell'animale; erano riusciti a ferirlo, eppure continuava come se nulla fosse successo, distorcendo vite a ogni graffio, a ogni morso. Il giovane principe si alzò quando tre dei suoi uomini lasciarono il tempio, rivolgendosi verso di lui con uno sguardo accusatore, prima di proseguire insieme ad altri due che erano usciti senza che lui se ne accorgesse. Jaren sapeva che lo incolpavano, e non sapeva fino a che punto potessero o no aver ragione, ma una cosa era chiara. Si voltò quando Assynt lasciò la casa del guaritore.

“Allora?”chiese

“Sempre uguale? Tutti credono che queste prime ore siano fondamentali per Atsel, ma ho visto troppi uomini morenti e ne riconoscerei uno a mille chilometri di distanza. Ha le ore contate.”

Jaren inspirò profondamente.

“Il re ci ucciderà!”aggiunse poi Assynt “Due vittime, cosa che non era successa neanche durante le battaglie con Likara, e che abbiamo subito a causa dell'attacco di alcuni cani.”

“Cani...”mormorò Jaren “Pensi che lo siano?”

“Ad essere onesto sono assolutamente indifferente a cosa fossero, ragazzo. Vorrei solo che ce ne andassimo. La guerra è finita e qui non abbiamo più niente da fare. Mi dispiace per quello che stanno soffrendo queste persone, Jaren, ma non è nostro compito salvarle; non possiamo salvarli da tutto.”

“Potete andarvene, se volete.”disse, sedendosi di nuovo.

“Cosa significa che possiamo andarcene?” chiese Assynt, accigliato.

“Che lui rimarrà”la voce di Goriath non scosse neppure Jaren, ma l'altro uomo si. Il generale arrivò e fissò lo sguardo sul ragazzo.

“Non sarà così, vero?”chiese Assynt.

“Capisco che volete andarvene e che non ho il diritto di fermarvi per questo motivo, ma non ho intenzione di abbandonare queste persone.”

La possibilità di abbandonare Dayrsenne, ovunque essa fosse, non gli passò per la mente, sebbene ormai avesse cominciato a pensare che quella giovane donna fosse stata solo un frutto della sua immaginazione, un miraggio o un specie di scherzo di un destino in cui credeva fermamente.

“Jaren, non puoi parlare sul serio!”esclamò Assynt “La faccenda di queste bestie ci è già costata la vita di troppi uomini. Abbiamo fatto abbastanza.”

“Un altro motivo per cui non vi chiederei di restare. Siete stati mandati in guerra e l'avete fatto. Potete tornare ad Isalia e dire a mio padre che tornerò quando riuscirò ad uccidere quegli animali.”

“Il re ti ucciderà”.intervenne di nuovo Assynt.

“Tutto è pronto a Isalia per il tuo fidanzamento.”aggiunse Goriath “Se tardi e fai aspettare la tua dama, insieme al re d' Esteona, tuo padre ti impiccherà in piazza. Potrei anche essere il tuo boia e così tornerò al comando di un esercito che non avrebbe mai dovuto essere tuo.”

“Preferisco questo piuttosto che scappare come un codardo e lasciare queste persone, che si sono sentite come la mia famiglia, alla mercé di quei mostri. Siamo venuti per lasciare la pace sul nostro cammino ed è quello che intendo fare.”

“Jaren”insistette Assynt, dopo aver rivolto a Goriath uno sguardo interrogativo “ci siamo imbattuti in questo problema e abbiamo cercato di risolverlo, al punto di sacrificare due dei nostri uomini migliori, ma non possiamo...”

“Non due, uno.”lo corresse Jaren “E non si tratta di mettere a tacere la coscienza, Assynt”aggiunse “ma di liberarli da quei mostri, lupi o quel che siano. Inoltre, se ce ne andiamo adesso, la morte di Marlok, non sarà servita a nulla.”

Goriath scosse la testa e si voltò, tornando indietro nella direzione da cui era venuto. Ci fu poi un silenzio imbarazzante e Assynt non riuscì più a tirar fuori altri argomenti per cercare di convincere il ragazzo, ostinato com'era.

“Sei del tutto sicuro di quello che dici?”chiese l'uomo con serena rassegnazione.

“Si”

“E sei anche sicuro che possiamo andare?”

“Potete partire in totale tranquillità. Mi assumerò tutti le conseguenze derivanti da questa decisione. Preferisco stare in pace con la mia coscienza che con mio padre.”

“Dovresti pensarci due volte riguardo a questo.”terminò prima di partire.

Il ragazzo si alzò e andò all'abbeveratoio per sciogliere le redini di Donko.

“Jaren!”

Si voltò a guardare Erik, che zoppicò e montò a cavallo prima che arrivasse il suo amico.

“Stai bene?”gli chiese il suo amico.

Lui annuì.

“Dove stai andando?”

“Non mi fare domande, Erik.”concluse, prima di dirigersi con determinazione verso nord.

Non ascoltò nemmeno le proteste di alcuni degli abitanti per la velocità con cui attraversava il villaggio come un fulmine, senza fermarsi, finché, lasciatosi il vecchio ponte alle spalle, raggiunse la fattoria di Hans e Lora.

Lì lasciò Donko legato alla recinzione che circondava la proprietà e passò sotto, risparmiandosi di camminare qualche metro fino alla porta. Mentre si dirigeva verso la casa, attraversando l'arida distesa di quelli che un tempo erano stati rigogliosi frutteti che raddoppiavano la quantità di frutta nella fattoria, diede un'ultima occhiata a quella foresta che sembrava racchiudere cosi tanti misteri. Quando fu arrivato alla porta, non ebbe nemmeno bisogno di bussare, poiché si aprì davanti a lui e Jaren incontrò i piccoli occhi tristi di Hans.

“Ragazzo...”mormorò.

“Ho bisogno di parlare con te.”

Il vecchio si fece da parte, lasciando passare Jaren, che si precipitò dentro.

Il salone sembrava un po più accogliente del giorno prima. Il caminetto acceso dava all'ambiente un calore che però non era sufficiente a scacciare la sensazione di solitudine di cui era impregnato l'ambiente. Jaren osservò un piatto con dentro una coscia di pollo e patate su cui ronzava una mosca.

“Ti offrirei altro per colazione, ma non sono riuscito a...”

“Non c'è bisogno”lo interruppe “Lo apprezzo comunque.”

“Ho sentito che siete andati nella foresta.”

“Cosa sono?”chiese senza ulteriori indugi. Hans lo osservava in silenzio. “Li ho visti davanti a me, a pochi metri di distanza, Hans, sono enormi e non hanno niente a che fare con i comuni lupi. Uno dei miei uomini è morto e un altro...è ferito.”

“Mi dispiace.”mormorò il vecchio, in un tono appena percettibile. Si voltò e andò alla finestra, che era aperta e dalla quale entrava la leggera brezza mattutina, che già odorava di pioggia. Le nuvole scure si accumulavano nel cielo plumbeo di Vianta, come un avvertimento che si sarebbero scaricate con intensità.

“Hans...”

“Perché pensi che ne sappia qualcosa, ragazzo?” chiese, voltandosi.

“Perché hai detto che sarebbero tornati per te, che erano venuti per Lora.”

“E tu hai detto che questo era ridicolo, sono solo animali senza raziocinio, cosa ti ha fatto cambiare idea?”

“E' tutto cosi strano...la forma e le dimensioni di quegli animali. Non so cosa siano, ma non sono lupi, nonostante quello che credono tutti. Quello che mi hai detto e...”

“E cosa?Cos'altro?”

“Quelli che ci hanno attaccato questa notte...i loro occhi, la loro voracità. Ci avrebbero fatto a pezzi tutti se avessero potuto, ma io stesso ne avevo uno a pochi metri di distanza poco prima dell'attacco e se n'è andato, senza indugi. Non aveva niente a che fare con gli altri; la sua pelliccia era leggermente più chiara e gli occhi di una tonalità diversa. E' come se ci fossero due tipi di questi animali, è possibile?”

“Non tutti i lupi sono uguali, come anche i cani. Perché dovrebbero esserlo loro?”

“Hans, se non mi dici quello che sai, non potrò aiutarti.”

“E che differenza farebbe!?”esclamò il vecchio, tornando alla sua sedia a dondolo.”Ve ne andrete comunque, vero?Hai detto che non avresti prolungato la permanenza dei tuoi uomini qui per più di un giorno. Mi dispiace per la morte di quel soldato.”

Jaren inspirò e fissò i suoi occhi verdi oltre la finestra, dove il vecchio aveva guardato un momento prima, non avrebbe avuto risposte da lui, se solo quel pover'uomo avesse avuto qualche informazione.

“Saldano i conti in sospeso con la gente di questa terra.”disse alla fine. Jaren si voltò e lo guardò, senza dire nulla.”Sapevamo che sarebbero tornati, anche se molti hanno cercato di ignorarlo.”

“Quali conti in sospeso?”alla fine osò chiedere.

“In passato li abbiamo cacciati. Le loro teste erano appese sui migliori muri delle nostre taverne.”

Il vecchio si portò una mano alla fronte e chiuse gli occhi; sembrava stanco e molto più debole di quanto Jaren lo ricordasse.

“Quindi hai già visto animali come questi?”

“E' stato molto tempo fa. Scomparvero, e sebbene alcuni credevano che avessimo chiuso per sempre con loro, altri sapevano che sarebbero tornati.”

“Ma è assurdo che abbiano giurato vendetta, come dici tu, che stanno saldando conti in sospeso. Non so se sono lupi o no, Hans, ma sono animali.”

Il vecchio rimase in silenzio mentre iniziava a dondolarsi lentamente sulla sua sedia a dondolo.

“Chi altri li ha cacciati?”chiese Jaren “Se pensi che torneranno per loro...”

“Non ci sono più cacciatori...solo i più vecchi del posto...Io...”

“E se li avessero cacciati i più vecchi, che senso ha la morte di Tordath?Il fratello di Sarah non doveva avere più di vent'anni.”

“Suo nipote. Il vecchio Jillian è morto pochi anni fa, ma si vendicheranno attraverso il suo sangue, la sua discendenza, la sua stirpe.”

“Significa che Sarah è in pericolo?”

“Lei e gli altri discendenti dei cacciatori.”

“Loro chi sono?”

“Non ce ne sono quasi più. Molti hanno lasciato Vianta molto tempo fa. Avrei dovuto fare lo stesso, ma Lora non voleva. Amava questa terra.”

“Loro chi sono?”insistette Jaren. Ripensandoci si sentiva ridicolo dando credito alle parole di Hans sulla presunta vendetta che potessero aver giurato di compiere quei mostri, che sembravano soltanto guidati dal desiderio di divorare ogni essere umano che avessero incrociato sul proprio cammino.

“Dimenticalo.”concluse alla fine, senza speranze.

“Sono rimaste solo tre famiglie discendenti dei cacciatori.”disse Hans, nonostante il disinteresse di Jaren.”Il povero Tordath e sua sorella Sarah sono nel loro mirino. Jensen, il fabbro, un giovane vigoroso dal carattere sorridente, pagherà per quello che ha fatto sua nonna, la vecchia Delmara; per ironia della sorte i suoi due fratelli sono già morti, a causa di malattie. Delmara era una delle poche donne della confraternita di Gaia, così veniva chiamata, ma molti uomini invidiavano il suo coraggio e la sua forza durante la caccia. E quei due giovani, Erik e sua sorella Sylvaen, salderanno i conti in sospeso di Unkor, il loro severo nonno.

Jaren si sentì gelare il sangue. Si appoggiò al davanzale della finestra e chiuse gli occhi, cercando di calmarsi. Si era convinto a non dare credito alle parole di un vecchio pazzo che, con la morte della moglie aveva anche perso la testa. Era assurdo che delle bestie affamate pianificassero la vendetta che, inoltre, avrebbero compiuto sui discendenti di coloro che si erano affermati come loro nemici attraverso una sorta di confraternita, ma sentire anche il nome del suo amico tra quelli scatenò dentro di lui una resistenza a negare tutta la veridicità delle parole di Hans.”

“Fortunatamente io e la mia Lora non avevamo figli.”

“Un giovane è venuto a cercarmi ieri, quando volevi parlarmi. Si riferiva a te come “nonno.”

“E' cosi che mi chiama Jonas” rispose Hans, accendendo il fuoco nel camino. “Lo conosco da quando era un marmocchio; suo nonno e io eravamo come fratelli. Il mio sangue non scorre nelle sue vene, per fortuna.”

“Perché non mi hai raccontato tutto questo ieri?”

”E cosa sarebbe cambiato?”mormorò abbattuto”Non sono dei semplici lupi.”concluse.

Sconvolto da tutto ciò che aveva sentito, Jaren lasciò la fattoria e corse alla ricerca di Donko. In quel momento più che mai aveva bisogno di constatare che Erik stesse bene, e anche Sylvaen, come Sarah e Jensen, il fabbro. Potevano essere la chiave per attirare quegli animali e trovare un modo per ucciderli, ma quello era un rischio che non era sicuro di voler far correre a quei ragazzi, specialmente a Erik.




Gli eredi della confraternita






Jaren era seduto sull'enorme roccia che si trovava all'inizio di Vianta, nello stesso luogo in cui, fino a pochi minuti prima si trovava l'accampamento militare di Isalia. In lontananza, sotto la pioggia sottile, poteva vedere i suoi uomini a cavallo che marciavano in lenta processione di ritorno verso casa. Avevano deciso di portare con loro il corpo di Marlok, tutto ciò che restava dei suoi uomini era il povero Atsel, il cui stato di salute gli impediva di trasferirlo. Alcuni soldati avevano insistito sulla necessità di portarlo a Isalia per poterlo guarire lì, ma il guaritore aveva assicurato che se fosse stato sottoposto a un simile viaggio, il ragazzo non sarebbe sopravvissuto più di qualche ora. Né sembrava certo che lì avrebbe resistito ancora a lungo, ma almeno la tranquillità e il completo riposo a Vianta potevano essere a suo favore. Erik rimase seduto accanto a lui, in silenzio. Appena uscito dalla fattoria del vecchio Hans, era andato a cercarlo, e dopo essersi assicurato che lui e sua sorella stessero bene, controllò anche Sarah e Jensen, ognuno immerso nelle proprie faccende e in perfette condizioni. Jaren si chiedeva se qualcuno di loro conoscesse gli hobby dei rispettivi nonni nella caccia a questi tipi di animali, cosa di cui dubitava per quanto riguardava Erik, Sylvaen e Sarah, poiché entrambi avevano vissuto da vicino la tragedia e nessuno dei due aveva accennato ad essa. Jensen era l'unico su cui aveva dei dubbi. Aveva parlato con lui a malapena un paio di volte, poiché i suoi uomini avevano portato con se i loro fabbri, incaricati di riparare le spade, i pugnali, gli scudi e le armature dei soldati. Pertanto avrebbe dovuto organizzare un incontro con lui e avvicinarsi discretamente alla questione dei lupi per scoprire se sapeva qualcosa.

“Non posso crederci che tu sia rimasto.”disse improvvisamente Erik “Anche se temo che non serva a niente, è un gesto che apprezzo profondamente, Jaren.”

Il giovane principe prese un sassolino e lo lanciò al suo amico.

“Non dirmelo davanti a tutte queste persone.”scherzò, imitando le stesse parole di Erik di qualche ora prima. “Le foreste di Vianta hanno occhi e orecchie.”

Erik sorrise leggermente.

“Non avevo avuto ancora il tempo di ringraziarti per la scorsa notte. Hai affrontato quel tuo soldato per mia sorella, per me Per tutte le donne di questo villaggio, anche se quel disgraziato aveva ragione. “

“Sono io che devo ringraziarti, Erik. Mi hai salvato con quelle bestie.”

“Si, anche questo è vero. Non sono l'inutile storpio che tutti pensano.”

Jaren lo guardò. Era spesso sorpreso dalla capacità di Erik di riferirsi al suo disturbo in modo così brusco o anche con battute che, se le avesse fatte qualche altra persona, sarebbero risultate crudeli. Ma era qualcosa che Erik faceva solo in presenza di Jaren e nessun altro, nemmeno di sua madre o sia sorella, con cui era solito evitare continuamente la questione della sua gamba gravemente ferita.

“Certo che non sei inutile.” gli disse “E la questione della tua gamba è solo temporanea. Quando i guaritori di Isalia potranno curarti, guarirai.”

“Che Dio ti ascolti, fratello.”

Erik saltò giù dalla roccia su cui si trovavano, guardando i soldati in marcia, e afferrò la sua stampella.

“Il re non si arrabbierà per questo?”chiese. Jaren balzò al suo fianco e si spolverò il giubbotto.

“Stai scherzando?Farà scintille quando vedrà che tutti sono tornati e io no. A quanto ho capito”aggiunse, mentre si incamminavano verso il villaggio “tutto è pronto per il mio matrimonio. Addirittura lei mi aspetta ad Isalia per incontrarmi.”

“E allora perché sei rimasto?Noi da soli non riusciremo ad ottenere ciò che non è stato possibile ottenere con tutti i tuoi soldati.”

“Lo so, o almeno così credo. Che sai di tuo nonno Unkor?”

Erik si accigliò e si fermò un momento prima di ricominciare a camminare.

“Mio nonno Unkor? Perché questa domanda?”

“Detto tra noi, stavo parlando con Hans e lui mi ha assicurato che quegli animali erano già stati qui prima, a Vianta, molti anni fa. Lui e alcuni dei suoi contemporanei li cacciarono, tuo nonno tra loro.”

“Stai scherzando?”

“Pensi che sia qualcosa su cui scherzarci?”

Erik si guardò intorno. Non c'era quasi nessuno fuori alle capanne, erano tutti terrorizzati dalla presenza di quegli animali.

“Non l'ho conosciuto praticamente.”rispose alla fine con naturalezza. “Era il padre di mio padre e non andava particolarmente d'accordo con lui, quindi non ricordo nemmeno una sua visita; Sylvaen e io siamo andati a trovarlo un paio di volte grazie alla determinazione di mia madre. Non siamo nemmeno andati al suo funerale, Né aveva frequentato nostro padre, suo figlio. Quel giorno ci misi una croce.”

“Mi dispiace.”

“Non devi dispiacerti. Non puoi amare o sentire la mancanza di qualcuno che conosci a malapena, giusto?”

Jaren si fermò e non disse nulla.

“Comunque devo andare a casa.”disse Erik salutandolo “E' il giorno delle pulizie e non credo che avremmo l'aiuto di Sylvaen che passa poco tempo a casa, quindi devo andare.”

“Vuoi che ti aiuti?”

“Per l'amor del cielo!”esclamò Erik “Hai intenzione di pulire la stalla delle perfide donne che volevano cacciarti?”aggiunse sarcastico.

Jaren sorrise, scuotendo la testa e rimase immobile mentre guardava il suo amico allontanarsi. Si guardò intorno e dovette fare un grosso sforzo per non crollare. Era arrivato davvero a sperare che Vianta potesse ritornare alla normalità che l'aveva caratterizzata prima dello scoppio della guerra tra Isalia e Likara, ma l'illusione era durata solo poche ore, e con l'apparizione di quel nuovo contrattempo, il compito sembrava ancora più arduo e oneroso.

Lentamente entrò nella casa di Bento, il guaritore. L'uomo gli aveva indicato la stanza in cui Atsel continuava a riposare, ma qualcosa lo trattenne, forse la paura di verificare le parole di Assynt e i peggiori presagi su quel ragazzo. Si fece coraggio quando raggiunse la porta e la spinse lentamente, rimanendo paralizzato sulla soglia. Erik aveva detto che sua sorella era praticamente scomparsa e non stava quasi mai a casa; in quel momento non si era nemmeno chiesto cosa la portasse a stare fuori quando invece tutti gli abitanti del villaggio facevano il contrario, per proteggere le loro capanne e le loro case, difendendosi da quei terribili animali. Quando arrivò lì, capì cos'è che la portava a stare fuori casa: Atsel. Mentre lui dormiva, col respiro agitato, lei stava al suo fianco, dando le spalle a Jaren e inginocchiandosi accanto al letto, mettendo dei panni freddi sulla fronte del ragazzo. Poteva sentire i suoi singhiozzi e persino i suoi sussurri sotto forma di preghiera. Sylvaen si voltò, allertata da alcuni passi, quelli di una donna che camminava lungo il corridoio in un'altra abitazione, presumibilmente vegliava su una persona malata che Bento stava guarendo. I suoi occhi scuri fissarono Jaren mentre si sedeva. Fece un passo nella stanza e chiuse con cura la porta.

“Jaren...”mormorò la giovane, abbassando lo sguardo.

“Immagino che per te Atsel sia molto di più di un piano alternativo.”

Alzò la testa e spalancò gli occhi.

“Io..”

“Vi ho sentite parlare, a te e tua madre.”

Sylvaen si voltò di nuovo e fissò il viso tormentato di Atsel, madido di sudore.

“Suppongo che l'umiliazione pubblica a cui mi ha sottoposto mio fratello sia sufficiente da non doverti più nulla.”

“Ti sbagli se pensi che questo mi soddisfi, ma se cerco di capire te e tua madre, faccio lo stesso anche con Erik. Pensavo fosse a conoscenza di tutto, e suppongo che tu possa immaginare quanto questo l'abbia ferito.”

Jaren fece qualche passo fino a collocarsi dall'altra parte del letto. Guardò il viso di Atsel e sentì un nodo alla gola, che gli impediva di respirare.

“Mi dispiace”disse Sylvaen “E' tutto quello che posso dirti, ma non posso cambiare il passato.”

“E' sufficiente.”rispose lui, guardandola.”Non ho bisogno di umiliazioni pubbliche, né che tu smetta di parlare con tuo fratello.”

Sylvaen tirò un respiro profondo.

“Quando mia madre scoprì che io e Atsel stavamo insieme, mi suggerì che potevo puntare molto più in alto.” La giovane donna si sedette sul letto e accarezzò i capelli di Atsel, umidi per il sudore e l'acqua dei panni che gli aveva applicato sulla fronte. Un soldato era una cosa e il principe ne era un'altra, quindi lo lasciai: lo umiliai, cercai di fargli del male, di allontanarlo, gli dissi che mi vergognavo di essermi fatta coinvolgere da un semplice soldato, e gli chiesi di tacere, di non dire niente a nessuno, specialmente a te. Poi mia madre mi suggerì la...brillante idea e ad essere sincera, in quel momento pensavo solo alla possibilità di rimanere incinta di Atsel. Avrei potuto far passare quel figlio per tuo, non rivederlo mai più, vivere nel tuo castello o in una casa che avessi costruito per noi, ma soprattutto l'avrei fatto sempre con un figlio di Atsel, anche se lui non l'avrebbe mai saputo. E' un pensiero egoista e orribile, verso di lui, verso di te, verso tutti, lo so.”

Jaren la guardò a lungo, rattristato. Sylvaen era innamorata di Atsel, ma sarebbe stata disposta a rinunciare a lui, al suo amore, a tutto per una vita benestante. Quanto conosceva realmente quella giovane donna? Quanto della imposizione di sua madre era realmente al di sopra della sua stessa ambizione?

“Spero che tu non abbia realizzato i tuoi errori troppo tardi, Sylvaen.”le disse. 2Vorrei che si svegliasse ora che sembri apprezzare i veri sentimenti al di sopra del semplice interesse. Conoscendolo, sono sicuro che Atsel ti perdonerebbe.”

Jaren si diresse verso la porta, ma si fermò alla domanda di Sylvaen.

“Tu l'hai fatto?”

“Lo farò e sarebbe bello se lo facessi anche tu con Erik, se pensi di avere qualcosa da perdonargli.”

Po diede un'ultima occhiata ad Atsel e lasciò la stanza.

*****

Il calore lo invase all'improvviso quando entrò lì. Il fuoco della fucina brillava con la sua luce rossastra. Soffocando l'atmosfera e appesantendola. Jaren fece qualche passo in avanti e afferrò una spada corta che giaceva su un tavolo pieno di metalli di ogni tipo. Il martellamento che si udiva più in là lo portò a chiedersi se Jensen avesse notato il suo arrivo, ma i suoi dubbi furono presto fugati quando il ragazzo entrò dalla porta sul retro. Teneva in mano delle enormi tenaglie che reggevano una spada, la cui lama era ancora incandescente.

“Maestà!”esclamò sorridendo “Posso aiutarla in qualche modo? Pensavo che foste andato via questo pomeriggio.”

“I miei uomini se ne sono andati, io no.”rispose con calma.

Il ragazzo si avvicinò alla picca in cui aveva immerso la lama della spada fumante al contatto con l'acqua. Jaren lo osservò attentamente, poiché l'aveva incontrato poche volte e per quanto fosse assurdo, sentiva di dover trovare qualche indizio sul suo volto, nella sua espressione, qualcosa che le avrebbe aperto la strada per affrontare la questione di suo nonno e dei lupi; con Erik lo aveva fatto spontaneamente, ma il ragazzo era come suo fratello e non lo avrebbe preso per pazzo, come avrebbe potuto fare Jensen, anche se voleva solo informarlo, se non lo era già, della parte credibile della storia, tralasciando il desiderio di vendetta di quegli animali.

“Ho sentito che uno dei vostri uomini è in condizioni particolarmente gravi.”aggiunse, mentre lavorava. “Bento sa cosa sta facendo. Sono sicuro che si riprenderà.”

“Grazie, lo spero anch'io”rispose Jaren. 2Vorrei parlare con te, se hai un minuto.”

Il giovane posò la spada sul tavolo e prese un panno per asciugarsi le mani, mentre si avvicinava a Jaren, con la sua espressione gentile.

“Certo. Come posso aiutarvi?”

“Prima di tutto dammi del tu. Tutto il villaggio lo fa.”

“Con tutto il rispetto, sua Maestà, l'intero villaggio sacrifica le capre nelle notti di luna piena, io no. Non penso che tutto quello che fa la maggior parte delle persone sia sempre giusto, ma in questo caso accetterò, Jaren.”

Il giovane principe sorrise, piacevolmente sorpreso dalle parole del fabbro.

“Gestisci la fucina da solo?”

“Si, da quando mio padre si è ammalato due anni fa.”rispose con naturalezza “Le cattive condizioni di vita a Vianta hanno messo fine alla vita di molti, mio padre e miei due fratelli tra gli altri.”

”Mi dispiace tanto.”

“Grazie. Sono riuscito ad andare avanti grazie ai loro sforzi. Quando erano in vita, e a quelli di mio nonno, che avviò questa fucina ai suoi tempi. Senza di questo, non so cosa avrei potuto fare adesso. Di cosa volevi parlare esattamente?”

“Di tua nonna. Delmara.”rispose senza indugi.

L'espressione sorridente di Jensen svanì e si abbassò a guardare le sue mani, ammaccate e piene di ferite, proprio come quelle di Jaren, anche se per cause diverse.

“Riguardo a cosa esattamente?”

“A cosa si dedicava? Hai detto che la fucina apparteneva a tuo nonno. Che faceva lei?”

Jensen si allontanò e iniziò nervosamente a riporre l'attrezzatura sul tavolo.

“Beh...cose normali. Tenere d'occhio la sua casa, occuparsi della sua famiglia, e ...a volte prendeva parte alla raccolta e alla semina nella fattoria di Hans e Lora, in tempi di maggiore abbondanza, per guadagnare qualche moneta d'oro in più. Quello che ogni donna di Vianta fa.”

“Sei sicuro che tua nonna faceva quello che fa ogni donna qui?E' consuetudine che le donne di questo villaggio caccino animali due volte la loro taglia e che potrebbero mangiarsele in un morso?”

Jensen si fermò e chiuse la serranda, lasciando la finestra aperta.

“Perché questo?”chiese nervoso.

“Tua nonna era una cacciatrice di quegli animali che stanno attaccando il villaggio. Forse lo sapevi o forse non ne avevi idea, ma se sai qualcosa ho bisogno che tu me lo dica.”

“Hans è un chiacchierone”disse, con un'espressione arrabbiata.

“Hans ha paura. Non c'è niente di sbagliato in questo, Jensen; non devi nasconderlo. Almeno non a me. Ma ho bisogno di armi per combattere contro questi animali, e chi li ha cacciati deve averle.”

“Non ci sono. Non più. L'unico modo per fabbricare armi contro questi animali era attraverso l'argento delle vecchie miniere, ma quando Isalia ha preso il controllo di queste terre, in cambio della loro protezione, gli è stato concesso l'accesso alle miniere. Tuo padre ci difende, noi gli diamo l'argento. Non possiamo toccare nulla se vogliamo continuare a godere del suo favore, e in questi tempi la salvaguardia di un grande regno è più che necessaria. Tu lo sai bene.”

“Parlerò con lui. Quando saprà cosa sta succedendo, acconsentirà che prendiate il minerale.”

“Sei sicuro?

“Mio padre vi ha giurato protezione ai suoi tempi e ve la darà. Eccomi qui, no?”

“Si, spero che continui ad essere così.”

“Cos'ha di speciale quell'argento?”chiese Jaren “Non si trova da nessun altra parte?”

“Mia nonna mi diceva che le profondità di quella miniera non hanno eguali. L'argento è mescolato con un'altra sostanza che lo rende letale per quegli animali. Non saprei dirti cosa sia, ma non c'è argento come quello di Vianta in nessun altro posto.”

Jensen camminò fino in fondo alla stanza e aprì l'anta di un armadio che era mimetizzato dietro alcune vecchie scatole e sacchi rosicchiati. Da lì estrasse un vecchio pugnale, la cui lama brillava a malapena. Lo tenne con entrambi le mani e lo mostrò a Jaren.

“Questo è l'ultimo pugnale che mia nonna teneva di quelli forgiati con l'argento di quelle miniere. Non so nemmeno se serva.”

Jaren lo prese tra le mani e scoprì che era leggero come una piuma.

La sua impugnatura dorata si era scurita col passare del tempo, ma passando il dito sulla lama la scoprì brillante e fulgente, come il primo giorno. Il suo viso gli si rifletteva chiaramente.

“Me la presti?”chiese.

“Che cosa ci vuoi fare?”

“Verificare se potrebbe servire. Se riusciamo a cacciare anche uno solo di quegli animali...avremo la prova tangibile per la quale mio padre vi restituirà l'accesso alle miniere.”

“E se non volesse?E' un minerale unico al mondo e si ottiene solo qui. Dal tempo in cui ha iniziato a sfruttarlo, deve esserne rimasto ben poco. Non sarà facile per un re rinunciarvi.”

“Presto..diventerò il marito della figlia del re di Esteona”rispose Jaren. Per la prima volta alludere a quell'evento che lo attendeva al suo arrivo a Isalia lo metteva a disagio.

“La salute del sovrano non è buona e non credo...che ci vorrà molto tempo per prendere il suo posto. Presto le decisioni di quel regno dipenderanno da me e il futuro di Isalia, a sua volta, dipenderà da quell'alleanza. Potrei persino esigerlo.”

Jensen lo guardava con espressione di sorpresa.

“Non ne avevo idea. Ti ho sempre visto con le ragazze del...Congratulazioni.”si affrettò a rettificare.

“Grazie.”

“Puoi portare con te il pugnale di mia nonna, se vuoi.”concluse, mentre ritornava velocemente verso l'armadio da cui l'aveva tirato fuori. Pochi secondi dopo tornò con in mano alcune carte ingiallite.

“Prendi anche questi. Sono tutti gli appunti che lei teneva su quei mostri. Non so se ti serviranno, ma sognava che io continuassi la...tradizione di famiglia, quindi ha annotato tutto.”

“Grazie, mi sarà di grande utilità. Spero che tu non debba seguire la tradizione.”

“Non credere.”concluse Jensen, riacquistando la sua espressione sorridente “A volte mi manca un pò di emozione. La vita tra fucine, pentole e spade è un po noiosa.”





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Rapito da un clan di licantropi e costretto a confrontarsi con il loro leader; in gioco, molto più della leadership.

Jaren è il figlio del re di Isalia, un ragazzo semplice e amichevole, nonostante la sua posizione, che trova il suo posto tanto agognato nell'umile villaggio di Vianta. La sua amicizia con Erik e la sua gente lo rende riluttante a tornare a casa una volta che la sua missione di soldato del re sarà finita lì; soprattutto quando l'oscura minaccia di enormi lupi che fanno a pezzi alcuni abitanti incombe sul villaggio. La conversazione del principe di Isalia con un vecchio contadino, la cui moglie è morta tra le fauci di una di quelle creature terrificanti, lo pone sulle tracce di un'antica confraternita che un tempo cacciava una strana razza di lupi. Durante una delle notti terrificanti che vivono i suoi abitanti, Jaren incontra una misteriosa giovane donna che aiuta a fuggire da quegli animali. Incapace di smettere di pensare a lei, le loro strade si incrociano di nuovo quando Jaren viene rapito da un misterioso clan che vuole metterlo alla prova. Per questo, ha una settimana in cui sarà allenato dalla bella Dayrsenne. Ma la giovane donna non è l'unica che è disposta ad aiutarlo a sconfiggere Andras, leader del clan. Nella sua vittoria o sconfitta, c'è molto di più in gioco di quanto si aspettasse.

Translator: Alessandra Marchese

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